Serie TV > Supergirl
Ricorda la storia  |       
Autore: Najara    10/12/2017    6 recensioni
Natale è una festività malinconica per Kara e Lena, sempre attenta al suo umore, le chiede di accompagnarla in un posto speciale dando una svolta alla loro serata. Questa notte, però, non è una notte qualsiasi, così come non sarà un Natale qualsiasi, una minaccia si sta per presentare a National City e Supergirl dovrà affrontarla.
Una ff SuperCorp divisa in due parti che riprende l'episodio 3x09 cambiando solo un poco le tempistiche.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ucciderò Reign

 

Parte I: Un passo avanti

 

Kara osservava pensierosa la città, i suoi occhi, però, andavano oltre, la mente persa in pensieri lontani.

“Ehi…” Una mano si appoggiò sul suo braccio, riscuotendola. Si voltò e sorrise a Lena che la guardava con occhi preoccupati. “Va tutto bene?” Le domandò la giovane, sempre così sensibile al suo umore.

“Certo!” Esclamò, fingendo un’allegria che non provava. Malgrado si impegnasse molto il Natale non era la sua festa. Apprezzava il concetto, ma il Natale, più di ogni altra festa dell’anno, le ricordava quello che aveva perso. Forse perché l’albero era un simbolo che veniva usato anche nella Prin-va’le e la cometa ricordava la cerimonia di Krent, due importanti feste kryptoniane che lei aspettava e viveva sempre con gioia a casa e che ora erano solo un ricordo lontano.

La mano di Lena esitò ancora un istante sul suo braccio, poi la ragazza sorrise e la allontanò.

“Hai organizzato una bellissima festa.” Le disse, lanciando uno sguardo alle sue spalle e osservando Alex che rideva assieme a Sam e Ruby, mentre Winn chiacchierava con James e un uomo che le era stato presentato come Hank. Poco più in là un signore anziano, il padre di Hank, borbottava soddisfatto mentre beveva la sua terza o quarta tazza di caffè.

Kara seguì il suo sguardo, soffermandosi su James che lanciò loro uno sguardo e sorrise a Lena.

“Dunque… tu e James…?” Chiese, titubante. Ne avevano già parlato prima, scherzando, ora, però, sentiva che avrebbe ottenuto dalla giovane Luthor una risposta sincera.

“No.” Le rispose la donna. Gli occhi che tornavano su di lei.

Kara percepì quella calda sensazione di benessere che provava ogni volta che Lena la guardava in quel modo speciale, come se lei fosse la cosa più importante del mondo, qualcosa da proteggere e al contempo dal quale farsi proteggere. Ma il momento passò e Lena distolse lo sguardo. Un brivido di timore era brillato nei suoi occhi. Succedeva sempre più spesso e Kara non capiva perché.

“Volevo salutarti, devo andare in un posto.” Kara sbatté le palpebre sorpresa dall’informazione.

“Adesso?” Chiese. “Ma è tardi e…” per qualche motivo non voleva che Lena se ne andasse.

“Ti avrei chiesto di venire con me, ma mi sono resa conto che non posso strapparti alla tua festa.”

La donna le sorrise e Kara provò di nuovo quella strana sensazione nel ventre, la stessa di quando Lena era arrivata quella sera, splendida con i capelli sciolti tenuti di lato e un abito oro e nero, improvvisamente l’idea di lasciarla andare le parve inconcepibile.

“Vengo con te.” Si lasciò sfuggire di botto e Lena la guardò sorpresa. “Se vuoi… voglio dire, se non è un disturbo…” Iniziò a balbettare. Era da tanto che non succedeva più che si imbarazzasse davanti a Lena. Si zittì portando la mano agli occhiali, a disagio.

“Mi piacerebbe molto.” Ammise la donna, con voce calda e dolce. Kara alzò gli occhi e incontrò quelli chiari di Lena. Le sue guance si soffusero di rosa, mentre sorrideva.

“Andiamo, allora.” Si voltò e raggiunse sua sorella, informandola che avrebbe dovuto fare lei le veci di padrona di casa, poi prese il cappotto e raggiunse Lena, che la aspettava alla porta.

“Dove andiamo?” Le chiese, mentre scendevano in strada, proteggendosi dal freddo pungente dell’inverno infilando le mani nelle tasche dei cappotti. Non che Kara ne avesse bisogno, ma ormai si era abituata a fingere.

“Lo vedrai.” Rispose Lena, gli occhi che brillavano di divertimento.

“Oh, una sorpresa!” Kara si illuminò alla prospettiva e il sorriso di Lena si addolcì, mentre la donna distoglieva lo sguardo e la guidava alla sua macchina.

“Credevo che i Luthor si muovessero sono con l’autista.” Rimarcò Kara, mentre si sedeva nel lato passeggero.

“Mancano due giorni a Natale, il mio autista ha quattro figli, nemmeno il peggiore dei Luthor sarebbe così cattivo da obbligarlo ad aspettare per delle ore mentre lui si diverte a una festicciola.” Lena la guardava divertita, il tono sarcastico e ironico che usava ogni volta che la prendeva un poco in giro o scherzava sul suo cognome e sulla nomea per cui così spesso soffriva.

“Giusto.” Accettò Kara e Lena rise del modo serio con cui aveva preso l’informazione.

Percorsero alcune strade, Kara aveva il naso incollato al finestrino, alla ricerca di un indizio su quale fosse la loro destinazione. “Dove andiamo?” Si lasciò di nuovo sfuggire, dopo un poco e poi sorrise nel vedere lo sguardo fintamente esasperato di Lena.

“Dimmi, eri una di quelle bambine che non riescono a resistere alla tentazione? Sbirciavi all’interno dei pacchi messi sotto l’albero prima che fosse Natale?”

Kara tornò a voltare lo sguardo verso la città. Per un poco era riuscita a dimenticarsi la malinconia che quella particolare festa insinuava sempre nel suo cuore, ma le parole di Lena le avevano riportato i ricordi alla memoria.

“Mi dispiace…” Nel sentire il tono di Lena, realmente dispiaciuto, Kara voltò la testa per guardarla e le sorrise.

“E di cosa? Non hai nessuna…”

“Hai organizzato una festa bellissima, il tuo appartamento era pieno di decorazioni, tutto lascia intendere che sei un’appassionata di questa festività, eppure… è chiaro che sei triste. Non è difficile immaginare il perché.” Lena guardava la strada e Kara osservò il suo volto. Le linee decise che aveva visto ammorbidirsi in un sorriso o irrigidirsi nella rabbia, le labbra rosse, ferme e ricche, gli occhi, ora nascosti nell’ombra, altrimenti specchio di ogni suo pensiero. “Mi dispiace aver fatto accenno alla tua infanzia, non è difficile immaginare che la tua famiglia ti manchi, in particolare in questi giorni in cui sembra che tutto sia costruito di modo che sia impossibile non ricordarlo.”

Kara che la stava fissando attentamente percepì il leggero tremito delle sue labbra alla parola famiglia. Lena era così forte, nascondeva così bene le ferite che invece dovevano pesare sul suo animo che Kara dimenticava, troppo spesso, quanto simili fossero, dopo tutto, le loro storie.

“Ti ricordi di tua madre?” Chiese, con voce bassa. Lena non rispose subito, tanto che Kara si chiese se non avesse toccato un argomento troppo delicato.

“Ricordo una sensazione, nulla di più…” Giunse, però, la voce di Lena a colmare il silenzio. “Non ricordo un volto e Lillian non ha voluto che di lei restasse nulla, neppure un’immagine, ma… ho questa percezione, la sua mano sulla mia fronte, una carezza leggera a scacciare i capelli che mi ricadevano sugli occhi.”

Kara cercò di immaginare la piccola Lena che si aggrappava a quel ricordo, mentre tutto il resto svaniva e provò l’intenso desiderio di abbracciarla.

È sciocco, lo so, e probabilmente è un ricordo artefatto.”

“No!” Protestò lei. Lena, allora, per la prima volta, ruotò lo sguardo e Kara notò senza difficoltà che i suoi occhi erano resi lucidi da lacrime che non avrebbe versato. “È un bellissimo ricordo.”

Rimasero di nuovo in silenzio, la città scorreva accanto a loro, le decorazioni brillavano sui finestrini, rischiarando di rosso, blu, verde e oro l’abitacolo scuro dell’automobile.

“Credevo che non li avrei dimenticati mai, ma… sta scomparendo, il mio ricordo di loro, li sto perdendo e questo mi fa stare male. Mi sembra così sbagliato, come se li stessi lasciando andare, li perdessi di nuovo e questa volta per colpa mia.” Ammise Kara, dando voce ad un pensiero che aveva condiviso solo con Alex.

Lena non le disse nulla, ma dopo un istante la sua mano lasciò il volante e cercò la sua. Kara esitò, le sue dita tremarono nel sentire quelle di Lena sfiorarle, ma prima che la donna ritirasse la mano, lei l’afferrò e la strinse, lanciando che il suo calore fisico si trasmettesse alle dita fredde di Lena, mentre un calore, molto più intimo, le scaldava il cuore grazie a quel delicato gesto della donna.

Il resto del tragitto lo fecero in silenzio, ma tra loro vi era quella stretta che sembrava legarle in un modo semplice eppure importante.

“Eccoci.” Mormorò alla fine Lena, ritirando, con un attimo di esitazione, la mano e parcheggiando l’auto.

Kara osservò la grande insegna con perplessità.

“Il Luthor Hospital?”

“Sì.” Confermò la giovane, sorridendo. Scesero dall’auto e Lena la guidò con passo sicuro all’interno. Un gruppo di infermiere le accolse con sorrisi pieni di aspettativa e Kara si rese conto che Lena conosceva per nome ogni persona che incontravano.

“Vieni spesso qua?” Le domandò e Lena la guardò sorpresa.

“Certo, è il mio ospedale.” Affermò, come se questo spiegasse tutto.

“Miss Luthor.” La chiamò un medico e Lena annuì per poi voltarsi verso Kara con un sorriso.

“Aspettami qua, torno subito.” Le disse prima di seguire l’uomo in una stanza.

“Miss Luthor viene qua due o tre volte la settimana.” Le spiegò un’infermiera che, evidentemente, aveva seguito il loro scambio. “Passa la maggior parte del tempo negli uffici amministrativi, assicurandosi che l’ospedale offra sempre il miglior servizio possibile e poi non dimentica mai di passare a salutare i nostri piccoli ospiti di lunga degenza.” La donna fece un ampio sorriso. “È un tesoro e i bambini l’adorano.”

Kara aprì la bocca per dire qualcosa all’infermiera, per chiedere ancora di Lena, ma la giovane Luthor spuntò di nuovo con un sorriso soddisfatto sulle labbra.

È tutto pronto.” Affermò, contenta.

“Cos’è che è pronto?” Chiese e il sorriso di Lena si approfondì ancora.

“Ancora qualche minuto e lo saprai. Andiamo.” Kara fece ruotare gli occhi, impaziente, facendo ridere Lena e le infermiere attorno a loro.

Quando entrarono nel reparto pediatrico destinato ai bambini con malattie che prevedevano una lunga degenza, l’atmosfera si trasformò, il lungo corridoio dell’ospedale si colorò, ogni porta aveva delle decorazioni e lucine di natale correvano in alto lungo le pareti. Un vociare elettrizzato proveniva dalla stanza dei giochi.

“Lena!” Esclamò un bambino non appena furono alla porta e improvvisamente il nome fu ripetuto da tutti i quindici bambini presenti. Lena si separò dal suo fianco e si perse tra il gruppo di bambini, chiamandoli per nome, chiedendo loro informazioni su fratellini o sorelline, genitori o nonni, animali di compagnia o peluche. Sembrava conoscere ognuno di loro personalmente e in un baleno si ritrovò seduta ai piedi del grande albero, i tacchi dimenticati in un angolo, incurante del fatto che sciupava l’elegante vestito, mentre due bambine giocavano con i suoi lunghi capelli e i bambini le parlavano eccitati, mostrandole disegni o spiegandole come avessero decorato l’albero con la carta crespa.

“Ve lo avevo detto che è un tesoro.” Le sussurrò l’infermiera e, proprio in quel momento, Lena alzò lo sguardo su di lei, gli occhi che brillavano di gioia.

“Vi ricordate che vi ho parlato di Kara?” Chiese e improvvisamente tutti i bambini si voltarono verso di lei, gli occhi curiosi. “Sono riuscita a portarla qua, così potete chiederle tutto quello che volete su Supergirl.”

Kara aprì la bocca, sorpresa, mentre Lena sorrideva, ma prima che riuscisse a dire qualcosa si ritrovò bombardata di domande.

“Sei amica di Supergirl?”

“Lena dice che tu e lei siete amiche!”

“Hai mai volato con lei?”

“A Supergirl piace il viola?”

“Ma dov’è la casa di Supergirl?”

“Credi che se glielo chiedi viene a trovarci?”

Kara cercò di trovare qualcosa da dire a quella folla di bambini curiosi sulla supereroina di National City, mentre rispondeva che, sì, anche a Supergirl piaceva il gelato al cioccolato, alzò gli occhi e vide che Lena stava parlando con lo stesso medico di prima che le annuiva sorridente. Non appena gli occhi della giovane si posarono su di lei Kara le lanciò uno sguardo implorante e Lena rise divertita dalle sue difficoltà.

“Avete sentito anche voi?” Chiese poi, tendendo l’orecchio in maniera teatrale. Kara tese il suo super udito, curiosa quanto i bambini che si erano improvvisamente zittiti. Sentì subito il suono di una campanella e il passo di un uomo appesantito da qualcosa, fu tentata di abbassare gli occhiali e osservare oltre la porta, ma gli occhi di Lena erano fissi su di lei e sarebbe stato un gesto strano.

I bambini attorno a lei erano silenziosi e fissavano Lena seri e attenti. La donna aveva uno sguardo concentrato.

“A me sembra di sentire…” Accennò, un’infermiera aprì la porta del reparto e lo scampanellio fu chiaramente udibile. “Una campanella!” Esclamò, allora, Lena.

Immediatamente si diffuse un brusio eccitato, mentre i bambini guardavano Lena e poi le infermiere alla ricerca di una soluzione che sembrava sfuggire loro. I più coraggiosi, non bloccati su di una sedia a rotelle, si erano avvicinati alla porta, tendendo i colli cercando di vedere cosa o chi provocasse quel suono.

“No, non può essere…” Disse allora Lena, sempre calata nella parte. “È troppo presto… ditemi, è possibile che siete stati così tanto bravi?” Domandò e Kara comprese, assieme ai bambini, chi stava arrivando.

“Babbo Natale!” Esclamarono in coro i piccoli pazienti.

“Pensate davvero che sia lui, no, no, è impossibile.” Contestò Lena, voltandosi verso i bambini e dando le spalle alla porta, dove, evidentemente in attesa di quella frase, un vecchietto vestito di rosso e dalla lunga barba bianca, fece la sua comparsa.

“Lena! Lena! Lì, guarda!” I bambini le tiravano le braccia, cercando di farla voltare, di mostrarle il miracolo.

La donna alzò lo sguardo su di lei, sorrise e poi si voltò, mostrando tutta la sua indicibile sorpresa.

Era meravigliosa e non era mai stata più bella. Kara sbatté le palpebre mentre quel pensiero la coglieva con forza e il suo ventre si attorcigliava in quella, ormai famigliare, sensazione che associava a Lena.

Il suo cuore prese a battere veloce. Non era possibile che… no, non poteva essere…

“Kara?” Una bambina la guardava dal basso, ancora più piccola seduta su di una grande carrozzella, nel suo pigiamino rosa, una copertina dai colori blu e rossi con il stemma di Supergirl che la teneva al caldo, la testa completamente priva di capelli, una cannula nasale che la aiutava a respirare.

Kara mise da parte i suoi pensieri e si abbassò, guardandola.

“Vuoi che ti spinga assieme agli altri?” Le chiese, perché ormai tutti i bambini erano ai piedi dell’albero e osservavano Babbo Natale che si sedeva su di una sedia strategicamente preparata in precedenza.

“Posso chiederti una cosa, prima?” Le domandò la piccola.

“Certo.” Kara le sorrise, aveva dei splendidi occhi castani.

“Anche Supergirl, ogni tanto, è malata?”

La domanda era stata fatta con tranquilla curiosità, ma Kara sentì lo stesso le lacrime pungerle gli occhi.

“Questo è un segreto che nessuno deve sapere.” La bimba aprì gli occhi curiosa, mentre le si avvicinava. “Prometti di non dirlo a nessuno?”

Kara fu gratificata da un rapido e deciso cenno della testa, così si avvicinò ancora un poco.

“Sì, anche lei ogni tanto si ammala.”

“E poi guarisce?” Domandò la piccola. “Perché Lena ha detto che io guarirò, che i suoi lab… labi…”

“Laboratori.” La aiutò Kara.

“Sì, i suoi laboratori riusciranno a trovare una medicina per me.” Kara le annuì.

“Se lo ha detto Lena, allora è vero.” La bambina le fece un grande sorriso, poi si tese in avanti e le gettò le braccia al collo stringendola.

“Sono contenta che sei venuta, Supergirl.” Le mormorò, poi la lasciò andare e si fece spingere da un’infermiera tra gli altri bambini che la chiamavano perché era ora di aprire il grande sacco con i regali. Kara rimase immobile, sconvolta dalla verità colta con tanta semplicità dalla giovane bambina.

Lena lasciò che Babbo Natale prendesse il controllo della situazione e la raggiunse.

“Va tutto bene?” Le chiese nel notare il suo sguardo turbato.

“Sì, è solo che… vorrei poter fare di più per loro.” Ammise, lasciando perdere la sua identità svelata tanto facilmente. Aveva così tanti poteri, eppure nessuno di essi le permetteva di trovare una cura per quei bambini, per tutti i bambini.

“Staranno bene.” Promise Lena, mentre il suo sguardo assumeva quella linea decisa e la donna incrociava le braccia raddrizzando la schiena. “La L-Corp sta sviluppando un composto, tutti questi bambini soffrono dello stesso aggressivo cancro ai polmoni, ma presto, prima di quanto si aspettano, torneranno a casa.”

Kara osservò il modo protettivo con cui guardava il gruppo di bambini e non poté fare a meno di sorridere.

“Avevi detto che avresti creato una forza per il bene, con l’azienda di tuo fratello, lo hai fatto.”

Il volto della donna si rilassò immediatamente e posò su di lei uno sguardo dolce.

“Grazie di essere venuta, da quando ho detto loro che conoscevo un’amica di Supergirl non hanno smesso di chiedermi di portarti qua.”

“Hai fatto davvero una cosa carina questa sera.”

“Non è nulla… solo un figurante e qualche pacco regalo. Anticipare di un giorno l’arrivo rende la sorpresa più… genuina.” Lena si strinse nelle spalle, ma Kara scosse la testa.

“No, tu dai loro gioia e speranza.” A quelle parole gli occhi di Lena brillarono e Kara annuì. “Quello che Supergirl tenta di fare.”

“Riesce a fare.” La corresse la giovane Luthor, lo sguardo felice.

“Miss Luthor?” La chiamò il medico. “C’è la torta, ne volete un pezzo?”

“Non credo che….” Iniziò a rispondere Lena.

“Certo!” La interruppe invece Kara. Non si diceva mai di no ad una torta.

Il medico le sorrise e indicò loro il tavolo al quale un gruppo di infermiere stava distribuendo un piccolo rinfresco.

Kara non esitò, dirigendosi verso le donne vestite di bianco seguita da Lena, piuttosto divertita dalla voracità che lei mostrava in ogni occasione, escludendo l’incidente con il Kale.

Lena chiacchierò con gli inservienti, mostrando, di nuovo, di conoscere il personale che si mostrava deferente verso di lei, ma non timoroso, come se la rispettassero e l’ammirassero. Era bello vedere che non tutti la giudicavano solo per il suo cognome, che chi la conosceva sapeva capire il suo valore.

Sentì occhi su di sé e voltò lo sguardo, incontrando quelli limpidi e chiari che conosceva. Lena le sorrise, poi le fece un cenno con la testa, indicandole di seguirla.

Uscirono dalla stanza e salirono su di un ascensore, fino a raggiungere il terrazzo piano dell’edificio.

“Prenderai freddo!” Protestò Kara nel vedere che Lena usciva all’esterno, senza preoccuparsi del fatto che indossava solo l’elegante completo e non avesse con sé il cappotto.

“Vieni.” La chiamò lei, scomparendo dietro ad un angolo. Kara perplessa la seguì all’esterno, svoltò dietro ad un gruppo di tubi di areazione e si ritrovò ad osservare un piccolo quadrato decorato con le luci di Natale al centro del quale vi era Lena e, sulla sua testa, un ramoscello di vischio.

“Lena… cosa…?” Domandò il cuore che improvvisamente batteva veloce.

La giovane Luthor si stava stropicciando le mani, le sue guance erano leggermente arrossate, non per il freddo, e il suo cuore… Kara si rese conto che batteva veloce quanto il proprio.

“Speravo di poterti portare qui oggi e ho chiesto a Sandra, una delle infermiere che ci ha accolto prima di portarci in reparto, quella con i capelli bianchi…” Si interruppe e prese un profondo respiro, era strano vederla così tesa, lei sempre così sicura e decisa. “Lo so che non ho certezze, probabilmente neanche una piccola possibilità e che rischio di espormi al ridicolo ma, tra due giorni è Natale, e forse, anche io posso avere diritto al mio piccolo miracolo.” Sorrise e si morse il labbro. “Mi piaci Kara… molto… e da un po’ penso ad un modo per dirtelo, per rendere le cose più facili. Quindi, eccoci qua.” Sollevò lo sguardo verso il vischio e poi tornò a guardarla. “Un passo avanti e dovremmo sottostare alla tradizione, rimani lì e dimenticheremo questo piccolo… test. Rimarremo amiche, come prima.” La sua voce aveva leggermente tremato, ma ora sorrise, nascondendo l’esitazione.

Kara era bloccata sul posto, il cuore che batteva sempre più veloce.

Lena le aveva appena detto che voleva che loro due fossero più che amiche. Lena le aveva appena aperto il cuore, si era esposta come mai Kara avrebbe creduto possibile. Ora era lì, davanti a lei e, ogni istante, i suoi occhi sembravano lasciare più spazio alla paura, mentre la speranza spariva lentamente.

Poteva ancora muoversi, poteva ancora raggiungerla sotto quel piccolo e così pesante ramoscello e scoprire cosa avrebbe significato per lei, per loro.

 

Ma non riusciva a muoversi. Era nel buio, era di nuovo in quella maledetta navicella, ancora una volta si allontanava da Krypton bloccata con il solo suono del suo stesso respiro a farle compagnia.

“Devo intubarla.”

 

Sbatté gli occhi ed era di nuovo lì, davanti a una Lena piena di speranza e timore.

Il buio dimenticato, ma non quell’immobilità.

“Non posso…” Mormorò. Scosse la testa.

Era stato un anno impossibile per lei, dal punto di vista sentimentale, e quando, finalmente, aveva creduto di iniziare a guarire ecco che Mon-El era tornato, con una moglie al seguito. Cos’aveva da offrire a Lena se non un cuore spezzato?

“Capisco, non importa.” Kara cercò lo sguardo di Lena, ma lei ora fissava il vuoto alle sue spalle un sorriso fisso sulle labbra, le braccia che stringevano il busto, come se solo adesso sentisse il freddo pungente della notte.

“Tu sei perfetta, ma io…”

“Va bene, Kara, non ti preoccupare.” Le sorrise, ma non vi era nessun calore nel suo sguardo, malgrado ci provasse era impossibile non sentire quanto si sentisse ferita.

“No, io… tu…” Scosse la testa furiosa perché non riusciva ad esprimere quello che provava. Cercò di mettere assieme una frase decente, ma il suo telefono squillò e Kara strinse i denti. “Devo rispondere.” Era il DEO.

Rispose e ascoltò la voce seria di J’onn che le chiedeva di rientrare subito alla base.

“Devi andare.” Affermò Lena. La sua non era una domanda, sapeva. La sua frase risuonò pesante nell’aria… più vera di qualsiasi altra cosa si fossero dette.

“Sì.” Ammise. Eppure sentiva che non poteva andare via così, senza dirle perché non poteva fare quel passo, perché non poteva baciarla senza prima chiarire cosa ci fosse nel suo cuore e trovare un modo e il coraggio di dirle chi era e da dove veniva. “Questa sorpresa che hai preparato è la cosa più romantica che mi sia mai successa e voglio che tu sappia che tengo a te con tutto il mio cuore.” Riuscì a dirle.

“Come amica.” Concluse Lena, un sorriso amaro sulle labbra.

“Io…” Kara non lo sapeva.

Scesero assieme nell’ascensore, il silenzio tra loro era assordante. Quando raggiunsero le porte, Lena le indicò l’uscita.

“Vai pure, dirò io ai bambini che li saluti.”

“Oh… ehm… grazie.” Le rispose. Lena annuì, poi le fece un sorriso che non sfiorò i suoi occhi e si voltò. Kara la osservò camminare e per un tempo che le parve infinito desiderò di raggiungerla, fermarla, dirle…

Ma il suo corpo sembrava freddo, lontano, incapace di reagire.

Strinse i pugni.

“Lena…” Mormorò e provò di nuovo quello strano sentimento nello stomaco, ma più forte adesso, più chiaro. Era ansia, un profondo senso di angoscia, come se, quella, fosse stata la sua ultima occasione di dirle qualcosa di importante, come se qualcosa di terribile sarebbe successo.

“Lena!” Chiamò e la giovane si voltò gli occhi pieni di speranza.

 

“Non è quello che è successo.” Mormorò una voce. Era nel buio, di nuovo.

Kara cercò di protestare, di ribellarsi, ma il suo corpo era freddo e immobile.

Vide una mano tesa verso di lei e allungò la propria.

“No, vai via, lontano da qui…” Non conosceva quella ragazza, eppure quegli occhi…

“Non è quello che è successo.” Ripeté la voce.

 

Era di nuovo nel corridoio, ormai vuoto, Lena se n’era andata e lei aveva perso la sua occasione.

Rabbrividì scacciando l’impressione di ineluttabilità che l’aveva presa per quella troppo vivida sensazione, poi alzò il pugno verso il cielo e volò via.

 

 

 

Note: Come avrete notato ho posticipato il momento in cui J’onn avvisa Kara della presenza di strani segni in giro per la città, il motivo, ovviamente era dare un po’ più di tempo alle nostre due ragazze. Per questo motivo, però, la storia non è più un missing moment.

Cosa ne pensate di quello che avete letto? Vi è piaciuta la dichiarazione di Lena? E la serata con i bimbi dell’ospedale?

Avete idee riguardo a quelle parti in corsivo? Cosa sta succedendo esattamente?

Cosa vi aspettate nella parte II della storia?

Fatemi sapere tutto!

  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supergirl / Vai alla pagina dell'autore: Najara