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Autore: Generale Capo di Urano    02/12/2017    2 recensioni
{ Mermaid!AU } {❤ KanaMari ❤}
Era tornato il giorno dopo e quello dopo ancora, per una settimana, due, tre, un mese, due mesi. Kanan scoprì di essersi, forse, affezionata a quello strano individuo: a volte lo aspettava seduta su quello stesso scoglio dove l’aveva incontrato la prima volta, altre se ne stava nascosta poco lontano, tra le onde o le rocce, e lo osservava senza che lui se ne accorgesse.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Kanan Matsuura, Mari Ohara
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Guilty Night, Guilty Kiss 
 




“Era là, l’ho vista. Ed era bellissima...”
 
Il ragazzo aveva i capelli biondi e gli occhi chiari, di un colore tanto inusuale che neppure lei, che di iridi strane ne aveva viste tante, credeva di aver mai potuto osservare; li paragonò a due coralli e ci si perse per qualche secondo, prima di distogliere lo sguardo e scuotere la testa, parlando con tono distaccato e infastidito: «Sei un folle.»
Avrebbe potuto giurare di aver intravisto le sue pupille brillare di una luce nuova, arguta e decisa, mentre quello continuava a fissarla insistente. Lo sconosciuto si sistemò il basco sulla testa, con un gesto meccanico, prima di rivolgere gli occhi verso il mare agitato alla sua sinistra.
«Folle, dici?»
Aveva un accento mai sentito, forse un miscuglio di lingue diverse, una voce acuta e argentina – fin troppo per un giovane uomo, si disse – e sorrideva con fare brioso e sagace. Erano tanto vicini alle onde che le gocce d’acqua salata e fredda gli colpivano il volto sottile, ma non ne sembrava infastidito.
«Follia, follia! Non è forse questo il sapore della vita? Vivere per fare qualcosa di grande! Qualcosa di folle! Shining! Brillare!»
Pazzo, pensò Kanan, che lo squadrava confusa e perplessa mentre cercava di tenersi lontana il più possibile dagli schizzi e ancora non si era spostata dalla roccia umida su cui si era seduta, stringendo le ginocchia al petto con le braccia. Il ragazzo rideva e aveva spalancato le braccia, come se avesse voluto abbracciare l’intero mare avanti a sé – il suo viso era radioso e solare e contrastava con il cielo cupo e grigio di quel pomeriggio, si illuminava nel momento in cui egli pensava a qualcosa che lei non poteva capire.
Un soffio di vento più forte dei precedenti lo spinse a stringersi di colpo nel cappotto, di almeno due taglie di troppo, e a premersi il berretto sul capo nel timore che volasse via. Kanan non fece una piega, ignorando i lunghi capelli che le coprivano gli occhi e il volto e sospirando silenziosamente mentre lo osservava cercare alla bell’e meglio di ricomporsi.
«E tu?»
Sollevò un sopracciglio, senza capire l’improvvisa domanda. Il giovane le rivolse un sorriso sghembo; il suo sguardo sembrò trapassarla, come se cercasse di leggerle nella mente – rabbrividì istintivamente, cercando di non farlo notare.
«Cosa faresti tu, se la vedessi? Non vorresti gridarlo al mondo? Non vorresti rivederla, ritrovarla, inseguirla?» I suoi occhi si spostarono tra le onde e la schiuma, alla ricerca di una presenza insolita. «Non vorresti correrle dietro, lasciarti alle spalle questo mondo noioso, per seguire qualcosa di nuovo... di magico! Di bello!»
La giovane ragazza sbuffò lievemente, stringendosi ancora di più le ginocchia al petto.
«No.»
«No?»
«No.» Intravide il suo volto confuso e incuriosito e voltò il capo dall’altra parte, per non essere costretta a guardarlo in faccia. «Chi ti dice che te lo lascerebbe fare? Non credi che ci sia un motivo per cui si nasconde?»
«Quindi mi credi.»
Kanan sgranò gli occhi e pregò che lui non l’avesse notata. «Parlavo per ipotesi.»
«Hm-hm.» Cominciava a odiare quel sorrisetto. «Credo che se non volesse farsi vedere starebbe più attenta. E comunque... non lo urlerei davvero al mondo. Non mi crederebbe nessuno, e poi... sarebbe un segreto. Un segreto solo mio, una magia di cui solo io ho potuto godere...»
Fissava le onde, ora con lo sguardo velato da una malinconia che lei conosceva fin troppo bene – la malinconia dei marinai lontani da casa, delle ragazze innamorate, degli uomini soli. Aveva visto tanti volti e tutti diversi, ma ognuno caratterizzato da varie sfumature dello stesso dolce e triste sentimento. Sospirò impercettibilmente, si morse le labbra.
«Un po’ egoistica, come cosa.»
Il ragazzo scoppiò a ridere e la sua voce argentina sovrastò l’ululato del vento.
 
 

Era tornato il giorno dopo e quello dopo ancora, per una settimana, due, tre, un mese, due mesi. Kanan scoprì di essersi, forse, affezionata a quello strano individuo: a volte lo aspettava seduta su quello stesso scoglio dove l’aveva incontrato la prima volta, altre se ne stava nascosta poco lontano, tra le onde o le rocce, e lo osservava senza che lui se ne accorgesse.
Dopo un po’ di tempo si era abituata al suo strano accento, alle sue urla e ai suoi vaneggiamenti, alle sue risate e a quei momenti di amara tristezza che lo colpivano senza alcun preavviso, riuscendo a farlo tacere di colpo per qualche minuto. Ed era in grado di ammutolirsi anche per un’ora intera, mentre fissava le onde con sguardo perso.
Alcune volte, aveva addirittura pensato di accontentarlo – di nuotare lontano, tra i flutti, e lasciargli intravedere appena la propria coda; mostrargli solo un riflesso blu, il luccichio delle squame, una visione lontana che avrebbe potuto essere scambiata per un miraggio.
Non lo fece mai; era diventata troppo prudente. Eppure quel tizio tornava sempre, caparbio e irremovibile, e guardava sognante l’orizzonte per ore. Le parlava oppure parlava tra sé.
Il primo giorno del terzo mese, nona settimana, il ragazzo biondo dagli occhi di corallo non si presentò.
Kanan si stupì, ma non se ne preoccupò. Gli umani erano imprevedibili e mutevoli, sempre impegnati, distratti, movimentati.
Non venne neppure il giorno successivo, né quell’altro, né quello dopo ancora. Non lo vide per più di una settimana. La sirena cominciò, con stupore, a provare un curioso senso di ansia e sconforto. Non sarebbe più tornato? Si era davvero arreso?
Il terzo giorno dell’undicesima settimana egli ricominciò a venire, ma qualcosa era cambiato. Era diverso.
Veniva un giorno sì e due no. Più tardi si rese conto che in realtà si presentava in quel luogo in piena notte, al buio; lo scoprì per caso, in una nottata insonne e agitata. Per questo, quando lo incontrava, il giovane esibiva due occhiaie profonde e impossibili da nascondere.
Sorrideva meno e con molto meno entusiasmo. Kanan iniziò a realizzare che quell’insolita allegria che prima lo caratterizzava cominciava a mancarle.
«Sei silenzioso, ultimamente.»
«Tu lo sei sempre stata» commentò quello, con un sorriso mesto. «Non mi hai neanche mai detto il tuo nome.»
«Neanche tu, se è per questo.»
Rimasero in silenzio per qualche minuto. Il sole si stava tuffando nel mare e colorava d’arancione le onde e le nuvole; la superficie increspata dell’acqua luccicava e la ragazza si accorse che anche gli occhi dell’altro si inumidivano.
«Sono felice...» Le parole gli uscirono di bocca in un involontario singhiozzo. «Sono felice che ci sia qualcuno che mi ascolta, una volta ogni tanto. Non pretendo che tu mi credi, ma sono felice che tu stia a sentire quello che dico.»
«In questi giorni non stai parlando molto...» La voce di Kanan risultò più bassa e incerta di quanto lei si aspettasse.
Al giovane sfuggì un accenno di risata, che subito si trasformò in un pianto rumoroso e straziante.
 

Fu lui il primo a cedere, pochi giorni dopo. Si stringeva nel cappotto e tremava, nonostante quel giorno l’aria non fosse fredda come al solito.
Non cercò neppure di nascondere i singhiozzi. Non stava guardando il mare, il suo sguardo era fisso a terra e offuscato dalle lacrime – l’avrebbe persino abbracciato, lei, ma non ne aveva il coraggio. Non era sicuro che potesse essere d’accordo.
«Vorrei... vorrei solo essere libero di vivere come voglio. Di fare ciò che desidero. Libero di sognare e di inseguire i miei obiettivi...» Tirò su col naso, il suo labbro inferiore tremò. «I miei obiettivi, non quelli degli altri...»
Kanan si alzò in piedi e gli strinse un braccio. Non capiva, ma non sopportava quella visione.
Lui non si ribellò, si lasciò accarezzare delicatamente la schiena e con una debole occhiata le fece capire di essere grato del suo silenzio comprensivo.
«Sai...» Anche la sua stessa voce era incerta e fievole. «Mio padre dice che sono tutte sciocchezze. No, stronzate, ha detto. Io non pretendo che lui mi creda, sai? Non pretendo che nessuno mi creda, ci mancherebbe altro...»
«Lo so...»
«Però...» Non le lasciò il tempo di continuare, e riprese a piangere più forte di prima. «Vuole che sia come lui. Io non voglio essere come lui! Non le voglio le sue responsabilità! Non la voglio la sua stupida azienda! Io non sono un leader! Mi fa schifo tutto questo!»
Urlava e piangeva, strillò nuovamente rivolto alle onde, questa volta con rabbia. La sua voce era ancora più acuta del solito. «Smettila con questi giochi da bambini, Mari! Cresci, Mari! Devi comandare, Mari, devi essere forte come un vero uomo, Mari! Mi fa schifo questa roba! Schifo!»
Cadde in ginocchio e si strinse il basco sulla testa, come se sperasse che quel piccolo berretto potesse risucchiarlo per magia. La sirena si chinò accanto a lui e gli strinse le spalle, con il volto cupo e le parole morte in gola. Non era mai stata brava a parlare, lei.
«Mari è un nome molto strano per un ragazzo, sai...?»
Quello tentò di sorridere tra le lacrime, ma non ci riuscì. «Per forza...» Alzò il volto, ma non ebbe tempo di dire nulla prima di ritrovarsi gli occhi viola e profondi dell’altra a pochi millimetri dal volto e le sue labbra sottili e tiepide unite alle proprie in un bacio improvviso e fugace.
Chiuse gli occhi, un’ultima lacrima gli rigò il volto.



Kanan decise di farsi vedere.
Non chiaramente, certo. Ancora non si fidava del tutto, eppure voleva con tutta se stessa rivedere i suoi occhi brillare di energia ed eccitazione, sentirlo ridere e gridare rivolto all’oceano. Si domandava come fosse possibile amare una persona se non si aveva piena fiducia in lei – per questo esitava, rifletteva, si crucciava.
La notte del primo giorno della quindicesima settimana non andò da lui, ma nuotò tra le onde nere allontanandosi dalla spiaggia e aspettandolo con lo sguardo rivolto al punto dove erano soliti darsi tacito appuntamento. Attese un’ora, due ore.
Il sole tramontò e le prime stelle cominciarono a spuntare, una dopo l’altra. Di Mari non c’era traccia e Kanan in un primo momento pensò che fosse stato trattenuto a casa; ma qualcosa le stringeva il petto e le impediva di tornare sott’acqua, di andarsene e aspettare un altro giorno. Deglutì, respirò a fatica, incapace di comprendere a cosa fosse dovuta quella sensazione feroce e oppressiva.
A volte odiava il suo sesto senso, ma sapeva che raramente esso la deludeva.
Nuotò e si spinse più in là, lasciandosi trasportare dalle onde. Non aveva idea di dove si sarebbe diretta, ma sentiva di doverlo cercare e qualcosa le diceva che la terraferma non era il luogo giusto.
Era abituata all’oceano, l’aveva girato in lungo e in largo e non aveva mai avuto paura di spingersi troppo oltre – l’acqua era sua amica, il vento suo alleato e l’istinto la sua guida. Dopo qualche minuto si scoprì a piangere.
Era spaventata, e quell’emozione era per lei tanto nuova quanto terribile.
La luce della luna si rifletteva sulla superficie nera e gelida dell’acqua. Kanan fu grata della sua presenza.
Ad accompagnarla c’erano solo il gorgoglio delle onde e il proprio respiro sommesso.
 

«Dove sei?!»
Non fu lei a urlare.
Rizzò le orecchie, prese a guardarsi intorno freneticamente. Un altro urlo, più forte e disperato del primo, risuonò nella notte e la sirena cercò di seguirne la voce, per quanto possibile.
Una barchetta, un vecchio, piccolissimo peschereccio che dondolava al ritmo dell’acqua che si increspava mossa dal vento, e su di esso uno spettro bianco che strillava come posseduto da un demone, ritto sulla prua. La sirena si avvicinò e riuscì a distinguerne i capelli chiari, lasciati cadere sulle spalle, una leggera camicia da notte candida che non avrebbe mai potuto proteggere dal freddo di quella notte.
Kanan aveva salvato molte persone, ma di quella ebbe paura.
Finché non vide la barca venire scossa da un colpo di vento, la ragazza sbilanciarsi e perdere l’equilibrio, sgranare gli occhi e cadere dalla parte sbagliata. Il peggio fu il non vederla annaspare per raggiungere la superficie, per riaggrapparsi in qualche modo all’imbarcazione, attaccarsi disperatamente alla vita e alla sua unica speranza di salvezza.
Non pensò, si diresse nel punto in cui l’aveva vista scomparire tra i flutti e sfidò il buio e le onde fino a ritrovare quel corpo debole e inerme che aveva subito smesso di lottare. Riuscì ad agganciarle la vita e a nuotare verso l’alto, verso l’aria e la luce.
Pazza, pensò Kanan.
«Sei tu...» gemette invece la fanciulla, con il capo abbandonato sulle spalle della sirena. Aveva una voce acuta e argentina, anche mentre faticava a respirare normalmente e tremava per il gelo e lo spavento. I suoi occhi simili a coralli, anche nella semioscurità, brillavano di amore e gratitudine.
Si lasciò trascinare verso la barca e poi a riva, come se il corpo non le appartenesse. Permise che Kanan la sollevasse e la portasse in braccio verso una baracca poco lontano dalla spiaggia, per asciugarla e scaldarla
 – non che avesse scelta, doveva avere le membra congelate e deboli. Riuscì appena a sollevare, a fatica, un braccio pallido per carezzarle il volto; lei non si scostò, incurante delle sue dita gelide. 
«Grazie... per avermi salvato.»
Sapeva che Mari non si riferiva soltanto a ciò che era accaduto quella notte. Quella volta fu lei, con mani e labbra tremanti, a baciar
la con disperata riconoscenza.
















 
 
Immagine correlataCanzone: Guilty Night, Guilty Kiss
Gruppo: sub-unit delle Aqours “Guilty Kiss” 
(Riko Sakurauchi, Mari Ohara, Yoshiko Tsushima)

Centro: Mari Ohara

Il mio inizio nel fandom di Love Live non è dei migliori, lo riconosco, ma sentivo il bisogno fisico(?) di dedicare qualcosa a questi due amori della mia vita. Kanan e Mari sono la bellezza e meritano felicità e amore immensi ed eterni.
(Also, se state leggendo, vi prego votate per inserire i nomi dei nuovi personaggi nell'elenco, abbiamo bisogno anche di loro ><)





 
   
 
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