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Autore: outshined_    03/12/2017    0 recensioni
Scambio epistolare tra Lorca e Dalí: un po' d'amore, d'erotismo, arte, rime e pomeriggi al mare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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A Federico da Salvador

[...] Senza iniziare questo commento, o lettera - dipenderà poi da come deciderai di leggermi - con convenevoli che nell’ottica del tuo, del mio nuovo e favoloso mondo sono solo matasse di lana, d’ingombri come sassi nelle scarpe. di cui sbarazzarsi, per alleggerire lo spirito e il corpo: il libro mi piace.
  L’ho letto con una fame che assomigliava a quella di carne, seduto in veranda con gli ultimi saluti di vento che l’estate ci sta concedendo, ma immagino che a Granada il caldo sia stagnante ed asfissiante.
  Promettimi però di non morire in tutta quell’afa noiosa, ho il bisogno pazzo di raccontarti dei numerosi aspetti del tuo viso, che inaspettatamente  ho scoperto tra le righe delle poesie, a sorseggiare una limonata gelida nel pomeriggio.
 Sei in grado di essere adatto ad ogni mio stato d’animo, intemperanza o capriccio, ed io ti cerco per questo tuo talento e qualità come persona assetata che si muove insicura sul sentiero sperando d’incontrare un pozzo.
 Tu, tu, tu che con le parole stimoli ancora di più la mia curiosità d’esplorare l’animaletto allegro che ti dimostri, nei pomeriggi a prendere il sole, al mare; a remare con le braccia stanche e le guance che dolgono dal troppo ridere, gli occhi che bruciano per tutta la luce che ci scambiamo ed il tempo che consumiamo a consumarci con gli sguardi, a tremare dietro i visi perché vorremmo renderci capaci di dire parole più belle di quelle che normalmente sappiamo dire, e compiere azioni più coraggiose di quelle che, impacciatamente, ci accingiamo a mimare. Almeno io, mio cagnolino andaluso, che me la cavo solo con fantasie dipinte e gesti di bambino con le mani, ma che non son poeta bravo e divino come lo sei tu.
  Tu, bestiolina saltellante di terra, di acqua ed aria, con mille rime e il fuoco che ti brucia nel petto, che ti colora la pelle, t’abbronza il corpo. Federiquito, che sei sempre sul mio comodino, nella tasca dei miei pantaloni, ovunque vada come un ossessionato, uno scaramantico, una vecchia strega superstiziosa, io ti ho accanto, ti devo avere accanto, nella mente, attraverso quelle meravigliose composizioni che Dio solo sa da dove ti vengono.
  Qualcuno ti parla? Ti suggerisce cosa scrivere, come indovinare sempre ciò che sto pensando, che vorrei comporre ma non so comporre?  Ancor più, però, vorrei correre scalzo come un gatto e raggiungerti, qualsiasi cosa tu stia facendo, ed interromperti per posare un bacio sugli insetti che ti si agitano sulle braccia, sul petto, sul ventre, giù sul tuo elegante cazzo che è ciò per cui alla mattina ti scrivo lettere e alla sera, leggendo , mi maneggio come un matto che vive d’immagini e si lascia mangiare dai suoi stessi amori, dalla fantasia  e la passione per le imprese impossibili e le situazioni oniriche.
  Bestia, mi manchi. Mi manchi soprattutto quando la luna è tonda come un occhio al centro della fronte ed illumina il giardino: usavamo sempre bere del vino poco invecchiato e poi giocare a fare i vulcani, ad alzare la voce e far finta di poter esplodere e diventare famosi, oltre i confini della Spagna, su per i Pirenei, ad annegare nei campi di lavanda o fare il bagno sulla costa napoletana.  
  Ora, con sincerità e il cuore che mi batte senza controllo, voglio dirti che fino a quando io andrò bene, la mia arte andrà bene alla tua poesia, alla tua arte, non proverò il desiderio di conquistare nessun posto, nessun uomo.
  L’approvazione reciproca, le critiche, tutto il sentimento che s’anima quando conosco quello che sai produrre, l’artista del folklore, la voce degli zingari che vanno e non si fermano mai, del buio tra l’erba alta, abbracciati e nascosti dalla luna che, nel profondo, per il tuo spirito infantile e sciocco, personifica sempre la paura della morte in cima al cielo: questo per me vale più di tutta la fama che potrò raggiungere.
  Se vorrai, ma anche se non vorrai, sarò disposto a coprirti di tele e colore e non permettere mai alla Madre di sfiorarti, di tenerti lontano da questo mondo che ha tanto di te da conoscere: sei nutrimento per la terra, i pensieri ed il Sole e sì, sì piccola cavalletta, io posso stringerti la mano, abbeverarmi fino a riempirmi lo stomaco della tua bellezza così rara e sconosciuta e privata.
 Tienila, tienila al sicuro dal vento, dalla pioggia, perché al momento di salutarci, mostrando i denti in due sorrisi pieni di luce, desidero cibarmene senza riserve e prosciugarti perché nessuno possa sentirsi come mi sento io immerso nelle tue parole.
  Vivremo dei nostri baci, ed accarezzerò acceso i muscoli appena accennati del tuo addome, mentre tu, furba colomba, giocherai tra le mie natiche, descrivendo figure simili ai tuoi disegni di bambino che mi riempiono sempre di commozione primordiale, surrealista.

   Non saprei, non posso aspettarti più, bestiolina. Ora che ho la tua anima in mano, fatta di carta, di pagine, di verbi e sangue; di tutto l’erotismo di cui sei capace: in modo velato, osceno dietro a bellissime figure, che genera nel mio petto moti d’eccitazione e ambiguità. E mai potrai annoiarmi, aprendo ogni mattina un cassetto diverso e mostrandomi come sai rinventarti; modellandomi lentamente, quando io ho già creato te, ed ancor prima tu avevi scolpito le mie idee per costruirti.
  Un cerchio, come la luna, mio dolce poeta, mie labbra di notte e terra ferrosa, cane andaluso che si perde sulla spiaggia.

 Berrò, ora, fino a prendere sonno, qui in veranda: per un po’ soffieranno ancora nell’aria le ceneri dell’estate, lo ripeto.
  Spero che la creatività s’adoperi in un’edificazione, nel sogno, di una realtà finta in cui, almeno per una notte, ci troviamo abbracciati e sereni, pieni d’amore per tutto quello che stiamo imparando a donarci l’un l’altro.

 

T’amo, creatura bella.

Riposa, io sarò lì,


il tuo geco, Salvador.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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