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Autore: SnidgetCielo    05/01/2018    3 recensioni
"I pray for no more youth
perish before its prime;
That Revenge and iron-heated War
May fade with all that has gone before
Into the night of time.”

Storia in fase di re-editing. Tra scherzi malandrineschi, draghi di polveri piriche e Incantesimi malfunzionanti, alcuni dei più suggestivi personaggi nati dalla penna della Rowling affrontano il Mondo Magico tra equivoci ed emozioni propri dell'adolescenza.
Marlene spicca tra tutti per caparbietà, goffaggine e superbia, ma anche per prontezza di spirito, spontaneità e l'innaturale capacità di attrarre a sè le attenzioni di entrambi i rampolli di casa Black.
Dall'ultimo capitolo - "C’era qualcosa che continuava a ronzarle in testa, un presentimento tanto infido quanto presuntuoso che le si era infilato nell’orecchio insieme alla voce squillante di Dorcas [...]. Quel presentimento era entrato nel suo cervello e lì sembrava voler restare: un presentimento che aveva l’aspro sapore del risentimento e l’aspetto maliziosamente affilato di Sirius Black."
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Marlene McKinnon, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Lily/Severus, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Best of Youth.'
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The best of Youth

Capitolo IX
Di solutidini condivise


Giovedì, 8 settembre 1977
Hogwarts, Cortile interno
Pomeriggio

 Regulus si era voltato, ed era corso verso Marlene prima ancora che cadesse. Si accasciò su di lei, visibilmente preoccupato. Quando lei si alzò sulle braccia, con la testa ancora bassa, vide un rivolo di sangue uscirle dalla fronte. Estrasse un fazzoletto, e appoggiò l’indice sotto il mento della ragazza, per farle alzare il viso, in modo da poter pulire la ferita.
«Ma insomma, Lène, quando imparerai a stare più att..! »
Le risate si erano dissipate, quando Marlene McKinnon, alzando la testa dolorante, aveva volutamente incontrato le labbra di Regulus Black, altrettanto zittito dal bacio.
Contrariamente a tutte le previsioni, Regulus smise di lottare, e non si scostò dal volto di Marlene.
Rimase lì a baciarla, mentre Marley era ancora per terra, e lui in ginocchio di fronte a lei.
Sirius Black, che stava seduto sul muretto ovest del cortile, la schiena appoggiata alla colonna della volta, le braccia conserte e un’espressione accigliata sul volto – si alzò e se ne andò a passi lenti. 

  Il suo piede si faceva più veloce man mano che si allontanava dal cortile. La rabbia che gli era esplosa nelle viscere gli aveva inebriato il cuore, i polmoni, ed era salita fino al cervello. Adesso aveva quasi l'impressione di stare correndo, mentre saliva a due a due le scale che conducevano al ritratto della Signora Grassa. Non riusciva a pensare, tanto meno riusciva a dare una spiegazione del perché fosse così furioso; o fors, non voleva ammettere l'unica ragione della sua reazione. Pronunciò la parola d’ordine, e bestemmiò Merlino quando la grassoccia dama provò a trattenerlo con un solfeggio mal riuscito. Percorse la Sala Comune ancora vuota, ed entrò nel Dormitorio maschile. Guardò il baule ancora pieno ai piedi del suo letto: non si accorse che stava urlando, mentre lo scaraventava sul pavimento con un calcio.
Rovesciò tutte le cianfrusaglie appollaiate lascivamente sul comò davanti al letto con un ampio gesto della mano, e con un pugno ruppe l'unico specchio della stanza.
Mentre guardava il sangue scendere dalle nocche, si accorse di non avere alcun motivo per avercela con suo fratello.
Non aveva alcuna ragione per biasimare Marlene.
In un attimo, si accorse che l'unica persona con cui era davvero furioso non era altro che lui.
Col fiato ancora corto, aprì il primo cassetto del mobile e vi estrasse il Libro di Trasfigurazione; lo apri furiosamente, e con altrettanto ardore prese a sfogliarne le pagine spesse, sino a che non la trovò.
Era una foto della primavera precedente, dopo la partita in cui una  Marlene dai capelli bluastri era sapientemente riuscita a depistare i Cacciatori di Tassorosso e a guadagnare tempo per James. Nell'immagine, lei era in primo piano, e i suoi occhi scuri sorridevano più delle sue labbra. Ripensò a quella sera, alla sensazione che i suoi capelli di seta avevano trasmesso alla pelle dura delle dita di lui.
Continuò a fissare l'immagine, mentre si slacciava i pantaloni, e lasciava che la sua mano scivolasse dentro le mutande.

 
1 settembre 1977
Hogwarts Express
Mattino


Amelia aveva sempre adorato Dorcas; per qualche motivo, si erano subito trovate in sintonia. La trovava irresistibilmente intelligente e adorabilmente spiritosa. Dorcas riusciva sempre a capire cosa stesse pensando, più di quanto vi riuscisse Lily, Marley, o le sue compagne Corvonero. Erano entrambe tendenzialmente inclini ai guai, e non c'era cosa più divertente del causarli assieme.
Come quando, al terzo anno, avevano portato Marlene per la prima volta da Madama Rosmerta, e si erano intrufolate dietro al bancone per preparare qualche intruglio di liquori e tisane magiche. Marlene aveva bevuto le prime tre burrobirre corrette con Whiskey Incendiario senza accorgersene e senza fare troppe storie, ma era gia ebbra quando le avevano presentato il miscuglio di loro invenzione, che aveva ingerito con altrettanta scioltezza. Non passò molto tempo prima di vederla vomitare sul cappotto di Julia Sunpetyr, e prima che Lily si accorgesse chi fossero le responsabili dell’improvviso malessere di Marlene: quella serata era costata loro dieci punti in meno a testa, per espresso volere del Prefetto Grifondoro.
Ma ne era valsa la pena, si dicevano l'un l’altra, quando la storia tornava alla loro memoria.
Così, ogni cosa, se fatta con Dorcas, acquisiva un valore diverso: anche comprare delle Api Frizzole dal carrello dell’Hogwarts Express.
«Ma lei è sicura che mi faranno alzare?» chiese Dorcas, con fare sospetto, al vecchino aggobbato alla guida del carrello
«L'anno scorso quelle che mi ha venduto non mi hanno fatta salire di un centimetro»
Il vecchino tentò di rispondere, ma Dorcas ne aveva già aperta una e aveva preso a succhiarla.
«Se tra mezz'ora non sarò salita almeno fino a toccare il soffitto del vagone, sappia che rivorrò indietro il mio Galeone»
Così Dorcas si allontanò, trascinando con sé Amy.
«Sei così sfacciata, a volte» commentò l'amica.
Dorcas reclinò la testa, e passò le brccia dietro la nuca, continuando a ciucciare morbodamente la sua caramella.
«Mio padre dice sempre che essere sfacciati è l'unico modo per ottenere qualcosa in più dalle persone»
«Tuo padre è più giullare di te, ammesso che qualcuno ci riesca»
«A proposito di giullari..» cominciò Dorcas, avvicinandosi alla cabina dei Caposcuola.
Amelia capì subito a chi si riferisse.
«Ancora ti chiedi se sia vera la mia storia su Lily e James?» chiese, scocciata dal solo pensiero che Dorcas potesse non crederle. La ragazza spalancò la bocca e i grandi occur azzurri, e aggrottò le folte sopracciglia bionde.
«Oh, ma dai, Amy! Cerro due ci credo. È solo che trovo assurdo che Lily…»
«...che Lily abbia acconsentito ad uscire con lui?» finì Amelia, allungando il passo. Dorcas annuì silenziosamente, accelerando anch’ella la propria camminata.
«….soprattutto dopo quello che è successo con Mocciosus»
«E invece, a parer mio, la rottura tra Lily e Mocciosus ha aperto la strada a James»
Le sopracciglia di Dorcas si inarcarono avvicinandosi agli occhi, e Amy capì che non stava capendo.
«Pensaci bene: Piton maltrattato da James e i suoi fidi Malandrino, Lily che accorre in suo aiuto, e lui che la scaccia via, apostrofandola Mezzosangue. Lily che rimane ferita, capisce che Piton non è stato mai realmente suo amico, e trova James a confortarla. Ed è sicura che James non sarebbe mai in grado di ferie mai come ha fatto la persona di cui si fidava di più in tutta la scuola»
Le sopracciglia di Dorcas si riallargarono, e la sua bocca si aprì in un'espressione di stupore.
«Ma certo! Così ha molto più senso!» esclamò, mentre sorpassava qualche studente nel corridoio.
 «Proviamo a esporre a Marley la tua spiegazione dei fatti, vediamo che ne pensa. Ma tu non dire che è stato tuo il merito, voglio esporle io la tua idea» le ordinò, mentre apriva la porta della cabina.
«Hey Lene abbiamo preso le tue Cialde al Caramello preferite!» stridette, entrando nella cabina. Lei ed Amy reggevano con le braccia una dozzina di dolci differenti. Una Cioccorana cadde a terra, nonostante le due ragazze fossero rimaste ferme sulla porta aperta ad osservare quanto il corpo di Sirius fosse pericolosamente vicino a quello di una Marlene  paonazza in viso.
Non dissero niente, ma arrancarono qualche passo indietro e uscirono ancora una volta.
«Che diavolo sta succedendo, quest'anno?» esclamò Dorcas, allontanandosi con larghi passi dalla loro cabina, mentre perdeva Cioccorane per tutto il corridoio.
«Avremmo dovuto intervenire?» aggiunse.
«No, assolutamente no» rispose Amelia
«Quello che abbiamo visto dà almeno una possibilità a entrambi di essere meno ipocriti l'uno con l'altra, e terrà Marlene lontana da Regulus Black»
«Perché Marlene dovrebbe starle lontana? Sono amici, e poi lui è carino»
Amelia si fermò in mezzo al corridoio, e costrinse Dorcas a indietreggiare, fermandosi davanti a lei.
«Senti, Dorcas, non so cosa sia avvenuto tra Marley e Black Junior, ma di sicuro è meglio così. Lui ne è palesemente innamorato, e questo lo pensi anche tu. È inutile che mi dica il contrario»
Dorcas abbassò gli occhi, in segno di confessione. Nel frattempo, con passo veloce Regulus Black le stava sorpassando.
«L’unica che non l'ha voluto vedere, per tutto questo tempo, è Marlene. In ogni caso, io preferisco che lui le stia lontano. Non mi piace; non riesco a capire perché, ma non mi piace»
«E preferiresti vederla accanto a Sirius? Davvero? Dopo tutto il male che le ha fatto?» chiese Dorcas. Amelia abbassò gli occhi, e sospirò lievemente.
«Io non so spiegarlo, Dorcas. Non riesco a spiegarlo neanche a te.ma ho la sensazione che Regulus potrebbe ferirla molto di più… potrebbe ferie ma nel vero sens...»
Venne strattonata da qualcuno. Spostò la testa per vedere chi fosse stato, e riconobbe Marlene fermare Regulus a pochi metri da loro. Dorcas si voltò verso di loro, e sospirò rumorosamente.
«Bhe, allora credo che dovrai impegnarti molto di più, per dividerli»
 

 ♦

 

Domenica, 4 settembre 1977
Hogwarts, Foresta Proibita
Mattino

 
 Erano le undici del mattino, ed entrambe avevano finito i loro allenamenti di Quidditch. Marlene le aveva chiesto se le andava di passare il pomeriggio con lei, dato che i corsi erano appena iniziati, e gli esami ancora lontani. Le aveva promesso una qualche sorpresa, un segreto misterioso di cui unico complice era Hagrid, e che le permetteva di riscattarsi dal fatto di non aver risposto alle lettere di Amelia per tutta l'estate.
I primi brividi dell’autunno si facevano già sentire, nella lieve brezza che saliva dal lago e attutiva il già lieve tepore dei raggi del sole.
Marlene non smetteva di parlare, e Amelia capì che era nervosa. Hagrid le accolse con una tazza di tè, e poi le accompagnò nella Foresta Proibita. Fu alla prima radura che incontrarono che Amelia vide qualcosa scintillare tra gli alberi: dapprima le sembrò una semplice, lunga pianta selvatica dai fiori bianchi, ma poi la pianta prese a muoversi, e i fiori divennero pelo, e si accorse che un lupo alto la meta di lei stava correndo verso di loro. Tentò di urlare, ma trovò la resistenza della mano di Hagrid, che le coprì l'intera faccia. Marley si sporse sorridente, e il lupo le si buttò tra le braccia, coprendole il viso di saliva.
«Gli siete molto mancata, signorina McKinnon» bofonchiò Hagrid «ma devo dire, non ho avuto problemi con lui, devo ammettere questo. Non sembra affatto un animale selvatico e antico, non lo sembra proprio. E’ affettuoso il cucciolo, signorina»
«I pacchi con le provviste sono arrivati tutti?» chiese Marlene, mentre trattava la pancia dell'animale, che intanto si era disteso, scodinzolando.
«Oh certo. Ho fatto del mio meglio, poi, per non farlo vedere a nessuno, signorina Marlene. Nessuno sa della presenza di Billy nella Foresta, neanche quella pover’anima di Argus»
Marlene si alzò, sorridendo al gigante.
«Ti ringrazio di cuore, Rubeus. Sapevo che lasciarlo a te era la cosa migliore che potessi fare»
Poi guardò Amelia, che continuava a fissare l'animale pietrificata.
«Amy, lui è Artù» sorrise.
«È un MetaLupo delle Terre Desertiche»
Solo allora la ragazza alzò lo sguardo inorridito verso di lei.
«Ma sei diventata matta?!» gridò «Hai adottato un MetaLupo? No» fece, alzando le mani, e reclinando il viso in un’espressione fuoribonda
«Non voglio sentire spiegazioni. Non voglio farmi abbindolare dalle tue chiacchere. Trovo impossibile che un MetaLupo possa essere sceso tanto a sud. E non voglio sapere come hai fatto a portarlo qui»
Marlene rise, accarezzando la testa della creatura candida.
«Io non ce l'ho portato, Amelia. L'ho trovato qui»
«No, è impossibile. Li davano per estinti. Quella.. cosa..»
«Si chiama Artù.»
«Quella Cosa non deve stare qua. Non può stare qua»
Allora Marlene prese spiegare. Spiegò come l’aveva trovato l’anno precedente, abbandonato sul ciglio alla foresta - come se un animale tanto feroce potesse effettivamente correre qualche pericolo - spiegò di aver già segnalato la sua presenza al Preside, e come lui avesse chiamato un addestratore di draghi, un suo vecchio amico che studiava le creature magiche, per esaminarlo. E poi, quello che Amy aveva avuto, per tutto il tempo, paura di sentire dalla sua bocca.
«Se lo riterrà innocuo, me lo lascerà tenere»
Amy rimase zitta, ma scosse la testa per qualche minuto.
«Non vuoi credermi?» la incalzò l'altra.
«Non so se voglio crederti, Marlene, ma è sempre così con te»
 

 

 
Hagrid le lasciò nella radura dopo aver consegnato a Marlene una grossa bistecca cruda ed un coltello. Rimasero sedute su di una roccia avvolta nell’edera, mentre Marley sminuzzava la carne per il cucciolo e la lanciava lontana da loro: Amelia non voleva che la Cosa le si avvicinasse troppo.
«Non smetterai mai di fumare quel tabicchio, vero?» chiese Marlene, mentre guardava Amelia arrotolare un foglietto di carta intorno a dei brandelli di foglie secche e marroni.
«Si chiama tabacco, Marley» rispose Amelia
«E no, non smetterò»
«Perché?»
«Perché mi piace»
Amelia estrasse la bacchetta, e la puntò all'estremità del cilindro di carta e foglie. Con un lieve sibilo, la bacchetta sputó una piccola fiammella, che accese il cilindro. Inspirò lievemente, e dalla sua bocca uscì del fumo grigio e denso. Estrasse il cilindro dalle labbra, e lo passò a Marlene; lei lo raccolse, titubante, sotto lo sguardo attento e già divertito di Amelia. Se lo mise tra le labbra e inspirò, seguendo le indicazioni dell’amica. Ebbe la sensazione di essere la canna fumaria del camino della Sala Comune, e sputò il cilindro a terra, tra la tosse e le risate di Amelia.
«Non.. cough… riesco a capire che cosa.. cough-cough… tu ci trovi...»
«I Babbani le chiamano sigarette. Fanno male alla salute, ma molti le trovano irresistibili»
«Sono..cough… strane le cose che qualcuno trova irresistibili»
«E’ vero, ma la cosa veramente strana è come alcune cose - o persone - siano irresistibili per chiunque» sentenziò Amelia, mentre si alzava a raccogliere la sigaretta.
«Ad esempio, Sirius Black»
Marlene sorrise, senza alzare lo sguardo dal suo nuovo animaletto domestico.
«Ti riferisci all'altro giorno, nel treno, vero?» le chiese, senza aspettare una risposta per proseguire.
«Non è successo niente»
Amelia espirò il fumo della sigaretta.
«No, ma potrebbe succedere. Insomma, ci sono tutti i preupposti perché succeda qualcosa...»
«Non è successo niente» insistette Marlene.
«E non succederà mai. Non sono più la bambina del terzo anno che piangeva sotto le coperte, lo dovresti sapere. Tu più di tutti dovresti saperlo, Amelia» disse con tono monitorio.
«Lo so» confermò lei, mentre faceva un'altra boccata di fumo.
«Ma io credo che Sirius sia sincero nei tuoi confronti...»
«Regulus mi ha baciata, prima dell'estate»
Il fumo le si fermò in gola; fissò l'amica, prima di cominciare a tossire.
«Quella roba ti ucciderà» borbottò Marlene, rivolgendo uno sguardo ostile al cilindro, per metà ormai consumato dal fumo e dal fuoco.
«Tu mi ucciderai!...» esclamò Amy «...se non la smetti di venirtene fuori così. Che vuol dire che ti ha baciata?»
«Mi ha baciata, e poi se n’è andato. Senza alcuna spiegazione. Non ha risposto a nessuna delle mie lettere e...»
Amelia non le permise di continuare.
«Quanti gufi gli hai mandato?»
«Uno a settimana, a volte più d’uno»
Seguì il silenzio, che si protrasse per il tempo necessario a Marlene per realizzare che si era impiccata con le proprie mani e ad Amelia di concentrare la rabbia, prima di vomitarla sull'altra.
«Anche io ti ho scritto una volta a settimana. Ma non ho ricevuto alcuna risposta» affermò fredda.
«Vuoi dirmi che hai passato l'estate a cercare Regulus Black, e ad ignorare me e le altre? È per questo che non sei venuta a trovare né me né Lily? Perché pensavi Regulus Black?»
Vide Marlene mortificarsi, ma non le importò: stette lì, algida nella sua rabbia dirompente, aspettando di poterla scatenare di fronte ad una risposta che, in ogni caso, non avrebbe trovato convincente.
«Mi dispiace di essere sparita, Amelia. Mi dispiace davvero!» esclamò Marlene.
«Ma né tu, né le altre potevate capire che cosa provavo quest'estate»
«Sai che ti dico?» fece Amy, mentre gettava lontano la sigaretta e si alzava.
«No, non capisco. Non ci riesco. E la cosa peggiore è che non voglio capire»
«Amy, io volevo parlartene; ma dovevo prima riuscire a capire da sola» si difese Marley.
«E ci sei riuscita?» chiese l'altra, di fronte a lei.
Allora Marley abbassò la testa, e fece un piccolo cerchio sulla terra sabbiosa col piede.
«Non del tutto»
Amelia rimase un attimo in silenzio, prima di lasciar esaurire quel poco di rabbia che ancora le era rimasta.
«Lo sai che ti dico, Marlene? Che è difficile farmi ricredere sulla prima impressione che ho di una persona. E sono stanca di fingere, per essere tua amica»
«Amelia...» fece Marlene, alzandosi.
«Sei arrabbiata»
«No, Marley. Sono stanca, sono stanca di fare l'amica. Per tutto questo tempo ho lasciato che tu lo frequentassi, nascondendoti quello che penso»
Allora l’espressione di Marley cambiò improvvisamente: non era più dispiaciuta, non si sentiva colpevole. Anche lei lasciò che la rabbia prendesse il sopravvento.
«E cos’è, che pensi?» chiese acida.
Amelia sospirò.
«Quel ragazzo non mi piace, Marley»
Marlene si lasciò andare in un sorriso cinico, alzando un sopracciglio in segno di sfida. Se davvero Amelia Bones, sua amica dal primo anno ad Hogwarts, non voleva che frequentasse Regulus Black, si aspettava più di un semplice apprezzamento da badante.
«Non mi piace come ti guarda, non mi piace l'influenza che ha su di te»
«Per Merlino, sembri mia madre» commentò sincera Marlene, distogliendo lo sguardo dalla sua interlocutrice con fare infastidito.
«Io non riesco a spiegarti perché abbia questa sensazione, ma sono stufa di farti credere che a me stia bene»
«E perchè dovrebbe stare bene a te?» proferì Marlene, fuoribonda.
«E’ la mia vita, e sono io a decidere le persone che ci voglio»
«Perchè io ci tengo a te!» gridò Amelia «Penso di avertelo dimostrato, in tutti questi anni. E penso che ora te lo stia dimostrando! Devi stare alla larga da lui, Marley! Finirà per ferirti!»
Erano entrambe in piedi. Bealin, soprannominato Billy, non aveva alcuna intenzione di ascoltare i battibecchi di due adolescenti nel mezzo di un bosco, e aveva preso a rincorrere le piccole farfalle sopravvissute alle piogge di fine estate.
«Se una cosa hai ragione» sorrise Marlene, inarcando le labbra in un ghigno arrabbiato.
«Tu non riesci a capire»
La sorpassò, e richiamò a sé Bealin, mentre l’abbandonava in mezzo alla radura.
 

 

Domenica, 4 settembre 1977
Torre di Astronomia
Crepuscolo

Lasciò che il fumo le entrasse nei polmoni, mentre continuava a fissare l'orizzonte verde: il sole si era già nascosto dietro le colline per cedere il passo alla notte.
Si chiedeva se fosse stata troppo dura con lei - in fondo, si conoscevano dal primo anno. Per lei, Marlene era sempre stata un libro aperto: era difficile da capire soltanto per se stessa, pensava. Sapeva come avrebbe reagito prima di lasciarsi andare alla rabbia, nella Radura.
Allora, forse era stata lei ad esagerare?
Cazzate - pensò. Il suo unico errore era stato non essere più sincera con lei prima di quella mattina.
Non ricordava con esattezza quando aveva cominciato ad odiare Regulus Black. Forse da quando, al secondo anno, aveva proposto di comporre i gruppi per l'esame di Pozioni in modo proporzionato, di modo che tutti avessero lo stesso numero di non-Purosangue al loro interno. Così, li aveva chiamati.
I nati babbani, o figli di babbani e maghi, erano più della metà ad Hogwarts, e faticavano, nonostante tutto, ad essere riconosciuti come veri e propri maghi, alla pari dei Purosangue, come amavano definirsi quelli della stessa idea di Regulus Black.
Ma Marlene non vedeva. Marlene non riusciva mai a distinguere il lato oscuro delle persone, e questo l'avrebbe ferita. Amelia lo sapeva: lei aveva imparato a conoscere la cattiveria umana già tempo prima, e questo la rendeva più forte - e più scaltra - degli altri.
Sentì la porta sibilare. Gettò la sigaretta e estrasse velocemente la bacchetta.
«Chi c’è?» tuonò. Rimase ad ascoltare il silenzio assordante della torre per convincersi che si fosse immaginata tutto. Sino a che non sentì schricchiolare le tegole di legno del pavimento, e allora ordinò alla sua bacchetta di far luce.
«Lupin!» esclamò.

Riconobbe Remus dalle profonde cicatrici che gli attraversavano il volto
«
Mi hai fatto prendere un colpo! Che ci fai qui?»
Remus sorrise, avvicinandosi al grande arco in pietra che volgeva ad occidente, e si mise a sedere dove, poco prima, era seduta Amelia.
«Potrei chiederti la stessa cosa. Io vengo qui per stare tranquillo»
«Ma va» sorrise Amelia, mentre si accingeva a rotolare un’altra sigaretta, dato che, nella paura di essere colta in flagrante da un Professore,  aveva lasciato precipitare l'altra dal balcone della torre.

«Io vengo qui per non farmi trovare. Che è un po’ la stessa cosa, dal mio punto di vista»
Remus sorrise.
«Mi dispiace per il posto da Caposcuola» continuò Amelia.
«Sarebbe dovuto andare a te»
Il ragazzo guardò verso il crepuscolo, senza smettere di sorridere.
«Un onore a cui non tengo, in realtà» rispose.
«La mia salute non è delle migliori, in questo periodo, quindi, probabilmente, non avrei potuto dedicare a quel ruolo il tempo che merita. E inoltre, così, avrò molto più tempo per studiare»
«Quello non basta mai» sorrise la ragazza. Esitò un attimo, prima di voltarsi nuovamente verso di lui.
«Tu sembri una persona intelligente. Posso chiederti una cosa?»
Non aspettò che Remus acconsentisse, e si mise seduta di fronte a lui.
«Se tu vedessi un tuo caro amico, uno come James, o Sirius, o Peter, fare qualcosa di estremamente stupido, o commettere quello che secondo te è un enorme sbaglio, come ti comporteresti?»
Remus esitò un attimo, abbassando gli occhi in un’espressione pensierosa.
«Partirei dal presupposto che loro non sanno che stanno sbagliando»
Amelia aggrottò la fronte. Allora il ragazzo rialzò gli occhi, e le sorrise gentilmente.
«Vedi, se tutti sapessimo che stiamo sbagliando, non sbaglieremmo mai. Ma questo non è possibile, non è umano. Devi lasciare alle persone, anche a quelle che ti sono più vicine, la possibilità di imparare dai loro errori»
Dopo che ebbe finito di parlare, Amelia ricambiò il sorriso.
«Sei forte, Remus Lupin» disse, rialzandosi.
«Sei proprio forte. Grazie»
Si avvicinò all’uscita della torre, lasciando al suo nuovo amico lo spazio per poter stare tranquillo.
«Amelia» la richiamò lui, tentennando un po’
«Se per caso avessi voglia di non farti trovare, e io avessi voglia di stare da solo.. ecco.. magari… potremmo non farci trovare e stare da soli insieme»
Amelia sorrise, trovando quell’invito teneramente irresistibili.
«Si, mi piacerebbe stare da sola insieme a te»

♦ 

 

Giovedì, 8 Settembre 1977
Hogwarts, Cortile interno
Pomeriggio

 Dorcas avrebbe dovuto essere lì già da mezz'ora.
Decise di non pensarci.
Fissò il libro di Incantesimi, e continuò a fissarlo per qualche minuto che le pesò come una giornata intera, senza assorbire neanche una formula.
Allora ricominciò a pensare che Dorcas era in ritardo, e che l'avrebbe strangolata con quei suoi lunghi capelli biondi.
Continuò a non leggere, sino a quando non sentì qualcuno piombare dietro. Con il cuore ancora in gola, vide Dorcas sedersi di fronte a lei, con un sorriso dispettoso.
«Ma ti sembra che dopo cinque anni tu debba continuare a farmi questo stupido scherzo?»
«È sempre molto divertente» sorrise Dorcas.
«Comunque, Marley-la-bomba è scoppiata, e sta per detonare peggio di uno Schiantesimo. Ha ammesso che Black Junior le ha fatto qualcosa»
«Ma non mi dire» fece Amelia, tornando al suo libro.
«Questa cosa non ti interessa?» chiese Dorcas, notando l'insofferenza di lei. Amy allora rialzò gli occhi accigliati sulla ragazza.
«No, Dorcas, non mi interessa! E non dovrebbe interessare neanche te. Noi ci comporteremo normalmente, agiremo normalmente, faremo tutto normalmente»
Dorcas la guardò frastornata, e poi capì.
«Tu già lo sapevi» proferì con un ghigno.
«Cosa?» chiese Amelia, fingendo di non comprendere, e senza alzare gli occhi da quella pagina di Pozione che aveva rinunciato ad assimilare.
La bionda ragazzina Grifondoro aprì le braccia a mezz’aria, coi palmi rivolti al cielo, e un’espressione sorridente che le illuminava il volto.
«Che era successo qualcosa tra loro! Che cosa, altrimenti?» esclamò.
Amelia non distaccava lo sguardo dal libro.
«Ti sbagli»
«Non mentirmi» la incalzò Dorcas, con fare impaziente.
Allora Amy chiuse il manuale di Pozioni che tanto odiava, e rivolse uno sguardo accigliato a quegli occhietti piccoli e blu che tanto amava.
«Ti sbagli. Non so niente. E se anche dovessi sapere qualcosa, come il fatto che si sono baciati l’anno scorso prima dell’estate, io non te lo direi, perché tu non ti comporteresti naturalmente, se lo sapessi»
Dorcas inspirò tutta l’aria che riuscisse a trattenere nel suo minuscolo corpicino, prima di esplodere in un’esclamazione sorpresa. Amy buttò subito il palmo della propria mano sulla sua bocca, per zittirla.
«Non posso crederci!» esclamò, dopo che la ragazza l’ebbe liberata da quel silenzio forzato.
«Neanche io posso crederci» proferì Amy, con un’espressione molto meno sorpresa – e molto meno gioiosa. Dorcas se ne accorse, e si ricompose.
«Quanto sei incazzata con lei?» chiese più mestamente.
«Un po’» affermò sincera Amelia.
«E lei quanto lo è con te?»
«Un bel po’ di più di quanto io non lo sia con lei, a mio parere. Ma è la sua vita, non posso decidere per lei»
Vide spuntare la testa corvina di Regulus Black dagli studenti accalcati sul portone d’ingresso, e poi vide quella castana di Marlene, che lo inseguiva con un’andatura goffa.
«Questa non è una cosa da te» giudicò Dorcas. Anche lei li guardava, seduta accanto all’amica sul muretto del cortile interno.
«Non sei la tipa che lascia correre, se crede che qualcuno stia commettendo un errore»
«Forse dovremmo lasciare che le persone commettano degli errori, anche quelle che ci sono più vicine. Magari potrebbero imparare qualcosa» proferì Amanda, mentre dava aria ad un pensiero che aveva il volto di Remus Lupin.
Sentirono gli schiamazzi di Marlene, e la videro inciampare in mezzo al giardino. Non fece in tempo a toccare il suolo, che il cortile era esploso in una risata fragorosa. Fecero entrambe per alzarsi, ma Regulus era più vicino ed era stato più veloce a raggiungerla.
Così, si fermarono a guardare mentre lei rialzava il viso, e gli lasciava un lungo bacio a stampo sulle labbra, e lui, in ginocchio, rispondeva al bacio.
«E adesso…?» farfugliò Dorcas.
«E adesso... stiamo a guardare» sospirò Amy.
 

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Riprese fiato da quel bacio senza respiro, e si alzò di scatto, sbattendo con la testa sul naso di Regulus. Lui rimbalzò in piedi e si prese il naso tra le mani. Marlene si voltò verso l’entrata e prese a correre, in mezzo alla folla ammutolita dall’imbarazzante spettacolo da lei stessa messo in scena nel cortile principale dell’unica Scuola di Magia e Stregoneria del Regno Unito. Non si lasciò distrarre dal suo nome gridato da Regulus, dietro di lei.
Corse per tutto il corridoio, fino ad arrivare all’ingresso delle Segrete. Percorse pochi scalini, e si fermò nella penombra della scalinata, con la schiena appoggiata al muro freddo e le gambe distese di fronte a lei. Solo allora si rese conto di avere il fiato corto e che il cuore le stava chiedendo prepotentemente di uscire dall’esofago. Sentì i passi veloci di qualcuno, e pregò che non fosse Regulus. Invece, i passi si fermarono all’entrata, e non dovette alzare lo sguardo dai suoi piedi, che continuava a fissare, mentre ordinava al suo muscolo cardiaco di ritornare al suo posto, per capire a chi appartenevano.
Mentre lui scendeva le poche scale che la ragazza aveva percorso, riuscì, tra i respiri profondi, a dire solo poche parole. «Perché non mi hai scritto?»
Regulus si mise di fronte a lei, con le mani nelle tasche dei pantaloni, la testa leggermente inclinata su di lato, e il lembo delle labbra attorcigliato in un piccolo, elegante sorriso.
«Perché non mi hai risposto?»
Alzando la testa, Marley svelò uno sguardo arrabbiato.
«Non era finita per me»
Regulus alzò la testa, e distolse gli occhi verdi da lei, in un sorriso scocciato che non ebbe altro effetto se non quello di irritarla ancora di più.
«Ti ho scritto ogni settimana, ho aspettato una tua risposta per tutta l’estate» gridò.
«Non è passato un giorno in cui non volessi risponderti» rispose finalmente Regulus, ammutolendola.
«Non è passata un’ora della mia estate senza che io pensassi a te»
Marley riabbassò il capo.
«Ma non hai fatto niente!» borbottò.
«No, non ho fatto niente. Hai ragione» rispose Regulus, avvicinandosi di un passo.
«Non ho fatto niente, perché pensavo di essere più forte»
Lei tentò di non dimostrare la sua confusione.
«Pensavo di sconfiggerti. Pensavo di potermi dimenticare di te. Pensavo di poter fugare dalla mia testa la tua immagine, se si fosse presentata» affermò il ragazzo, con la testa reclinata lievemente sulla spalla destra, alla ricerca del suo sguardo.
«Ma più ci provavo, più tu apparivi. Eri in ogni stanza, eri in ogni colore, era in ogni giornata col cielo azzurro. Eri in ogni Incantesimo che imparassi, in ogni boccino che catturassi durante il Quidditch»
A quella confessione, Marlene rialzò lo sguardo, per incontrare il viso candido e onesto di Regulus.
«Non riuscivo a ricordarmi di dimenticarti, Marlene»
«E perché volevi dimenticarmi, perché?» chiese lei, senza lasciare che quelle parole riuscissero a sovrastare la rabbia accumulata nei mesi passati; in un impeto di collera, si staccò dalla parete, trovandosi a pochi millimetri di distanza dalle sue labbra.
«Perché non riuscivo più a starti accanto sapendo che non eri mia» ammise Regulus.
«Non avevo capito che ero io ad essere tuo»
L’aria del Sotterraneo era calda e stagnante. La fiaccola verdognola appesa alla parete davanti a loro sembrava aver fermato il suo modo perpetuo. Nel buio del corridoio, risuonò lo schiaffo fragoroso che Marlene fece schioccare sulla guancia scarna del ragazzo. Lui non indietreggiò, ma alzò il capo, massaggiandosi la mascella con la mano e lasciando andare una risata divertita.
«Me lo meritav…»
E Marlene aveva di nuovo cercato le sue labbra, e le aveva trovate lì, calde e accoglienti.Sembravano disegnate per la sua bocca, pensò, mentre immergeva le dita nei capelli corvini di lui.

   
 
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