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Autore: AnnVicious    09/01/2018    0 recensioni
Lana è una ragazza di ventisette anni che fa ritorno a Woodville, il suo paese di nascita, a causa di una recente perdita in famiglia che l'ha parecchio scossa. Essendo stata sempre una ragazza insicura, incapace di osare e trasgredire anche alla minima cosa, si sente persa, ancora più debole ed insicura, per giunta in quel paese che ora le sembra totalmente diverso, privo dell'energia che emanava una volta.
Ma proprio quando è al laghetto, il luogo dove da ragazzina andava a giocare, a distanza di dieci anni, rivede Alex.
Per lei è stato il primo amico, la prima cotta, il primo amore, il primo a lasciarla sola.
Alexander è a sua volta in un periodo difficile della sua vita: con un lavoro che non soddisfa le sue ambizioni, una delicata situazione in famiglia e la relazione con la sua ragazza in bilico ma riesce comunque ad avere coraggio e a vivere appieno la propria vita, nonostante sia solito indossare delle maschere pur di non mostrarsi per la persona che è nel profondo.
Entrambi sono cambiati molto, in alcune cose in meglio ed in altre in peggio, ma il ricordo della loro spensieratezza e del loro primo amore vive nelle loro menti.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Lana non riusciva a smettere di piangere. Pensava che prima o poi quelle lacrime avrebbero smesso di scorrere sul proprio viso, che prima o poi gli occhi arrossati avrebbero supplicato pietà facendole cessare di scivolare velocemente sul viso paonazzo e disperato, ma nulla sembrava fermarle. Nemmeno il suo continuo asciugarsele con numerosi fazzoletti di carta sembrava dare ad esse uno stop e quando sembravano essersi finalmente prosciugate, dopo un paio di minuti di calma, ecco che incontravano nella casa, qualcosa che ricordava a Lana l’amato appena perduto e le lacrime riprendevano ad usare come scivolo le guance della donna per poi finire su un fazzoletto o più spesso, sui suoi vestiti e per terra, incontrollabili. Ma quello era il male minore. C’era qualcosa di peggiore che la attanagliava dall’interno del suo corpo, ovvero il suo cuore che non smetteva di stritolarsi su se stesso. Lana non era mai stata così male e non ce la faceva a tenersi tutta quella sofferenza dentro, era qualcosa di più grande di lei, di ingestibile e non aveva la più pallida idea di come affrontarla. Era appena uscita fuori di casa per prendere una boccata d’aria e stringeva un braccio attorno alla propria vita che le doleva probabilmente per lo sforzo che stava facendo per trattenere tutto quel dolore dentro di se, ma con risultati molto scarsi. Prese una sigaretta da un pacchetto che si era portata fuori con se prima di uscire fuori di casa e nel vederne la marca, strinse forte le labbra e l’ennesima lacrima andò a bagnare il proprio viso: erano le Marlboro rosse, la marca preferita da Alex e quel pacchetto aveva ancora diciotto sigarette al suo interno. Lana si ricordò all’improvviso che da quel pacchetto lui aveva probabilmente estratto l’ultima sigaretta prima che venisse a conoscenza della sua malattia siccome da quel giorno non le aveva più ne toccate, ne guardate. Lana sospirò e lanciò quel pacchetto sulla strada che venne subito schiacciato da un furgone di passaggio, poi si accese la sigaretta che aveva preso prima e con la mano libera cercò di asciugarsi le lacrime che ormai scendevano perpetue sul proprio volto: stava osservando i paramedici che proprio in quel momento stavano portando via il corpo privo d’anima dell’uomo che aveva amato e che, ne era sicura, avrebbe amato per sempre. Lei avrebbe tanto voluto saltare su quella dannata barella e provare ancora una volta a rianimarlo con un massaggio cardiaco come aveva fatto appena aveva scoperto, al proprio risveglio che Alex non respirava più, ma aveva coscienza del fatto che, inevitabilmente, non sarebbe cambiato nulla. D’altronde, Lana si era preparata per quel momento tante volte nel giro di due mesi e nonostante avesse avuto già la certezza del fatto che lui prima o poi se ne sarebbe andato, lei non riusciva a non soffrirne in quel modo, tanto meno a mascherare tutto il proprio dolore davanti alle persone che erano arrivate a portarle via il corpo della persona che aveva amato più di ogni altra cosa al mondo. I paramedici le avevano consigliato diverse volte di sedersi o di farsi accompagnare all’ospedale per farsi misurare la pressione data la sua evidente agitazione, ma Lana non voleva saperne. Sapeva di non stare molto bene fisicamente: le girava molto la testa e quel dolore alla pancia non accennava a sparire, ma il dolore le andava quasi bene. Era la prova del fatto che lei fosse ancora viva e che tutti quegli anni di gioia passati con Alexander, non erano stati quindi solo un sogno ad occhi aperti. Spense la sigaretta per terra con una certa foga e una volta firmati alcuni documenti riguardanti il decesso e liberatasi dei paramedici, Lana tornò dentro, chiudendosi la porta alle spalle e il suo cuore si spezzò ancora una volta. Quella casa era piena, stracolma di quelli che erano appena diventati dei ricordi e non più dei semplici oggetti innocui: la chitarra a cinque corde preferita da Alex appoggiata accanto al divano, alcuni dei suoi dipinti appesi contro le pareti viola, i suoi calmanti per la tosse messi in bella mostra su un bancone della cucina, una pila di libri riguardanti la ricerca della vita dopo la morte che Lana stava leggendo fino al giorno prima, disposti in disordine sul tavolino di fronte al divano, una piccola parte di parete che Alex aveva dipinto raffigurando il bosco di Woodville dove erano stati soliti andare nell’ultimo mese, la parete sopra al divano che era stata decorata da entrambi incollandovi le loro foto insieme nei numerosi posti in cui erano stati… Si avvicinò con passo insicuro a quelle foto, come se avessero potuto farle del male con artigli e coltelli ed in effetti, in quel momento lei sentiva un dolore molto simile al graffiare di artigli pungenti dentro di se, i quali la squarciavano dall’interno, che proprio in quell’istante la stavano facendo piegare in ginocchio davanti al divano, di fronte a quella parete piena di leggerezza e voglia di scoprire, di amore e di divertimento: in nessuna di quelle numerose fotografie era presente un solo momento in cui Lana o Alex dimostravano di essere a disagio. Spesso, tra le loro foto apparivano anche volti di persone che avevano conosciuto nei loro viaggi: ne avevano addirittura qualcuna insieme a membri di band famose scattate poco dopo il concerto a cui erano stati. Lana osservava tutto quel mosaico di vita insieme alla persona che aveva amato e senza nemmeno doversi sforzare, ricominciò di nuovo a piangere, lasciando che le proprie lacrime andassero a bagnare il pavimento di legno. Staccò poi una delle numerose fotografie e la osservò: i colori predominanti erano il rosa e l’arancio e guardando per un paio di secondi l’immagine, Lana capì subito quando fu scattata quella foto. Stava tenendo in mano un tesoro di cui non si sarebbe mai liberata: vi erano solo lei ed Alex nella foto, con lo sfondo del mare e l’alba che si innalzava nel cielo, conferendo quel colore rosa chiaro alla foto; rappresentava la loro prima notte passata insieme nel camper, il loro primo giorno di avventura, la loro riscoperta della libertà, il loro amore che brillava come il sole ad Agosto… Inevitabilmente, un paio di lacrime andarono a bagnare subito la carta lucida della fotografia e Lana le asciugò subito, per non rovinarla, concedendosi altro tempo per esserne ammaliata: Alex era bellissimo in quella foto, con un colorito tutt’altro che malato, il suo corpo snello e sano coperto da una maglietta scura, i suoi capelli mossi appena dal vento, un sorriso spensierato ed al contempo dolce, gli occhiali da sole che non riuscivano a nascondere la sua gioia di essere libero ed innamorato, finalmente. Lana rimise la foto al suo posto per evitare di sporcarla ancora o peggio di perderla, poi andò a versarsi in un bicchiere da liquore del gin liscio che bevve d’un fiato, cercando per l’ennesima volta di liberarsi di quelle lacrime che facevano bruciare i suoi occhi ogni volta in cui ricominciavano a scorrere. Si concesse altri tre bicchieri di quel liquore, poi tornò nella propria stanza, dove avevano dormito lei ed Alex nell’ultimo mese e nel vedere da quella visuale il copriletto avente ancora la forma del corpo di Alex, non poté non piangere ancora più forte di prima. Tenendosi stretta la pancia che non smetteva di dolerle, andò a sedersi sul lato del letto dove era solita dormire e passò una mano sulle curve che creava il lenzuolo. “E così ora sono da sola, eh?”. Sussurrò guardando l’altro cuscino, come se stesse parlando con una persona invisibile. “Sai, ho pensato diverse volte a come avrei potuto reagire quando tu te ne saresti inevitabilmente andato. Ma nulla, nulla è comparabile a ciò che sto sentendo in questo momento. Il gin mi ha dato un po’ alla testa, ma ricordi quella volta, quattro anni fa, quando stavo correndo per andare a lavoro e inciampai finendo su un mare di sassi appuntiti finendo per ferirmi su tutto il corpo? Ecco, moltiplicalo per dieci e sposta questo dolore all’interno”. Lana abbassò lo sguardo e sospirando, si spostò i capelli sudati da un lato. Aveva gli occhi più tristi del mondo e per consolarla, nessuno avrebbe potuto colmare il vuoto enorme lasciatole dal partner deceduto. “Io non ce la farò senza di te...”. Sussurrò con voce bassissima e fievole, che dava l’impressione di stare per spezzarsi come una corda di violino troppo tesa. Scosse poi la testa e sussurrò ancora: “non preoccuparti, non ho intenzione di togliermi la vita e raggiungerti ovunque tu sia in questo lasso di tempo, anche se devo ammettere di averci pensato molto spesso e fin troppo seriamente nell’ultimo periodo… Prima di addormentarmi al tuo fianco, mi mettevo di continuo a pensare a quale fosse il metodo meno indolore per andarmene, ma poi mi soffermavo a guardarti dormire, spensierato nei tuoi sogni e capivo che non avrei mai potuto farti una cosa del genere, anche adesso che di te rimangono solo i ricordi nella mia mente e quelli sparsi per casa...”. Lana si sdraiò, andando poi a stringere il cuscino di Alex e scoppiando ancora una volta a piangere fragorosamente nel sentirvi impresso l’odore dell’amato che l’aveva abbandonata. “Come diavolo farò a vivere senza di te?”. Sussurrò Lana con voce rotta per poi lasciarsi andare al pianto doloroso finché le sue palpebre diventarono troppo stanche per restare ancora aperte. Lana preferì il sonno alla vita per almeno un paio di settimane: passava tutto il suo tempo nei campi felici che erano i suoi ricordi che aveva con Alex, osservando tutte le foto le cui avevano scattato insieme nel corso di tutti quegli anni di viaggi, fino a conoscerle in ogni più minimo dettaglio; riascoltava alcuni cd dove insieme avevano registrato i loro strumenti suonare insieme, componendo canzoni che spesso avevano il sapore di spensieratezza; accarezzava dolcemente i dipinti dell’amato defunto che erano riusciti a portarsi nel camper ed in quella casa e rileggeva tutte le poesie che gli aveva dedicato nel corso del tempo, quando ancora non li minacciava di una morte incombente, quando tutto era come doveva essere, quando i pensieri funesti erano solo un accenno in nottate particolarmente pensierose. Era dura per lei ricominciare a vivere e nemmeno voleva farlo: in quelle settimane era un semplice fantasma che si aggirava tra i ricordi e nemmeno sua madre, Christine, era riuscita a rincuorarla. Lei e Taylor, dopo il funerale di Alex - dove Lana aveva deciso di non presenziare perché non aveva voluto che il suo ultimo ricordo dell’amore della sua vita fosse stato quello di vederlo in una bara a tre metri sotto terra, avevano deciso restare in quella casa con Lana per un paio di giorni, per cercare di farle sfogare in qualche modo tutto il dolore che si teneva dentro. Ma Lana voleva che quel dolore così personale che sentiva, non andasse da nessuna parte e quindi non voleva nemmeno condividerlo con quelle persone a lei molto care. Per cui, non vi era stata ragione di farla riprendere perché era lei stessa a non volerlo sebbene una parte del suo cervello le ripetesse che era il caso di buttarsi tra le braccia di una persona cara e lasciar cadere su una spalla tutte le lacrime che tratteneva in presenza di altre persone. Taylor nel vedere Lana così depressa, aveva deciso di stare con lei per una settimana intera, ma a parte degli aneddoti su alcuni dei numerosi viaggi che lei ed Alex avevano intrapreso insieme, non era riuscita a far uscire null’altro dalla bocca di quella donna che ai suoi occhi pareva starsi tramutando in una semplice copia della Lana che era un tempo, quando Alex era in vita. Lana aveva detto chiaramente a Taylor che non era per cattiveria se non si sfogava di ciò che sentiva dentro, con lei, ma semplicemente che preferiva elaborare quel lutto da sola, senza l’aiuto da parte di terzi e non le importava se ci sarebbero voluti mesi o anni. Alla fine, quindi Taylor si era arresa e dopo essersi accertata del fatto che Lana non avesse voluto togliersi la vita, fece ritorno a casa dai suoi figli e da James da cui non riusciva a liberarsi. Miles aveva fatto visita a Lana un paio di giorni dopo la funzione e lei si era concessa di versare solo un paio di lacrime in sua presenza perché ancora una volta i ricordi avevano fatto leva su di lei ed aveva ricordato di alcuni pomeriggi che lei ed Alex avevano passato in compagnia di Miles. Ma nessun bisogno di essere abbracciata o confortata si era manifestato davanti a Miles e lui aveva capito che dietro agli occhi divenuti vitrei della donna, si celava un gran desiderio di solitudine e senza rubarle altro tempo prezioso, anche lui, infine, prese la strada del ritorno nella propria dimora. Lana, una volta sola, dopo quelle due settimane che le erano parse lunghe come cinque anni, si era concessa alla depressione ed all’alcool, del quale poco alla volta stava iniziando a diventare succube, tanto da non riuscire a prendere sonno, la sera, senza prima aver bevuto un paio di bicchieri di un qualsiasi superalcolico che la aiutava a distendere i nervi costantemente sotto tortura. La cosa che più faceva star male Lana era proprio quella di ritrovarsi nel letto da sola, senza più avere la certezza,l’unica che avesse mai desiderato in vita propria, di risvegliarsi accanto all’uomo che aveva amato, che amava e che avrebbe continuato ad amare. Per di più, sapeva bene che non sarebbe mai riuscita a superare del tutto la perdita di Alexander dato il carattere estremamente sensibile ed emotivo che si ritrovava ad avere e prima o poi, sapeva che sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe dovuto imparare a convivere con il letto vuoto, con l’assenza di musica proveniente dalla chitarra di Alex, con il freddo delle pareti spoglie senza i dipinti paesaggistici del suo amato che erano capaci di scaldare il cuore anche ad un uomo fatto di solo ghiaccio. Più di tutto, sapeva che non avrebbe più sentito la sua voce, a volte allegra, a volte fischiettante, a volte roca per l’aver fumato troppe sigarette, a volte singhiozzante per essersi lasciato coinvolgere troppo da un libro dalla trama drammatica, a volte sognante e pensierosa quando si dedicava alla pittura, a volte impegnata quando in qualche rara volta concedeva un testo alle canzoni che componeva con la chitarra e sopra ad ogni altra sfumatura, la sua voce che a fine giornata, cullava con maestria e leggiadria, i sogni di Lana, ripetendole che la amava e che sarebbe stato lì al suo risveglio, ancora un altro giorno, ancora un’altra notte stretti l’uno all’altra. La notte, infatti era il momento più difficile della giornata per Lana: in alcune notti, quando i liquori non facevano effetto su di lei, rimaneva sdraiata sul proprio lato del letto a guardare quello vuoto: in alcuni casi, la propria testa ricreava l’immagine di Alex che dormiva di fianco a lei, ma Lana scacciava via subito quelle immagini perché non voleva vivere illudendosi del fatto che prima o poi lui sarebbe tornato, non voleva diventare una di quelle donne che sono capaci di andare avanti giorno dopo giorno grazie solo alla loro fervida immaginazione. Lana non si era nemmeno messa a fare ricerche, come al suo solito, a riguardo dei fantasmi di cari defunti o su come avrebbe potuto contattare l’anima di Alex, semplicemente perché non voleva vivere nemmeno di superstizioni e mettersi a fare strane meditazioni o rituali con il pretesto di volere vicino ancora una volta l’uomo che in cuor suo continuava ad amare nonostante la sua scomparsa. Tre settimane dopo la morte di Alex, in un pomeriggio di metà Settembre, Lana si era messa a dare una ripulita a quel camper che era restato per quasi due mesi a prendere polvere nel piccolo giardino della casa dei suoi genitori e dopo averlo fatto splendere all’esterno, decise di dare una sbirciata dentro: non aveva più messo piede lì da quando era morto Alexander e ci era andata raramente anche quando lui era stato malato, giusto per andare a prendere qualcosa che lui le chiedeva quando la sua malattia gli iniziava ad impedire anche di uscire fuori di casa, come una delle sue chitarre o uno specifico libro che voleva rileggersi. Ancora una volta, nel ritrovarsi sulla soglia del camper che all’interno odorava di chiuso e di qualcosa che nel mini frigo doveva essere andato a male, Lana si ritrovò pervasa dai ricordi che non le davano nemmeno il tempo di respirare, colpendola con una certa violenza dritto nel cuore e ancora più a fondo, arrivando a toccare la propria anima così fragile in quei giorni di buio. Il primo dei numerosi ricordi che tornò nella sua mente, fu di quando dieci anni prima, Alex si era presentato davanti a casa propria, a Mooney, senza un lavoro, una macchina, ambizioni di potere o un tetto sulla testa, ma solo con quel camper e tanta, tantissima voglia di partire e lasciarsi il passato alle spalle con accanto Lana, colei che fino a quel momento aveva sempre cercato ma mai ammesso di volere come compagna di vita… Lana andò a sedersi sul piccolo divano e si portò una mano sulla pancia che aveva ripreso a farle male come le accadeva spesso in quei giorni colmi di dolore e strazio. Portò l’altra mano tra i propri lunghi capelli castani e sospirando, con le lacrime agli occhi, sussurrò: “dovevamo finirlo insieme il viaggio della nostra vita...”. Un paio di lacrime andarono a rigarle il viso ed inevitabilmente, prese a singhiozzare, così silenziosa nel contenere il dolore più grande che avesse mai potuto sopportare. Lana avrebbe voluto evitare di guardarsi intorno perché sapeva bene che la propria testa le avrebbe riportato alla mente tutti gli altri ricordi come le loro sere d’inverno passate a tenersi stretti nel letto e i pomeriggi d’estate sull’autostrada, in cerca di nuovi luoghi da esplorare, la piccola radio accesa a tutto volume mentre si preparavano il pranzo a vicenda, le gare stupide per chi dovesse occupare il divano su cui lei era seduta in quel momento, i muri pieni di alcuni dei dipinti più belli di Alex e di qualche poesia di Lana che aveva scelto lui stesso di esporre… Decise di uscire da quel camper: era ancora troppo presto per lei, lasciarsi coinvolgere da tutti quei ricordi quando proprio in quei giorni stava cercando disperatamente una distrazione a tempo pieno da essi, quindi fece per uscire ma proprio prima di mettere piede sul prato del giardino, qualcosa attirò la sua attenzione: un piccolo e timido raggio di sole aveva illuminato una piccola zona sotto al letto con ancora le lenzuola disfatte, andando ad illuminare appena un blocco di quadernini e Lana ebbe un sussulto nel capire subito di cosa si trattasse: senza indugiare, andò velocemente a recuperare quel blocco composto da almeno una trentina di quaderni dove lei ed Alex, nel corso dei loro viaggi, avevano annotato le loro esperienze fatte insieme e dopo aver pulito col dorso della manica della propria felpa uno strato di polvere sopra ad alcuni di essi, ebbe un’illuminazione improvvisa: da tempo stava pensando ad un modo di far conoscere al mondo quanto fosse stato straordinario Alex e finalmente aveva la soluzione proprio tra le proprie mani. Uscì in fretta dal camper, custodendo stretti al proprio petto quei piccoli tesori, quei diari dei loro ricordi insieme, al riparo dalla pioggia sottile e tornò subito in casa, andando ad appoggiare il suo tesoro ritrovato, sul tavolo in legno della cucina e stava per iniziare a sfogliarli quando venne interrotta dal suono del campanello. Lana andò ad aprire alla porta con un po’ seccata: aveva finalmente trovato il modo perfetto per esternare tutto il dolore che stava provando negli ultimi mesi e non avrebbe mai voluto essere disturbata proprio quando stava per iniziare a sfogliare quei diari così intimi e privati, soprattutto perché in dieci anni di viaggi, lei non si era mai azzardata a leggere cosa Alexander avesse scritto tra quelle pagine e mentre apriva la porta d’ingresso, si era già lasciata assalire dai dubbi: era davvero il caso di leggere delle personali impressioni di quello che fino a poco tempo prima era stato l’amore della sua vita? Scosse appena la testa e decise che ci avrebbe pensato dopo, quando avrebbe cacciato via l’ importunatore di turno che aveva appena suonato alla porta. La persona che l’aveva disturbata, però, si rivelò essere Taylor. “Ciao Lana, sono passata da qui e ho pensato di venire a farti un saluto. Ti disturbo?”. Lei avrebbe voluto rispondere di si, ma il suo buonsenso la costrinse a scuotere appena la testa in segno di dissenso, facendo subito tornare sul proprio volto quell’espressione triste e malinconica che l’aveva accompagnata per tutto il periodo dopo la scomparsa del suo amato ormai defunto. Fece accomodare Taylor dentro casa che però, non perse tempo a fiondarsi sui numerosi diari che erano sparsi su tutto il tavolo. “Cosa sono questi?”. Chiese la donna con una certa curiosità nella voce e Lana, protettiva come una leonessa con i propri cuccioli, si avvicinò subito a lei, andando a posare una mano sulla copertina verde acqua di uno dei tanti diari. “Niente… Sono solo altri ricordi. Vuoi un caffè?”. Taylor ignorò la domanda di Lana, continuando a guardare quegli oggetti che ai suoi occhi apparivano come un pericolo che avrebbe potuto nuocere all’amica. “Sei sicura che ti abbia fatto bene andare a ripescarli?”. Chiese con una smorfia. Lana non poté fare a meno di sospirare, rispondendole cercando di mantenere un tono di voce tranquillo, anche se in quel momento non si sentiva affatto in quel modo. “Non ho ancora avuto modo di sfogliarli...”. “Allora, forse sono arrivata al momento giusto”. Disse Taylor che portò poi gli occhi azzurri su quelli ormai perennemente tristi di Lana. “Perché non li rimettiamo dove li hai trovati?”. “Non ci penso proprio”. Fu la risposta netta e decisa di Lana, alla quale iniziava a turbare il fatto che la mano di Taylor stesse ancora accarezzando le varie copertine dei diari che contenevano al loro interno le svariate emozioni dei viaggi che aveva intrapreso con Alex in quello che le sembrava essere stato tantissimo tempo prima, una vita precedente. “Non ti sto dicendo di bruciarli o altro...”. Si difese Taylor, notando il tono di voce duro che aveva usato Lana nei suoi confronti. “Mi stai dicendo di metterli da parte e non toccarli più, che è più o meno la stessa cosa”. Ribatté Lana con acidità, mantenendo i propri occhi su quelli di Taylor, per assicurarsi che non andassero a posarsi ancora una volta sui diari. “Non posso darti torto, ma rifletti: a che ti serve adesso, tornare a scavare nel passato? Starai solo peg-”. Lana non lasciò finire Taylor e ribatté con foga: “ed hai ragione, ma ora come ora, questi ricordi sono le uniche cose che mi fanno sentire viva”. Mise dell’enfasi nell’ultima parola, sforzandosi di farle capire il bisogno che ne aveva. “E allora vuoi passare tutta la vita a sfogliare pagine e pagine di ricordi?”. Chiese Taylor, usando un tono di voce che a Lana ricordò quello di un’insegnante che sta per mettere in punizione un ragazzino disobbediente. “Senti, Taylor. Con tutto il bene che ti voglio, questi non sono affari tuoi”. Rispose Lana, spazientita, sfoderando un’altra porzione di acidità e facendo un mezzo passo verso di lei, come per intimorirla. “Non sono affari miei? Sono tua amica, Lana. Voglio solo tenerti alla larga da altre sofferenze inutili”. Rispose, iniziando a raccogliere i diari sparsi sul tavolo di legno. Lana la fermò all’istante, andando a stringere un suo polso con la mano, mettendoci la poca forza che ultimamente aveva nel corpo. “Questi diari non mi faranno soffrire. Voglio solo tornare ad essere felice per qualche secondo leggendo dei viaggi di me e lui insieme”. Taylor mollò la presa da alcuni dei diari che era riuscita a raccattare, rendendosi conto del fatto che Lana aveva iniziato ad agitarsi e non voleva che perdesse la calma a causa sua. Perché non provi ad essere felice facendo qualcosa qui, nel presente?”. Le chiese la donna bionda, esasperata dal comportamento dell’amica. “Perché era Alex ad essere la mia felicità! Nessuna cazzo di cosa o persona potrebbe mai sostituirlo!”. Come era ormai da copione nell’ultimo periodo, Lana dopo quelle parole, scoppiò a piangere e Taylor si ritrovò ad abbracciarla e a stringerla forte a sé, in un vano tentativo di poter riuscire a confortarla. “Lo so che adesso ti sembra di non riuscire ad affrontare tutto ciò, ma il tempo metterà a posto tutto...”. Sussurrò Taylor tra i capelli di Lana, la quale si era già abbandonata ai singhiozzi sulla spalla dell’amica, andando ad inzupparle la giacca che aveva indosso. “Non rimetterà a posto proprio niente...”. Sussurrò Lana, mentre cercava di riprendere fiato tra un singhiozzo e l’altro. Taylor sentiva vibrare il suo corpo, scosso da cotanta sofferenza e con una mano, prese ad accarezzare la sua schiena. “Invece si, vedrai che domani starai già un po’ meglio di oggi”. Taylor aveva una voce dolce e rassicurante e Lana, dentro di sé era contenta del fatto che lei avesse abbandonato l’idea di portare via quei diari. “E’ come… “. Prese un respiro e poi continuò dopo essersi schiarita la voce. “Ti sembrerà scontato ma è come se mi mancasse una parte della mia anima, Tay… Non riesco nemmeno a spiegartelo...”. Disse Lana con voce roca, staccandosi appena dall’abbraccio per poterla guardare negli occhi e Taylor, nel vedere i suoi occhi scuri e dolci brillare di tutta quella tristezza che non riusciva a capire, accarezzò appena i suoi capelli, facendo una smorfia prima di risponderle. “Vieni da me. Stare con i miei figli ti farà stare meglio. Sono molto dolci e come hai potuto vedere, ti adorano”.Accennò un debole ma caldo sorriso che Lana, però non riuscì a ricambiare ed ancora una volta, scosse la testa in segno di dissenso. “Non voglio che mi vedano in queste condizioni. E poi ho bisogno di stare da sola”. Taylor capì che in quel momento non era il caso di insistere, così abbracciò ancora una volta Lana e le sussurrò: “non fa niente. Resta pure a Woodville, se lo vuoi”. Lana la ringraziò e dopo essersi bevute insieme una camomilla, Taylor andò a posare nuovamente gli occhi sui diari e il suo sguardo cadde su uno in particolare che Lana riconobbe subito:aveva una copertina rigida ed era di un colore rosso scuro, tendente al cremisi, sopra vi era una scritta fatta con un pennarello nero, semi consumata, ma si poteva ancora leggere cosa ci fosse scritto, ovvero: “Let’s Ride”. Quello era stato il primo diario di Alex e a Lana tornò subito in mente di quando, durante il loro primissimo giorno di viaggio, si erano fermati in un autogrill, il primo che avevano trovato, proprio per comprare quelli che poi sarebbero divenuti i loro primissimi diari dei loro viaggi spensierati in lungo e in largo. Ricordava bene tutto l’entusiasmo che avevano messo nella loro partenza e che non li aveva mai abbandonati del tutto: in quei dieci anni, la loro voglia di vivere la vita giorno per giorno con l’unica certezza di avere un letto e quattro ruote con le quali muoversi in lungo e in largo di città in città senza mai fermarsi in modo permanente in un luogo preciso, ma continuando a restare in movimento, continuando a scoprire giornalmente percorsi, cibi, tradizioni e tanto altro, ma soprattutto riscoprendosi anche ogni giorno, sempre più innamorati della vita che si erano scelti. “Questo era di Alex, vero? Riconosco la sua scrittura da cani”. Disse Taylor con un abbozzo di sorriso, distogliendo Lana dai propri pensieri. Lei appoggiò la tazza ormai vuota sul tavolo e per quanto si stesse sforzando, non riuscì a ricambiare quel mezzo sorriso dell’amica, perché era ancora troppo triste per poter permettere al suo lato ironico di riemergere. “Si”. Rispose semplicemente, con voce fiacca e stanca. Taylor le rivolse uno sguardo dispiaciuto, carico di compassione ed era proprio ciò che Lana non voleva vedere: sapeva benissimo che, tutta quella sofferenza che sentiva addosso in quei giorni che sembravano non finire se prima lei non versava qualche lacrima per Alex, prima o poi sarebbe diminuita fino a diventare solo dei piccoli sprazzi di malinconia di tanto in tanto, ma le serviva molto tempo per elaborare quel lutto. Lana in situazioni come quella, rimpiangeva di essere nata con un carattere così emotivo e sensibile, che di certo non le stava rendendo facile superare quel lutto, ma dentro di sé, nel profondo del suo essere, desiderava anche passare il tempo da sola, a cercare nella propria ed unica energia la forza per alzarsi ed andare avanti con la propria vita e detestava l’idea di dover piangere sulla spalla di qualcuno o anche solo mostrarsi triste davanti alle persone che amava. Ma Taylor sembrava non riuscire a capire quel bisogno intimo della donna e non poteva darle colpe, perché fortunatamente non avevano caratteri simili e quindi era ovvio che ritenesse opportuno andare a trovarla per vedere come stesse in quei giorni o cercare modi su modi per distrarla o confortarla. Taylor aveva detto qualcosa che Lana non aveva sentito, così fece per alzare lo sguardo e nel vedere che lei stava per sfogliare il primo diario di Alexander, le tirò via l’oggetto dalle mani con uno scatto improvviso che di certo la bionda non si era aspettata fino a quel momento. “Ehi, che ti prende?”. Chiese Taylor, con un tono di voce leggermente infastidito. “Questo diario è privato. Io ed Alex non ci siamo mai scambiati i nostri diari nel corso di questi dieci anni per leggerli”. Taylor aggrottò le sopracciglia coperte dalla frangia bionda, perplessa. “Lana, ma ora non c’è più...”. Rispose lei sottovoce, turbata dall’atteggiamento di Lana. “Lo so benissimo che è morto”. Disse Lana, enfatizzando l’ultima parola, tornando ad essere acida ancora una volta. “E allora perché ti fai questi problemi?”. Chiese Taylor. Fece per accarezzare la sua mano, ma Lana la ritirò come se avesse appena messo per sbaglio, la mano su un insetto viscido. “Perché so bene come la pensasse lui su del materiale così riservato e credo che a malapena avrebbe lasciato leggerli a me, se glielo avessi chiesto”. Rispose, con gli occhi che improvvisamente erano divenuti due scintille di fuoco. “Ma che problemi ti fai?”. Chiese Taylor, alzando la voce ed alzandosi poi dalla sedia, tenendo le mani sul tavolo. “E’ morto. M.O.R.T.O”. Proseguì lei ormai quasi urlando, scandendo bene lettera per lettera dell’ultima parola pronunciata e tenendo gli occhi fissi su quelli di Lana, che non sembrava essere affatto scossa dallo scatto improvviso che aveva fatto la donna di fronte a sé. “Lo so bene, non c’è bisogno che me lo ricordi”. Sbottò Lana. “E allora prendi un’iniziativa, non startene lì impalata con quell’atteggiamento passivo-aggressivo”.La rimproverò Taylor. “Vorrei vedere te come reagiresti nella mia situazione”. Replicò sbuffando Lana, restandosene seduta ed incrociando le proprie braccia al petto. Taylor era davvero stanca di quell’atteggiamento che Lana aveva assunto dalla morte di Alex e voleva far capire alla donna che la sua vita non doveva sprecarla piangendosi addosso o nei ricordi, ma che invece avrebbe dovuto prendere l’iniziativa di fare qualcosa, qualsiasi cosa per iniziare a far cicatrizzare le sue ferite che lei invece continuava ad aprire ancora, in ogni momento, con quei ricordi che teneva sparsi per tutta la casa. “Io mi preoccupo continuamente per te. Sempre. Eppure da te, non ho mai sentito nell’ultimo periodo nemmeno due parole di interessamento nei miei confronti”. Lana aveva sgranato gli occhi a quelle parole e da arrabbiata, la sua espressione mutò, divenendo subito abbattuta. “Sto divorziando, ho due bambini da gestire dei quali uno ha un disturbo dell’apprendimento e devo cercare di aiutarlo il più possibile sia con la scuola che con le piccole cose, quel coglione di James non ne vuole sapere di darmi il mantenimento che mi spetta e da te non ho mai ricevuto nemmeno una parola di conforto nonostante negli ultimi tempi io ti sia stata sempre vicina”. Continuò Taylor, ma nel vedere il volto di Lana così sconvolto e triste, concluse con un sonoro quanto scoraggiato sospiro, facendo per andare verso la porta d’ingresso e proprio mentre stava per aggiungere qualcosa prima di andarsene, fu bloccata dalle mani di Lana che strinsero la sua schiena ed i suoi fianchi in un abbraccio che parlava per lei: si stava scusando senza usare le parole, perché in quel momento non ne aveva e nemmeno sapeva come fare a farsi perdonare da colei che non l’aveva mai abbandonata; Taylor poteva sentire una lacrima della ragazza scorrere sulla propria spalla che era per metà scoperta. Decise quindi di voltarsi e strinse a sua volta la donna in un caldo abbraccio, sussurrandole poi, mentre le accarezzava i capelli: “lo so che non lo fai apposta a comportarti così, ma potremmo dirci entrambe come ci sentiamo la prossima volta che ci vedremo, così potremo confortarci a vicenda, che ne pensi?”. Lana rimase stretta nell’abbraccio ancora per qualche secondo, poi decise di staccarsi per risponderle: “hai ragione, ma non saprei da dove partire...”. Alzò gli occhi luccicanti di lacrime sul viso chiaro dell’amica e si strinse le labbra più volte, senza riuscire a comunicare con le parole ciò che sentiva all’interno della propria mente. Taylor, in un gesto affettuoso, asciugò una delle sue lacrime, poi strinse le sue mani e le sorrise appena, dicendole: “tu provaci. Dimmi ciò che senti in questo momento. Anche se ti sembrerà scontato o stupido parlarne, ti assicuro che poi ti sentirai già più libera dal pesante macigno di tristezza che ti stai portando dietro”. Lana trovò le parole di Taylor rincuoranti, per nulla scontate o stupide come lei aveva detto e scosse appena la testa, poi mentre andava a sedersi sul divano, le rispose: “non è questo… E’ che senza di lui mi sembra che tutto abbia perso il senso stesso dell’esistenza...”. Disse solo quelle parole singhiozzanti, ma furono più che sufficienti per farle ritornare le lacrime agli occhi e Taylor andò ad abbracciarla ancora una volta. Alla fine, Taylor era restata fino a sera tarda ad ascoltare Lana e lei fece lo stesso con Taylor: decisero poi dopo cena di guardarsi un vecchio film comico per ridere insieme e di concedersi insieme un drink. Dopo il film, Lana fece vedere all’amica il camper che sostava ormai abbandonato in giardino da troppo tempo e le raccontò di alcuni aneddoti divertenti sulle sue avventure con Alexander, come un giorno in cui dovettero camminare a piedi per una decina di chilometri in piena estate dato che il camper aveva deciso di perdere benzina e lasciarli a piedi o quando in un giorno furono capaci di rompere due stufe elettriche e decisero di tenersi al caldo stando stretti insieme nel letto sebbene in quella sera si tenerono il broncio a vicenda come due bambini, la quale ringraziò l’amica diverse volte perché si era resa conto del fatto che aveva un enorme bisogno di poterne parlare con qualcuno che l’avesse capita e lei era molto probabilmente l’unica persona che avrebbe potuto farlo. Circa alle undici di sera, Taylor tornò a casa dai suoi figli e Lana, per una delle ormai rare volte in quelle tre settimane di tristezza acuta, non andò a dormire piangendo, ma con dipinto in viso un piccolo sorriso e gli occhi gonfi, ma finalmente rilassati, che avevano pianto per tutto il giorno. Lana dedicò una settimana intera alla lettura dei propri diari e di quelli di Alex, che fino a qualche giorno prima erano restati sempre segreti, eccetto qualche volta in cui la sera, prima di andare a dormire, si confidavano insieme le loro impressioni sulla giornata appena passata. Si ritrovò a piangere ancora e ancora, perché tra tutti i fogli che aveva letto di quei diari così intimi, vi aveva trovato tante frasi d’amore: amore per l’avventura, amore per Lana, amore per la vita, amore per gli animali, per la natura… Lana si era accorta anche del fatto che lui non le aveva nascosto nemmeno una volta la sua vera essenza da quando tanti anni prima, avevano deciso di partire insieme: tra le pagine di quei tanti diari che era riuscito a riempire nel corso del tempo con tanti scarabocchi, pensieri, alcune rime, dei numeri di telefono segnati in fretta in un angolo, i suoi sogni impossibili, le sue preoccupazioni impresse con una calligrafia più piccola, vi era proprio quella persona che ora tanto le mancava. Alcune di quelle pagine ingiallite erano state macchiate dalle recenti lacrime di Lana che non aveva resistito ed ancora una volta aveva dovuto asciugarsi gli occhi dolci dinanzi alla consapevolezza che la scioccava di continuo, di essere rimasta da sola. Per quanto riguardava i suoi diari, invece era stato come fare un viaggio nei propri ricordi e non ve ne era uno, nemmeno i litigi più duri o le giornate troppo calde o quelle in cui era malata o ancora, i giorni nei quali era giù di morale che non avrebbe vissuto di nuovo, ancora e ancora solo per poter vedere almeno gli occhi del colore del cioccolato di Alexander, quegli occhi che brillavano di un caldo così intenso da averla potuta riscaldare in ogni notte più gelida della propria vita. Decise poi, in accordo con Taylor, di mettere in atto un’idea che aveva avuto la settimana prima, quando aveva ritrovato quei tesori che erano i diari dei viaggi di lei ed Alex insieme: avrebbe scritto un libro che sarebbe stato adatto anche per cercare di soffrire di meno per la morte del suo partner defunto e lo avrebbe chiamato “Let’s Ride”, proprio come aveva intitolato Alex, dieci anni prima, il suo primo diario rosso cremisi. Introduzione: All’inizio della mia vita, quando conobbi Lui, ero molto piccola e non avevo la minima idea del fatto che avrebbe sconvolto totalmente la mia e la sua esistenza. Eravamo solo dei ragazzini quando iniziammo a confessarci di piacerci, poi per un lungo periodo di tempo non ci vedemmo, ma come nella più bella delle favole, dove il principe ritorna per la sua principessa, Alex tornò ed appena mi dimostrò che in fondo, nonostante gli anni in più sulle spalle, io mi innamorai perdutamente di lui, senza più via di scampo, senza più riuscire a mettere i piedi per terra. Perché è così che funziona l’amore, no? Ti prende in braccio, ti fa volteggiare finché non riesci a volare e quando sei in alto… Beh, nessuno riesce a fermarti. Nulla tranne la morte. In un giorno come tanti, dove le speranze erano poche e le giornate sembravano non passare mai, all’alba, lui si presentò davanti a casa mia e si inginocchiò di fronte a me, offrendomi una chiave, la chiave che avrebbe aperto i cassetti dei nostri sogni, la chiave che ci avrebbe liberati dalle nostre celle mentali, la chiave che ci avrebbe resi liberi e con l’illusione di essere immortali. Era la chiave di un camper verdognolo. Ed io accettai di amare me stessa, di amare lui e soprattutto, di amare la libertà.
  
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