31/12/2017
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Quella sera, a Seoul, v'era una tra le più importanti sfilate di quell'anno; essa rappresentava il "mitico" marchio Gucci, conosciuto e rinomato più che mai per le favolose e mai negative recensioni ricevute per la maggiore dalla grande rivista Vogue, seguita sempre da altre un po' meno famose.
Presenti nel maestoso spazio allestito per tale evento v'erano tra i più importanti stilisti del tempo; invitati dalla stessa casa di moda.
Molti di questi, non particolarmente interessati al vestiario che avrebbero mirato, erano lì, seduti ad un metro dalla pedana, per guardar, con occhi attenti, sfilare lo splendido modello coreano che da anni a quella parte era divenuto la stella di quell'importante marchio.
Un unico nome: Kim Taehyung.
Modello ventiduenne, famoso per il suo glaciale sguardo e per i lineamenti, da alcuni studi approvati, perfetti.
Nessuno poteva, a lui, avvicinarsi; nessuno aveva mai avuto occasione, o grande interesse, nel farlo. Era un ragazzo, per così dire, solitario; cresciuto sin dalla tenera età tra luci, flash e riviste, stando sempre al centro dell'attenzione e protetto dai Bodyguard che non lasciavano avvicinare mai nessuno.
Nessuno poteva, a lui, avvicinarsi; nessuno aveva mai avuto occasione, o grande interesse, nel farlo.
Era un ragazzo, per così dire, solitario; cresciuto sin dalla tenera età tra luci, flash e riviste, stando sempre al centro dell'attenzione e protetto dai Bodyguard che non lasciavano avvicinare mai nessuno.
Viveva di un solo pensiero e vi rimaneva costantemente attaccato; era vero, molta gente lo ammirava, ma ai suoi occhi quelle persone apparivano diversamente; come dei mostri pronti a divorarlo, sempre e comunque.
Era per questo motivo che, di sua quasi spontanea volontà, era solo.
O almeno questa era la sua cruda realtà.
Era.