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Autore: GreenWind    21/12/2017    7 recensioni
Una ragazza e un ragazzo, un'amicizia, poi un amore, poi un errore. Estratto:
"Diventammo amici e ancora oggi direi che avvenne perché lui mi affascinava, perché era diverso e non vedevo in lui le scaglie che tutti, madri, padri e figli avevano sotto la pelle. E la nostra amicizia non si dissipò: eravamo sempre insieme, sempre più legati l’uno all'altra".
Storia partecipante al contest "About music" indetto da Soul Shine (http://www.freeforumzone.com/d/11437063/About-Music-Song-fic-contest-solo-inedite-/discussione.aspx).
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANNEGAMENTO
 
 



 
Certo ti ricordi di Roberto: era come un figlio per te e per me come padre, madre e fratello. Viveva giù al vicolo; dove finiva la sua casa cominciava la campagna. Ci andavo sempre a giocare, subito dopo pranzo, per tutto il pomeriggio, e tornavo a casa la sera sul tardi, sporca di fango e di sabbia; di andare a scuola e di studiare non ne avevo la voglia. Facevo parte di un gruppo di ragazzini sudati. Stavamo sempre in mezzo alla strada, prendevamo in giro gatti e cani depressi, magri fino alle ossa.
Però Roberto era diverso. Lui ci faceva giocare a casa sua, che mi sembrava una fattoria di quelle americane viste nei telefilm, con i suoi conigli e con quel cane grigio, piccolo e spelacchiato, un cane dispettoso che a me stava antipatico. Ci mostrava la sua bella casa sempre pulita, la sua mamma sempre ordinata e composta, le sue collezioni di monete, di francobolli e di insetti chiusi in barattoli di vetro e di latta. Ai nostri occhi era tutto un enorme tesoro. Lui era felice di condividerlo e non si arrabbiava se mettevamo le mani dappertutto. Ma dovevamo tirarlo con la forza affinché prendesse parte ai nostri giochi; era timido e gli piaceva leggere, cosa per la quale molti dei ragazzi storcevano il naso. Notai che spesso Roberto mi guardava con gli occhi spalancati e la bocca chiusa. Sembrava che non respirasse; faceva quasi paura.
Diventammo amici e ancora oggi direi che avvenne perché mi affascinava, perché era diverso e non vedevo in lui le scaglie che tutti, madri, padri e figli avevano sotto la pelle. E la nostra amicizia non si dissipò: eravamo sempre insieme, sempre più legati l’uno all'altra. Roberto divenne alto, snello e cominciò a portare gli occhiali per leggere i suoi libri. Con il trascorrere degli anni i suoi muscoli si sciolsero, divenne disinvolto, sicuro di sé; lui aveva continuato gli studi ed io mi ero fermata alla terza media. Ricordi?, si presentò a casa una sera e ti pregò di farmi andare al liceo, ma tu fosti irremovibile, lo scacciasti con un bonario sorriso sulle labbra. Avevi sempre pensato che sarei stata uno spreco di soldi. Poi Roberto mi disse una frase che non ho dimenticato, che ricordo ancora parola per parola: non farti seppellire, Anì, non affogare come fanno tutti. Sapeva che io non ero capace di nuotare e che quando al mare tu scostavi le mani e mi lasciavi come una morta sull'acqua io pensavo davvero di poter affogare.
Con la pubertà, i seni, i brufoli e le gambe che non sembravano più pali del telegrafo divenni ossessionata dall'estetica e mi aggregai alle ragazze. Cominciai ad imitarne la cura nel vestire, nell'acconciare i capelli. Roberto mi guardava come io una volta guardai un bruco uscire dal suo bozzolo per il suo primo volo da farfalla. Ma rimasi veramente legata solo a lui, con cui facevo lunghe passeggiate la sera, con cui parlavo per ore senza stancarmi. Lui non era volgare come gli altri ragazzi e non faceva a botte; era sempre gentile. Incarnava il buono che, in parte, scompare con l'adolescenza. Parlava bene, cercando di limitare il dialetto, e studiava sodo, studiava e basta.
Ti ricordi di quando prese la borsa di studio e andò a Milano? Mi baciò sulla stazione; senza una parola salì sul treno e non si affacciò al finestrino, perché aveva vergogna, lo so. Mentre il treno si allontanava mi toccai le labbra e sentii un fuoco ovunque, su tutto il corpo. Tornai a casa che mi faceva male la pancia e una volta sola in camera risi e piansi, in un miscuglio di felicità.
Pensavo a lui, sempre, e mi mancava. Tastavo la sua assenza come se fosse stata tangibile; mancando lui mancava qualcosa di me. Ero stata divisa. Mi sentivo vulnerabile, pronta a crollare se qualcosa o qualcuno avesse intaccato la mia persona. Con angoscia realizzai che solo con lui avevo parlato fino a quel momento e che non avevo più nessuno. Se in quel periodo Roberto non mi avesse chiamato ogni giorno, sarei annegata nella mia solitudine. Ma grazie al cielo lui chiamava, e mi raccontava delle materie strane che studiava all'università e delle poche cose che faceva quando aveva un attimo di tregua. Mi descrisse Milano e mi spedì alcune cartoline. Io allora lavoravo alla sartoria della signora Maria e quando tornavo a casa attendevo le sue chiamate seduta sul letto. Mi sembrava di respirare veramente solo quando alzavo la cornetta. E lo stavo ad ascoltare per ore con le mani sudate attorno alla spirale del filo telefonico. Lo invidiavo e gli dicevo che avrei voluto andare lì da lui, per vedere Milano. Ti ci porto, mi disse, prima o poi vieni con me. Poi tornava per l’estate e per il Natale, e stavamo sempre insieme.
E c’era Carlo che mi stava dietro come un cane, che era vecchio amico di Roberto, un suo ex-compagno del liceo. Carlo era figlio di pasticcere, il padre aveva l’attività avviata, aveva soldi a palate e tu Roberto non me lo volevi dare; Carlo era un buon partito e sposandolo avrei aiutato la famiglia. Tu ti facevi licenziare in continuazione; dicevi che l’onore viene prima di tutto. Tanto a lavorare ci andavo io e i soldi li davo tutti a te, che ti ingobbivi sopra di loro come un gufo, un pipistrello, come la signora Maria che poco prima, elencando le mie mancanze e i miei errori, me li aveva ficcati in mano. Questi soldi non te li meriti, diceva.
Mancava un anno alla sua laurea e Roberto venne a casa nostra per chiederti il consenso per sposarmi. Io ero nervosa, felice, gli stavo aggrappata al braccio come se fosse stato già mio. La mamma, dolorante a motivo dell’artrosi, si alzò a fatica dal divanetto e lo baciò. Tu lo abbracciasti a braccia larghe e lo invitasti a sedere; sarai stanco del viaggio, dicesti. Roberto riassunse gli anni di studio, i suoi successi e disse che sarebbe diventato insegnante. Tu e la mamma lo lodaste con entusiasmo, orgogliosi di quello che definivate “il figlio mai nato”. Allora Roberto ti fece la domanda. Tu non cambiasti espressione, né colore del volto, piegasti solo il lato destro della bocca all'ingiù, lo torcesti. Poi girasti intorno alla domanda; eri sempre stato bravo con le parole e io e Roberto ne uscimmo confusi. Quando lui se ne fu andato mi picchiasti come non avevi mai fatto, con le nocche delle dita, prima sulla guancia e poi sulle braccia. Stringendo i denti fino a farli scricchiolare, dicesti che un professore campa poco e che dovevo rifiutare la proposta. Io restai muta, intontita dai colpi e dalle urla, e non ribattei. Piansi solamente quando avesti lasciato la stanza, piansi con la mamma che mi guardava, ritta contro lo stipite della porta, anche lei muta, ma per la paura e per la compassione. Non si avvicinò nemmeno per consolarmi; abbassò lo sguardo e se ne andò in cucina. Non avevo studiato, ero da sola con la metà di me stessa rimastami; ero diventata stupida e debole.
Roberto partì per Milano senza di me. Non so come, probabilmente per paura di te, ma gli sputai in faccia le tue parole: era un fallito e non avrebbe combinato niente nella vita. Gli dissi quelle cose piangendo e lui si arrabbiò. Se ne andò urlando.
 

 
Shadows settle on the place, that you left.
Our minds are troubled by the emptiness.
Destroy the middle, it's a waste of time,
from the perfect start to the finish line.
And if you're still breathing, you're the lucky ones,
'cause most of us are heaving through corrupted lungs.
Setting fire to our insides for fun,
collecting names of the lovers that went wrong -
the lovers that went wrong.
 
 
Piangevo in continuazione, senza farmi vedere da te e dalla mamma. Cominciai a fumare, a bere, a  frequentare i ragazzi e le ragazze che a Roberto non erano mai piaciuti. Volevo convincermi che avevo fatto la scelta giusta, e nel mentre annegavo. Sì, annegavo con altre persone, eppure da sola.
In quel gruppo la mia anima era il riflesso di quella degli altri: tutti avevano sofferto e mi raccontavano la loro storia senza versare più lacrime. Odiavano il padre e la madre a cui non importava niente di loro, il ragazzo o la ragazza da cui erano stati lasciati; maledivano la loro mancata voglia di studiare, il lavoro che se c’era andava male, Napoli stessa, che puzzava di piscio e di povertà. Non facevano altro che maledire e guardare con astio misto a invidia i fortunati che qualcosa di buono avevano combinato nella vita. Loro possono respirare, loro ce l’hanno il sangue nelle vene, mi disse un giorno una ragazza, mentre fissavo le ossa del suo polso eccessivamente sporgenti e l’interno del braccio chiazzato di piccoli lividi violacei.
 

 
We are the reckless,
we are the wild youth,
chasing visions of our futures.
One day we'll reveal the truth
that one will die before he gets there.
And if you're still bleeding, you're the lucky ones
‘cause most of our feelings, they are dead and they are gone.
 
 
Fino a notte fonda giravo per i vicoli bui con quei ragazzi dall'aria assente e dai modi irriverenti, ubriaca e felice di non poter sentire dolore; per qualche ora ero invincibile, senza catene, immateriale. Poi ci stipavamo tutti o in un garage o in una stanza fredda e illuminata da una luce giallognola, ci sedevamo sulle sedie, ci buttavamo sui divani o per terra e fumavano e bevevamo e parlavamo di cose senza senso. Una notte abbiamo urlato per le strade la morte di noi giovani, la morte delle nostre vite: ogni notte morivamo e al mattino ci svegliavamo con sgomento, gli occhi acquosi e senza sonno. Divenni come quei ragazzi nei modi e nelle parole; pian piano ritornavo alle mie origini selvagge, al mio vocabolario rude e sguaiato, che, me ne resi conto solo allora, la vicinanza di Roberto aveva purificato.
Tu avevi smesso di picchiarmi, non mi sgridavi neanche; ti limitavi a guardami camminare per casa come un fantasma e non dicevi una parola. Se ti fosse importato veramente di me, mi avresti tirato fuori dall'acqua.
 
Sposai Carlo il settembre dell’anno successivo, non per le tue pressioni ma perché ero stanca della strada; volevo uscirne, e speravo di potermi consolare con un nuovo amore. Carlo si rivelò insignificante, un'aggiunta alla mia vita che non colmava quella metà mancante. Presto divenni per lui più una madre che una moglie: gli servivo per stirare le camicie, cucinare e ricordargli le chiavi della macchina prima che uscisse per il lavoro. Vivevamo in una casa spaziosa, luminosa e calda d’inverno, così grande che per tutta la giornata sentivo per le stanze echi immaginari. La solitudine non mi aveva abbandonata. Avevamo tanti soldi e io ne spesi per comprare a te e alla mamma un nuovo televisore, sedie, un tappeto, il frigorifero; lo feci sperando che quei regali ti addolcissero, ma fu tutto vano.
Poco dopo nacque Carmine. Avevo ventiquattro anni. Carlo si fece l’amante, la figlia della signora Maria, e se ne andò a vivere con lei al secondo piano di un palazzo dietro la piazza. Mi lasciò con Carmine, che aveva un anno, e trecento mila lire al mese. Avrei voluto piangere ma non mi restavano più lacrime. Forse non ne ero più capace.
 
Quando seppi che Roberto si sarebbe sposato stavo aspettando il mio turno davanti alla pescheria. Vicino a me c’erano due signore dai fianchi prominenti, una più grassa dell’altra. Sai, il figlio di Maria, la moglie di Caputo, quel ragazzo che è andato a studiare a Milano, cominciò la più giovane, eh, si sposa quest’estate. A luglio. Dicono, con una ragazza di Napoli. Sentii una parte di me, la me dolce e bambina, scollarsi dal resto del corpo e dell'anima. Mi pietrificati, cominciai ad avere i brividi e tornai a casa senza il pesce. Una volta lì entrai in camera e mi avvicinai alla culla dove dormiva Carmine. Fissai gli occhi su tuo nipote e mi dissi che sarei dovuta stare più attenta, che sarebbe stato meglio non fosse nato. Io lo avevo amato dal momento in cui avevo saputo che si stava formando dentro di me, ma il mondo era un grande immondezzaio e io ce l'avevo messo dentro. Mi toccai sotto le ascelle e il sudore mi bagnò le dita.
Era troppo tempo che non vedevo Roberto e dentro di me si stava resettando tutto il buono che mi aveva trasmesso il suo amore.
 

 
We're setting fire to our insides for fun,
collecting pictures from the flood that wrecked our home,
it was a flood that wrecked this...
... and you caused it...
... and you caused it...
... and you caused it...
 
 
Sei morto ma ti scrivo per dirti quello che non ho avuto il coraggio di dire mentre eri in vita: è colpa tua, è colpa tua. Se sono cresciuta debole e fragile, se non ho mai creduto in me stessa, se non ho preteso da me l’impegno a scuola, se non ho amato Roberto come avrei voluto, se non mi sono fatta rispettare da mio marito, è colpa tua. Il medico dice che se continuo a perdere peso l’organismo non resisterà. Ma cosa posso fare? Quel giorno di cinque anni fa mi sta davanti ogni minuto; se avessi seguito Roberto a Milano sarei stata felice. Mi odio per quanto poco ho pensato a me. Ma se credi di averla avuta vinta ti sbagli. La casa, la nostra casa l’ho venduta. Dentro era un covo di fantasmi, di ricordi di te e della mamma. Non potevo vedere la poltrona su cui ti sedevi dopo cena, i tuoi vestiti nell'armadio, la tua chitarra appoggiata nell'angolo del salotto. Sono risalita dal mare in cui affogo ogni giorno solo per sommergere con me la casa, per sommergerla e cancellarla. E poi mi servivano i soldi: Carlo non mi passa più gli alimenti e l’avvocato non fa nulla se non lo pago.
 
Se è un tempo infinito che non vedo Roberto, lo incontro nei sogni, di notte. È bello, magro e sorridente. Prima lo bacio, poi alzo le mani e lo picchio. Nel sogno non so perché lo faccio ma dopo sono rilassata, sono appagata. Forse sono arrabbiata con lui perché per tutto questo tempo non mi ha cercato. Ma perché biasimare il suo orgoglio? Anche io non l’ho cercato.
Questa mattina sono uscita di casa solo per passare davanti alla chiesa e vederlo uscire con la sposa. Roberto era bello come nei miei sogni, ma la sposa no, non era bella e neanche snella; sembra una pera. Avevo Carmine in braccio che scalciava perché voleva fare qualcuno dei suoi passi maldestri sulla piazza. Distolsi lo sguardo dalla scena e sentii tutto il peso del bambino come se fosse stata la prima volta che lo tenevo tra le braccia. Ho sentito il suo corpo estraneo, un peso sul mio fianco che ne reggeva il sedere. La sua esistenza ha assunto vera consistenza solo mentre io guardavo l’uomo che ho sempre amato tenere la mano della donna che aveva sposato. Non mi ama più dunque, mi ha dimenticata, ho pensato, adesso solo Carmine ha importanza.
Ma Roberto passa ogni mattina sotto la mia finestra e si dirige verso la sua automobile. Sono passati tre mesi dal giorno del suo matrimonio e cerco di evitarlo in tutti i modi possibili, ma sembra che lui abbia cercato casa proprio vicino a me per dannarmi. Sono venuta a sapere che sua moglie non può avere figli; un aborto spontaneo gli ha tolto il bambino che aspettava. Dicono che se lei non fosse rimasta incinta Roberto non se la sarebbe sposata.
È venuto questa sera. Roberto è venuto in casa mia. Non ero pronta a riceverlo: avevo le borse sotto gli occhi e i capelli sporchi, unti. Ma, cielo, cosa sperava accadesse? Io lo amo ancora ma non sono un’amante, non voglio esserlo. Ho ricambiato il suo bacio, sì, l’ho baciato, gli ho baciato la bocca e le lacrime, e piangevo anche io perché non mi ha dimenticato, e l’ho baciato di nuovo, ma non avrei dovuto. Mi ha ripetuto che mi ama e mi ha stretto. Mi sono immersa nel suo cappotto, nel suo petto, nel suo odore e adesso che ci ripenso mi vergogno; Carmine avrebbe potuto vederci se non fosse stato in bagno. Subito sono tornata lucida, subito l’ho cacciato di casa. Mi supplicava e mentre lo faceva il mio cuore si torceva, ma se n'è andato; dopo cinque minuti sono tornata sola.
Mi sento sporca, sento di aver tradito mio figlio, il mio sangue, che quei baci hanno rotto un legame, quel legame che Carlo ha spezzato già da tempo. Non voglio essere Carlo, non voglio somigliargli.
Il pediatra ha detto che Carmine è sottopeso, che dovrebbe mangiare molto formaggio. Io ci ho speso quasi la metà dei risparmi per quel formaggio. Ma sono distrutta, non so che fare. La signora Maria non mi vuol più far lavorare perché la figlia è stata lasciata da Carlo. È forse colpa mia? Anche io sono stata lasciata, anche io.
Ieri notte, mentre Carmine dormiva, ho tirato fuori le lettere che Roberto mi scrisse quando era a Napoli. Avevamo il telefono, ma lui era un poeta, non c’era niente da fare. Le ho rilette velocemente e con la gola in fiamme, attaccata alla finestra per non dover accendere la luce. Ho riletto tutte le stupidaggini che mi scriveva e che mi piacevano; ho riso senza far rumore, trattenendo tutto nel petto. Poi ho ammucchiato le carte e le buste e le ho portate in cucina, le ho lasciate cadere nel lavello e ho dato fuoco a tutto. Ho guardato la carta annerirsi, attorcigliarsi e sciogliersi nell'acqua rimasta negli angoli del lavello. Ho guardato quella luce divorare i pensieri e le promesse di Roberto; immersa nel buio ho assistito all'estinzione delle sue tracce. Forse così la smetto di pensare a lui.
Ma che diavolo gli dice il cervello? Non può fermarmi in mezzo alla strada! Non può parlarmi come quando eravamo fidanzati! Cosa dirà la gente, eh? Devo essere forte, capisci? Carmine pensa al padre come ad una figura che appare e scompare con qualche regalo in mano. Roberto non può piombare nella nostra vita con queste promesse. Vuole lasciare la moglie? Che la lasci! Ma la gente non mi assocerà a lui. Mi ha baciato e lo volevo, ma poi, subito, gli ho dato uno schiaffo, così se qualcuno lo ha visto baciarmi, ha visto anche me.
 

 
Well I've lost it all, I'm just a silhouette,
a lifeless face that you'll soon forget;
my eyes are damp from the words you left,
ringing in my head, when you broke my chest,
ringing in my head, when you broke my chest.
And if you're in love, then you are the lucky one,
'cause most of us are bitter over someone.
Setting fire to our insides for fun,
to distract our hearts from ever missing them
 
 
Mi sento una larva vuota. Carmine non prende peso e la tua famiglia non mi vuole aiutare; dicono che non mi so tenere stretta il marito. Allora domenica sono andata da lui, che è professore, che fa la vita del signore. Sono andata dopo aver visto la moglie uscire. Non sai con quanta vergogna e con quanta rabbia gli ho chiesto quei soldi. Speravo me li desse per il bambino, perché di sicuro li aveva; speravo in una delle sue gentilezze, nella sua pietà. Ma mi sbagliavo, mi sono sempre sbagliata: è cattivo anche lui, è cattivo. La scuola non lo ha reso migliore di noi! Non me li ha voluti dare i soldi, quelle dieci mila lire di merda. E va bene, ma il mio bambino non morirà come hanno fatto i suoi prima di nascere! Non morirà!
Gli ho rubato la macchina e l’ho venduta. Non ricordo più neanche come, ma l’ho fatto, sì, otto mesi fa. Me l’hanno pagata bene e ci ho comprato solo formaggio e carne per Carmine. Finalmente ha preso il peso che gli mancava; spesso i miei parenti lo fermano in mezzo alla strada e se lo portano al bar. Carmine è un vero buffone e piace alla gente.
 
So che la moglie lo ha lasciato. Sentivo le urla che mandavano la sera. Bello schifo trovarsi vicini di casa. Non mi sono sentita felice nel saperlo, non ho immaginato un mio futuro con lui. Tutto è cambiato. Siamo cambiati.
 
Questa mattina presto, verso le sei, mi sono avvicinata al letto di Carmine e l’ho scosso dal torpore del sonno. Gli ho detto che dovevo uscire e di non muoversi di casa. L’ho baciato sulla fronte e sulla guancia e l’ho lasciato dormire.
 

 
but I'm forever missing him.
And you caused it,
and you caused it,
and you caused it.
 
 
Sto camminando nella campagna, quella che comincia quando finisce la casa dei genitori di Roberto. L’erba è alta e sembra mi tagli quando mi sfiora le braccia. Sono tornata qui per provare il mio cuore e per ricordare quello che sono stata. Quanti ricordi; credevo di averli seppelliti da tempo, ma mi sbagliavo. Sono sempre dentro di me, come anime in pena. Devo fare come ho fatto con la nostra casa, con i tuoi abiti, papà. Devo dimenticare la mia vita qui e Roberto; l’ho perduto ormai. Devo lasciare tutto, devo andarmene e portare Carmine con me. Ce ne andremo al Nord. Dicono che ci si viva bene. Oh, papà, basta rimpianti.







NOTA: La canzone è "Youth" di Daughter. Ringrazio Soul Shine per avermi permesso con il suo contest di pubblicare questa storia.
   
 
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