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Autore: merty_chan11    17/12/2017    1 recensioni
Parole: 3.948
Avvertenze: Spoiler del terzo libro di Magnus Chase!
Personaggi: Magnus Chase, Alex Fierro
Dal testo:
[...]
-Dipende da ciò che intendi per “triste.” E poi, che cosa sarebbe triste?
-Il soffitto- alzò la mano verso l’alto, mano che sembrava quasi d’argento nel buio della camera.
-Magnus- il tono della voce di Alex sembrava non voler ammettere repliche -È un soffitto normalissimo. Non fare discriminazioni verso i soffitti.
Una risata, una sola risata in mezzo a tutto quel silenzio bastò a scacciare la desolazione che sentiva dentro di sé.
Magnus rise sonoramente di fronte a quell’affermazione, mentre perfino Alex, che aveva tentato di inscenare un finto broncio, si stava unendo a lui.
-Di sicuro il tuo soffitto era più triste del mio- affermò orgogliosamente il figlio di Frey con un sorriso.
-Tu non avevi l’ultimo modello di stelle adesive luminescenti con tanto di costellazioni attaccate sopra.
[...]
Buona lettura!
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altro personaggio, Magnus Chase
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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N.d.A.
Buonasera a tutti! È da tanto tempo che non pubblicavo qualcosa in questo fandom, anche se non so se sia propriamente la sezione adatta per le storie della saga di Magnus. Ho voluto mettere la fanfiction qui semplicemente perchè quest'ultimo era tra i personaggi selezionabili, quindi suppongo possa andare.
Volevo già sfruttare il mio angolino per ringraziare chiunque darà un'occhiata alla storia, e spero davvero possa piacervi. Era da molto che l'avevo preparata e non vedevo finalmente l'ora di postarla <3
Ci sono alcuni spoiler sulle vicende avvenute nell'ultimo libro, La Nave degli Scomparsi, quindi se ancora non avete avuto il piacere di leggerlo vi consiglio di stare alla larga da questa one-shot :')
Buona lettura,

Merty

 

 
Starry Sky
 



“Magnus. Magnus.”
Erano voci.
Voci che lo chiamavano, accompagnate da lunghe e gelate mani che lo afferravano e lo spingevano verso il baratro degli Inferi.
Magnus era immobile, devastato da quella tempesta di anime. Era impossibile voltarsi e non incontrare qualche sguardo conosciuto, qualche viso amico. Ma il ragazzo sapeva che quelli non erano veramente i suoi familiari. Sapeva che quelle figure dalle forme distorte erano semplicemente cattive visioni create dalla sua mente; eppure sembrava tutto così reale, così vero.
Era reale il suono che usciva dalle loro bocche, la loro voce bassa e sommessa che mormorava il suo nome in una lenta litania. Erano reali quegli arti che lo afferravano, quelle braccia simili a rami fatti di fumo che si attorcigliavano attorno ai suoi. Era reale il viso di sua madre, l’unico rimasto intatto in mezzo a quello sciame distorto, l’unico il cui sorriso era in grado di illuminare il pallore da capogiro del regno degli Inferi.
Ed erano reali le sue lacrime che cadevano senza freni, mentre sua madre lo chiamava e tendeva la mano verso di lui come quando facevano durante le loro escursioni, come nei momenti in cui lei voleva che la raggiungesse per fargli ammirare il panorama. Come succedeva quando lei era ancora viva e andava tutto bene.
Il baratro era sempre più vicino. Poteva percepirlo, poteva avvertire il freddo pungente che gli faceva accapponare la pelle salire dalla tetra voragine del terreno. Il calore dell’estate sembrava venisse risucchiato via, il fuoco, spento, costretto a piegarsi al gelo della morte.
Magnus arrivò sul ciglio della voragine, ancora incapace di muoversi. Qualcuno lo spinse, o forse fu tutto il gruppo a farlo.
Aveva appena iniziato la sua caduta verso l’oscurità quando si svegliò di soprassalto, urlando.


-Magnus!
Alex era davanti a lui, le mani premute pesantemente sulle sue spalle. Si accorse di star ansimando e tremando nello stesso momento, e di avere le guance rigate dalle lacrime. 
-È da un’ora che sto cercando di chiamarti- le parole di Alex suonarono quasi come un’accusa. Magnus rimase immobile, seduto nel letto. Prese a tastare le lenzuola quasi avesse il timore potessero sparire e lui ricominciasse a cadere nell’oscurità e nel gelo. Gli sembrava di essere ancora bloccato nel suo incubo, di poter quasi sentire le mani che lo afferravano spuntando dalla nebbia, di udire le voci dei suoi familiari e il dolce suono di quella di sua madre…
Si aggrappò saldamente alle lenzuola, e chiuse gli occhi.
Rimasero in silenzio per un po’, Magnus incapace di parlare e Alex che taceva in attesa, la sua mano ora alla ricerca di quella dell’altro, stretta attorno alla coperta verde. 
Magnus non rispose inizialmente a quel gesto. Era ancora scosso, incapace di reagire di fronte all’ennesima notte tempestata dagli incubi. Era dal giorno in cui avevano rimandato per la seconda volta il Ragnarok che continuava ad essere invaso da quei brutti sogni. All’inizio non ci aveva fatto caso. Era sempre stato considerato normale avere delle visioni simili che sarebbero passate da sé, prima o poi. 
Ma era trascorso già quasi un mese e Magnus continuava a rivivere quella scena ogni notte, spesso per più volte, e in ogni occasione tutto peggiorava. Sembrava tutto più reale, più vero. Spesso gli capitava perfino di non avere il coraggio di addormentarsi per paura di rimanere bloccato in uno dei suoi incubi. Riaprì gli occhi.
-Non hai una bella cera, Maggie.
La voce di Alex non voleva essere sarcastica. C’era una nota di preoccupazione nel suo tono, quella stessa che possedeva in rarissime occasioni. Aveva i capelli spettinati, i riccioli verdi più tendenti al nero nelle ombre della sua camera sparati in qualsiasi direzione. Sembrava che Alex avesse corso una maratona nell’arrivare dalla camera accanto e nel tentativo di svegliarlo.
Magnus era consapevole di non essere nella sua forma migliore. Pareva fosse tornato al suo periodo da senzatetto, dove a stento riusciva a mangiare e a dormire. Aveva delle enormi occhiaie sotto le sue iridi grigie, che ogni giorno diventavano sempre più spente e assenti. Era dimagrito, non riusciva quasi a toccare cibo, e trascorreva spesso le sue giornate a recuperare il sonno perduto. Eppure, nulla riusciva a scacciare via gli incubi.
-Passerà- la sua voce era incrinata, spezzata. 
Era così che si sentiva. 
Spezzato, rotto in mille pezzi. Ed era avvilente sapere che non poteva fare nulla per aggiustarsi da sé, nonostante fosse lui, il guaritore.
Alex accarezzò il dorso della sua mano con il pollice, senza lasciar andare la presa. Era salda e sicura, al contrario della sua, scossa da un lieve tremito. Poi, Alex si mise a sedere accanto a lui, spingendogli dolcemente la testa contro la sua spalla. 
Magnus non si mosse. Il contatto con Alex suscitava sempre in lui qualcosa di benevolo, una sensazione pari al calore sprigionato dalla sua magia di guarigione. Era strano che lo pensasse considerata la sua repulsione per il contatto fisico, ma con Alex tutto andava sempre diversamente. Erano diverse le parole sussurrate la notte prima di andare a dormire, erano diverse le strette di mano e i baci scambiati nei corridoi. Erano entrambi innamorati e questo incideva in ogni aspetto della loro vita.
-È da un mese che ripeti sempre la stessa frase.
La voce di Alex era ferma, disinvolta. Di nuovo, nessuna accusa, nessuna condanna. Alex capiva cosa volesse dire convivere con quel peso meglio di chiunque altro. Eppure lei in qualche modo riusciva a reggerlo senza battere ciglio, come se avesse davvero imparato a lasciar andare il passato, a tenere i morti lontani dalla sua vita. E lui, invece?
Magnus non rispose, gli occhi ora puntati sul soffitto, il respiro quasi tornato regolare. L’enorme parete era spoglia e vuota e fredda, come le lande desolate di Hellheim. Come lui stesso.
-Non trovi che sia un po’ triste?
La sua voce era bassa, quasi impercettibile. Forse avrebbe dovuto ripetere la domanda, pensò. Forse.
Forse era semplicemente una constatazione inutile. Eppure, Alex l’aveva udito ugualmente, e non tardò a rispondere.
-Dipende da ciò che intendi per “triste.” E poi, che cosa sarebbe triste?
-Il soffitto- alzò la mano verso l’alto, mano che sembrava quasi d’argento nel buio della camera.
-Magnus- il tono della voce di Alex sembrava non voler ammettere repliche -È un soffitto normalissimo. Non fare discriminazioni verso i soffitti.
Una risata, una sola risata in mezzo a tutto quel silenzio bastò a scacciare la desolazione che sentiva dentro di sé. 
Magnus rise sonoramente di fronte a quell’affermazione, mentre perfino Alex, che aveva tentato di inscenare un finto broncio, si stava unendo a lui.
-Di sicuro il tuo soffitto era più triste del mio- affermò orgogliosamente il figlio di Frey con un sorriso.
-Tu non avevi l’ultimo modello di stelle adesive luminescenti con tanto di costellazioni attaccate sopra.
Un rumore simile a quello di uno schiaffo indusse Magnus ad abbandonare, di controvoglia, la sua posizione. Si alzò leggermente, lo sguardo rivolto verso Alex che aveva premuto una mano sul suo viso, in un chiaro gesto di sconcerto.
-Non posso crederci- il suo tono sembrava disperato -Maggie, spero che tu non sia serio riguardo a questo.
Dalla sua posizione però, Magnus poté notare le labbra di Alex arricciate in un sorriso.
Probabilmente stava pensando a quanto fosse stupido ed infantile, ma ormai era abituato.
-Non posso credere che tu avessi davvero delle stelle luminose attaccate al soffitto! E poi, vorrei ricordarti che a pochi passi da qui c’è l’atrio dove puoi vedere le stelle vere. Non hai di certo bisogno di quelle finte, ora.
Punto a favore. Effettivamente, la sua camera al Valhalla non mancava certo di quel conforto. Ma la luce degli astri non arrivava fino alla zona del letto, e quindi Magnus aveva creduto fosse piuttosto lecito pensare che quella zona fosse triste e spoglia.
-Hai scoperto il mio scheletro nell’armadio- ribatté lui ridacchiando.
Alex spostò la mano dal suo viso e guardò l’altro. C’era una strana luce ora nei suoi occhi, così differenti quanto simili. Magnus non avrebbe saputo dire cosa fosse, esattamente, quello che lo fece avvampare a causa di quelle iridi. 
C’era divertimento negli occhi di Alex, ma vi era anche dell’altro, qualcosa di quasi impensabile da poter scorgere. Era tenerezza, per caso?
-Magnus Chase, sei in assoluto il ragazzo più carino che abbia mai incontrato.
-Dopotutto non penso che…aspetta un secondo- Magnus ringraziò mentalmente il buio della stanza.
-Carino?!
-Chi ti ha consigliato di mettere le stelle sul soffitto?
Tipico di Alex. Quando capitava gli facesse qualche complimento, immediatamente dopo reagiva come se non fosse mai accaduto nulla. Come se, in realtà, fosse scontato che Magnus sapesse cosa pensasse di lui. A questo non si sarebbe mai abituato, ne era certo. 
Magnus fece un respiro profondo, pronto ad iniziare il suo racconto.
-Mia madre- la risposta venne fuori, stranamente, con estrema facilità. 
-È stata tutta opera sua. Un giorno è arrivata a casa con due enormi buste piene di adesivi a forma di stelle. “Coraggio, andiamo ad appenderle!” Stava quasi saltellando sul posto, e sembrava più entusiasta di me per il suo nuovo acquisto. 
Magnus strinse più forte la mano di Alex, che in tutto quel tempo non aveva mai lasciato. Aveva bisogno della sua presenza, di quella presa simile ad un’ancora che gli impediva di andare alla deriva. Era il suo unico appiglio saldo nel freddo e tetro mondo reale, l’unico che gli impediva di perdersi tra la fitta nebbia dei ricordi.
-Ci abbiamo messo un intero pomeriggio. C’era colla ovunque, avevo tutte le mani appiccicose. Mia madre non aveva mai smesso di sorridere. Poi era tramontato il sole e…beh, sai come funziona. E luce fu, insomma.
Magnus spalancò le dita della mano libera, incanalando un po’ del suo potere per illuminare debolmente il buio della stanza. Era per rendere l’idea, insomma.
Alex aveva ascoltato ogni singola parola senza mai interromperlo. Magnus fissò il suo volto di sottecchi, in attesa. Sembrava che entrambi stessero aspettando qualcosa. Una risposta o un continuo del racconto? Un’altra domanda o una qualche battuta per spezzare la tensione?
Magnus sentì le dita di Alex chiudersi nelle sue con una lentezza quasi dolce. I suoi occhi sembravano distanti, forse anch’essi persi nel ricordo che aveva appena condiviso.
Chissà cosa stesse immaginando in quel momento. Magnus voleva saperlo. Fremeva dalla curiosità di sapere come Alex stesse figurando lui e sua madre mentre appendevano quelle stelle in camera, come pensasse fosse la sua vecchia stanza, ora ridotta ad un cumulo di ceneri. Si chiese se la creatività di Alex fosse così forte anche da percepire la fragranza emanata dai fiori sul loro davanzale, il profumo di biscotti che venivano appena sfornati. 
Non ci furono parole per un momento, solo Alex che sorrideva in maniera sghemba, come suo solito.
-Ti dò un punto a favore, Maggie. Effettivamente, la mia stanza era un po’ triste rispetto alla tua.
Poi inscenò un gesto quasi melodrammatico. Si portò una mano al cuore, facendo finta di svenire.
-Non posso credere di averlo appena detto- chiuse entrambi gli occhi, la sua espressione tramutata in una smorfia di dolore. 
-Maggie sbrigati, prendimi per mano e illuminati come una lampadina, come fai sempre! Sto morendo!
-Alex- Magnus trovava quasi impossibile trattenersi dalle risate -Per essere onesti, siamo già presi per mano- e le sollevò entrambe.
Alex riaprì gli occhi di scatto, l’incredulità dipinta sul suo volto.
-Si può sapere perché oggi la Divina Provvidenza ce l’ha con me?- e dicendo questo alzò gli occhi al cielo, i suoi occhi ora pieni di risentimento.
-Grazie Odino, davvero. Mi fai onore.
Scoppiarono entrambi a ridere, le loro mani ancora strette l’una nell’altra. Poi, Alex lo baciò.
Magnus sentì la mano libera dell’altra premuta dolcemente sul suo viso, con il pollice che gli accarezzava dolcemente i capelli. 
Chiuse gli occhi durante quel bacio, ma non vide buio quando lo fece. Sembrava che la sua mente stesse quasi proiettando le immagini dei fuochi d’artificio del 4 Luglio, una tavolozza di colori e luci che si mischiavano creando uno spettacolo da mozzare il fiato. 
Magnus si chiese se si sarebbe sentito così per tutta la vita, con Alex al suo fianco. Se ogni volta in cui le loro labbra si sfiorassero avrebbe mai provato la stessa sensazione travolgente che ti assale quando sei sulla vetta della montagna della felicità. Quella stessa emozione che gli faceva battere il cuore all’impazzata, che lo faceva avvampare quando riusciva a scoprire che Alex lo stava fissando o quando riceveva i suoi complimenti. Quella stessa sensazione, calda e benevola, che solo Alex riusciva a sprigionare. Era come la sua magia, come le sue doti da guaritore. Alex era la sua magia, la sua luce fatta di rosa, verde, ambra e cioccolato, fatta di strette di mano, battute sarcastiche, abbracci e baci. 
-Adesso dovresti dormire, Chase.
Alex si sistemò sul grande letto, trascinando Magnus verso di sé.
Di nuovo, il ragazzo fu grato per il buio della stanza perché era quasi sicuro di assomigliare ormai ad un semaforo guasto e bloccato eternamente sul rosso.
-Stanotte ti farò compagnia. Non viziarti troppo. Non ne posso più di sentirti urlare la notte per i tuoi incubi.
Anche se non poteva vedere, Magnus fu sicuro che la figlia di Loki stesse sorridendo.
La mano di Alex tra i suoi capelli fu l’ultima cosa che sentì prima di scivolare finalmente in un sonno tranquillo.


Alex non riuscì a prendere subito sonno, quella notte. Era la prima volta, da quando Magnus aveva dichiarato il suo amore immortale di fronte a tutta la schiera di Loki, che dormivano nello stesso letto.
Non che fosse un qualcosa di particolarmente scandaloso. Erano entrambi in pigiama, lei con la sua maglietta rosa e i pantaloni della stessa sfumatura, e Magnus con uno simile al suo ma beige, con le righe nelle maniche della maglia. Inoltre, Alex portava anche delle calze piuttosto spesse, causa piedi costantemente gelati, e perciò non era proprio al massimo del suo splendore.
Era semplicemente strano il fatto di avere qualcuno con cui condividere quello stesso spazio, anche se in una maniera totalmente innocente.
I capelli di Magnus, quasi bianchi sotto i raggi lunari che giungevano dall’atrio, pizzicavano il suo collo facendole il solletico.
Il ragazzo era caduto nel sonno più profondo in mezzo alle sue braccia, facendo piombare la stanza in un nuovo silenzio. Si erano spente le loro risa, si erano spente le loro parole.
Alex era rimasta sola con i suoi pensieri, e con il calore del corpo di Magnus che la distraeva in maniera adorabilmente fastidiosa.
Il suo sguardo si mosse minuzioso, come quello di un vero artista, posandosi sui contorni del viso dell’altro, senza tralasciare nulla, nessun particolare. Anche se avesse potuto benissimo farlo, non voleva. 
Le piaceva il modo in cui la luce bianca si posava sulle guance di Magnus, sui suoi capelli argentati perennemente in disordine. Stavano crescendo di nuovo, aveva notato, ma non aveva voluto tagliarli. Magnus sembrava felice di riavere indietro i suoi vecchi capelli. E per qualche strano motivo, lo era anche lei.
Magnus addormentato era simile alla sua versione diurna. C’era calma sul suo viso, una tranquillità che solo lui riusciva ad irradiare. Era poi molto più silenzioso, cosa che Alex non considerava del tutto come un difetto. Sorrise, pensando a ciò.
Ora furono le sue dita quelle intente a tracciare i contorni del viso del ragazzo, la piega del suo collo fino alla spalla, e poi di nuovo verso le sue guance, verso i suoi occhi, il naso e la bocca.
Alex fece tutto il più delicatamente possibile, facendo attenzione a non svegliarlo. Sarebbe stato abbastanza imbarazzante se Magnus avesse aperto gli occhi proprio in quel momento.
Era da un po’ che le frullava in testa l’idea di fare una sua scultura. Ci aveva provato, in quei giorni di pace e totale calma. Sempre se nella definizione di “pace e calma” rientrassero tutte le loro quotidiane attività vichinghe.
Ci aveva sempre provato, ma il risultato non l’aveva mai soddisfatta pienamente. Ogni qualvolta tentasse di finire un busto di Magnus, lo scaraventava immediatamente a terra, rompendolo in mille pezzi. C’era sempre qualcosa che non andava, qualcosa che non lo rendesse…Magnus.
Ora che poteva toccarlo così, senza che lui se ne accorgesse, stava quasi tentando di imprimere nella sua mente le sue forme, le sue angolature. Come se con la sua mano, e con le sue dita, potesse improvvisamente memorizzare il viso del figlio di Frey.
Alex riuscì a trovare il sonno dopo qualche ora, quando ormai i primi timidi raggi del sole fecero capolino dall’atrio. Sembravano soffici lame fatte di zucchero filato, zucchero che si posava sui capelli di Magnus, ora diventati d’oro.
Avrebbero dormito tutto il giorno, ne era certa. Troppe ore di sonno da recuperare, troppa stanchezza da mandare via.
Alex strinse il corpo di Magnus al suo, affondò il viso nella sua chioma bionda e si addormentò.


*Qualche giorno dopo*
-Posso togliermela, adesso?-
-Provaci e ti ammazzo, Chase.
Le mani di Alex lo stavano guidando verso gli immensi corridoi del Valhalla. Destra, sinistra, poi di nuovo destra. Magnus si muoveva dove Alex lo conduceva, dato che non poteva vedere.
Dopo cena Alex gli si era avvicinata, e con un sorrisetto minaccioso era riuscita a bendarlo.
Adesso erano fermi, entrambi nell’ascensore, mentre la strana discografia norreno riempiva le loro orecchie.
-Posso sapere il perché di tutto questo, almeno?
-No- la voce di Alex tradiva tutto il divertimento che stava provando in quel momento.
-Non hai diritto di sapere nulla, Maggie.
Magnus incrociò le braccia al petto e mise su il broncio, gesto totalmente inutile visto e considerato che stava dando le spalle ad Alex.
Dovette purtroppo ammetterlo: non si trovava sicuramente nella condizione di avanzare qualche pretesa.
-Invece ne ho tutto il diritto- proruppe dopo un po’, mentre le porte dell’ascensore si aprirono per lasciarli passare. Almeno si erano lasciati alle spalle Frank Sinatra in norvegese.
-Mi avete tenuto lontano dalla mia stanza per tutto il giorno. Mi avete perfino tenuto lontano dall’Hotel per tutto il giorno, per paura che morissi e tornassi nella mia camera? Che sta succedendo?
Il rumore del chiavistello riempì le sue orecchie. L’aria fresca che giungeva dall’atrio era quasi un toccasana dopo il calore della sala banchetti.
Magnus venne condotto all’interno di quella che, tirò a indovinare, era la sua camera, e venne fatto poi sedere sul suo letto.
-Umh, Alex- detestava rovinare così quel momento, ma le parole premevano con insistenza per uscire fuori.
-Non pensare che la mia testa sia solo piena di queste cose, però umh. Insomma. Benda sugli occhi. Letto. Buio totale.
Stava agitando le mani meccanicamente davanti a sé.
-No Magnus- Alex aveva il classico tono di voce da “Stai per rischiare di essere decapitato. Di nuovo.”
-Non ho alcuna intenzione di provare il bondage-sex con te. Almeno, non ancora- aggiunse poco dopo.
-Beh sì, capisco. Aspetta- le mani di Alex ora stavano armeggiando con la sua benda.
-Che vuoi dire con “non ancora”?!
-Ta-daa!
La benda cadde sulle sue gambe, e Magnus non si lasciò sfuggire un secondo per poter finalmente aprire gli occhi. Quello che trovò davanti a sé lo lasciò senza fiato.
Tutte le pareti erano ora tappezzate di stelle luminose, alcune più piccole e altre più grandi. Certe erano disposte a formare varie costellazioni, e tra le stesse svettavano alcuni pianeti in miniatura. Gli adesivi viravano poi dal bianco, al giallo e all’arancione tenue, in un universo fatto in casa di sfumature rassicuranti.
Tutta la sua stanza era illuminata da quella luce soffusa, come se si trovasse davvero sotto un cielo stellato.
Ora capiva il perché di tutta quella premura. Capiva anche perché gli era parso di sentire le mani di Alex appiccicose mentre gli metteva la benda e perché si fosse presentata solamente a cena conclusa. Era rimasta tutta la giornata bloccata nella sua camera, intenta a preparargli quella sorpresa.
-Io…- Magnus deglutì, gli occhi che pungevano fastidiosamente. Non trovava le parole per poter esprimere quanto fosse contento, quanto fosse grato per tutto quello. Non riusciva a formulare una frase di senso compiuto per dire quanto fosse felice di avere ciò che aveva e di stare lì, con Alex, tenuti per mano a guardare il loro finto cielo stellato fatto di adesivi luminosi.
-Grazie- fu l’unica parola che riuscì a sussurrare, mentre Alex si sedeva accanto a lui e poggiava la testa sulla sua spalla.
I suoi capelli gli facevano il solletico, ma era una bella sensazione.
-Sai, devo darti ragione- iniziò a dire lei, mentre con le loro mani tracciavano il percorso delle costellazioni.
-La mia stanza era proprio triste in confronto a questa. 
Magnus sorrise, gonfiando improvvisamente il petto d’orgoglio.
-Io te lo avevo detto. Dovresti fidarti di più di me.
-Scordatelo, Chase.
Alex aveva stretto le sue dita attorno a quelle di Magnus. Rimasero per un po’ così, in silenzio, con solo i loro respiri a spezzare quell’incantesimo.
-La luce che emettono è un pochino fastidiosa- proruppe Alex ad un tratto, mentre con una mano gli accarezzava i capelli. 
Magnus aveva sempre detestato quel gesto. Era quasi impossibile che chiunque gli sfiorasse anche solo una ciocca non finisse fulminato da una sua occhiataccia. Gli procurava quasi fastidio. Ma Alex poteva farlo senza ricevere ammonimenti. Un po’ perché magari l’avrebbe ammazzato senza problemi, ma principalmente era perché gli piaceva. C’era una strana cura in quel tocco, una cura quasi distratta e per niente attenta che riusciva a farlo sognare ad occhi aperti.
-Però potrei abituarmici. Non è male.
Magnus cominciò a tossire violentemente. 
-Abituartici?!- la sua voce era salita di un’ottava, mentre si era seduto di scatto per fissare Alex negli occhi.
Lei lo guardava quasi con malizia.
-Hai dormito bene in questi giorni.
Punto a favore. L’ennesimo. Aveva smesso di contarli, ormai. Alex però aveva ragione: non aveva avuto incubi in quel breve periodo in cui avevano dormito insieme. 
-Non vedo perché non potrei restare.
Doveva essere diventato dello stesso identico colore della vecchia sciarpa di Heart perché Alex era scoppiata in una fragorosa risata.
-Magnus Chase- dichiarò Alex tirandolo verso di te -Con te è come se fosse sempre la prima volta.
I loro occhi erano ora alla stella altezza, acciaio contro violente tempeste di sabbia.
-Penso che non mi stancherò mai di questo.
Stavolta, fu Magnus il primo a baciarla.
Era tutto perfetto perché non potesse farsi avanti. La luce delle piccole stelle che li avvolgeva, la brezza estiva, il sorriso di Alex e la sua risata, gli occhi di Alex e la sua mano stretta nella sua.
Aveva ragione forse, nel dire che tutto sembrava come se fosse la prima volta. 
Magnus sentiva ancora il suo cuore sciogliersi e ricomporsi innumerevoli occasioni durante il corso di quel bacio. Era come se provasse in pochi secondi e a ritmi sempre frequenti la calda e piacevole sensazione di ritornare in vita.
-Penso che non mi dispiacerebbe avere un bacio sotto delle stelle vere con te- buttò lì Alex una volta che si furono separati. Magnus la fissò avvampando.
-Potremo andare in campeggio, un giorno.
-Sarebbe una bella idea.
L’aria fresca, l’alba, i tramonti, il tutto accompagnato dalle montagne e dal sole. A Magnus sarebbe piaciuto tantissimo.
Stava continuando a sorridere sognante quando Alex l’aveva nuovamente tirato verso di sé, le loro schiene ora appoggiate sul materasso e le mani intrecciate.
-Ma prima, Maggie, potrei accontentarmi di vedere queste, di stelle.
Non ci fu bisogno di altro.
Era tutto perfetto.
Nessun incubo, nessuna pretesa.
Solo loro due, le loro stelle finte e tutta l’eternità per stare insieme. E chissà quante stelle avrebbero potuto vedere, ancora. Chissà quante volte il loro sguardo avrebbe potuto sollevarsi verso il cielo o il soffitto, incantato dal firmamento che li avrebbe accompagnati durante tutta la loro esistenza.
  
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