Morbus
a todo/deku one shot
Due
settimane senza di lui. O forse erano tre? Non credevo di essere
capace di perdere così facilmente il conto del semplice
susseguirsi
dei giorni. Nella mia mente, ingenuamente, mi rassicuravo che tutto
fosse dovuto alla quotidianità dovuta al semestre orale
della
scuola. Dopo tutto i giorni delle lezioni ora erano più o
meno
simili se non fatta eccezione per avvenimenti particolari che
andavano via via sperdendosi a causa della familiarità tra
di noi,
che si solidificava sempre di più.
Eravamo tutti presi dalle
lezioni del professor Aizawa. Nonostante il generale mormorio di
sottofondo davanti all’introduzione delle nuove materie
orali, la
classe non parve farsi intimidire di fronte alle novità che
ci
riservava il futuro. Eravamo sempre più fieri di essere la
classe
1-A della Yuei.
Tuttavia, mi sentivo… strano.
Un
giorno aveva fatto assenza, il che era strano per lui. La media delle
sue assenze era dello zero percento, il che sottintendeva il motivo
per cui era il terzo tra i più bravi della classe.
Chiaramente,
non destò l’attenzione né di Iida,
ancor meno di Momo, benché
nei suoi confronti fossero i più attenti… e poi
c’ero io, che
controllavo a prescindere le condizioni della classe. Era come se il
mio cervello lavorasse appresso cento computer contemporaneamente e
senza sosta, fortunatamente tutto ciò non mi recava disturbi
di
alcun genere.
Tuttavia, era assente.
Il
primo giorno aveva destato solo la mia curiosità.
Ehi, è
normale assentarsi. Non siamo macchine, dobbiamo avere valvole di
sfogo o sennò il nostro corpo provvederà per noi
in modi meno
comodi.
Quando arrivò la prima settimana di assenza per lui, il
mio cervello aveva ormai un chiodo fisso: il suo corpo aveva ceduto a
chissà quale stress fisico o psicologico, e la madre si era
così
arrabbiata da farlo stare a casa. Però, perché
una settimana?
Perché proprio una intera settimana, per dir più
quando il
professor Aizawa aveva introdotto una materia nuova benché
discussa?
Il pensiero “perché”
quasi l’avevo
scritto al centro del mio cervello in caratteri cubitali immensi in
nero su bianco grassetto in inglese se necessario sospesi per dir
più
in aria per quantificare il mio grado di preoccupazione nei confronti
di un ragazzo che conoscevo così poco!
Dovevo
calmarmi.
Non era necessaria tutta quella
preoccupazione. Mi sarebbero venuti i capelli bianchi per lo
stress.
Sarebbe bastato un semplice messaggio, no?
Quel
sabato pomeriggio decisi di prendere il cellulare, dopo aver passato
ore a fissare una macchia nel soffitto della mia stanza, a riflettere
sul nulla.
Non volevo disturbarlo.
Nuovo
messaggio per Todoroki Shouto.
Testo: “Buona sera, Todoroki!
Come mai non sei venuto a scuola in questi giorni? Mi dispiace
così
tanto che tu sia stressato!
Spero di vederti lunedì! A
presto!
-Deku”
Ma
che cosa avevo appena inviato? Ero realmente sicuro che la causa
della sua malattia fosse stato lo stress?
Oh Dio, oh Dio! Che
cosa avevo combinato?
Nuovo
messaggio per Todoroki Shouto.
Testo: “Buonasera! Sì, sono di
nuovo io… scusami, non volevo diagnosticare senza sapere il
motivo
della tua assenza così prolungata! Non disturberò
più.
-Deku”
Sono
un perfetto idiota.
**
Dopo
due settimane di assenze continue, mio padre si era accertato di
farmi trovare il certificato adatto che le giustificasse tutte. Erano
stati giorni davvero difficili. Detestavo esser malato, tuttavia
avevo deciso di seguire il consiglio di mia sorella: rilassarmi.
Il morbillo, come aveva detto il dottore, era una malattia che
poteva capitare ai ragazzi della mia età.
Quel fatidico
lunedì avevo ricevuto un terzo messaggio da parte di
Midoriya, che
mi chiedeva
di far colazione
con lui quella mattina. Non era un’idea cattiva,
perciò accettai…
non avevo molti contatti coi miei coetanei. Deku era stato
l’unico
a preoccuparsi in tal modo nei miei confronti, ed avevo sentimenti
così contrastanti verso questa sua premura da farmi arrossire
le gote.
Cancellai subito quel pensiero dalla mia
testa.
Mi
affrettai, dunque,
per
raggiungere il bar Academy
nella posizione che Midoriya mi aveva inviato via
Whatsapp. Non ero molto pratico di quelle vie, conoscere tutti i
distretti di Tokyo impegnava la memoria anche dei più bravi.
Non
ci volle molto affinché mi perdetti, per
l’appunto. Giravo, giravo
senza trovare la nota insegna che il mio compagno mi aveva inviato
per foto.
Mi guardavo attorno ma non trovavo nulla dei punti di
riferimento da lui indicati, realizzando così di essermi perso.
Non
ci voleva. Stavo, per dir più, facendo tardi a lezione, ed
un
ritardo non avrebbe certamente spiegato le altre assenze al professor
Aizawa.
Decisi di chiamare Midoriya.
Mi
apprestai a digitare il suo numero sullo schermo del mio smartphone,
e accostai il telefono all’orecchio.
«Buongiorno,
Midoriya. Mi dispiace, temo di essermi perso.»
Quello
che sentii dall’altra parte fu un gemito. Un gemito di
tristezza.
Era così
triste per me?
Il
cuore mi batté ancora.
«Possiamo
incontrarci di fronte alla biblioteca del liceo, però.»
«Certo!
Nessun problema, corro!»
e chiuse subito la chiamata. Aveva un entusiasmo tutto suo, Izuku.
Avevo imparato ad apprezzarlo presto nella convivenza scolastica, e
mi domandavo se fosse così umile e buono anche nella vita
privata.
Che
domande…
Per
non perdere dell’altro tempo prezioso, mi accinsi a
raggiungere
l’entrata principale nonché unica della nostra
biblioteca
scolastica.
Era un edificio imponente esattamente come tutti
quelli che componevano il liceo U.A. Grande: maestoso ed elegante.
Una scuola fatta su misura di eroi.
Mi voltai
all’improvviso e lo vidi. Midoriya, Deku, Izuku.
Lui.
Mi
sentii davvero strano. Percepivo
una sensazione inspiegabile proprio alla bocca dello stomaco. Dei
formicolii che mi tormentavano le labbra, le mani. I miei quirk si
erano letteralmente scambiati di posto solo per quelle lentiggini
spruzzate sul viso, quegli occhi verdi, quei capelli spettinati.
Mi
ritrovai a pensare quanto Midoriya fosse adorabile, e non potei non
concordare e ammettere la semplice realtà dei fatti.
«Ehi,
ciao!» mi salutò. Il suo tono non era alto.
Ricambiai presto il
saluto, e chinai piano il capo in avanti.
«Ti ringrazio per la
premura che hai dimostrato durante i miei giorni di malattia,
Midoriya. Non ho potuto risponderti perché mio padre esige
regole
ferree in casa. Spero tu non te la sia presa.»
Vidi il
suo viso scoppiare in un colore rosso davvero intenso, che mi
portò
a domanda se un volto umano potesse mai raggiungere un colore
così
vivo.
«No, no! Scusami tu per averti disturbato! Era
strano da parte tua fare così tante assenze, e…
pensai che un
messaggio non poteva far così male.»
Non mi guardava.
Aveva lo sguardo piantato ai suoi piedi, come se essi potessero mai
essere così realmente interessanti.
Rivolsi lo sguardo altrove
per un secondo, poi ritornai su Midoriya.
«Mi hanno fatto
piacere i tuoi messaggi, invece.»
Decisi di posare l’indice
ed il medio sul suo mento per costringerlo a guardarmi. Poi accadde
che… lo baciai.
Non credevo che il mio primo bacio potesse
essere gay. Non avevo mai appurato a mente lucida la mia
sessualità,
eppure se potessero esserci labbra più fresche e buone di
Deku su
ciò avevo seri dubbi a riguardo.
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Bene,
bene… è la mia prima fan fiction in questo fandom
e potrei morire
d’imbarazzo.
Spero che come mio piccolo debutto non sia male!
Una piccola one shot mentre attendo che la fantasia mi colpisca
dritta in faccia per proseguire l’altra fan fiction. Buon
Dio,
soffro internamente ed urlo.
Appuro che nel POV di Deku alcuni
periodi sono fatti volontariamente lunghi per rendere l’idea
dei
pensieri affollati, dell’ansia e della preoccupazione del
patato,
di conseguenza non preoccupatevi, non avete letto male
l’assenza di
punteggiatura ahah