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Autore: Ardespuffy    25/06/2009    5 recensioni
La caduta amletica di Messer Sirius Black nel baratro peloso dell'attrazione canide.
10. "Ho capito che, ovunque arriveremo, io avrei proprio bisogno di farlo insieme. Vorrei che fosse un posto pronto per noi due. Per accoglierci entrambi. Vorrei che fosse un posto di tuo gradimento, cosicché accetteresti di dividerlo con me."
[SB*RL]
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash, Yaoi | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doggish (Fairy)tales.'
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Attenzione: altissimi
livelli di
contorsionismo verble.
Da leggere con calma e pazienza. ^w*







_ * _

_ * _

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 “Tu non mi stai ascoltando.”

 

“È perché non stai dicendo niente!”

 

“Questo non è vero! Possibile che una cosa tanto fine e chiara come la ferocia del mio silenzio sprezzante continui a sfuggirti?”

 

“Di quale estremamente palese silenzio sprezzante staresti parlando?”

 

“Di quello che riservo appositamente per te dal primo momento in cui ti ho incontrato!”

 

“… tu non sei normale.”

 

“Hai ragione! È così, è proprio così. Ma questo non mi rende il bersaglio della tua compassione, dico bene?”

 

“Bersaglio di compassione?”

 

“Stai almeno facendo uno sforzo? Concentrati, concentrati.”

 

“Ci sto provando, Sirius. Se solo ti riuscisse di articolare qualche periodo intelligibile, ogni tanto.”

 

“No, no, così non funziona! Siamo come due donnicciole che vanno avanti all’infinito senza ascoltarsi a vicenda, lo capisci?”

 

E di chi è verosimilmente la colpa?”

 

“Non puoi ridurre tutto questo a una questione di colpa, e non puoi neppure – quante negazioni mi hai costretto ad usare, eh? Te ne sei almeno accorto?! Questo è nuovo per me, voglio dire, io non sono il tipo che si nega a qualcosa o a qualcuno, o alle cose o alle persone, in generale, ti risulta?”

 

“Ho perso il filo del discorso.”

 

“Non c’è un filo da perdere, Moony! Come vuoi perdere qualcosa che non c’è?! È proprio questo lo stramaledettissimo problema!”

 

“Aiuto, soccorso, chiunque…”

 

“Solo perché parlo tanto questo non vuol dire che io straparli. E se anche straparlassi, beh, quelle non sarebbero necessariamente sciocchezze. Non tutto ciò che mi esce di bocca merita di finire nel cesso solo perché esce dalla mia bocca, ci hai mai pensato? Non c’è un filo da seguire, quindi non provare a tirar fuori la faccenda del filo, e no, mi rifiuto di sentirmi in colpa perché tu non riesci a trovare un filo e non riesci neppure a perderlo. Tutto questo non mi compete.”

 

“Tutto questo mi ucciderà. Ascolta, c’è davvero qualcosa che stai, sai, cercando effettivamente di dire, fra i tuoi seppur affascinanti giochi di parole, oppure stai dando fiato alla bocca solo per il piacere immenso che provi nel sentir vibrare le corde vocali?”

 

“Apri bene le orecchie e tenta di darmi una risposta. Se ci fosse effettivamente qualcosa di sensato che stessi, ipoteticamente, cercando di esternare – posto che un ottuso come te non avrebbe una speranza su un milione di riuscire a comprenderlo – pensi che questo mio ipotetico e sensato qualcosa ti, sai, riguarderebbe?”

 

“… che razza di domanda sarebbe? Non puoi chiedermi di speculare su qualcosa che neanche c’è.

 

“Lo vedi? Lo stai facendo di nuovo! Continui ad attaccarti alle parole e ti rifiuti di agire! E, per inciso, speculare non vuol dire un bel niente. Non sono neanche sicuro sia una parola.”

           

Speculare è una parola, ma aspettarmi che tu potessi conoscerla è stato un imperdonabile errore, per mia parte. Vorrai scusarmi.”

 

“Ora non puoi negarlo. Non stai andando da nessuna parte, mentre io…”

 

“Non lo stai facendo, non ci provare! Tu non stai andando da nessuna parte, non ci stai neppure arrivando, esattamente come me qui, okay, solo che io almeno non sto cercando di fartelo pesare. E non sono neanche sicuro, a dir il vero, di aver innescato personalmente il motore e aver dato il mio consenso a questa gara o marcia o parata o quello che diavolo tu credi che sia.”

 

Quindi tu non credi che dovremo andare da qualche parte, è così?”

 

“Perché ho l’impressione che qualunque cosa risponderò verrà usata impunemente contro di me?!”

 

Perché è proprio così, Messer Lupin. E ora rispondi.”

 

“Io sto bene qui. Non capisco cosa stai dicendo, non credo di poterlo capire e, in tutta franchezza, ho i miei dubbi sul fatto che tu stesso lo stia capendo. Ma sto bene qui, o almeno ci stavo prima che questa delirante conversazione, se è così che possiamo chiamare questo avvilente urlarsi contro a vicenda, avesse disgraziatamente inizio.

 

“Va bene. Ci hai provato. Non te ne si può fare realmente una colpa. Evidentemente non avverti la stessa esigenza di muoverti, e anche nel caso, forse il qualcosa cui vorresti arrivare sarebbe diverso dal qualcosa cui vorrei arrivare io comunque, e allora è molto meglio risparmiarci questa discussione con tutti i piccoli segretucci scandalosi che potrebbe portare a galla e nessuno di noi arde dalla voglia di scoprire.”

 

Proviamo a mettere questo in termini più umani, ti va? Mi stai dicendo che vuoi qualcosa di più dalla nostra relazione? Che così com’è ti lascia insoddisfatto?”

 

“Beh, no. Sì. Non si tratta di questo, non in sé. Non è come poni tu la questione, capisci? Tu hai tutto il tuo modo lineare ed estremo e umano per vedere le cose, e te lo giuro, non è che io faccia apposta a complicarle – non la maggior parte del tempo. Però davvero sento che così non funziona. Con le tue parole non, loro… loro non funzionano per i miei concetti. Non funzionano per questo qui, almeno.”

 

“… le mie parole si sentono veramente stupite, e anche un bel po’ oltraggiate.

 

Di’ loro di non prendersela a male, vuoi? Provvederò a scusarmi con l’ausilio di un barboso vocabolario o qualunque cosa usino le parole degli altri come calumet della pace. Quello che sto cercando di dire io adesso, qui, con le mie parole, suppongo, suonerebbe un po’ troppo semplicistico, dopo tutti i giri che gli abbiamo tracciato intorno. Lo hanno svuotato un po’ di senso, ugh.”

 

“Quello era un verso?”

 

“Un gemito. Forse. Ugh.”

 

“Lo hai fatto di nuovo. Non è strettamente piacevole. Ti fa arricciare la faccia.”

 

“Possiamo lasciar fuori la mia meravigliosa faccia arricciata da questa storia, per favore? Pensavo che almeno su una cosa fossimo d’accordo, che è già abbastanza difficile così.

 

“Non volevo complicarlo. Scusa tanto.”

 

“Non ti scusare, Moony, non voglio che finisca in questo modo. Finisce sempre tutto molto in fretta, quando tu ti scusi, lo hai notato?”

 

“Non mi sembra di scusarmi poi così spesso, e noi litighiamo di continuo.

 

“Non è quante volte lo fai, ma la risolutezza che ci metti. Mi spiazza, mi toglie energia. È come se lo facessi maledettamente apposta perché sai, ci scommetto, sai che mi lascia senza la forza di continuare a prendermela con te. O a inveire tra me, che poi è lo stesso, in fondo.”

 

“Quindi parlare con me è uguale a parlare da soli?! Grazie tante!” 

 

“Prendertela per una travisazione tanto meschina è proprio tipico del tuo bel modo umano di dire, e fare, e guardare le cose, lo sai?”

 

Travisazione non è una parola. Vorrei proprio sapere perché la grammatica finisce a farla da padrona in ogni benedetta discussione che abbiamo.

 

“È perché tu non riesci a smettere di prestare attenzione alle parole, e si sa che io parlo tanto. Ma quando si arriva alle azioni, fattelo dire, sei veramente scarso.

 

“Allora illuminami, prima che chissà quale altra orribile travisazione mi allontani dalla retta via del comprendonio, che ne dici?”

 

“Vedo il tuo sarcasmo da due soldi e rilancio con un ah-ah pieno di tronfia soddisfazione. Te lo farò vedere, oh sì, ci puoi giurare.

 

“… non me lo stai facendo vedere.”

 

“Tu dammi tempo. Ti ho detto che sarebbe suonato semplicistico, adesso, ma mica ho parlato di  facile.”

 

“…”

 

E ora che fai?”

 

“Non lo so. Io… provo a darti il tuo tempo?”

 

“…”

 

“È una di quelle cose che dovresti apprezzare, sai.

 

“Oh, giusto. Sì, suppongo. Lo apprezzo, no, davvero. Seriamente.”

 

“Ti dispiace dirmi esattamente cosa è tanto semplicistico, prima che si deteriori al punto da perdere fino alla minima sfumatura di senso – cosa che temo abbia già fatto?”

 

“Ah. Quel qualcosa dove io volevo arrivare, dove volevo che noi arrivassimo, hai presente? Quando ti ho chiesto se credevi ti avrebbe riguardato.

 

“Sì.”

 

Cosa, sì?”

 

“Sì, me lo ricordo. Va’ avanti.”

 

“Eh. Ecco, il punto è che qualunque cosa che abbia un minimo di senso ed esce dalla mia bocca, beh, ho capito che ti riguarda. E se non ti riguarda già, allora voglio che ti riguardi.

 

“Vorresti che mi riguardasse.”

 

“Oh. Già, esatto. È così. Benedetti tempi verbali.”

 

Ma questo non ha senso. Insomma, stiamo facendo progressi, organizzazione logistica e tutto il resto, però il significato…”

 

E c’è dell’altro. Ho capito che, ovunque arriveremo, ovunque mi piacerebbe fossimo in grado di arrivare, ecco, io avrei proprio bisogno di farlo insieme. Vorrei che fosse un posto pronto per noi due. Per accoglierci entrambi. Vorrei che fosse un posto di tuo gradimento, cosicché accetteresti di dividerlo con me.

 

“D’accordo. Io… sono molto perplesso, ma forse stiamo iniziando a venirci incontro.

 

“Non parlarne come se fossimo l’uno di fronte all’altro, noi non siamo… contrapposti. Io non voglio controbilanciarti, come se fossimo in una qualche stupida altalena senza perno.

 

“A dir il vero, io credo che un perno ce l’avrebbe.”

 

“Quale?”

 

“Beh, ripensandoci non ne sono poi così sicuro. Forse sarebbe qualcosa che abbiamo in comune, o qualcosa che amiamo entrambi allo stesso modo.

 

“Io amo stare a letto con te, la sera.”

 

“…”

 

“No, no, aspetta, non fare quella faccia. Non intendevo…”

 

“Anche a me piace stare a letto con te.”

 

“La sera?”

 

“In qualunque parte del giorno, a dir il vero.

 

“Wow. Sì. Questo… sta diventando piuttosto strano, mh?”

 

“Lo è stato sin dal principio, temo. E il peggio è che non abbiamo ancora concluso un accidente.”

 

“Non essere così categorico, adesso. Lo hai detto tu che qualche progresso è stato fatto.

 

“… è vero. Qualche progresso è stato fatto.”

 

E allora accontentiamoci di questo per, ugh, diciamo, oggi, va bene?”

 

“Facciamo, per questa settimana.”

 

“Non vuoi parlare con me per tutto il resto della settimana?!

 

“Potendo sceglierei eviterei di parlare con te per tutto il resto della vita, Padfoot, ma incontrerei un paio di difficoltà.”

 

“Tu non dici sul serio!”

 

“Eh, ehi, calmati ora. Ovviamente non dico sul serio.”

 

“Meglio per te. E per me. Tu non lo diresti – lo diresti? – ma io ho tanto bisogno di questo. Sono piuttosto, ugh, sai, fragile.”

 

“Ammettilo, lo stai trascinando anche se la conversazione è esaurita da un pezzo perché non sopporti di stare zitto per sette giorni.”

 

“Già, infatti. Se lo sai allora perché devi…?”

 

Perché meriti di essere torturato per avermi costretto ad un dialogo del genere. Arrivederci.”

 

“Non c’è proprio verso che io riesca a intenerirti al punto da ridurre la condanna, vero?”

 

“No, non c’è. Arrivederci.”

 

“Proprio nessuno? Nessunissimo verso? Potrei farti delle cose, ugh, sessuali. Dovrebbero piacerti. Insomma, so che ti piacciono. Lo so per certo. E non pensare che per me non sarebbe una punizione, perché saresti veramente molto, molto lontano dalla verità, intesi? Veramente molto molto.”

 

“…”

 

Aspetta un attimo, aspetta un attimo! Gaah! Avevo ragione sin dal principio! Tu non mi stai ascoltando!”

 

“…”

 

“…”

 

“È perché non stai dicendo niente, maledizione!”

 

Ah-ah! Tronfia soddisfazione, ricordi?!

 

“… tu non sei normale.”

 

“Hai ragione! È così, è proprio così. Ma questo non mi rende il bersaglio della tua…”

 

“Tu non mi costringerai a ricominciare questo daccapo. È la mia ultima parola.”

 

“Non ti stai sforzando, Moony! Concentrati, concentrati!”

 

“…”

 

“… va bene. Una settimana, giusto? Arrivederci.”

 

 

  

 

 

















// END.






















_ * _



















Vi avevo avvertite dall'inizio: contorsionismo verbale ai limiti estremi. Un capitolo finale addirittura corrosivo, me ne rendo conto io stessa xD.
Spiegazione. Come avrete notato, mancano del tutto l'ambientazione o il pur minimo riferimento temporale; questo perché il presente dialogo - la primissima parte di fanfic che abbia scritto, tra l'altro - non era nato, in origine, come necessariamente SB/RL. Ero ancora nella mia fase di rifiuto ("no, no, no! Non è ammissibile che abbia voglia di scrivere su HP!"), quindi mi ero mantenuta su una semplice e vaga lite fra innmorati gay che usano cascate di parole al solo scopo di darsi l'emicrania a vicenda e, secondariamente, darla al lettore. Difatti, i nomi degli interlocutori sono stati aggiunti successivamente.
Cosa accada è in realtà semplice e banale. Non ci è dato sapere quanto tempo dopo la loro ufficializzazione come coppia (nello scorso capitolo), i nostri beniamini affrontano il primo, vero litigio tra partners. Essendo Sirius Black e Remus Lupin i signori in questione, non può trattarsi che di una nevrotica caccia al vocabolo ben povera di contenuti, una monumentale esaltazione della paranoia. Mi scuso sinceramente con chi è rimasto allibito e non è riuscito a seguire gli scambi di battute: è colpa mia e loro, non vostra. '^^

twy, il tuo "non hai letto Harry Potter" visto così mi ha dato i brividi perché mi ha ricordato tanto la VOCE di qualcuno che ho il privilegio di udire dal vivo molto spesso xD. Grazie per aver notato la cosa delle pulci *w* non potevo metterci più fluffy di così, eppure non sono riuscita a rinunciare ad un pizzichino di - sai. In fondo Sirius è stato lobotomizzato di recente, certe cose gliele si perdona <3 . Grazie veramente di cuore per aver seguito e recensito questa fanfic, sono contentissima che ti sia piaciuta ^___^.
Degel (o Dégel? Mistero della Dolphin), spero tu non collassi dopo quest'ultimo capitolo. Mi tengo stretta i miei BRAV'UOMO perché non so quando ancora potrò meritarli. Niente crudele, visto? Spero neanche troppo banale. E, rossa naturale, sì. GRAZIE. Croack. Voglio tornare rosssspo.
Mizar, meriti seriamente una statua d'oro per essere la sola ad aver recensito OGNI SINGOLO CAPITOLO. Io... davvero, grazie ç__ç sono commossa. Come vedi ho piùùùù che recuperato la mancanza di dialogo del capitolo precedente, no? xD Scommetto che dopo questo epilogo vorrai ammazzarmi. Ti ricordo ancora il tuo capo filosofo? Se è così devi davvero odiarmi. Non so se scriverò ancora in questo fandom, almeno per il momento. Ho un po' di faccende da sbrigare, cose da cosare. Capirai. Però mi sono autenticamente innamorata di Messer Moony, e sai cosa ti fa l'amore. Mica puoi metterlo da parte e far finta che non sia lì, vero? ;-) Ti ringrazio davvero, davvero, davvero dal profondo del cuore <3
ciecata_ciecata, dalle Terre del Calore Umano, giuro che mai ci saranno pinguini per te. Adoratrice di ogni tuo centimetro di barba bianca altezza cintola, tua eccetera eccetera. Grazie. Per, beh. Moony.

Preferiti e Seguiti, un caloroso ringraziamente anche a voi. *___*
  
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