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Autore: Pittrice88    18/12/2017    5 recensioni
John Watson con chi passerà il Natale?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa one shot è la versione Johnlock di una MIA vecchia fanfiction dedicata alla coppia Lily/Severus. Le premesse sono quindi quasi  le stesse di 8 anni fa: fanfiction liberamente ispirata al libro “La solitudine dei numeri primi”, in particolar modo al capitolo 24,  e alla “Teoria delle ombre” specialmente alle curve isofote. Lo so che quest’ultima cosa vi pare in qualche modo incomprensibile, comunque vi basti sapere che in geometria descrittiva una curva isotofa è l’insieme dei punti di uguale illuminazione.
Vi auguro una buona lettura
 
Sotto la stessa luce, nella stessa ombra

 
Ultimamente si erano visti spesso, mai per caso, eppure senza realmente volerlo. In genere, il martedì e il giovedì, al termine del suo turno in ambulatorio, John Watson  finiva sempre per gironzolare nei pressi dell’ufficio di Samantha. Dal canto suo la donna cercava sempre di farsi trovare libera. Insieme i due passavano per il cortile dell’edificio, si fermavano a bere un caffè, seguendo sempre lo stesso percorso, come se tacitamente la routine desse sicurezza a entrambi. L’isolato in cui sorgeva l’edificio rappresentava in qualche modo il confine entro il quale si svolgeva la loro storia. Al di fuori di quel contesto non si erano visti che un paio di volte da soli, e mai per più di un’ora. Tra i due nessuno aveva chiarito quella cosa misteriosa che in qualche modo li univa. Nessuno si era ancora spinto al di là di un sorriso affettuoso.
John sembrava conoscere perfettamente la dinamica del coteggiamento, sapeva rispettarne i tempi e le modalità, come se seguisse un protocollo. Eppure l’uomo sembrava smarrirsi ogni qual volta la conversazione si facesse interessante. Come se cercasse una distrazione dal lavoro, ma non fosse in grado di andare al di là della semplice compagnia. Come se la sua mente fosse rapita da chissà quale pensiero. Come se infondo cercasse altro. Samantha sapeva tuttavia come raggiungere un obbiettivo, quindi era sempre molto attenta agli umori altalenanti di John. Se lui non parlava gli domandava “c’è qualcosa che non va?” ma mai per due volte di seguito. Si interessava al suo lavoro, alla sue passioni, al suo passato sotto le armi e riempiva i silenzi con divertenti aneddoti parzialmente inventati. John in un primo momento si lasciava sempre trasportare dal suo carisma, dalla sua leggera civetteria. Usava le loro passeggiate come metodo per estraniarsi dalla sua strana duplice vita, quasi come un passaggio tra il suo essere medico dell’ambulatorio e “soltato” a Baker Street. Una sorta di limbo a cui non sarebbe stato capace di dare un nome.
 
Samantha non aveva previsto di chiederglielo e non era il tipo da rischiare un fallimento, eppure quel freddo pomeriggio di dicembre John aveva qualcosa di diverso, come una specie di ansia, che emergeva dal suo modo di passasi la lingua sulle labbra, e da come i suoi profondi occhi blu scuro cercavano di non  incontrare lo sguardo di lei. Per la prima volta da quando lo conosceva fu impulsiva
 
“Natale è alle porte” disse vagamene annoiata
 
Lui finse di non sentire, continuando impassibile a camminare.  La sua testa era incasinata come un’arnia. Sherlock non gli aveva proposto ovviamente nulla per gli imminenti giorni di festa, eppure era certo che li avrebbero passati assieme, solo lui e il consulente investigativo.
 
“potresti passarlo con me” buttò lì Samantha
 
La sua fiducia vacillò mentre quelle parole vibravano nell’aria. Il silenzio che ne seguì, per quanto brevissimo, sembrò eterno.
 
“non lo so” disse lui con la voce più grave del solito “forse...”
 
“capisco…hai ragione” disse lei fredda.
 
Il silenzio accompagnò il finale della loro passeggiata. Londra sembrava improvvisamente buia, nononstane le innumerevoli decorazioni natalizie. Terminato il giro dell’isolato si salutarono con un consueto bacio sulla guancia. I due si separaronno.
 
Il tragitto vesso Baker Street parve lunghissimo al medico militare. Un vento genido poveniente da nord gli scompigliava  i capelli, mentre camminava veloce con una mano alla gola per tenersi stretto il bavero alzato. Eppure nonostante la brutta giornata aveva deciso di rincasare a piedi, per schiarisi un po’ le idee.
 
Aprì frettolosamente il portone, aveva le mani gelate e quasi gli facevano male. Salì stancamente le scale, ogni gradino gli pesava come un macigno. Si sentiva confuso e incredulo di esserlo. Arrivato al pianerottolo pigramente si sfilò la sciarpa e tolse la giacca. Oltrepassato con lo sguardo il limite della porta, socchiusa come sempre, John lo vide. Sherlock era seduto sulla sua poltrona, la vestaglia blu, e reggeva in mano l’amato violino con aria assente. Il viso teso in un’espressione concentrata.  A John brillarono gli occhi di gioia, mentre andava a sedersi nella poltrona libera.
 
“ciao” sussurrò il medico cercando di non disturbare
 
Lui non rispose, ma sorrise leggermente spostanto il suo sguardo direttamente sul volto di John. L’unico suono nella stanza era il crepitio del camino. Silenziosamente appoggiò la pallida mano sulle corde e le pizzicò in una semplice melodia. Nessuna parola infranse l’aurea di sincero affetto che si era andata a creare fra i due.
 
Improvvisamente a John tutto fu più chiaro, quello era l’unico luogo in cui voleva essere, non solo per Natale, e Sherlock era l’unica persona con cui veleva stare. La gioia di rivederlo, seppur dopo poche ore, gli scaldava il cuore. Loro due erano irrimediabilmente uniti in un qualcosa di magico, quasi surreale. Come le luci e ombre proiettate dal fuoco del camino in tutta la stanza, talmente vicini da non essere nemmeno concepibile l’esistenza di uno a discapito dell’esistenza dell’altro.
Forse la parola “amore” in quel momento delle loro vite poteva apparire strana, eppure null’altro poteva descrivere la complicità delle loro anime. Insieme erano un tutt’uno. E ora John ne stava diventando consapevole. Semplicemente. Un tutt’uno che sarebbe durato per sempre.
 
 
 
   
 
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