Crossover
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Autore: tano    25/06/2009    4 recensioni
Sei ragazzi, una barca, una tempesta, un naufragio, un'isola, una bomba... un'avventura! Nessuno di loro voleva partire. Nessuno di loro voleva salire su quella barca. Ma quando sei in mezzo all'oceano, non puoi scegliere. E quando la tempesta arriva, non c'è via di scampo Questa è la prima storia che pubblico, abbiate pietà di me.
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga, Fumetti, Libri, Videogiochi
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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SURVIVAL

-avventure su un isola deserta-

La tempesta invadeva il ponte della Going Merry con la sua acqua biancastra. Il motore della barca era acceso nel disperato tentativo di manovrare in mezzo a quell’inferno di schiuma. Per un attimo la testa d’ariete dell’imbarcazione puntò in alto, verso le nere nuvole gonfie di pioggia, ma poi si rigettò nell’acqua impietosa dell’oceano. Poi all’improvviso… la vela principale si era sciolta! Il teschio con il cappello di paglia sorrise sprezzante alle onde che minacciavano di distruggerlo. Il vento la gonfiò di colpo. La nave cominciò a girare vorticosamente su se stessa, come un guscio di noce in balia della corrente. La nave si piegò paurosamente su una fiancata, gli alberi sfiorarono l’acqua. L’onda successiva si abbatté sulla Going Merry con un incredibile accanimento, quasi fosse dotata di vita propria. L’acqua salata spazzò il ponte dell’imbarcazione. Probabilmente qualcuno gridò quando il corpo cadde in mare, ma la furia della tempesta coprì il grido.

§§§

Domenica 9 Luglio, Ore 21:40

Sora entrò nell’angusto spazio della porta massaggiandosi i capelli castani che partivano in ogni direzione. Sapeva che doveva restare su quella tinozza per il resto del mese, ma non sapeva che sarebbe stata una continua lezione di vocabolario. “Non si dice pareti” ripassò mentalmente il ragazzo “ma paratie. Non si dice apertura per uscire ma tambuccio” Non letti ma cuccette. La cucina è la cambusa e le stanze da letto si chiamano cabine. Non sarebbe mai riuscito a ricordare tutti quei nomi! Ma in fondo che gli importava, era comunque costretto a un mese di navigazione sulla Going Merry. A un tratto qualcuno bussò alla… si chiamava ancora porta quella? «Ragazzo? Che stai facendo li dentro? Riscrivi la divina commedia? Muoviti!» L’odiosa voce sibilante di Darkos, il comandante in seconda della Going Merry lo raggiunse. Sora si slacciò veloce la cintura dei pantaloncini corti ma batté violentemente il gomito contro il lavabo. «Ahia!» gridò. «Tutto a posto ragazzo?» esclamò Darkos. Sora bofonchiò un si poco convinto, quello non era un bagno, sembrava piuttosto una cabina telefonica. Persino i bagni pubblici erano più spaziosi. Sora riuscì a completare l’operazione ma si bloccò interdetto davanti al grosso cartello appeso sopra il water. C’erano le istruzioni per usare lo sciacquone.

1. Aprire la valvola

2. Pompare tre volte

3. Chiudere la valvola

4. Pompare tre volte

5. Chinarsi

Chinarsi? E perché? Sora non aveva ancora finito di chiederselo che uscendo andò a sbattere violentemente contro lo stipite della porta. «Occhio alla capoccia!» gli urlò Darkos nelle orecchie. Sora era sulla Going Merry da circa due ore e già odiava quell’uomo. Aveva l’abitudine di urlare sempre, sembrava incapace di parlare normalmente. Come se non bastasse aveva una lingua mostruosamente lunga che finiva sempre tra i denti e che finiva per bagnare di saliva i suoi interlocutori. «Ti sei ricordato di chiudere la valvola?» Sora annuì distrattamente e chiese «Perché va chiusa?» «Il turbine dello scarico finisce in mare! Se non si chiudesse la valvola l’acqua continuerebbe a entrare! Sarebbe un disastro! Coleremmo a picco!». Sora sentì crescere la sua ansia. Da quando aveva saputo che avrebbe dovuto imbarcarsi sulla Going Merry i suoi incubi erano stati invasi da onde anomale, uragani, calamari giganti e sconti con petroliere. Il suo amico Riku inoltre gli aveva fatto vedere a oltranza tutti i film della serie “Lo squalo”, uno scherzo di pessimo gusto. Ci mancava solo che dovesse preoccuparsi anche del gabinetto! «Emmm, starò attento… dov’è la mia cabina?» sospirò rassegnato. Darkos sogghignò maligno «Ci sei dentro!». «Ma questo è il…» le parole “corridoio del bagno” gli morirono in gola quando scorse nella penombra due letti a castello e due minuscoli armadietti. «Questo è il tuo quarto di alloggio!» gli urlò Darkos nelle orecchie indicando uno dei letti. «Cooosa???» esclamò Sora indignato. «Ti ricordo che non sei su una crociera di lusso! Benvenuto sulla Going Merry ragazzo! Luci spente alle 22:00». Darkos se ne andò fischiettando in coperta lasciando un sbalordito Sora a fissare il minuscolo letto. «Una cosa è certa -mormorò il ragazzo a mezza voce- questa non è una crociera di lusso».

Mente Sora continuava a guardarsi intorno smarrito una testa rosso fuoco spuntò alle sue spalle. «Scusa, che ore sono?». Sora guardò il display del suo orologio da polso. «Le dieci meno un quarto, anzi le 21 e 45». «I miei bioritmi sono tutti sballati, ho fatto undici ore di aereo per arrivare qui» si lamentò il rosso. «Racconta» disse Sora rinunciando a far stare tutti i suoi vestiti nel minuscolo cassetto assegnatoli. «Perché hai scelto di imbarcarti sulla Going Merry?». «Perché saremo solo noi e l’oceano, niente porti, niente soste, solo migliaia e migliaia di metri cubi di acqua, il depliant diceva che potremmo anche non incontrare nemmeno un imbarcazione o un aereo per tutto il mese» ironizzò il ragazzo. Detto così sembrava proprio una condanna. «A me non hanno mostrato nessun depliant». «Davvero?» il rosso sembrava sorpreso «E come sei finito qui?». Davanti all’occhio interiore di Sora passarono di nuovo quelle maledette immagini. Il giudice che pronunciava la parola “colpevole”. Le lacrime di sua madre. Il giudice che, nel suo ufficio, discuteva con i suoi genitori «Mandare un ragazzino di soli tredici anni in riformatorio non mi pare una scelta saggia, tanto più che è il suo primo reato. Ci sarebbe un’altra possibilità. Si tratta di un programma di rieducazione chiamato “GB”, Giro di Boa…». Sora lanciò al suo neo-compagno di cabina un sorrisetto enigmatico. «Sono un carcerato, mi chiamo Sora».«Che figata! Io invece sono Ron » disse il ragazzo sbarrando gli occhi eccitato «Ronald Wesley» precisò. «I miei genitori mi hanno spedito qui perché ho litigato con mia sorella». Sora alzò un sopracciglio divertito «e solo perché avete litigato i vostri genitori hanno pensato di mettere un oceano di distanza tra di voi?». «Magari! Mia sorella è qui accanto, nella cabina delle ragazze. Ti assicuro che è odiosa. Avrei preferito di gran lunga essere figlio unico!». Sora fece un risolino «io sono figlio unico, e ti assicuro che è la cosa peggiore del mondo. Se non hai fratelli o sorelle i genitori ti stanno sempre addosso». All’improvviso le luci si spensero e la cabina fu invasa dalle tenebre. L’unica lama di luce filtrava dal boccaporto. «Bhè, mi sa che mi è venuta voglia di dormire» ironizzò Sora arrampicandosi su un letto alto, Ron si sdraiò sotto di lui. «Che reato hai commesso?» chiese Ron a bruciapelo. Sora rise amareggiato «Tranquillo, non ho ucciso nessuno». Il rosso insistette «Dai! Io ti ho detto perché sono qui! Cosa hai fatto? Furto con scasso? Vandalismo? Rissa?…» «Di sicuro quello sarebbe stato il mio secondo capo d’accusa» lo interruppe Sora irritato «Se solo fossi riuscito a trovare il furbastro che mi ha messo una pistola nell’armadietto di scuola».
  
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