Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Cioccolasha    25/12/2017    1 recensioni
Lo malediva ancora per averlo trascinato in quell'assurdo pomeriggio di shopping dell'ultimo minuto con il freddo, la neve e tutto il resto. Sopratutto quando un buon libro ed una coperta di lana lo aspettavano abbandonati sul divano.
Ciò nonostante gli piaceva vedere Eren felice, per questo non aveva saputo dirgli no, anche se a chiunque glielo avesse domandato avrebbe detto che era stato trascinato con la forza.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Alle dolci Emma ed Arianna,
che amano questa coppia e le mie storie.

 
"Merry Christmas, Levi"


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"Levi."
"Mh?"
Il corvino si costrinse a distogliere l'attenzione dalle pagine del volume che teneva sollevato all'altezza degli occhi, per puntare lo sguardo sulla figura snella e slanciata del fidanzato, che in punta di piedi su uno scatolone rovesciato, era intento ad adornare i rami più alti di un abete.
I fili delle luci intermittenti gli si erano annodati intorno alle braccia, rendendolo più simile ad un'insegna luminosa ed una strana sostanza candida gli imbrattava i ciuffi ribelli, prova del disastroso tentativo di poco prima di spruzzare con una bomboletta spray difettosa della neve finta sui rami  di plastica.
"Non startene lì impalato e vieni a darmi la mano" lo incitò finendo di appendere con estrema cura una pallina di vetro soffiato.
Per tutta risposta, Levi emise una specie di grugnito, tornando immediatamente a rivolgere l'attenzione al suo romanzo, che aveva abbandonato sulle ginocchia  con un dito fra le pagine come segnalibro.
"Oh andiamo! Che ti costa?" piagnucolò Eren un secondo prima che un angioletto di porcellana gli scivolasse fra le mani ed andasse a frantumarsi sul pavimento.
Con la coda dell'occhio, il più grande sbirciò di nuovo nella sua direzione, le pupille le ridotte a due fessure e le dita che stringevano la copertina rilegata sempre più forte, facendone risaltare il pallore; segno della sua evidente disapprovazione.
"Dopo pulisco, lo giuro" si scusò grattandosi la nuca.
"Il Natale è una cosa da idioti" fu la risposta che arrivò secca, prima che Levi tornasse finalmente a dedicarsi al suo libro, con la speranza di non essere più interrotto.
Ma il compagno non sembrava rassegnato a demordere. "Il tuo compleanno scade proprio lo stesso giorno, abbiamo ben due motivi per cui festeggiare."
Il tonfo secco delle pagine che venivano sbattute fra di loro fece sobbalzare il più piccolo, che osservò Levi intimorito mentre questi chiudeva gli occhi e appoggiava la fronte contro il dorso della copertina, emettendo quello che più che ad un sospiro somigliava ad un ringhio sommesso.
Festeggiare. Quella parola gli strideva fastidiosa contro le tempie peggio del suono acuto delle unghie grattate ripetutamente contro una lavagna.
Non ci trovava nulla in quella insulsa festa abbastanza degno da prendersi la briga di essere celebrato.
Tutte quelle luci intermittenti e i colori sgargianti dei pacchetti regalo gli davano il mal di testa, senza contare gli scambi di efusioni con gente che non vedeva da secoli, per non parlare dello zio Kenny che ogni anno immancabilmente prosciugava di nascosto la sua riserva di whisky invecchiato al punto giusto, e gli stessi film d'animazione trasmessi alla tv che per qualche inspiegabile motivo avevano sempre qualcosa a che fare con Jim Carry.
Lui il Natale lo aveva sempre detestato e lo trascorreva in perfetta solitudine.
E poi, be', poi era arrivato Eren.
Levi strinse ancora di più le palpebre fra loro; non aveva bisogno di aprire gli occhi per vedere quel viso che ormai conosceva alla perfezione, o per incontrare quei lineamenti che aveva accarezzato più e più volte nell'oscurità delle notti afose, coperti solo dalla propria pelle e dal proprio sudore. O in quelle più gelide, avvolti nelle lenzuola che si attorcigliavano alle gambe.
Eren avrebbe dovuto festeggiare il Natale con la sua famiglia, avrebbe dovuto scartare i regali con la sorella ed affettare l'arrosto farcito assieme al padre; invece quel ragazzino si ritrovava incastrato lì con lui, perchè nonostante avesse appena diciotto anni, quando Grisha aveva saputo della relazione del figlio con un uomo che ne aveva quasi il doppio, gli aveva fatto trovare le valigie belle e pronte sulla soglia di casa.
Non avrebbe mai dimenticato il momento in cui aveva aperto la porta, imprecando per il mal di testa, e se l'era ritrovato davanti; i bagagli in mano, gli occhi verdi annegati nelle lacrime.
L'aveva stretto al petto. Forte. Promettendo a se stesso più che a lui che non avrebbe lasciato che soffrisse. Mai più.
Erano sei mesi ormai che fra alti e bassi i due abitavano sotto lo stesso tetto, solo che Levi non riusciva ancora a concepire come un diciottenne solare e pieno di vita non si fosse ancora stancato di un vecchio scorbutico maniaco dell'igiene.
Levi non era ricco, il suo modesto stipendio da insegnante gli bastava per permettersi quell'appartamento in periferia, uno stile di vita nella media e qualche occasionale frivolezza.
Niente di più, nulla di meno.
Non si considerava nemmeno particolarmente bello, nonostante il fisico invidiabile ed i lineamenti sottili Levi odiava la sua altezza più di qualsiasi altra cosa al mondo - dopo la sporcizia, s'intende - un metro e sessanta - il che è tutto dire.
A volte si ritrovava adirittura ad esprimere questo suo dubbio ad alta voce di fronte all'amante.
Ed in quei momenti Eren avrebbe voluto dirglielo; dirgli quanto stare con lui lo facesse sentire al sicuro, soprattutto quando lo stringeva forte mentre facevano l'amore, con fare quasi possessivo, per poi sdraiarsi accanto a lui ed intrappolarlo in un abbraccio fino al sorgere del sole.
Voleva che sapesse quanto lo trovasse maledettamente sexy in momenti come quelli, quando indossava gli occhiali da riposo per dedicarsi alla lettura. Semplicemente adorava il modo in cui poggiavano elegantemente sul naso sottile, accentuando il taglio severo degli occhi donandogli un'aria ancora più intellettuale.
Ma col tempo aveva imparato a conoscere ogni aspetto del carattere di Levi e sapeva benissimo che smancerie come quelle non le avrebbe mai digerite, quindi se ne usciva semplicemente con un: "Perché Levi è Levi" illuminandosi in un sorriso, beccandosi puntualmente un: "Ma sei stupido?" come risposta.
No, Eren non era stupido. Semplicemente era innamorato pazzo.
Ed in quell'istante il suo cuore innamorato fremette, quando Levi riaprì lentamente gli occhi per posare le sue iridi argentee nelle sue.
Una morsa gelida strinse nelle sue spire il cuore del più grande alla vista del viso timoroso e confuso del compagno, disorientato da quel brusco silenzio.
Non voleva vedere, il suo viso addolorato mentre lo guardava.
"Sì" rispose quindi sfilandosi con eleganza gli occhiali per massaggiarsi la radice del naso fra il pollice e l'indice. "Come preferisci" settenziò rimettendo la montatura dove stava e riprendendo a sfogliare le pagine in cerca del punto in cui si era interrotto.
Il sorriso rincuorato che il ragazzo gli rivolse sciolse all'istante l'atmosfera fredda che, come uno spiffero penetrato da una finestra mal chiusa, serpeggiava silenziosa all'interno della stanza.
"Sono contento" rivelò tornando con rinnovato entusiasmo alla sua occupazione, increspando le labbra per iniziare a fischiettare una canzone natalizia il più grande riconobbe come "All I want for Christmas".
Fu quando un'altra decorazione natalizia si fracassò sul pavimento che Levi decise che il suo libro poteva aspettare, doveva prima accurarsi che il moccioso non gli devastasse l'appartamento.


*

I primi fiocchi iniziarono a cadere nel tardo pomeriggio, quando il cielo, che si era ormai abbandonato completamente all'oscurità, veniva tuttavia rischiarato dalle file di luci colorate avvolte attorno ai cavi della corrente, o dalle insegne fluorescenti dei locali e dei negozi dove la gente si affollava per acquistare gli ultimi regali, attirata da chissà quali sconti e promozioni.
Al centro della piazza, una gruppo di persone si era radunato intorno a una piccola band improvvisata - quattro strumenti a corde ed un clavicembalo - che suonava uno dietro l'altro i grandi classici del periodo natalizio.
Nell'aria gelida affollata di corpi e di respiri addensati dal freddo alleggiava un leggero profumo di mandarancio.
E proprio in alto le persone alzarono lo sguardo quando quella soffice cascata venne liberata dal cielo. In particolare uno dei tanti batuffoli bianchi scese dondolando dolcemente fino ad appoggiarsi delicatamente sulla punta del naso di un ragazzo dai meravigliosi occhi verdi, sciogliendosi poi in un'impalpabile gocciolina.
Il ragazzo in questione sbattè le ciglia un paio di volte, non arrestando tuttavia la sua camminata frettolosa, facendosi largo tra la folla con in testa una direzione ben precisa.
Il braccio sinistro era abbandonato lungo il fianco, in mano reggeva almeno mezza dozzina fra sporte, sacchetti e borse stampate a tema natalizio, che dondolavano al ritmo dei suoi passi.
L'altra mano invece, protesa dietro di lui, era stretta attorno a quella più grande di un ometto alquanto basso e dallo sguardo pungente che spuntava dalla spessa sciarpa verde bottiglia annodata fin sopra il naso, e dai capelli corvini. Aveva l'aria di uno a cui avevano bastonato il cane, o a cui avevano appena pestato un piede.
Avrebbero potuto passare per un duo di comici.
In effetti Levi non faceva molto caso a dove metteva i piedi, si faceva trascinare lascivamente in mezzo alla folla dal fidanzato, storcendo il naso schifato ogni volta che la collisione con qualche corpo sudaticcio e puzzolente era inevitabile.
Non avrebbe mai smesso di maledire Eren per averlo letteralmente trascinato per le strade gelate, alla ricerca del regalo perfetto da fare ai suoi amici.
Ogni sua proposta di donare a tutti salviettine disinfettanti e guanti sterili era stata prontamente bocciata, e lui era costretto a seguire il diciottenne come un cagnolino da compagnia, mentre frugava fra le bancarelle lanciandogli fra le braccia decine di indumenti fa maglioni con la faccia di Babbo Natale stampata sul davanti ed assurdi paraorecchie a forma di corna di renna.
Era ufficiale: Eren di regali non ci capiva un accidente.
"Ohi ragazzino, per chi sono tutti quei pacchetti?" domandò alzando la voce per farsi sentire al di sopra della folla, se il moccioso stava usando la sua carta per pagare tutta quella roba, tanto valeva sapere per cosa il suo conto in banca si sarebbe alleggerito.
Il castano aggrottò le sopracciglia sforzandosi di ricordare. "Vediamo ... Armin, Connie, Sasha, Ymir, Christa -" iniziò ad elencare tenendo il conto con la punta delle dita "- Marco, faccia di cavallo e Mikasa" concluse con una punta di amarezza nella voce quando pronunciò l'ultimo nome.
Il corvino si accorse di provare un moto di gelosia solo quando si ritrovò a stringere più forte la mano di Eren. Certo, era stato proprio lui a mettere in chiaro che fra loro due non avrebbe dovuto esserci nessun regalo, ma fino all'ultimo aveva sperato che l'altro non gli desse retta come al solito.
Invece in quell'occasione Eren aveva deciso di rispettare la sua volontà e nonostante Levi apprezzasse immensamente quel gesto non potè fare a meno di sentirsi deluso.
In ogni caso, avrebbe preferito farsi seppellire sotto sei metri di neve fresca piuttosto che rimangiarsi quello che aveva detto.
"Ti senti bene?" chiese Eren con fare apprensivo. Non era mai facile decifrare le espressioni di Levi. A prima vista avrebbe potuto sembrare scocciata come al solito, ma dopo molto tempo passato insieme il più piccolo aveva imparato a cogliere ogni più piccola sfumatura nei suoi occhi.
"Benissimo" sbuffò il corvino guardando altrove, sperando che qualche altra diavoleria di Natale attirasse l'attenzione del fidanzato lasciando così cadere il discorso.
Eren distolse lo sguardo e sospirò; sapeva che ogni tentativo di estorcergli il perchè del suo improvviso malumore sarebbe stato vano, quindi voleva solamente concentrarsi sul rendere quel pomeriggio più piacevole possibile, nella speranza di infondergli una briciola di spirito natalizio.
Non capiva come Levi potesse detestare il Natale, lui lo considerava il suo periodo dell'anno preferito: c'erano le luci, la neve, il tepore di stare davanti al camino avvolti in una calda coperta, possibilmente abbracciati alla propria dolce metà. Non esisteva niente di più bello.
Ricordava benissimo i natali trascorsi a decorare casa con la mamma, a costruire casette per gli uccellini infreddoliti e sfornare dolci. Ed anche se lei non c'era più, lui la teneva in vita dentro di se ricreando i momenti che entrambi amavano trascorrere assieme.
Osservò Levi, poi le loro mani intrecciate, poi di nuovo Levi ed una consapevolezza lo colpì come una palla di neve gelida. Levi non aveva nessun ricordo piacevole legato al Natale, ricordava benissimo come si era sentito quando il più grande gli aveva raccontato delle sue festività trascorse da solo, senza un augurio o un regalo da scartare: si sentiva in colpa.
In colpa perchè nessuno aveva mai insegnato al suo uomo come farcire un arrosto, o che le calze vanno appese sul camino così la befana si ricorderà di lasciarti un dono.
In colpa perchè ogni suo singolo Natale era stato meraviglioso, anche adesso che suo padre gli sbatteva il telefono in faccia quando provava a chiamare e che il vedere sua sorella si rivelava sempre un'impresa più unica che rara, aveva chi lo amava infinitamente anche se era un testone e non lo ammetteva.
In colpa perchè avrebbe voluto essere lì colui ed abbracciarlo forte ogni mattina del 25 dicembre che l'altro si svegliava e non trovava nemmeno una tazza di latte caldo ad attenderlo.
In quel momento Eren decise che sarebbe stata la sua missione: avrebbe creato dei meravigliosi ricordi per Levi, quel Natale.
"Ho voglia di cioccolato" esclamò all'improvviso, osservando la neve cadere sempre più fitta.
Il più grande lo osservò con un sopracciglio alzato, si sarebbe rovinato la cena; ma poi pensò che l'idea di entrare in un locale al caldo non gli dispiaceva, perciò acconsentì.
Gli indicò una pasticceria tradizionale, non troppo affollata, dalle grandi insegne luminose che gettavano ad intermittenza luci colorate sul marciapiede.
La campanella sopra la porta tintinnò dolcemente al loro ingresso, una folata di aria calda che sapeva di cioccolata calda e biscotti allo zenzero li investì.
Una ragazza vestita con tipici abiti tirolesi si precipitò ad accoglierli e li accompagnò ad un tavolo per due accanto alla vetrina, decorata con neve finta, rami di abete e bastoncini di zucchero.
"Cosa posso portarvi?" domandò col blocchetto delle ordinazioni pronto in mano.
Eren non ebbe bisogno di rifletterci: "Una cioccolata calda ed una fetta di strudel."
"Un the bollente, per favore" ordinò invece Levi sfogliando velocemente il menù delle bevande senza trovare nient'altro che suscitasse il suo languore.
"Arrivano subito" li informò con un sorriso a trentadue denti per poi dirigersi al bancone a preparare ciò che le era stato richiesto.
Eren la osservò allontanarsi. "Deve farle male la faccia."
"E' il suo lavoro" constatò Levi.
Il più giovane scrollò le spalle e prese ad ammirare i fiocchi che scendevano fitti aldilà del vetro.
Fu in quel momento che Levi si perse ad osservarlo; le luci intermittenti gli illuminavano il viso, ora rosso, ora verde, ora di nuovo rosso i ciuffi castani, il naso sottile, il profilo delicato della mascella.
Lo malediva ancora per averlo trascinato in quell'assurdo pomeriggio di shopping dell'ultimo minuto con il freddo, la neve e tutto il resto. Sopratutto quando un buon libro ed una coperta di lana lo aspettavano abbandonati sul divano.
Ciò nonostante gli piaceva vedere Eren felice, per questo non aveva saputo dirgli no, anche se a chiunque glielo avesse domandato avrebbe detto che era stato trascinato con la forza.
"Ecco qua."
La tazza d'acqua bollente che gli venne poggiata davanti interruppe i suoi pensieri, accompagnata da un'ampia scelta di bustine di the fra le quali scegliere.
Di fronte a lui Eren si era già fiondato sulla sua fetta di dolce senza fare troppi complimenti.
Levi lo osservò al di sopra della sua tazza fumante, dove il the alla arancia e cannella stava in infusione.
"Mangia come un cristiano, animale" lo rimproverò.
Eren si grattò la nuca imbarazzato. "Scusa, ma questo dolce è talmente buono."
"Non è un buon motivo per ingozzarti come se non avessi mai visto una forchetta in vita tua."
Eren alzò lo sguardo per incontrare gli occhi del fidanzato, mentre un sorriso amaro gli si dipingeva in viso.
"Sai, me lo diceva sempre anche la mamma."
Levi si irrigidì, sapeva che l'argomento "mamma" era doloroso per il più piccolo, molto più di quanto ci tenesse ad ammetterlo. Aprì la bocca per scusarsi, ma Eren lo precedette.
"La vigilia di Natale mi preparava sempre strudel e cioccolata calda" raccontò rigirandosi fra le mani la tazza piena per metà. "Diceva che sarei diventato un bambino più dolce e che così Babbo Natale mi avrebbe lasciato lo stesso un regalo, dimenticandosi di tutti i dispetti che facevo a Mikasa."
Levi lo osservava in silenzio, non sapendo bene che cosa dire, non era mai stato bravo a consolare le persone. Tutto quello che sentiva di poter fare era ascoltarlo e fargli capire che lui c'era, sempre e solo per lui.
Uno spruzzo di zucchero a velo imbiancava la guancia di Eren, senza pensarci il più grande allungò la mano e la cancellò passandovi sopra il pollice. Stava per ritirare la mano ma quella di Eren glielo impedì, poggiandosi sopra la sua mentre il ragazzo chiudeva gli occhi ed appoggiava il viso sul suo palmo.
Per qualche minuto rimasero in silenzio, in quella posizione, mentre il resto del mondo con le sue luci e i suoi rumori si annullava.
Dannato moccioso, cosa mi stai facendo?

*

"Tu va avanti, ho dimenticato una cosa."
Levi osservò il piccolo allontanarsi di corsa, sforzandosi di intuire cosa potesse essersi dimenticato, sbadato com'era. Ma poi constatò che faceva troppo freddo per rifletterci in mezzo alla strada, sotto la neve che cadeva sempre più fitta. 
Decise che l'avrebbe aspettato in macchina, al caldo del condizionatore.
Camminava spedito a testa bassa, il viso immerso nella sciarpa di lana, schivando gli ormai radi passanti, che si affrettavano a comprare i regali dell'ultimo minuto, prima che tutti i negozi chiudessero. Quando un movimento a destra catturò la sua attenzione.
Era la vetrina di un negozio per animali, piuttosto anonimo e defilato rispetto agli altri, che vantavano vetrate enormi e luci a neon accecanti.
L'insegna non era niente di più che un'asse inchiodata sopra lo stipite, le parole PET SHOP erano dipinte con della vernice gialla ormai sbiadita e l'unica decorazione natalizia era una ghirlanda polverosa appesa alla porta.
Dietro al vetro le gabbiette erano disposte ordinatamente ed i cuccioli di cane e gatto sonnecchiavano sui loro pagliericci o lanciavano occhiate languide ai passanti, nella speranza che qualcuno di essi li notasse e portasse a casa con se.
Levi non si rese nemmeno conto di essersi avvicinato, finchè le sue mani guantate di lana non sfiorarono la superficie dura e fredda del vetro.
C'era un gattino in particolare, un batufolo di pelo nero che catturò la sua attenzione. Giocava allegro con un gomitolo di lana: lo mordeva con i canini appena accennati o lo calciava con le minuscole zampette sdraiato col ventre all'aria. 
Non appena il cucciolo avvertì lo sguardo dell'uomo su di se sgranò i grandi occhi verdi e premette le zampette vellutate contro il vetro.
"Levi!"
Sentendosi chiamare si voltò appena in tempo per vedere il fidanzato venirgli incontro.
"Non pensavo di trovarti ancora qui."
"Che dovevi fare?" domandò addocchiando la busta di carta che Eren teneva sotto il braccio.
Il ragazzo vi tuffò dentro la mano e ne estrasse un pretzel ancora fumante. "L'ho visto in un panificio e ho pensato a noi."
Levi alzò un sopracciglio confuso. "E un pretzel cosa c'entra con noi?"
Le guance di Eren si imporporarono appena. "Perchè ... perchè è a forma di cuore."
"E quindi?"
"Quindi noi ... ah lascia stare, lo mangeremo a casa" disse ricacciandolo nel sacchetto. Ma non ebbe tempo di rammaricarsi di quanto il suo uomo sapesse essere poco romantico, che subito il suo sguardo si posò sulla mano che Levi teneva ancora poggiata sul vetro, mentre il gattino leccava teneramente il vetro all'altezza delle sue dita.
"Sembra che tu le piaccia" osservò intenerito.
Levi lo guardò confuso. "Le?"
Eren picchiettò col dito sul vetro all'altezza di una traghetta che indicava il sesso e l'età della gattina.
Il più grande la osservò per qualche altro instante prima di cacciarsi le mani in fondo alle tasche e riprendere il cammino. "Sbrighiamoci, dobbiamo preparare la cena."
Eren gli corse dietro, ma non prima di aver fatto l'occhiolino alla gatta, che li osservò con occhioni delusi allontanarsi.
Levi camminava immerso nei suoi pensieri, con Eren che gli trotterellava al fianco, quando all'improvviso il moccioso lo afferrò per un braccio e prima che trovasse il tempo di ribellarsi venne trascinato in una stradina secondaria.
"Che diavolo ... Eren lasciami che ti prende?"
Gli si parò davanti, in cerca di spiegazioni. Ed invece l'unica cosa che trovò fu il rossore delle guance del ragazzo, gli occhi verdi intenti a fissarsi le scarpe, le mani che si tormentavano a vicenda. 
Il maggiore si allarmò e domandò che avesse, preoccupato che si fosse sentito male improvvisamente.
Dopo istanti che gli parvero infiniti, il più piccolo fece un timido gesto con la mano, invitandolo a guardare in alto.
Levi alzò lentamente gli occhi.
"Oh."
Si trovavano sotto l'arco di pietra di un vicolo immerso nella penombra, ed un ramo di vischio penzolava sopra le loro teste.
Levi tornò a fissare il fidanzato inziando a comprendere. "E' per questo che tu ..."
Eren annuì e incrociò il suo sguardo, speranzoso. "Sì, ma non importa se non ..."
Non fece in tempo a finire la frase che l'altro lo afferrò per i fianchi e lo zittì con un bacio.
Non un bacio profondo ed intenso che erano soliti scambiarsi quando erano entrambi in balia della passione, ma un bacio casto, senza pretese, solo due bocche poggiate dolcemente le une sulle altre.
Eren sorrise contro le sue labbra ed intrecciò le dita fra i suoi capelli. Il suo tocco era talmente freddo che fece rabbrividire il più grande e lo costrinse a staccarsi.
"Sei gelido" affermò prendendogli le mani fra le sue, osservando le dita affusolate che tendevano pericolosamente al blu. "Tsk, te lo dico sempre di mettere i guanti quando esci" lo sgridò prima di tentare di riscaldarlo come meglio poteva. Gli strofinò le mani nelle sue e poi se le portò alle labbra, alitandoci sopra per farle tornare di un colore accettabile. 
Quando decise di essere riuscito nell'impresa alzò gli occhi. Eren lo fissava in modo strano, le guance erano ancora più rosse ed accaldate, gli occhi languidi che non si staccavano dal suo viso.
"Che ti prende?"
"Levi, voglio fare l'amore con te" disse tutto ad un fiato.
Al maggiore cadde la mascella, per niente sicuro di aver capito bene.
"Ti sei bevuto il cervello? Siamo in mezzo a una strada, come credi che ... Ah! Lascia perdere, andiamo a casa."
E se lo trascinò dietro, meditando su quanto Eren sapesse essere sfrontanto a volte. 
Ma poi pensò che se il suo fidanzato lo desiderava, chi era lui per non accontentarlo?


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Levi si crogiolò fra il tepore delle coperte, rigirandosi nel letto matrimoniale, allungando il braccio per accoccolarsi contro il corpo caldo che dormiva accanto a lui.
Ma al posto della morbida pelle di Eren trovò solamente le lenzuola fredde.
Alzò appena la testa, strofinandosi gli occhi.
"Eren?"
La camera buia non gli diede nessuna risposa.
Rilluttante scostò le coperte - in cui avrebbe preferito rimanere ancora a lungo, per la cronaca - rabbrividendo quando l'aria della stanza si scontrò con la sua pelle nuda.
Raccattò i vestiti sparsi sul pavimento e si rivestì più in fretta che potè.
"Eren?" riprovò facendo capolino in salotto.
Il ragazzo sedeva davanti all'albero che egli stesso aveva decorato e gli dava le spalle, sentendosi chiamare si voltò gli sorrise. "Levi, già in piedi? Buon compleanno!"
L'uomo lo ringraziò e fece per andare in cucina a preparasi qualcosa di bollente, quando si accorse che fra i tanti regali che Eren aveva incartato e deposto sotto l'abete, ce n'era uno che non gli risultava affatto familiare. Era una semplicissima scatola di cartone, con un foro praticato in cima; solamente un nastro rosso a decorarla.
"Che cos'è?" domandò incuriosito.
Eren seguì il suo sguardo e quando capì a cosa si riferiva iniziò a grattarsi la guancia imbarazzato.
Levi sapeva cosa significava quel gesto: gli stava nascondendo qualcosa.
"Allora?" insistette incronciando le braccia al petto.
"E' ..." Eren deglutì rumorosamente "è per te."
Il più grande sgranò gli occhi e lo fissò per qualche istante, incredulo. 
Il ragazzo non gli aveva dato retta - come al solito - e una parte di lui avrebbe voluto prenderlo a calci - come al solito -, ma l'altra non poteva fare a meno di sentirsi immensamente felice. Non sapeva di preciso che fare.
Decise che per il momento avrebbe ignorato il Levi in miniatura che dentro di lui stava urlando e strepitando allegro come non  mai ed avrebbe tirato fuori l'espressione più seria dell'intero repertorio.
"Eren" esclamò con un cipiglio scuro in volto, trascinandosi dietro le 'e'.
Ma prima che potesse continuare, il più piccolo mise le mani avanti e lo anticipò. "So che odi quando non ti dò retta, ma almeno dai una sbirciata."
Levi si avvicinò a piccoli passi, quasi riluttante. In realtà, non vedeva l'ora di sapere cosa c'era dentro quello scatolone, ma cercò di non darlo a vedere. Era comunque spaventato dalla mente imprevedibile di Eren e dal suo discutibile gusto in fatto di regali.
Ad un certo punto, gli era sembrato persino che la scatola si muovesse ed emettesse un flebile suono, ma doveva esserselo per forza sognato.
Si sedette accanto al fidanzato e lentamente sollevò il coperchio per sbirciare dentro. Dal fondo della scatola una palla di pelo nero lo fissò interrogativa con i suoi grandi occhi verdi. 
Levi si irrigidì e la osservò a lungo, prima di voltarsi ed incontrare uno sguardo carico di aspettativa.
"E' ...?"
"Sì, è lei" rispose Eren entusiasta mentre la gatta tentava di arrampicarsi sul bordo della scatola.
"Devo confessare che ieri vi stavo osservano da un po'" iniziò a spiegare mentre Levi la prendeva in braccio. "Eravate talmente teneri e poi vedere la sua espressione triste quando te ne sei andato mi ha spezzato il cuore, ed eccola qua."
"Come diavolo hai fatto?"
La risata allegra ed innocente di Eren riempì la stanza. "E' stato facile, con un piccolo aiuto."
Levi lo fissò con orrore. "Non dirmi che ti sei fatto aiutare dalla quattr'occhi."
"Hanji è gentile."
"Voleva vivisezionarti!"
"Stava solo scherzando."
"Sì, come no."
Levi alzò gli occhi al cielo, almeno non gli aveva chiesto un organo interno - magari vitale - come ringraziamento per il "piccolo favore". 
Eren accarezzò affetuosamente la nuca dell'animale. "Dovresti darle un nome."
L'uomo fissò a lungo la gattina: aveva una cappola rossa annodata attorno al collo e faceva le fusa contro il suo petto, felice di vederlo.
"Reiko" disse in un sussurro.
"Gratitudine" ripetè il più giovane "Sì, mi piace. E piace anche a lei." Infatti la cucciola stava miagolando allegra, ricevendo le coccole più che volentieri.
Levi le diede qualche altro grattino, poi emise un lungo sospiro.
"Tutto bene?" domandò il ragazzo accanto a lui, allarmato che il regalo non fosse abbastanza gradito.
Il più grande lasciò che Reiko esplorasse il salotto e si voltò verso il fidanzato, il cui volto era teso e preoccupato.
"Eren" Levi non trovava le parole, ma si sforzò ugualmente. "Tutto questo è fantastico ma ... io non ho nulla per te."
Temeva di averlo deluso, di essere un fallimento come compagno, ma quando Eren gli rivolse il sorriso più radioso che gli avesse mai visto fare Levi credette di morire. Un infarto lo avrebbe colto impreparato e ci sarebbe rimasto secco, senza sapere mai cosa stesse passando per la mente dell'altro.
"Ma tu mi hai già fatto il regalo più meraviglioso di tutti" rispose Eren avvicinandosi e posandogli dolcemente una mano sul petto. "E non c'è nient'altro che potrei desiderare."
Levi rimase immobile, sentendo il cuore battere all'impazzata contro lo sterno e le dita affusolate al di sopra della stoffa.
Poi, senza preavviso, lo afferrò dietro la nuca e lo baciò, perchè andiamo, come avrebbe potuto non farlo e restare indifferente? Che altro avrebbe potuto fare?
Fu in quell'istante che decise che il Natale non era poi così male.
Forse, in fondo, il Natale non è un regalo da scartare sotto l'albero, o file di luci colorate appese per la strada. Forse è qualcosa di più: magari una confidenza ascoltata dopo aver bevuto una cioccolata, o un bacio rubato nascosti in un vicolo. Era forse Natale quel calore che provava e gli bruciava il petto?
Eren esultò dentro di se, cantando vittoria. In fondo non era stato poi così difficile farglielo capire. 
Lo afferrò per il colletto e se lo tirò addosso, caddero sul pavimento senza smettere di baciarsi e fra un bacio e l'altro ridevano, incuranti delle mattonelle fredde e di Reiko che li guardava senza capire.
"Lo sai" disse Eren scostandogli una ciocca di capelli dal viso. "Che stasera la maratona di film natalizi non la scampi."
Levi roteò gli occhi e sbuffò, pronto a rimangiarsi tutto.
"Stupido moccioso."
Eren sorrise e lo strinse più forte.
"Buon Natale, Levi."
   
 
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