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Autore: Adlenime    31/12/2017    3 recensioni
- Ah, aspetta! -
Esclamò improvvisamente lui, afferrandola per la manica destra del suo giubbotto.
Presa alla sprovvista da quel suo gesto repentino, Sato arrossì leggermente, ma attese che continuasse.
- In realtà io... volevo farti una proposta. -
Quasi titubante lasciò il suo braccio, come se temesse che una volta perso il contatto sarebbe fuggita via, e estrasse dalla tasca interna del cappotto... due biglietti?
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I primi fiocchi di neve iniziarono a scendere lentamente dal cielo color ghiaccio, in una danza quasi ipnotica, per poi cader fragili sul grigio asfalto della strada davanti all'immenso edificio del quartier generale della polizia metropolitana di Tokyo. Un piccolo fiocco di neve, fluttuando apparentemente indifferente di fronte al suo viso, riscosse dai propri pensieri l'agente Takagi Wataru. Colto di sorpresa, sobbalzò quando lo vide tentennare proprio di fronte ai suoi occhi, come un'aggraziata farfalla dalle ali perlacee, per poi essere cullata via da un'improvvisa folata gelata proveniente da qualche parte alle spalle del poliziotto. Come ammaliato rimase a seguire i suoi movimenti fino a quando non scomparì dal suo campo visivo.

Istintivamente si strinse nel suo cappotto cinereo per proteggersi dal pungente freddo invernale, il quale, flessuoso come un serpente, sembrava che riuscisse ad insinuarsi sotto la sua pelle.

- Eh... Takagi-kun? Cosa ci fai qui? Oggi non è il tuo giorno libero? -

Udite quelle parole si voltò di scatto. Sato si stava avvicinando a lui, con sguardo interrogativo. Non poté fare a meno di restare ad osservarla, la leggera brezza le spettinava i capelli corvini, che parevano contornare il suo volto adamantino come la cornice di un prezioso dipinto. Si muoveva sicura, nel suo solito abito d'ufficio, protetta dalle intemperie dal suo giubbotto rosa pallido.

- Allora? -

Chiese di nuovo lei, ignorando ciò che gli passava per la testa.

- Ah, Sato-san, ecco... vorresti un passaggio? -

Le chiese arrossendo, aprendo la portiera della sua Nissan. Vide Sato lanciargli un'occhiata curiosa prima di entrare nell'automobile.


La giovane agente guardava distrattamente le strade della metropoli sfrecciare disordinatamente davanti ai suoi occhi, appoggiata con aria indifferente al finestrino del lato passeggeri.

- Cosa devi dirmi? -

Domandò Sato quando si fermarono davanti ad un semaforo rosso. Notò quasi divertita come Takagi sussultò a quelle parole, prima di voltarsi e chiederle:

- Come fai a sapere... -

- Intuito. -

Lo interruppe.

- E ricordati che sono anche un'abile investigatrice, che per di più ti conosce molto bene. Altrimenti perché saresti venuto in centrale a prendermi nel tuo giorno libero? -

Aggiunse lanciandogli un'occhiata giocosa, che nascondeva inavvertitamente un non-so-ché di accattivante.

Takagi era abbastanza sicuro di essere diventato completamente rosso in viso, probabilmente fino alla base del collo.

Sato non riuscì a trattenersi e ridacchiò, vagamente compiaciuta: trovava che quell'eterna sfumatura cremisi che imporporava il suo viso dal primo giorno in cui lo aveva incontrato lo rendesse estremamente tenero.

- Mi avevi detto... riguardo a quella tua zia ammalata. Ricordi? Tua madre è partita per andarla ad aiutare, e avevi detto che pensavi di trascorrere da sola l'ultimo giorno dell'anno... -

In quel momento il semaforo ritornò verde, e la lunga colonna d'auto si mosse.

Dopo qualche minuto passato in un ozioso silenzio, rispose:

- Sì. Insomma, non che mi dispiaccia starmene da sola una volta ogni tanto, è che... non so, passare un giorno di festa in solitudine mi sembrava un po' triste. Ma nulla di ché. Al massimo passerò la notte al karaoke con Yumi. -

Ritornò ad osservare il paesaggio che scorreva come l'acqua di una cascata da dietro il vetro del finestrino.

- Ah... quindi hai già dei programmi... -

Sentì mormorare il giovane agente tra sé e sé.

- No. In realtà non ho ancora avuto la possibilità di parlarne con Yumi. Comunque, perché me lo chiedi? -

Domandò Sato rivolgendogli uno sguardo innocentemente interrogativo.

- Oh, uhm, ecco... -

In quell'istante si accorse di essere giunto a destinazione e parcheggiò la macchina di fronte a casa sua.

- Siamo arrivati. -

Disse con un accenno di delusione nella voce.

- Comunque domani ne parlerò con lei, vuoi unirti a noi? -

Chiese Sato, già in procinto di uscire dalla macchina.

- Ah, aspetta! -

Esclamò improvvisamente lui, afferrandola per la manica destra del suo giubbotto.

Presa alla sprovvista da quel suo gesto repentino, Sato arrossì leggermente, ma attese che continuasse.

- In realtà io... volevo farti una proposta. -

Quasi titubante lasciò il suo braccio, come se temesse che una volta perso il contatto sarebbe fuggita via, ed estrasse dalla tasca interna del cappotto... due biglietti? Confusa Sato spostò lo sguardo da lui ai biglietti e viceversa, mentre un'idea iniziò a formarsi nella sua mente. Ma non era necessario indovinare, poiché lui stesso le avrebbe detto ciò che voleva sapere. Takagi sospirò, poi sollevò lo sguardo e vide i suoi occhi animati da un'inusuale determinazione.

- Ti andrebbe di fare un viaggio? Noi due da soli, intendo. Pensavo... di affittare una baita in montagna con un ryokan privato. Una volta mi avevi detto... che ti sarebbe piaciuto se... ti avessi portata... -

Lentamente quella sua iniziale compostezza e sicurezza iniziarono a scemare, mentre ad ogni parola il suo viso diveniva sempre più scarlatto; ma Sato non poté fare a meno di sorridere: era decisamente troppo tenero.

Prima che cominciasse a farfugliare parole senza senso decise di interromperlo.

Takagi stava giusto iniziando a dire qualcosa sulle “Scimmie della neve” quando venne zittito da un inaspettato bacio. Le labbra di lei si poggiarono delicatamente sulle sue e solo dopo qualche istante lui rispose con una leggera pressione. Furono solo pochi secondi, pochi secondi di puro oblio.

Lei si scostò lentamente, affinché i loro sguardi s'incatenassero.

- Accetto molto volentieri. Arigato, Wataru. -

Disse quasi sussurrando, facendolo rabbrividire dal piacere. E prima che Takagi se ne rendesse conto era già uscita dall'automobile e si stava dirigendo verso casa sua.


- Certo che questa volta ti sei proprio impegnato! -

Sentì Sato esclamare eccitata.

- Ah... tu dici? -

Replicò Takagi, portandosi la mano dietro la nuca, in quel suo gesto così caratteristico, segretamente orgoglioso di essere riuscito a sorprenderla.

Si trovavano di fronte alla baita che era riuscito ad affittare per loro due: una graziosa villetta in legno, non esageratamente grande, ma abbastanza spaziosa, in un luogo isolato nella zona settentrionale della catena montuosa del Kitami. La casa era circondata da maestosi pini e abeti rivestiti di bianco, così come il giardino. Il tetto della baita sembrava risplendere di una luce accecante, la neve che lo ricopriva accarezzato dai raggi del sole pomeridiano.

- Allora... entriamo? -

Chiese nervosamente Takagi. Per tutta risposta lei si mise a ridere e disse:

- Non so, tu vorresti restare fuori e dormire in macchina dopo aver preparato tutto questo? -

E ignorando la leggera sfumatura cremisi di cui si era colorito il suo viso, entrò.

Se era possibile, l'interno era anche più spettacolare dell'esterno, pensò Sato: appena aperta la porta venne accolta in un confortevole salotto, impregnato dall'odore del legno, l'atmosfera era quasi fiabesca, con due ampi e morbidi divani bianchi, ricoperti di cuscini multicolori, disposti attorno ad un tavolino in legno d'acero fatto a mano, di fronte al camino incastonato in una parete di pietra. Di fronte al tavolino, in mezzo ai due divani, c'era una singola poltrona, anch'essa rivestita di una fodera bianca. Dall'altro lato della stanza si trovava un tavolo in legno di quercia su cui pranzare circondato dal mobilio della cucina: credenze, mensole, armadi, tutti in legname di noce; c'era anche un frigorifero, in un angolo, di fianco ad un'ampia finestra.

In fondo alla stanza una rampa di scale di pietra, accompagnate da un elaborato corrimano che pareva la radice di una mangrovia , si arrampicava fino al secondo piano, costituito quasi interamente dalla camera da letto matrimoniale. Un letto a baldacchino era appoggiato alla parete in fondo, ai lati due semplici comodini con una lampada su uno di essi; sul lato opposto un grande armadio rivestiva quasi tutta la parete. I raggi del sole illuminavano la stanza attraverso un'ampia finestra della parete affianco al letto, la quale fungeva da ingresso al vasto terrazzo, su cui si trovava un dondolo abbastanza ampio affinché un'intera famiglia ci si potesse sedere. Il secondo piano era abbastanza in alto da poter trascendere l'altezza delle querce più eminenti, e dal terrazzo era possibile ammirare la bellezza delle vette innevate dei monti. La parete dall'altro lato del letto matrimoniale invece si apriva in uno spartano arco etrusco, che dava su una camera da letto più piccola, per bambini, con un letto a castello costruito e decorato interamente in legno.

Infine in un angolo della camera, attiguo alla stanza più minuta, si trovava un piccolo bagno alquanto pulito e ben tenuto. L'unica cosa che mancava era la vasca da bagno... questo perché sul retro c'era un onsen privato: un caldo lago fumante circondato da una natura dal manto argentato.

Il cielo era ormai basso nel limpido cielo di montagna quando la coppia terminò di disfare i bagagli.

Sato si passò una mano sulla fronte, sospirando soddisfatta del lavoro appena compiuto.

- Bene, io ho finito! -

Si voltò verso Takagi, che stava sistemando le valigie dentro l'armadio. Quando finì si trascinò fino al letto per poi buttarcisi sopra: aveva l'aria di qualcuno pronto a morire per la stanchezza. Evidentemente il viaggio e poi la sistemazione nella baita lo avevano sfinito, per non parlare dell'appostamento della notte prima del viaggio, che evidentemente non aveva contribuito a rilassarlo.

Gli si avvicinò e gli si sedette di fianco. Restò per un attimo a guardarlo, mentre teneva gli occhi chiusi, come se sperasse di essere inghiottito dall'incantesimo di Morfeo, ma senza successo. Posò una mano sulla sua testa, passando le dita tra i suoi capelli color caffè, e iniziò ad accarezzarlo. Un sorriso divertito si dipinse sulle sue labbra quando realizzò che Takagi sembrava apprezzare quel suo trattamento speciale: pareva quasi che si strofinasse sulla sua mano, come ad invitarla a proseguire e non fermarsi. Lei sospirò, con una mezza risatina sommessa: in quel momento Wataru pareva un piccolo e dolce gattino alla ricerca di attenzioni.

Sato si adagiò lentamente al suo fianco, la mano sempre intrecciate tra i suoi capelli scuri, e si avvicinò lentamente al suo viso apparentemente tranquillo e ignaro di ciò che stava accadendo attorno a lui, fino a quando la sua fronte non sfiorò quella di lui.

- Wataru? -

- Mmm-mmmh. -

Rispose lui mugugnando.

- Che ne dici di fare un bagno? -


Takagi fremette dal piacere, quando si trovò completamente immerso nelle calde acque del ryokan: tutti i suoi muscoli parvero distendersi, mentre il suo corpo veniva avvolto dal terapeutico calore della sorgente; l'acqua parve lavare via la spossatezza accumulata durante il viaggio, così come lo stress delle ultime settimane alla centrale, e sciogliere la tensione che si prova spesso quando si fa un lavoro pericoloso come quello del poliziotto. Inspirò profondamente il vapore che imperlava l'aria e lasciò che l'acqua termale continuasse la sua prodigiosa attività. Le cime innevata accarezzate da un leggero venticello serale, il prato coperto dalla neve che si estendeva in tutta la sua vastità, fino al boschetto ricoperto dal manto perlaceo, creavano un quadro di pura serenità e calma. Qua e là il cinguettio degli uccellini spezzava il melanconico silenzio che impregnava l'atmosfera, donando più giovialità al panorama.

- Va meglio? -

Takagi si voltò verso colei che aveva parlato, e vide Sato mentre anche lei lentamente entrava nell'onsen, il vapore sembrava rivestire il suo corpo come un fragile vestito di seta, che pareva poi frantumarsi al contatto con il calore dell'acqua.

- Ah, uhm, sì... grazie. -

Rispose impacciato, vagamente distratto all'idea di lei, al suo fianco, immersa nel ryokan... completamente... nuda.

Nonostante avesse atteso questo momento da secoli, si sentì improvvisamente a disagio, soprattutto perché la sua mente stava già iniziando ad abbandonarsi a fantasie non esattamente pure, terse, incontaminate e limpide.

Ignara di ciò, Sato chiuse gli occhi e sospirando si lasciò sopraffare dalla calma e dalla tranquillità del luogo. Takagi era stato veramente dolce: aveva affittato quella baita dall'aria fiabesca, con quel rilassante onsen privato all'aria aperta, il tutto immerso nella calma e tranquillità della natura dell'isola di Hokkaido, lontani dalla frenetica e pericolosa vita della metropoli di Tokyo; e tutto perché non passasse il Capodanno da sola. Si era evidentemente impegnato affinché potesse trascorrere felicemente quei giorni di festa, anche senza la solita e familiare presenza di sua madre. Si avvicinò a lui e, aggrappandosi al suo braccio, appoggiò la testa sulla sua spalla.

Arigato'gozaimasu, Wataru. -

Intanto il povero agente, che stava già affrontando un'ardua battaglia contro se stesso, sentì la propria mente azzerarsi non appena avvertì il gradevole peso della testa di Miwako, appoggiata sulla sua spalla. Era come se la sua mente stesse andando in fumo, il suo viso era un'eruzione di vari sentimenti, tra la più viva felicità e l'imbarazzo totale; credeva che l'inferno e il paradiso di fossero fusi in un'unica entità. Era abbastanza sicuro che il suo cuore stesse piroettando dalla gioia, per un attimo aveva smesso di respirare, mentre, frastornato, non riusciva a rendersi conto di nulla se non del fatto che Miwako era lì, con lui, aggrappata al suo braccio... così... vicina.

- Wow, che spettacolo! -

Takagi voltò lo sguardo quasi disperatamente verso il punto che lei stava ammirando ad occhi aperti, con aria di stupore e meraviglia, e non poté fare a meno di restare anche lui senza fiato di fronte allo spettacolo di fronte ai suoi occhi: l'argento perlaceo della neve del paesaggio di fronte a loro era tinto dal rosso fiammeggiante del sole che tramontava tra le alte cime dei monti, le nubi sembravano stracci dorati sparpagliati disordinatamente nel cielo incandescente, mentre più in alto i colori sfumavano lentamente dall'indaco al blu cobalto, fino al nero inchiostro.


Sato era accucciata su uno dei divani di fronte ad un camino scoppiettante, i bagliori delle fiamme illuminavano il suo viso mentre accarezzava Wataru, accoccolato comodamente sul suo grembo. Ormai era passato un giorno da quando erano arrivati alla baita, ed era felice di vedere che lui si era abituato a vivere con lei: all'inizio l'idea pareva imbarazzarlo e si comportava in modo strano, innaturale. Quindi la sera prima gli aveva chiesto di rasserenarsi e lasciarsi andare e, dopo la precedente notte, pareva essere tornato in sé. Ora era decisamente più rilassato e aveva scoperto lati del suo carattere che non sapeva esistessero: ad esempio la sua mania per i vecchi film d'azione, o il suo amore per il wrestling; inoltre sapeva essere anche spiritoso, o almeno ci provava, ed era bravissimo in cucina!

Quel giorno indossava una maglia di lana bianca a motivi natalizi e un semplice paio di pantaloni neri. Anche lei non aveva messo nulla di particolare: un pullover fatto a mano da sua madre color caramello e un paio di leggins grigi.

- Allora, cosa c'è in programma per la giornata di oggi? -

Gli chiese. Lo vide mentre volgeva lo sguardo distrattamente verso le fiamme che danzavano dentro il camino, con aria pensierosa, prima di rispondere:

- Visto che oggi è l'ultimo giorno dell'anno, forse dovremmo preparare la cena? -

- Ah, hai ragione. Non abbiamo preparato ancora niente. Allora dobbiamo sbrigarci, non abbiamo molto tempo. -

Replicò lei alzandosi, costringendo Takagi ad abbandonare la sua tranquilla postazione,e con grande rammarico da parte di lui: probabilmente avrebbe preferito patire la fame, piuttosto che rinunciare alle attenzioni di Miwako.

Evidentemente il suo disappunto glielo si leggeva in faccia, poiché ridendo lei aggiunse:

- Dai, non fare così! E poi, è arrivato il momento che tu m'insegni a cucinare. -

Sospirando egli replicò:

- D'accordo, d'accordo. Ai fornelli! -

Aggiunse fingendo scarso entusiasmo, guadagnandosi un pizzicotto sulla guancia dal parte di Sato.

- Ehy, da quando usi quel tono di voce con un tuo superiore, Takagi-kun? -

Replicò atteggiandosi seccata, mentre in realtà era alquanto divertita.

Si diressero verso la cucina e in meno di un quarto d'ora Wataru si stava già dando da fare. Sato rimase appoggiata accanto alla finestra vicino al frigorifero, guardandolo: le piaceva vederlo al lavoro. Ciò che cucinava non era della medesima qualità sopraffina di un master chef, ma sicuramente se la cavava. Era abituato a prepararsi pranzo e cena da solo, ogni giorno, a differenza di lei. E questo, in un certo senso, le dispiaceva: lei si era lamentata del fatto che avrebbe dovuto passare da sola le feste, mentre lui ogni anno le trascorreva in solitudine; ogni giorno senza nessuno che si prendesse cura di lui, nessuno che gli desse il buongiorno o la buonanotte, o che, tornando stanco dal lavoro, lo aiutasse a cucinare o a sistemare la casa. Con l'occhio della mente quasi riusciva a vederlo, dopo un lungo appostamento di notte con scarsi risultati, che rincasava esausto. Si trascinava fino alla cucina e mangiava gli avanzi del giorno prima, troppo stanco per cucinare, poi magari si buttava nel letto, come aveva fatto il giorno prima lì alla baita, sperando di addormentarsi, di sprofondare in un sonno senza sogni.

Sospirò. Lei, sicuramente non avrebbe mai sopportato di vivere in quel modo. Certo, a volte sua madre era una seccatura, ma alla fine era merito suo se ogni mattina trovava il proprio completo d'ufficio lavato e stirato, la colazione pronta, la casa sempre in ordine.

- Qualcosa non va? -

La sua catena di pensieri venne brutalmente interrotta dallo sguardo indagatore che in quel momento le stava lanciando Wataru: sembrava vagamente preoccupato, pensò Sato, notando come lui la stesse osservando con aria allarmata, il coltello da cucina in mano e le verdure sul tavolo ancora intere.

- Non ti senti bene? -

Chiese di nuovo. Finalmente lei riuscì a riscuotersi dal suo torpore e rispose:

- Ah, no, tranquillo... posso provare anch'io? -

Aggiunse avvicinandosi alla sua postazione.

- Oh... be'... penso sia meglio se io, sì... ci pensi da solo... -

Farfugliò Takagi, distogliendo frettolosamente lo sguardo.

Sato alzò un sopracciglio con aria interrogativa, e inconsapevolmente minacciosa, prima di replicare in tono gelido:

- Prego? -

- Ah... non prendertela, ma ieri sera... sai, il coltello da cucina non è esattamente... una katana. Ecco. E le carote... non sono criminali condannati alla pena di morte, quindi... -

Iniziò a biascicare il povero agente, tentando disperatamente di evitare il contatto visivo della donna.

- Ma che razza di discorsi sono? Stai dicendo che quando taglio le verdure sembro un giustiziere samurai che c'è l'ha con gli ortaggi? -

Prima che Takagi potesse replicare strappò il coltello dalle mani di lui e si mise di fronte alle verdure. Però non iniziò a tagliare, ma si voltò verso un mortificato Takagi e aggiunse, arrossendo leggermente:

- E tu che aspetti? Se non vuoi che diventi il boia delle melanzane mi dovrai pur aiutare? -

Takagi sollevò lo sguardo, stupito. Per un attimo i due si limitarono a guardarsi, lei non si era mai sentita così in imbarazzo, e l'espressione indecifrabile che aveva ora lui dipinta sul viso non le rendeva le cose più facili.

Con suo grande sconcerto vide pochi secondi dopo Takagi piegato dalle risate, mentre tentava con scarso successo di trattenersi.

- C-che hai da ridere?! Baka! -

Gli gridò lei, sempre più rossa in viso.

- Ok, ok. Scusa, non volevo, giuro. Ho provato a trattenermi, ma... Gomen! -

Disse in fine con le mani unite, evidentemente dispiaciuto, anche se quella traccia d'ilarità non era scomparsa dal suo viso. Lei sospirò, chiedendosi come tutto ad un tratto i ruoli si fossero invertiti.

Seccata, ritornò ad osservare le melanzane con espressione arcigna, come se quell'imbarazzante situazione fosse colpa loro. Aveva già sollevato il coltello, pronta a ghigliottinare uno degli ortaggi, quando una mano le afferrò il polso.

- D'accordo. Prima di tutto, per cucinare il coltello non si impugna come se dovessi commettere un omicidio. -

Disse Wataru con voce magistralmente raddolcita, anche se quella tonalità irrisoria pareva persistere nella mente della giovane agente; che però decise di ascoltare le sue istruzioni.

- Molto meglio. -

Proseguì lui, vagamente sollevato.

- Con l'altra mano, invece, devi tenere ferma la verdura. Tieni indietro il mignolo, per evitare di tagliartelo con la lama. -

Poi si posizionò alle sue spalle e, dopo averle fatto vedere come sistemare la mano sinistra, affinché non si ferisse con il coltello, le cinse la vita per tenerla il più vicino possibile, come se temesse che senza la sua presenza avrebbe finito per tagliarsi la mano, e posò la sua destra su quella di lei, per guidare al meglio i suoi movimenti. Senza neppure accorgersene appoggiò la sua testa sulla sua spalla, e, lentamente, iniziò la fase del taglio.

Quando ebbero terminato Sato si voltò con espressione orgogliosa e disse:

- Allora? Vedi che non sono così male? Queste melanzane sono perfette! -

Takagi arretrò di un passo, preso alla sprovvista: erano decisamente troppo vicini.

- Ah, sì! Però... -

- Sì? -

Fece Miwako mentre si apprestava e mettere le verdure in una ciotola.

- Quelle...non sono melanzane: sono zucchine. -


3...

2...

1...

- Akemashite omedeto'gozaimasu! -

Dissero all'unisono i due agenti, l'inizio del nuovo anno segnato dal suono cristallino dei due eleganti bicchieri di vetro mentre veniva fatto il tradizionale brindisi.

Sato, andando contro il costume giapponese, aveva deciso di non indossare lo yukata, ma in nessun modo questo pareva guastare la sua bellezza: il vento notturno le scompigliava giocosamente i capelli corvini, il chiaro di luna illuminava la sua figura, avvolta dal maglione color caramello, mentre elegantemente sorseggiava il suo champagne. I due agenti erano comodamente raggomitolati l'uno di fianco all'altro, seduti sul dondolo del terrazzino, la testa di lei poggiata sulla sua spalla. La luna illuminava di una tonalità quasi fiabesca l'immenso panorama che si distendeva di fronte ai loro occhi, mentre da lontano riuscivano ad intravedere i fuochi d'artificio della piccola città di Kitami, i cui colori dipingevano il cielo di scintillanti figure, storie, racconti che parevano prendere vita, per un istante, per poi scomparire, come inghiottiti nell'oblio della notte.

Takagi passò un braccio attorno alle spalle di Miwako e le posò un bacio tra i capelli. Lei non poté fare a meno di sorridere: bastava un po' di champagne, e la sua timidezza pareva scomparire.

- Non pensi che sia l'ora del dessert? -

Chiese lei guardandolo in quei suoi occhi di un azzurro talmente chiaro da sfumare nel grigio. Ridacchiò quando notò la sua espressione confusa.

- Non abbiamo preparato un dessert... -

Disse, pensando disperatamente a come improvvisarne uno. Lei si limitò a ridere, mentre Takagi meditava freneticamente tra sé e sé: forse ne aveva fatto uno lei di nascosto? No, impossibile... forse lo aveva portato da casa? L'avrebbe notato, no?

La sua confusa successione di teorie e supposizioni venne dolcemente arrestata da un bacio.

- Io intendevo questo dessert. -

Replicò Miwako, prima di posare nuovamente le labbra sulle sue.

 

Nota dell'Autrice: Ehyla, bella gente! Da quanto tempo! *Schiva un pomodoro lanciato dal pubblico* Sì, sì, lo so che sono stata via per molto tempo. E probabilmente questo è un breve breack durante il quale mi sono concessa questo sfizio. Avrei voluto fare uno special di Natale, avevo un'idea stra-pucciosa in mente... e poi ovviamente il 23 dicembre sono stata costretta a sottopormi ad un'infinita ed orribile interrogazione di matematica da incubo. Quindi RIP special Natalizio. Allora ho pensato di farne uno di capodanno... però, dal momento che sono estremamente ignorante in materia “love story”, poiché non ho mai letto o visto una storia romantica (Miwataru esclusa, ovviamente); e che la mia conoscenza della geografia giapponese è pari a quella di un qualunque membro della mia classe che non ha mai studiato geografia in vita sua; e che la mia erudizione culinaria sia, invece, pari a quella della nostra cara Sato (sì, lo spunto per l'impugnatura del coltello è tratta da una storia vera, personalmente vera, e le istruzioni di Takagi vengono direttamente da informazioni accaparrate su internet), ebbene... credo di aver creato un concentrato esagerato di zucchero a velo e mele caramellate. O, in altre parole, non sapendo come scrivere una storia del genere, forse ho esagerato con la dolciosità di alcune scene. Ba'. Per quanto riguarda le mie altre fanfiction... Una prosegue (When I have abbastanza tempo, I ususally scrivo qualcosa), l'altra... quella dell'insieme di one-shot su Sato e Takagi... be'... Ho già detto che il “romance” non è il mio genere. Devo essere particolarmente ispirata per scrivere qualcosa di decente. In realtà, ho in mente una trama generale per tutte le one-shot, ma quando le devo mettere per iscritto... be', sono pignola. Molto pignola. E quindi niente, finché non mi soddisfa almeno all'80%, non la pubblico.
Ora, per chi non lo sapesse:
1) Gli onsen sono le terme giapponesi.
2) Il ryokan è un onsen all'aperto.
3) Arigatou ('gozaimasu)... dai, che sono sicura che sappiate il suo significato (grazie mille).
4) Akemashite omedeto'gozaimasu vuol dire Felice anno nuovo.
Un'altra cosa, la storia delle “scimmie della neve”, non è una stupidaggine a caso: in Giappone si chiamano “mocachi” (I think...), e sono scimmie giapponesi che si fanno il bagno in alcuni onsen (ovviamente sono riservati a loro). Inoltre ammetto di non essere mai stata in un onsen, o in montagna, quindi le descrizioni sono tutte frutto della mia immaginazione.
E basta, questa nota è venuta lunga quanto la fanfiction. Quindi... Akemashite omedeto'gozaimasu, minna!
Adle.

 
   
 
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