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Autore: GeoFender    03/01/2018    2 recensioni
[Mirai Sarutobi x OC]
Il Re, la nuova generazione, era la cosa più importante per Konoha. Coloro che avevano ereditato la Volontà del Fuoco.
Una persona la incarnava più di tutti: Mirai Sarutobi. In lei la fiamma ardeva intensamente ma qualcuno era pronto a soffocarla.
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Mirai Sarutobi, Nuovo Personaggio, Shikamaru Nara, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Author's Note:
Grazie per aver aperto questa storia :D
Sono lontan* dal fandom di Naruto da eoni e non ho mai pubblicato qualcosa in questa sezione quindi sono un po' nervos*. Spero che la storia vi piaccia e ricordate, le recensioni invogliando il fanwriter a scrivere più in fretta u.u




Intensi bagliori, nell’ora del tramonto, accecavano alla vista gli abitanti di Konoha, mentre Mirai Sarutobi correva a perdi fiato. Sapeva di essere in ritardo, in grosso ritardo.

Solo l'Eremita dei Sei Sentieri era a conoscenza di quanto odiasse esserlo. Riteneva che il tempo fosse fondamentale per qualsiasi shinobi, essere qualche istante in anticipo era determinante per la sopravvivenza, specialmente di un compagno di squadra. Balzò di fronda in fronda, maledisse quei neo genin contro i quali si era scontrata e si ripromise di farla pagare a suo cugino Konohamaru per averla lasciata sospesa nel vuoto, con l’unica compagnia del fiume che scorreva impetuoso nel burrone.
Il cielo aranciato gradualmente si tingeva di violetto e la kunoichi dagli occhi color rubino accelerò il passo, incurante della quantità di chakra che stava sprecando. Non le importava particolarmente perché lo avrebbe reintegrato con un buon pasto caldo, di cui già pregustava il sapore sulla punta della lingua. Senza rendersene conto era arrivata dinnanzi al nuovo Ichiraku Ramen e, quando varcò la soglia, i profumi delle pietanze solleticarono il suo appetito. Il suo sguardo acuto scandagliò ogni angolo del locale e le sue labbra si curvarono in un sorriso riconoscendo un volto molto familiare. L’istinto le suggerì di avvicinarsi a quella persona con grandi falcate ma ignorò quell'impulso così infantile -non era più all'Accademia- e raggiunse a piccoli passi il tavolo posto in una delle zone più appartate della sala.


Suppongo che ormai non faccia differenza che al mio ritardo si aggiungano altri minuti, pensò sciogliendo il nodo del coprifronte e togliendoselo, lasciando che le sue morbide ciocche scure incorniciassero il suo volto pallido. Lo ripose nel suo porta kunai e prese posto su una sedia arancione brillante, sorridendo finalmente a chi la aspettava. Pelle pallida quanto la sua, occhi smeraldini e pieni di vita, capelli argentei raccolti in una coda alta e guance leggermente arrossate per il tè caldo che stava sorseggiando. Mirai non poté far altro che definirla bellissima nella sua testa, pensiero espresso, però, anche ad alta voce e che fece imbarazzare la chūnin.



«Anche tu lo sei, Mirai. Non dimenticarlo mai.» Rispose la giovane donna, che sembrava avere circa vent'anni, poggiando una mano sulla guancia della Sarutobi. Mirai arretrò a quel contatto bollente, avendo la sensazione che la mano della compagna fosse intrisa di chakra del fuoco; nonostante sapesse benissimo che l’altra possedeva quello dell’acqua e del fulmine.


«Asami, sai bene che non possiamo farci vedere così. È per questo che ti ho chiesto di venire a quest'ora da Teuchi e di sederti a un tavolo così appartato. Sono anche in ritardo per colpa di alcuni genin che mi hanno fatto cadere dal ponte e Konohamaru, quello stronzo, mi ha lasciata a penzolare nel vuoto. Lasciami dire che avere il fiume a pochi metri da me non mi consolava affatto.» Ammise la chūnin, annuendo a una cameriera mentre le porgeva una tazza di té verde e una scodella di kitsune udon. Affamata, affondò le bacchette nel brodo di carne e iniziò a mangiare i noodles con assoluta mancanza di grazia, dimenticando le poche regole di galateo che conosceva. Asami alzò un sopracciglio e trattenne una risata di fronte a quella scena, era ormai un'abitudine assistervi, soprattutto per l'appetito di Mirai dopo un particolare sforzo fisico.

«Lo so bene, Mirai. E ti capisco, siamo entrambi delle kunoichi, aspettare qualche minuto non mi pesa affatto, soprattutto visto che una volta hai aspettato il mio ritorno per un mese.» Si interruppe, seguendo l'esempio della chunin e iniziando a consumare il suo ramen di manzo, ormai freddo per il tempo trascorso ad aspettare la kunoichi dagli occhi rubino.

«Nonostante io viva a Konoha dall'età dell'Accademia, non riesco a capire come un villaggio avanzato tecnologicamente possa avere una mentalità così retrograda. Non rispecchia certamente il modo di pensare dell'Hokage. Lasciami dire che nemmeno nel Paese del Té ci scandalizzavamo nel vedere due persone dello stesso sesso baciarsi.» Concluse definitivamente, della rabbia presente nella sua voce di solito calma. Le bacchette scricchiolarono sotto la sua presa ferrea e si sarebbero certamente rotte se Mirai non avesse posato una mano sul polso sottile di Asami.

«Su, andiamo. Credo che qualunque posto sia meglio di Teuchi, in questo momento. Siamo troppo esposte e non calme come prima.» I ruoli si erano improvvisamente invertiti, Mirai era quella calma e riflessiva, mentre Asami, di solito la lucida e fredda ANBU come dimostrava il tatuaggio sulla spalla sinistra, era irrequieta e piena di rabbia. La più grande assentì con un cenno della testa e posò delle banconote sul tavolo, alzandosi e seguendo la chūnin fuori dal locale ormai affollato. La volta celeste era una distesa infinita di astri ma, prese com'erano dai loro sentimenti e dal balzare da un tetto all'altro, le due ragazze non lo notarono affatto. Giunsero in un campo di allenamento distante dalla zona commerciale del villaggio e, una volta tornate a terra, lasciarono andare un sospiro di sollievo sentendo la tensione scivolare dalle loro spalle.

«Mirai-chan, ma questo...» C'era sorpresa nell'espressione dell'ANBU, qualcosa che ricordava agli occhi di Mirai quella bambina appena diventata genin di molti anni prima e non la giovane donna con le mani spesso sporche di sangue, non per suo volere, ma per dovere. La chūnin si avvicinò a lei, posò una mano sulla sua spalla nuda e, sentendo la pelle fredda in contrasto alla sua calda, le cinse il corpo con le lunghe braccia, in una presa però dolce rispetto a quella di pochi minuti prima sul suo polso.

«Già, il nostro ciliegio. Ti ricordi? Era il nostro primo giorno come team 23 e il nostro sensei, Shikamaru nii-san, aveva deciso di sottoporci al test dei campanelli. Io mi davo decisamente troppe arie, ero molto arrogante, ma questo mi ha penalizzato e sono finita legata ad esso. Non potevate darmi da mangiare perché altrimenti avreste rischiato di ritornare anche voi all'Accademia. Ma invece... tu mi hai dato un onigiri con del ripieno di tonno.» Mirai rimembrò con voce dolce, facendo aderire il seno al retro del giubbotto da jōnin di Asami. L'ANBU assaporò per qualche istante il raro momento di pace che potevano vivere lontano da occhi indiscreti e si girò nella dolce stretta di Mirai, prendendole il viso tra le mani e guardandola teneramente nei suoi brillanti occhi rossi. Le guance della chūnin si imporporarono per la vicinanza e un risolino sfuggì dalla bocca dell'albina per quella reazione.

«Non avrei mai lasciato qualcuno morire di fame, Mirai. Non importa il costo.» L'ANBU, delicatamente, alzò il mento della chūnin e, chinandosi leggermente in avanti per la differenza di altezza tra le due, inclinò d'un lato la testa e le sue labbra rosate incontrarono quelle di Mirai. Su di esse, il sapore salato e avvolgente del brodo del kitsune udon, insieme a quello delle caramelle zuccherine alla menta che la ragazza aveva l'abitudine di mangiare durante la giornata. Le mani di Mirai lasciarono andare le sue spalle e scesero fino ad afferrarle i fianchi e, come se fossero immerse in un genjutsu, ignorarono la brezza fredda che caratterizzava quella serata di inizio primavera e fece volare un piccolo fiore di ciliegio tra i capelli corvini della chūnin. Ma, a causa di quella bolla in cui erano rinchiuse, non si resero conto Della figura scura, il cui viso era celato da una candida maschera, che le stava osservando.


 
~~~
 


In quella quieta sera, Shikamaru Nara stava passeggiando nel territorio adibito a foresta del suo clan. I cervi passeggiavano placidi brucando il prato e alcuni cerbiatti cercavano, con la loro tipica insicurezza, di ergersi in posizione quadrupedica. Era un'abitudine che aveva assunto all'incirca dalla nascita di Shikadai, esattamente quando si era reso realmente conto di essere un capoclan. Sentiva le sue numerose responsabilità pesargli sulle spalle e, in occasioni del genere, fumava una sigaretta di nascosto dalla moglie. Questa volta si doveva accontentare di un mero sostituito, uno stuzzicadenti, in quanto avrebbe spaventato la fauna in quell'area sacra. Un fruscio catturò la sua attenzione e rivolse i suoi occhi scuri verso la fonte del rumore e notò una figura maschile con una maschera bianca simile a un orso.

«Kuma, sei qui come richiesto. Hai qualche novità da comunicarmi?» Il capoclan Nara prese lo stuzzicadenti tra indice e medio come se fosse una sigaretta e guardò l'ANBU con un'impazienza che non apparteneva alla sua indole. Non era più apatico come un tempo ma, rispetto a quando era solo un genin, non poteva più essere definito svogliato.

«Sì, Shikamaru-dono. Ho tenuto d'occhio Mirai Sarutobi come mi ha ordinato e l'ho  chiaramente vista baciarsi con un'altra kunoichi. Non sono riuscito a identificarla, ma indossava un giubbotto da jōnin e aveva lunghi capelli argentei. Mi dispiace non essere sta-»
«Kuma, non importa ora. Hai perfettamente eseguito i miei ordini e ora va, lasciami da solo. Ho faccende urgenti di cui occuparmi.» Shikamaru interruppe bruscamente il fedele ANBU, che annuì e sparì così com'era arrivato.


Dannazione Mirai, che diamine combini?



Pensò il consigliere rimettendosi in bocca lo stuzzicadenti. Non gli andava a genio la cosa e doveva al più presto risolverla.




 
   
 
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