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Autore: _Agrifoglio_    08/12/2017    4 recensioni
Anche questo epitaffio, come gli altri da me già pubblicati, è tratto da una raccolta intitolata: "Scorre la Senna, scorre lenta", un lavoro ispirato all'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, che sto pubblicando nel settore di Lady Oscar.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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La Principessa di Lamballe
 
Nacqui dal ramo Carignano della famiglia Savoia
e crebbi lontana dalla corte sabauda, in tranquillità e pudicizia,
finché non fui scelta come moglie del Principe di Lamballe,
un giovane uomo dall’indole debosciata e dallo stile di vita dissoluto.
Numerosi vizi condussero il mio sposo ad una morte prematura
e diedero a me una precoce ed inattesa vedovanza.
In occasione delle fastose nozze del Delfino Luigi Augusto,
ne conobbi la neo sposa, la Principessa Maria Antonietta
che mi scelse come sua più cara amica e confidente.
Numerose gelosie scatenò questa predilezione
oltre alle voci sulla distorta ed ambigua sessualità della Delfina
e sullo scandaloso ed illecito legame che ci avrebbe unite.
Morto il vecchio Re e divenuta Sovrana la mia amica,
fui onorata di una carica prestigiosa che non sarebbe spettata a me
e che mi rese la dama più importante ed invidiata della Corte.
La mia sincerità e la mia totale assenza di opportunismo
non mi fecero conservare a lungo quella posizione privilegiata
e fui, in pochi mesi, soppiantata dalla Contessa di Polignac,
una donna scaltra e spregiudicata, molto malferma quanto a fedeltà.
Il mio affetto nasceva dal cuore mentre l’altra era un’avventuriera,
resa astuta dall’indigenza che non costituiva, invece, il mio motore.
Messa da parte come un abito vecchio o un paio di scarpe strette,
ripresi la vita di prima, delusa eppure immune al veleno del rancore.
Fui riavvicinata all’alba della rivoluzione, quando tutto era perduto.
E’ nel momento del bisogno che si vedono i veri amici
e, mentre Madame de Polignac, all’indomani dei fatti della Bastiglia,
fuggì all’estero per sempre, priva di rimpianti e senza voltarsi indietro,
io rimasi a fianco della mia cara amica, dimostrandole tutta la mia lealtà.
Mi recai all’estero due volte, contro voglia e su ordine dei miei Sovrani
e, in entrambe le occasioni, mi spesi per la loro salvezza,
a dispetto delle mie condizioni di salute e delle resistenze incontrate.
Fatto testamento, mi ricongiunsi alla Corte, alle Tuileries.
Quant’era opprimente e lugubre quello scomodo e vecchio palazzo,
se confrontato alla splendente e favolosa Reggia di Versailles!
A me, però, non importava, bastandomi essere di conforto e di aiuto.
Dopo la sanguinosa rivolta dei sanculotti, fui separata dalla mia Regina
ed imprigionata nella Petite Force ove rimasi fino alla morte,
avvenuta in un tragico giorno, tristemente assurto ad una tetra fama
a causa delle atrocità e delle barbarie che lo funestarono.
Una folla urlante ed assetata di sangue svuotò le carceri dagli aristocratici
e mise in piedi tribunali improvvisati ed esecuzioni efferate.
In queste tragiche circostanze, persi la vita, da me consacrata all’amicizia.
Strappata, a viva forza, dalla mia cella, da una masnada di indemoniati,
fui processata sommariamente e richiesta di giurare eterno odio ai Reali.
Rifiutato ciò che non albergava nel mio cuore e che non guidava il mio volere,
fui trascinata in un immondo cortile allagato di sangue,
ingombro di martoriati resti umani ed invaso da canaglie forsennate.
Mi stordirono a randellate, un colpo e dopo un altro ed un altro ancora!
Mi denudarono ed infierirono su di me con ferocia ed abiezione bestiali
prima di staccarmi la testa con un coltello e di proseguire nello scempio.
Issato il mio capo su una picca, lo portarono in processione per la città,
trascinandosi dietro, per le gambe, il mio corpo orrendamente mutilato.
Giunti alla Torre del Tempio, con grandi urla e schiamazzi,
chiamarono la Regina, insultandola e dileggiandola,
per farla uscire nel cortile ed esibirle il macabro trofeo.
Non vide i miei miseri resti, per fortuna, l’amata Sovrana,
ma comprese ugualmente e, straziata dal dolore e dal raccapriccio, svenne.
Quel che feci fu per amicizia e per devozione alla causa monarchica,
sentimenti che nascono dal cuore e che si alimentano di se stessi,
non necessitando di ricompense, di riconoscimenti o di corrispettivi.
Mille volte rifarei le stesse scelte cui seguirebbero le medesime azioni.
Fui apprezzata alla fine, nel momento del dolore e ciò mi fu sufficiente.
   
 
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