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Autore: Bubbles_    11/12/2017    0 recensioni
Male. Male dappertutto.
Le sue labbra sembravano saldate l’una all’altra.
La testa gli pulsava lenta, sangue caldo scorreva dalla tempia per infrangersi con pesanti gocce a terra.
Pezzi di vetro e asfalto gli avevano lacerato la pelle in più punti: le ginocchia, i palmi delle mani, i gomiti. La carne viva doleva al contatto con l’aria fredda e pungente di quella notte di fine gennaio.
Cos’era successo?
Più cercava di dare una forma a ciò che lo circondava più il cerchio che aveva alla testa aumentava.
Fanculo.
All’improvviso un canto squarciò l’oscurità del silenzio.
Un canto di donna.
Una donna dalla voce melodiosa, tanto angelica quanto letale.
*
Storia ispirata da questo messaggio:
E perché sono come le donne sui servizi online di ricerca dell'anima gemella
Sparano cazzate, ti ammaliano e poi scopri che son cozze
(Ognuno ha la sua musa...)
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Male. Male dappertutto.
Le sue labbra sembravano saldate l’una all’altra.
Voleva urlare con tutto se stesso, ma la gola gli bruciava a tal punto da rendere anche il minimo suono una tortura infernale
Quando riuscì, con enorme fatica, a dischiuderle, non ne uscì nulla. La sua voce imprigionata si rivelò incapace di liberarsi.
La testa gli pulsava lenta, sangue caldo scorreva dalla tempia per infrangersi con pesanti gocce a terra.
Un fischio fastidioso gli rimbombava nelle orecchie. Pezzi di vetro e asfalto gli avevano lacerato la pelle in più punti: le ginocchia, i palmi delle mani, i gomiti. La carne viva doleva al contatto con l’aria fredda e pungente di quella notte di fine gennaio.
Cos’era successo?
Silenzio. Il fischio era calato fino a scomparire ed ora, silenzio.
Grato di quell’inaspettata calma, riprese possesso dei suoi pensieri.
Era sdraiato a terra, di questo era sicuro. Doveva aver fatto un bel volo e, dal dolore che provava in ogni singola parte del corpo, anche di questo era sicuro. Ricordava la strada deserta e poi all’improvviso una luce abbagliante. Aveva frenato, ma non era bastato. Ricordava la collisione con il suolo e la caduta giù per la discesa.
Dov’era finito?
Più cercava di dare una forma a ciò che lo circondava più il cerchio che aveva alla testa aumentava.
Fanculo.
All’improvviso un canto squarciò l’oscurità del silenzio.
Un canto di donna. Una donna dalla voce melodiosa, tanto angelica quanto letale.
Non riuscì ad aprire gli occhi, ogni minimo movimento gli costava fatica, ma quel canto, quel canto solo gli trasmise tanta serenità da scordare tutto: il dolore, le fitte, il sapore ferroso che gli marciva in gola.
Stava forse impazzendo?
Uno strano odore salmastro gli invase le narici. Gocce d’acqua lo accarezzarono leggere donandogli sollievo.
Per un attimo sentì uno strano calore prendere possesso del suo corpo.
Era felice, felice come non si sentiva da anni, perché nulla era ora importante.
Nulla se non quel canto.
Il suono di una risata riempì l’aria, ma la musica non si interruppe. Era una risata femminile, delicata e fresca, quasi bambina.
Dita fredde e sottili giocarono con le sue labbra.

Sébastien…”

Quella voce era ora più dolce che mai.
Sentiva il sangue pulsare nelle vene e il cuore esplodere nel petto. Doveva aprire gli occhi, guardarla, ammirare quella ninfa che sola lo stava curando da tutti i suoi mali.

Sébastien, vieni con noi

Le labbra cominciarono a pizzicargli, qualcosa di soffice si era posato su di loro.
Un bacio ghiacciato che durò meno di un secondo.
 Sébastien spalancò immediatamente gli occhi.
Cominciò a tossire sputando saliva e sangue, gli occhi gli lacrimavano e la gola bruciava. Annaspò alla ricerca d’aria, sentendo i polmoni dilatarsi dolorosamente nel petto. Passarono diversi minuti nei quali cercò di stabilizzare il proprio respiro, mentre ogni fibra del suo corpo si lamentava per lo sforzo.
Sopra di lui il buio. Sbatté più volte le palpebre prima di riuscire a mettere a fuoco gli intrecci dei rami nel cielo notturno.
Nessuna ragazza, nessun canto.
Che cazzo mi sono fumato questa volta?
Rotolò su un fianco, pezzi di legno che si lamentavano sotto di lui.
Le lebbra gli prudevano fastidiosamente. Si leccò il labbro inferiore e rimase sorpreso al gusto. Qualcosa gli ricordò il sapore dolciastro dell’acqua di lago, le estati passate al campeggio. Campeggio che, a giudicare da ciò che lo circondava, non doveva essere lontano. Doveva aver perso il controllo della moto più o meno in quella zona.
I suoi vestiti erano umidi e pesanti, per un attimo il suo cuore smise di battere. Rimase paralizzato nel tentativo di raccogliere un po’ di coraggio prima di accertarsi che non fosse sangue. Erano semplicemente bagnati.
Sì ricordò delle sensazioni provate poco prima e delle gocce d’acqua che erano cadute sul suo viso. Si portò con immensa fatica una mano sul volto sporco di sangue per poi passarla tra i capelli tingendoli di rosso.
Basta con queste cazzate, trova un modo per riportare il culo a casa, Sébastien.
Si guardò intorno, la sua moto giaceva distrutta a pochi metri da lui. La luna come unica fonte di luce, i suoi raggi in parte coperti dai rami degli alberi.
Tra fitte lancinanti e imprecazioni cercò di alzarsi. Gli facevano male parti del corpo che non sapeva nemmeno di avere. Era finito giù per una collina e anche se avesse trovato la via per uscire da quella foresta, non sarebbe mai riuscito a risalire fino alla strada, non in quelle condizioni.
Frugò nelle tasche morsicandosi il labbro nell’inutile tentativo di trattenere i gemiti di dolore. Doveva avere una costola rotta, forse più di una.  Quando tirò fuori il cellulare dalla tasca quasi gli venne da ridere.
Era distrutto, distrutta la sua moto e distrutto lui.
Il braccio gli scivolò sul fianco e il telefono cadde dalla sue mani per atterrare su un cuscino di foglie.
Si sentiva come il protagonista di un film horror. Uno di quelli con budget limitato e versamenti inutili di succo di pomodoro.
Aveva paura? Sì, naturale. Era notte fonda e lui era messo male. Sì trovava in un fottuto bosco, senza un fottuto cellulare e con delle fottute costole rotte.
“E adesso che cazzo faccio?” sussurrò a sé stesso riuscendo finalmente a far uscire qualche suono. La sua voce, anche se solo un bisbiglio, risuonò rauca e strascicata in quell’infernale silenzio.
 
“Vieni con noi”
 
Sébastien si voltò di colpo rimpiangendo subito quel gesto. Per poco non cadde a terra dal dolore, si piegò in due e strinse i pugni sulle ginocchia cercando di riprendere fiato, la fitta che piano a piano diminuiva.
Quando rialzò lo sguardo davanti a lui non c’era nessuno.
“Sto impazzendo” si disse per darsi conforto con il suono della propria voce. Doveva essere una sorta di allucinazione da shock o forse non si era mai svegliato. Forse era semplicemente uno stupido incubo.
“Chi ha parlato?” le sue parole rimbombarono nel buio della foresta.
 
Noi
 
Si voltò di nuovo, questa volta ancora più velocemente, verso quella voce ora alle sue spalle.
Due grandi occhi smeraldini lo fissavano senza batter ciglio a pochi centimetri da lui. Cadde a terra spaventato con il cuore che batteva a mille.
Quello sguardo, quello solo, brillava nell’oscurità della notte.
Strinse i pugni e digrignò i denti nel tentativo di resistere alla fitte che la caduta gli aveva provocato. Quando rialzò lo sguardo davanti a lui non c’era nessuno.
“Chi sei? Puoi aiutarmi?” urlò con voce che tradiva la sua agitazione.
Tutto rimase immobile, le sue parole sospese nell’aria.
Nessuna risposta.
Raccogliendo le ultime energie rimaste si alzò in piedi. Riacquistato l’equilibrio, si guardò intorno, la foresta era troppo fitta per vedervi attraverso.
“Allora puoi aiutarmi?” urlò senza aspettarsi nessuna risposta.
 
Vieni con noi
 
La voce della ragazza si diffuse potente tutto intorno a lui come se fossero state decine di persone a parlare. Vibrò nell’aria un ultimo istante prima di lasciare nuovamente spazio al silenzio.
Una luce biancastra si fece largo dall’oscurità del bosco. Sébastien strizzò gli occhi, affaticati e brucianti, e finalmente quella figura luminosa prese forma.
La donna che lo aveva perseguitato fino ad allora si manifestò davanti a lui.
Non era umana, come poteva esserlo?
La pelle chiarissima risplendeva di luce propria nel buio della notte. Lunghi capelli argentei le coprivano il seno e accompagnavano le sue curve e infine due occhi felini lo osservavano furbi, nascondendo chissà quali segreti.
Non indossava nulla, ma non sembrava provar vergogna di quella sua nudità. Gli sorrideva con labbra chiuse mentre sensuale lo osservava.
Sébastien la studiò in lontananza, si soffermò sul seno acerbo, la vita stretta e le mani incrociate sul ventre. Gocce d’acqua imperlavano il suo corpo e riflettevano i raggi di luna.
Ogni pensiero razionale fu messo da parte. Ogni paura scomparve. Le ossa non gli facevano più male e non c’era luogo al mondo dove avrebbe preferito essere. Si trovava esattamente dove era stato scritto dal destino.
Qualcosa lo spingeva verso di lei. Una strana attrazione che non riusciva a spiegarsi. Più la guardava più il desiderio di toccarla, di accarezzare la sua pelle e dimostrare a se stesso che fosse reale cresceva.
 
Vieni con noi, Sébastien
 
Quella creatura fece un passo nella direzione di Sébastien, i suoi piedi pallidi e nudi sporchi di terra. La sua voce era sempre più potente e risuonava in ogni angolo della foresta come se non fosse uscita dalle sue labbra.
“C-come conosci il mio nome?” sentirsi chiamare per nome lo risvegliò dalla trance in cui era caduto e per un attimo uno strano pensiero si fece largo nella sua mente: la donna non aveva mai sbattuto le palpebre. Il suo sguardo era immobile, privo di movimenti.
Quel pensiero svanì veloce e Sébastien non riuscì ad opporre resistenza a quell’incredibile forza dentro di lui che lo spingeva a fidarsi di lei. A dimenticare tutto e seguirla. La sua visione si fece offuscata e cominciò a sentire la testa calda e pesante.
 
Ti stavamo aspettando
 
Sébastien allungò un braccio nella direzione della donna. Fece appena in tempo a sfiorare quella pelle fredda come il ghiaccio prima che ella sfuggisse alla presa, scappando lontano da lui.
Rimase intontito a guardare il vuoto, per un attimo incapace di ricordare che cosa fosse successo. Con lo sguardò intercettò una flebile luce tra gli alberi e senza pensarci due volte partì all’inseguimento.
“Aspetta!” urlò con tutta la voce che aveva in corpo mentre correva verso la luca dimenticando ogni fatica, fitta o dolore. I rami gli tagliavano braccia e viso, ma non se ne curò. Non sentiva più nulla, se non il vuoto lasciato da quegli occhi.
All’improvviso lo stesso canto che lo aveva destato dal sonno riecheggiò per l’intera foresta e la luce davanti a lui si fece sempre più forte.
“Aspetta!” gridò nuovacamente “Chi sei?”
 
Siamo ogni tua fantasia
 
La voce della donna andò a sovrastare la musica, potente come non mai sembrava provenire da ogni angolo.
 
Ogni tua tentazione
 
Sébastien corse ancora più veloce, i polmoni che gli scoppiavano nel petto e le parole di quella creatura che gli rimbombavano in testa.
 
Ogni tua voglia
 
La luce era sempre più vicina e gli alberi sempre più radi. L’aria era umida e salmastra.
 
“Sébastien, vieni con noi!”
 
Si buttò a capofitto contro un’ultima barriera di pini chiudendo gli occhi per protezione e quando gli riaprì tutto intorno a lui era cambiato.
Non c’erano più alberi o vegetazione, solo uno specchio nero che rifletteva il manto stellare. Aveva raggiunto il lago che pigro riposava davanti ai suoi occhi.
La luce che aveva inseguito era scomparsa.
“Dove sei?” urlò sentendo la rabbia crescere dentro “Smettila di scappare! Dove sei?”
 
Dietro di te
 
Il suo cuore perse un battito, ma a differenza della volta precedente non si voltò subito. Aspettò che le sue mani smettessero di tremare prima di fare un profondo respiro e girarsi verso di lei.
Sentì i loro corpi sfiorarsi nel movimento e un brivido di piacere e adrenalina gli percorse la schiena.
Era vicina come non lo era mai stata. Petto contro petto.
Il contatto con quella pelle ghiacciata ancora una volta gli trasmise un calore inspiegabile. Si sentì calmo, felice, appagato.
Con grande sforzo distolse gli occhi da quel corpo nudo e lucente e cercò lo sguardo della donna.
Lei non aveva mai smesso di guardarlo, senza sbattere una volta le palpebre, i suoi occhi erano rimasti fissi su di lui.
“Siamo ogni tuo sogno, ogni tua tentazione, ogni tua voglia” ripeté e per la prima volta quelle parole si liberarono dalle sue labbra flebili e dolci, senza echi e rimbombi.
Sébastien rimase incantano. Qualcosa era inquieto dentro di lui, ma gli fu facile ignorare quella spia d’allarme perché non vi era ai suoi occhi nulla di più puro e meraviglioso di quella fragile ragazza.
“Vieni con me, Sébastien”
Gli accarezzò gentile il viso e quando ritirò la mano, il sangue ancora fresco della ferita sulla fronte brillò sotto la luce della luna sulle sue esili dita.
Sotto lo sguardo curioso del ragazzo se le portò alle labbra e, chiudendo per la prima volta gli occhi, leccò lenta ogni goccia scarlatta.
Quando gli riaprì, quelli brillarono più che mai. Lo superò bruscamente e si diresse a passi sicuri verso il lago.
Improvvisamente, un forte vento cominciò a tirare da nord, increspando la superficie dell’acqua con piccole onde.
Sébastien si sentì immediatamente debole così lontano da lei e senza pensarci due volte la seguì.
Corse verso di lei senza davvero controllare i suoi movimenti, non sentì neanche l’acqua ghiacciata che, silenziosa, gli avvolse le gambe.
Era lì davanti a lui, il busto fuori dall’acqua, i lunghi capelli argentei che le coprivano la schiena.
“Non andartene, ti prego” riuscì a sussurrare incapace però di trattenere il tremolio di freddo nella voce.
La sua mano si posò sulla spalla della ragazza, la quale voltò il capo per guardarlo negli occhi. Per un attimo il suo sguardo, fino ad allora rimasto impassibile, sembrò addolcirsi, le sue labbra distendersi in un muto sorriso.
Sébastien non resistette un secondo di più e unì quelle labbra alle proprie.
Una potente sensazione di calore si impossessò immediatamente di lui facendogli dimenticare il freddo appena patito. Ogni muscolo del suo corpo si rilassò e ogni preoccupazione provata svanì all’istante.
Subito approfondì il contatto sentendosi all’improvviso insoddisfatto, affamato.
Fece vagare le sue mani su quel corpo così minuto, le accarezzò possessivo il seno, la schiena, le cosce.
La sua lingua cercava quella della ragazza. Le unghie della donna affondarono nella sua carne e lui si sentì trascinare sempre più lontano, fino a quando ogni parte del suo corpo, tranne la testa, era ora completamente immersa.
Solo quando non riuscì più a toccare il fondo, quella sensazione di pericolo si impossessò nuovamente di lui. Cercò di scacciarla via con altri baci, sempre più violenti, sempre più disperati. Stringendola di più a sé, sentendo il suo corpo contro il proprio, ma proprio durante quel suo tentativo di aggrapparsi sempre di più a lei, sentì qualcosa che gli fece gelare il sangue.
La ragazza tra le sua braccia era mutata. Vi era qualcosa di sbagliato, di diverso. Il canto era cessato e con lui tutto il desiderio e la bramosia di averla.
Dove prima vi era pelle liscia e morbida, vi erano ora squame viscide e dure. Rimase immobile, la mano ferma, pietrificata. Non rispose più ai baci e strinse gli occhi provando per la prima volta paura. I vestiti bagnati lo appesantivano, ma qualcosa lo teneva a galla.
Sentì le labbra di lei posarsi sulla sua spalla e non riuscì a trattenere un urlo quando lo morsicò con violenza lacerandogli la carne. Il dolore si mischiò presto a nausea quando sentì la propria pelle essere strappata via con altri morsi.
Aprì gli occhi e in un attimo di lucidità la spinse lontano da sé. Della ragazza che lo aveva condotto sin lì non vi era più traccia. Davanti a lui, una creatura dalla pelle grigia e squamosa, con denti sottili e affilati macchiati di sangue, ma con gli stessi, grandi, occhi verdi lo guardava avida e famelica.
Indietreggiò muovendo freneticamente le gambe per rimanere a galla, ma la sua fuga fu presto interrotta.
Decine di occhi verdastri spuntarono dalla superficie del lago. Lo circondarono mentre attenti osservavano ogni suo movimento.
“Cosa siete?” urlò girando su se stesso incapace di controllarsi, la paura che aveva ormai preso il controllo dei suoi movimenti.
Come per risposta una delle creature saltò nell’aria, la sua coda lunga e lucente risplendette sotto la luce della luna prima di scomparire nuovamente nel lago.
“Sirene” la voce gli morì in gola e quella fu l’ultima parola che lasciò le sue labbra.
Il canto delle sirene divenne l’unico suono udibile.
Ancora una volta quelle voci misteriose gli entrarono in testa, mani a lui sconosciute lo accarezzarono voraci.
Smise di muoversi, di combattere per rimanere a galla.
Ancora una volta tutta la paura scomparve.
Ancora una volta si sentì felice.
Non ispirò un ultimo respiro prima di essere completamente sommerso.
Non lottò per liberarsi da quegli artigli e quelle zanne che ferivano il suo corpo mentre il suo sangue si disperdeva tutt’intorno a lui.
Non provò terrore quando la luce della luna scomparve dalla sua vista mentre veniva trascinato sempre più in profondità.
Sorrideva invece quando il suo corpo non ce la fece più e i sensi l’abbandonarono.
Con lui c’era quel canto, con lui c’era lei.
Lei che sola poteva curarlo da ogni suo male.
 
 
















Vecchia storia che mi dispiaceva far morire in una cartella (virtualmente) polverosa.
Quindi... enjoy.
Or not.
Non sono io a deciderlo.
Ringrazio comunque chiunque abbia letto, davvero, you are the real mvp.
 
 
  
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