Salve
gente! Sono la vostra Marylilith, questa volta alle prese con una
nuova fanfiction su Twilight. Quello che sto per narrarvi è
qualcosa che non ho
mai provato a raccontare prima, spero di riuscire nel mio intento e di
non deludervi.
Non voglio svelarvi nulla sulla storia, dimenticatevi solo Edward
vampiro, qui
sarà un ragazzo qualunque, dimenticatevi Bella goffa e
insicura, qui sarà una
ragazza molto sicura di se. Spero di avervi incuriosito ^^
A
spirit
into my body
Capitolo
1. L’ultimo volo
Era
la
prima volta che prendevo un aereo per il Canada. Mi stavo recando li
per
partecipare ad una competizione di pattinaggio su ghiaccio. La vittoria
mi
avrebbe aperto le porte per le Olimpiadi invernali. La voce del
capo-pilota all’alto
parlante ci avvertì che stavamo per atterrare
all’aereoporto di Montreal. Guardando
fuori dal finestrino vidi che aveva appena nevicato e che le strade
erano
ricoperte da un manto candido. Non appena scesi dall’aereo
venni accolta da una
folla di giornalisti che mi puntarono addosso i loro flash scattandomi
una foto
al secondo. Per fortuna Charlie il mio manager, nonché mio
padre riuscì a
fargli mantenere le distanze prima che mi assalissero. Lasciato
l’aeroporto una
macchina ci aveva prelevato e portato al palazzetto dello sport. Per
quell’esibizione
avevo deciso di provare una nuova coreografia e di terminarla con un
triplo
salto.
-Bella
sei sicura di poterlo fare?- domandò Charlie, non avevo mai
provato quel salto
ma ero fiduciosa, volevo sbalordire la giuria, il posto alle Olimpiadi
doveva
essere mio.
-Non
c’è
niente che non possa fare- risposi sicura di me.
Il
pattinaggio mi aveva cambiato, prima di diventare tra le migliori
pattinatrici
d’America della mia età ero una ragazza piuttosto
goffa, io stessa non avrei
mai pensato di riuscire a stare sui pattini per più di
qualche secondo senza
rovinare a terra. Ancora meno avrei immaginato di arrivare a gareggiare
per l’accesso
alle Olimpiadi, era il sogno di ogni pattinatrice, era il mio sogno
più
importante e non mi sarei arresa finché non
l’avrei raggiunto.
Prima
di
me si esibirono una pattinatrice russa e una italiana, vedendo le loro
coreografie mi convinsi che la mia era perfetta cosi com’era.
Le loro erano
state elaborate e piene di passi complicati io non potevo essere da
meno. La
prossima ero io, indossai i miei pattini al quale avevo legato un
piccolo ciondolo
portafortuna, mi aveva accompagnato in quasi tutte le gare, era grazie
a lui se
nella mia stanza potevo sfoggiare una collezione di coppe e medaglie
tutte di
prima o seconda posizione. Non potevo non indossarlo per quella gara,
senza ero
certa non sarebbe filato tutto liscio.
Avanzai
al centro della pista, presi posizione e attesi che la musica partisse.
Per la
mia esibizione avevo scelto una melodia eseguita al pianoforte, Claire
de lune
di Debussy. Era una musica tranquilla, niente di spettacolare. La mia
scelta
era stata voluta, infatti volevo che la giuria si concentrasse
interamente su
di me e non sulla musica, una musica troppo elaborata li avrebbe
sicuramente
distolti dalla mia coreografia. Eseguii alla perfezione i primi passi,
mi ero
allenata molto per quella gara, avrei potuto pattinare anche ad occhi
chiusi. Saltavo
e volteggiavo in aria con grazia ed eleganza, non potevo vederli per
non
perdere le concentrazione ma sapevo che la gente tra il pubblico mi
guardava,
anzi mi ammirava con il fiato sospeso, li avevo sbalorditi. Eseguii una
sequenza di passi in linea retta, portandomi dove mi trovavo prima di
iniziare,
cioè al centro della pista. L’esibizione stava per
terminare, i 2 minuti e 40
erano quasi passati, mancava l’ultimo passo, quello finale,
il triplo toe loop.
Iniziai a pattinare per prendere velocità, saltai in aria
girando per tre volte
su me stessa. Troppo tardi mi resi conto di aver saltato troppo presto,
e soprattutto
di non essermi data lo slancio di cui avevo bisogno. Quando tornai a
terra il
piede destro slittò in avanti e prima che potessi riprendere
il controllo caddi
all’indietro sbattendo la testa. L’ultima cosa che
vidi furono i medici che mi
caricavano su una barella, e Charlie che mi teneva la mano, poi persi i
sensi.
-Isabella!...Bella
mi senti?-
Aprii
gli
occhi ancora stordita e con la testa che mi faceva male, vidi mio padre
guardarmi preoccupato chinato su di me.
-come
ti
senti?- domandò aiutandomi a mettermi seduta
-bene…ma
dove mi trovo?- chiesi guardandomi attorno
-non
ricordi?-
Mi
voltai verso mio padre, cos’è che dovevo
ricordare? Ci pensai un momento,
quando ricordai mi prese un colpo
-oddio
che figuraccia!- esclamai prendendomi il volto tra le mani. Come avevo
potuto
sbagliare? La mia partecipazione alle Olimpiadi era inevitabilmente
compromessa.
Charlie
sembrò accorgersi della mia ansia perché
tentò di sollevarmi il morale
-sta
tranquilla, questa era solo una delle tante gare per accumulare punti e
andare
alle Olimpiadi, ti rifarai la prossima volta-
Aveva
ragione, tutti possono sbagliare, il mio errore era stato quello di
eseguire un
salto pur non essendo ancora pronta e abbastanza allenata, ma non
dovevo
arrendermi c’erano ancora tante competizioni da gareggiare,
io Isabella Swan,
terza classificata ai campionati USA di pattinaggio sul ghiaccio avrei
raggiunto la vetta delle Olimpiadi, la medaglia d’oro mi
attendeva.
Quello
che mi preoccupava però era la reazione dei giornalisti, il
mio rapporto con
loro non era mai stato dei migliori, e dopo questo sapevo sarei
diventata il
loro bersaglio preferito già mi immaginavo i titoli sui
giornali “pattinatrice
americana delude il pubblico con una performance da
principianti” o ancora “la
scalata verso le olimpiadi si allontana sempre di più per
questa giovane
pattinatrice”.
-Ti
lascio riposare ancora un po’, hai preso una bella botta
rimani stesa- disse
mio padre dandomi un bacio sulla fronte e lasciando la stanza. Non
sapendo cosa
fare accessi la tv. Il telegiornale stava trasmettendo una notizia
dell’ultimo
minuto. Poco distante dal palazzetto dello sport, un piccolo aereo era
precipitato durante un esibizione acrobatica, non si sapeva ancora
nulla delle
sorti del pilota. Ascoltando quella notizia sentii una strana
sensazione dentro
di me, una sensazione di tristezza e disagio che non riuscii a
spiegarmi.
Non
volevo più di rimanere a letto. La gara non era ancora
finita, dopo di me
dovevano esibirsi altre pattinatrici, volevo andarle a vedere. Mi alzai
dal
letto e uscii dall’infermeria. Mentre percorrevo il
corridoio, voltando l’angolo
qualcuno mi venne addosso, finimmo entrambi per terra.
-ahi…mi
scusi- dissi rialzandomi. Vidi che quella contro cui mi ero scontrata
era la
pattinatrice italiana, la quale mi fissò con astio e se ne
andò senza dire
nulla.
“che
maleducata”
-si
è
vero…aspetta! Chi ha parlato?- mi guardai attorno ma nel
corridoio non c’era
nessuno, eppure ero sicura di aver sentito una voce. Forse la botta
alla testa
era stata più forte del previsto, mi strinsi nelle spalle e
mi affrettai a
raggiungere gli spalti prima del termine della competizione.