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Autore: edoardo811    12/01/2018    0 recensioni
Quello che sembrava un tranquillo viaggio di ritorno alla propria terra natale si trasformerà in un autentico inferno per i Titans e i loro nuovi acquisti.
Dopo la distruzione del Parco Marktar scopriranno ben presto che non a tutti le loro scorribande nello spazio sono andate giù.
Tra sorprese belle e brutte, litigi, soggiorni poco gradevoli su pianeti per loro inospitali e l’entrata in scena di un nuovo terribile nemico e la sua armata di sgherri, scopriranno presto che tutti i problemi incontrati precedentemente non sono altro che la punta dell’iceberg in un oceano di criminalità e violenza.
Caldamente consigliata la lettura di Hearts of Stars prima di questa.
[RobStar/RedFire/RaeTerra] YURI
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Good Left Undone

XIX

PUFFY PANTS

 

 

Era sdraiata in mezzo ad un banco di nebbia. Si mise a sedere, massaggiandosi la schiena dolorante. La testa le faceva un male pazzesco, si sentiva tutta intorpidita. Si guardò intorno, cercando di capire dove si trovasse. Non vedeva niente, solo nebbia e oscurità. Il suo stesso corpo, sembrava sospeso nel vuoto. Il battito cardiaco accelerò. Cominciò a respirare più rumorosamente, ad ansimare senza nemmeno la propria volontà. La testa le stava esplodendo, non ricordava niente, non riusciva a mettere due pensieri diversi l’uno in fila all’altro.

Si rialzò. Faceva freddo, tanto freddo. Tremava come una foglia, nuvolette di condensa uscivano dalla sua bocca ogni volta che respirava. Si strinse nelle spalle e cercò di scaldarsi come meglio poté.

«Che sta succedendo...? Dove sono...?»

«Loro hanno bisogno di te.»

Le scappò un grido quando sentì quelle parole rimbombarle nella mente all’improvviso. Quella voce flebile, bassa, inquietante, che pareva un fruscio di foglie spazzate dal vento. «No, non di nuovo...» mugugnò stremata.

Due fanali azzurri si accesero di fronte a lei, in mezzo alla nebbia, facendola trasalire. Quella luce fredda, inquietante, che non aiutava di certo a rendere più allegro quel posto, la illuminò. Poi, dal buio, emerse di nuovo quella piccola creatura nera. Non appena la vide, indietreggiò d’istinto. Non sapeva perché, ma sentiva che la figura parata di fronte a lei era molto più misteriosa, antica e potente di quanto potesse immaginare. Percepiva un’energia sovraumana provenire da lei, qualcosa che ben pochi tra coloro che aveva incontrato in passato possedeva.

La vocina rimbombò di nuovo: «Loro hanno bisogno di te.»

«L-Loro? C-Chi?»

«Loro hanno bisogno di te.»

«Loro hanno bisogno di te.»

Altre voci, altri fruscii nella sua mente. Una, due, tre, quattro, era impossibile capirlo. Esplosero nella sua mente, una dietro l’altra, ripetendosi all’infinito, sovrapponendosi fra loro. Tutto ciò divenne insopportabile per lei. Sentiva che il suo cervello  non avrebbe retto ancora a lungo. Si premette le mani sulle tempie con forza, gridando esasperata, sperando che così facendo potesse farle tacere, ma non servì. Quelle continuarono, più fastidiose che mai.

Cadde in ginocchio, gridando di nuovo, spaventata.

Altre luci si accesero attorno a lei. altre creature uscirono dalla nebbia, tutte quante osservandola con quegli sguardi glaciali. Erano tante, forse una decina. Troppe. Cominciarono a turbinare intorno a lei, continuando a parlarle telepaticamente, sempre più insistentemente, fino allo stremo.

«Loro hanno bisogno di te» continuavano a dire. Non sembravano capaci di dire altro, fino a che una voce si distinse tra le altre, pronunciando una frase del tutto nuova. «Lui ti aiuterà.»

«C-Cosa? Lui chi?»

Nessuna delle creature le rispose, continuarono a turbinarle intorno, cominciando a pronunciare prima la frase appena detta, poi quella precedente.

Quello fu troppo, sentì il cervello implodere. Premette le mani sulle tempie, si piantò le unghie nella pelle fino a farsi male, poi gridò disperata: «Basta! Basta! Smettetela! Andate via! ANDATE VIA!»

Le creature cominciarono a turbinare con più ferocia, fino a quando diventò impossibile scorgere le loro figure. Solo la luce dei loro occhi rimase, trasformandosi in un cerchio luminoso che la circondava. Le voci continuavano a rimbombare nella sua mente, sempre più forti, sempre più veloci, fino a quando tutto non sembrò scomparire all’improvviso.

 

Corvina riaprì gli occhi e drizzò la testa, gridando disperata. Una fitta di dolore lancinante la colpì alla tempia all’improvviso, costringendola a placarsi e ad accasciare di nuovo il capo. Serrò di nuovo gli occhi, rimase un attimo sdraiata. Aveva il fiatone, il battito cardiaco accelerato ed era madida di sudore. Sentiva il fiato mancarle, ogni boccata d’aria le sembrava quasi vitale. Ci impiegò diverso tempo per riuscire a ricomporsi. Finalmente tornò a respirare regolarmente e sentì il cuore smettere di martellare nel petto. Fece una smorfia e si mise a sedere, tutta intorpidita. Si guardò intorno, massaggiandosi la testa, cercando di capire dove fosse e cosa fosse successo. Riconobbe all’istante le mura di camera sua, il suo letto, lo specchio, la finestra. Guardò poi le sue mani. Tremavano. «Ma... ma cosa...» Il sogno appena avuto le tornò in mente all’improvviso. Deglutì. «Che... che cosa significa?»

La risposta non tardò ad arrivare. Sgranò gli occhi. «I Titans!»

Si voltò verso la finestra. Quelle creature, quelle voci... ora era chiaro. Doveva uscire da lì, doveva trovare i suoi amici e al più presto. Mentre si teletrasportava fuori dalla stanza, ricordò gli ultimi avvenimenti. Primo tra tutti, ciò che Canoo le aveva fatto. Strinse i pugni a quel pensiero. L’aveva stordita e l’aveva sbattuta in camera sua proprio nel momento meno adatto. I pirati erano arrivati, avevano assediato il villaggio, lei avrebbe dovuto essere fuori a combatterli, non trattata come una bimba indifesa.

Non riusciva a crederci. L’unica persona che fino a quel momento sembrava essere davvero disposto ad aiutarla e ad esserle amico, si era rivelato un traditore. Non nel vero senso della parola, il suo era stato un gesto atto a cercare di proteggerla, ma alla maga non andò comunque giu.

Cosa, poi, Canoo avesse in mente quando l’aveva riportata in camera sua, non lo sapeva. Credeva che non sarebbe uscita una volta svegliata? Oppure credeva che non si sarebbe svegliata tanto presto? Di nuovo, non lo sapeva, e in quel momento nemmeno le importava, a dire la verità. Con lo sciamano ci avrebbe ancora discusso, in quel momento però doveva raggiungere i suoi amici e al più presto.

Poi realizzò un’altra cosa. Il sogno avuto. Era stato grazie ad esso che si era svegliata, non c’erano dubbi. Il messaggio lasciato da quelle creature, poi, l’aveva lasciata sinceramente perplessa. Che fosse una premonizione anche quella? Che i suoi amici avessero davvero bisogno di lei? O erano i fongoid coloro a cui si riferivano quelle creature del sogno?

C’era un solo modo per scoprirlo. Si catapultò in volo fino al villaggio. Diverse cappe di fumo si sollevavano da più direzioni, molti edifici erano oramai dei cumuli di macerie e nessun fongoid si vedeva in giro, solo qualche pirata di tanto in tanto. E quello era un pessimo segno.

Notò qualcosa, nella via maestra, poco dopo. Scese a terra e procedette a piedi, nascosta tra i palazzi. Si sporse poi da un vicolo, per osservare meglio quella scena che aveva catturato la sua attenzione.  Sussultò quando realizzò cosa stesse accadendo.

Beast Boy. Stella. Cyborg. Amalia. Robin.

Terra.

Sdraiati a terra, occhi chiusi, nessun segno di vita, ammassati gli uni sugli altri quasi come fossero sacchi della spazzatura. Decine di figure torreggiavano su di loro, guardandoli compiaciuti. Quattro di loro spiccavano fra le altre, in mezzo a quella strada deserta, di quel villaggio oramai semidistrutto.

Corvina schiuse le labbra. Non riuscì a credere a ciò che vide. Li avevano sconfitti. I pirati li avevano davvero sconfitti. L’inferiorità numerica, forse, era stata la causa. Erano loro, dunque. Erano proprio i suoi amici quelli ad avere bisogno di lei, quelli a cui le creature del sogno si riferivano.

Ma... come...?, si domandò, incapace di fare altro. Come avevano fatto i Titans a farsi catturare in quel modo, come avevano fatto le creature a saperlo?

«Terra...» mormorò in preda allo sconforto, quando il suo sguardo cadde proprio sulla bionda. «No...»

Ma la preoccupazione per lamata valse meno di zero all’improvviso, quando vide in che stato era ridotto Robin. Corvina non credette ai suoi occhi. Il suo leader, quello su cui tutti loro riponevano sempre le maggiori speranze, era senza ombra di dubbio quello messo peggio fra tutti. Non c’era un solo centimetro di pelle sul suo corpo che fosse privo di ustioni, o lividi, o ferite di altro genere. Sembrava che lo avessero appena arso vivo.

«No... Robin...»

«Bene, bene, bene!» esclamò uno dei quattro all’improvviso, facendola trasalire. Corvina fu costretta a spostare lo sguardo su di lui. Lo riconobbe all’istante. Quello era Slag, non c’erano dubbi. «Ne abbiamo quattro! I miei complimenti a te, Caruso, tu ne hai presi ben due, tre considerando la tamaraniana!»

«È un piacere ricevere complimenti da lei, capitano» disse quello che doveva essere Caruso, piegando il capo in segno di rispetto. Sembrava l’incrocio tra un felino ed una tartaruga, a vederlo così.

Slag parve ampiamente compiaciuto, udendo tali parole, poi si voltò verso un’altra figura, questa molto più slanciata e formosa di Caruso. Era una donna, il cui busto terminava in una lunga coda verde. In un primo momento Corvina la scambiò per una sirena, ma guardandola meglio capì che invece era tutt’altra cosa. «Tu invece, Shiltya, mi hai un tantino deluso. Nessun terrestre catturato, solo quest’altra tamaraniana. Questa volta anche Shamus ha fatto meglio di te, catturando il terrestre verde. Forse dovrei riconsiderare la tua posizione.»

La donna serpente sbuffò inviperita, frustando l’aria molteplici volte con la lingua biforcuta. Incrociò le braccia e distolse lo sguardo dal capitano, grugnendo contrariata. L’ultima delle quattro figure, un gigante che faceva sembrare lo stesso Slag un nanerottolo, ridacchiò come un ebete.

«In ogni caso...» riprese Slag, richiamando l’attenzione di tutti. «... le tamaraniane non contano. Ci mancano ancora due terrestri. Forse hai ancora l’occasione di rifarti, Shiltya...»

Un’altra risatina si sollevò tra i pirati, mentre la donna intimava il silenzio furibonda, ma Corvina non ci fece nemmeno caso. Era troppo impegnata ad odiare con ogni fibra del suo essere Slag e i suoi. Lo sconforto di poco prima ora si era tramutato in rabbia. Rabbia per ciò che loro avevano fatto ai suoi amici e al villaggio. Si piantò le unghie nei palmi fino a farsi male, pur di non compiere atti impulsivi.

Poi realizzò una cosa. Mancava lei. Era lei quella che i pirati stavano ancora cercando. Lei e l’altro che mancava all’appello, Red X.

Quel pensiero la consolò in parte. I suoi amici erano stati presi, ma lei no. Poteva ancora salvarli, magari sfruttando l’effetto sorpresa. Il sogno avuto si rivelò finalmente per ciò che era, ovvero una vera e propria premonizione. I suoi amici avevano bisogno di lei, lei era l’unica che ancora poteva salvarli. Ma come?

Quel quesito cominciò a tormentarla. Cosa doveva fare, come poteva salvare i Titans dalle grinfie di quell’esercito di nemici?

Se ci fosse stato Red X da qualche parte, forse avrebbe avuto una chance in più, ma così non era. Il ragazzo in nero sembrava svanito nel nulla. Era da sola. Il suo cervello cominciò a macinare pensieri su pensieri, nel tentativo di trovare una soluzione per uscire da quell’impiccio. Doveva studiare un piano, e alla svelta, prima che quei tizi riprendessero a combinare disastri.

Ma per quanto si sforzasse, non sembrava riuscire a trovare uno straccio di idea.

«Bene, datevi una mossa allora!» tuonò di nuovo Slag, nel frattempo. Diverse grida di consenso si sollevarono tra i pirati, e fu quello il segnale che costrinse Corvina a scervellarsi il triplo più veloce.

Osservò con attenzione i suoi nemici riprendere a muoversi.

«Pensa Rachel, pensa...» mormorò per non farsi sentire. «Pens...» Si interruppe all’improvviso. Schiuse le labbra per lo stupore. I pirati si erano fermati, ognuno di loro fissava di fronte a sé con attenzione. Slag, in testa al gruppo assieme ai suoi tre vice, sembrava quello più stupito fra tutti nel vedere quel fongoid apparso praticamente dal nulla di fronte a lui. Un fongoid con lo scettro in mano, la testa alta e l’espressione severa.

«Canoo...» sussurrò Corvina, incredula. «Che stai facendo?»

Lo sciamano teneva il bastone appoggiato a terra come suo solito, osservava per nulla intimidito tutti i pirati parati di fronte a lui. Quegli stessi pirati che avrebbero potuto farlo a pezzi con estrema facilità.

«E tu chi sei, sgorbio?» domandò Slag, osservandolo quasi divertito.

«Il mio nome è Canoo, e sono lo sciamano di questo villaggio» ribatté il fongoid con tono fermo. «E sono qui in veste di messaggero del re per domandarvi di terminare la distruzione di casa nostra.»

Slag tacque per uno, due, tre secondi. Lo osservò per quel breve tratto di tempo, con l’enorme bocca schiusa per lo stupore, poi si voltò verso di Shamus. «Hai sentito anche tu, Shamus? Quel nano ci ha per davvero appena detto cosa dobbiamo fare?»

«No capitano, io ho solo sentito un piccolo insetto che chiedeva di essere ucciso!» disse il colosso, sbattendosi l’enorme braccio/cannone sul petto. 

«Lascia che mi occupi io di lui, capitano» aggiunse Shiltya, sollevando le dita munite di artigli affilati. «Lo squarto dalla testa ai piedi!»

La sicurezza di Canoo sembrò vacillare all’improvviso quando vide il gigante e la donna muoversi verso di lui, ma Slag li fermò. «Calmi, signori miei, calmi. Con la violenza non si va da nessuna parte.»

I due rivolsero un’occhiataccia allo sciamano, poi obbedirono al volere del capitano e tornarono accanto a lui e all’altro vice, il quale sembrava quello più calmo tra tutti. Teneva le braccia conserte e se ne stava in silenzio, serio come una statua.  

«Dimmi dunque, amico mio, perché mai dovremmo andarcene da qui?» domandò quindi Slag a Canoo.

«Perché ciò che cercate non è qui.»

Corvina sgranò gli occhi. Anche i pirati sembrarono sorprendersi. La maga cominciò a capirci sempre di meno. Corrucciò la fronte. «Che intenzioni hai...?»

Slag ci mise diversi secondi per recepire il messaggio, poi rispose: «Prego? Che intendi dire?»

Canoo indicò il gruppo di ragazzi stesi a terra. «Quelli erano gli unici ospiti qui presenti. Non c’è nessun altro terrestre in questo villaggio. Sono loro ciò che cercate, no? I terrestri. Mi spiace dirvelo, ma qui non ce ne sono altri. Li avete già presti tutti.»

«Che cosa? A noi risultava che ci fossero sei terrestri e due tamaraniane! Se è come dici tu, che fine hanno fatto gli altri due?!»

«Andati» ribatté semplicemente Canoo. Il suo volto sembrava una maschera, era impossibile capire che emozioni provasse o cosa stesse pensando. «Sono fuggiti nella foresta settimane fa’. Qualunque tentativo di cercarli è fallito. Se volete trovarli, dovete cercare là. Qui non c’è più niente. Non ha alcun senso continuare a distruggere la nostra casa.»

«Cosa mi dice che il tuo non sia solo un tentativo di proteggere gli ultimi due?» domandò Slag, scettico.

«E che senso avrebbe? Perché dovrei cercare di proteggerne solo due? Erano nostri ospiti, avrei cercato di proteggerli tutti, se avessi potuto. Ma loro hanno agito di testa propria, attaccandovi. Io non posso fare nulla per salvarli, ormai. Siamo troppo deboli per potervi sconfiggere. L’unica cosa che posso fare, e domandarvi almeno di lasciare stare casa nostra.»

«Mhhh...» Il capitano robot si prese il mento e cominciò a riflettere. Anche i suoi sottoposti sembrarono esitare.

Corvina, invece, non aveva alcun bisogno di riflettere. Aveva capito perfettamente il gioco di Canoo. Voleva difendere lei. Era disposto a sacrificare gli altri, ma non lei. Ciò le infuse un moto d’odio nei suoi confronti ancora più alto.

«Tu che ne pensi, Caruso?» chiese Slag al vice, dopo aver rimuginato qualche istante.

Il luogotenente scrollò le spalle, chiudendo l’occhio privo di benda. «Non saprei, capitano.»

«Tu, Shiltya?»

La donna sibilò maliziosa, con un sorrisetto arcigno stampato sul volto. «Nemmeno io saprei rispondere.»

«Shamus?»

«Puffy Pants!» esclamò il colosso, sollevando un pugno con fare vittorioso.

Slag annuì. «Sì, credo tu abbia ragione, Shamus. È impossibile capire se il fongoid dice la verità o meno. Ci serve l’aiuto del nostro esperto.» Il robot si girò e richiamò a gran voce i suoi uomini. «Molto bene, marmaglia! A quanto pare qui abbiamo finito, per il momento! Riportate le chiappe sulle navi, è ora di svegliare Puffy Pants!»

Un boato di giubilo si sollevò tra i robot, i quali cominciarono a battere a terra i piedi e a far cozzare le lame delle sciabole con il metallo dei loro petti. «Puffy Pants! Puffy Pants! Puffy Pants!» cominciarono a gridare, in preda all’esaltazione.

«Puffy Pants?» domandò Corvina, credendo di aver capito male.

«Sei stato fortunato, fongoid!» gridò Slag per farsi sentire fra la calca generata dai suoi uomini. «Per oggi il vostro villaggio è salvo. Da noi

Canoo non rispose, anche lui chiaramente spiazzato dalla stranissima reazione di Slag e soci. Poi i pirati sparirono nel nulla all’improvviso, dissolvendosi in una miriade di scintille rosse.

Quando Corvina se ne accorse, sgranò gli occhi. «NO!»

La ragazza corse fuori dal suo nascondiglio, si precipitò in strada, sorprendendo Canoo con la sua presenza. Ma al fongoid non diede la minima attenzione. Aveva atteso troppo, si era lasciata distrarre dalla discussione tra lo sciamano e il pirata, e se li era lasciati scappare. I suoi amici erano spariti. Erano con loro, probabilmente sulla nave. Li aveva persi.

«Ma che ci fai tu qui?»

La voce di Canoo la fece voltare verso di lui. Osservò con quanto odio avesse in corpo il fongoid, poi riportò l’attenzione ai quattro galeoni spaziali. Non aveva un secondo da perdere con lui, doveva salire la sopra prima che si allontanassero.

«Azarath Mitrion Zint...» Interruppe la formula per teletrasportarsi all’improvviso, quando vide un enorme boccaporto sotto una delle navi spalancarsi e un’enorme ammasso scuro ed indistinto precipitare da esso. Atterrò al suolo con un gigantesco impatto, da far tremare la terra, proprio al fondo della strada. Una nube di fumo e polvere si sollevò attorno al luogo dell’impatto, rendendo impossibile vedere cosa fosse caduto. Poi un poderoso ruggito squarciò l’aria e un’ombra mastodontica si sollevò in mezzo alla nube.

Corvina sentì un brivido percorrerla. Poi dal fumo emerse quella che si guadagnò di diritto il primato di creatura più orrenda e minacciosa che avesse mai visto.

Era simile ad un Basilisco Leviathan, era in grado di fluttuare verticalmente in aria nonostante l’assenza di ali. Era ricoperto da una spessa corazza naturale lungo tutta la schiena, mentre dal busto spuntavano decine di zampe laterali. Terminato il largo busto partiva una lunga coda gialla luminescente, che si assottigliava man mano che arrivava alla punta. La testa sembrava incavata tra due grosse squame simili a spalliere, gli occhi erano gialli come il corpo, orribilmente inquietanti, e la bocca era munita di denti aguzzi e di due enormi tenaglie simili a quelle dei cervi volanti.

Ruggiva, scuoteva la coda con ferocia e muoveva freneticamente le zampette e le tenaglie. Sembrava che qualcosa lo stesse tormentando brutalmente, a tal punto da farlo dimenare in quel modo. Dalla sua bocca uscirono poi delle vere e proprie palle di fuoco, che si scagliarono contro qualsiasi cosa capitò loro a tiro, appiccando diversi incendi. Era completamente fuori controllo. Avrebbe finito con il distruggere tutto il villaggio.

«Q-Quello è Puffy Pants?» sussurrò Corvina, intimorita.

Lo sguardo del serpentone cadde proprio su di lei e Canoo. La maga deglutì quando quei raggelanti bulbi senza iridi si posarono su di lei. La creatura ruggì di nuovo minacciosa, poi partì all’attacco.

 Il suo intento di salvare i propri amici andò a farsi friggere quando vide quella bestia precipitarsi verso di lei. Si alzò in volo e si allontanò alla svelta dalla strada, un attimo prima che la creatura ci sputasse contro altre palle di fuoco. La maga fu costretta a contrattaccare, lanciando tutto quello che poteva. Ma i suoi attacchi magici sembravano non scalfire minimamente la scorza dura del serpentone.

Una sfera azzurra si abbatté sul corpo della bestia, ma anche quella non arrecò alcun danno. Corvina spostò lo sguardo e vide Canoo brandire lo scettro ancora luminoso.

«Che stai facendo? Vattene da qui!» gridò la maga quando intuì il suo intento.

Lo sciamano scosse la testa, serio in volto. «Quello è un Pythor, non posso lasciarti da sola contro di lui!»

«Ti farai ammazzare!»

«Gli Zoni mi proteggeranno!»

Il Pythor ruggì di rabbia e sputò altre palle di fuoco verso di lui. Canoo sgranò gli occhi e cercò di scappare, ma una esplose troppo vicino a lui e lo sbalzò via, facendolo gridare.

«No!» Corvina attaccò la creatura alle spalle, sperando così di distogliere la sua attenzione dal fongoid. Più la colpiva, più sembrava stuzzicarla, anziché ferirla. Il mostro si voltò e ruggì di nuovo, per poi attaccarla con altre palle infuocate.

Canoo era salvo, ma adesso era lei a doversela vedere con lui. Una pioggia di fuoco le cadde addosso. Corvina diede il meglio di sé per riuscire a schivarle tutte, ma una fu più veloce di lei. La maga non riuscì a schivarla in tempo e cercò di proteggersi con il suo scudo, ma la potenza di quella sfera era molto più grande di ciò che pensava, perché l’impatto sulla sua barriera di magia fu devastante. Lo scudo si ruppe e Corvina gridò di dolore, mentre precipitava a terra.

Si era svegliata da poco, era ancora troppo stanca ed intontita per riuscire ad affrontare un simile mostro, inoltre erano ormai giorni che non riusciva a fare una meditazione degna di quel nome. Non era in condizioni di affrontare un simile combattimento.

Vide il Pythor precipitarsi verso di lei. Cercò di alzarsi e di scappare da lì, ma il corpo non sembrava volerle obbedire. La creatura fu ormai a pochi metri da lei. La vide in tutta la sua grandezza. Spalancò le fauci ed un sonoro ruggito risuonò nell’aria.

Ma non era provenuto dal Pythor.

Lo stesso bestione sembrò accorgersene, perché si fermo all’improvviso e cominciò a guardarsi intorno, giusto un attimo prima che un’altra mastodontica figura lo travolgesse, trasformando il tutto in un miscuglio di ringhi, ruggiti, morsi e ululati di dolore.

Corvina riuscì a mettersi in ginocchio, osservando la scena con un misto di incredulità e paura. «Non è possibile...»

Il Pythor aveva appena trovato un nuovo avversario, questa volta uno grosso come lui. Un enorme serpente azzurro, sgradevolmente famigliare.

La maga non riusciva a credere ai propri occhi. Non sapeva cosa dire, nemmeno cosa pensare. Poi, una voce la riscosse da quello stato di trance: «Stai bene Corvina?»

La ragazza si voltò e per la seconda volta nel giro di poco tempo non riuscì a credere a ciò che vide. Un’altra figura era apparsa accanto a lei all’improvviso. Un ragazzo. Un ragazzo vestito di nero, che le sorrise. «Non ti vedo molto in forma...»

«R-Red X?!?!»

Il ragazzo era pesto e macchiato in diversi punti da una sostanza blu fluorescente. Accentuò il sorriso, per poi indicare con un cenno il Pythor e l’altra creatura intenti a combattere. «Ho portato un amico...»

Corvina si voltò di nuovo verso lo scontro ed osservò il serpente azzurro, le sue scaglie, la sua coda da pesce e il suo mastodontico volto. «Crotch...» sussurrò sempre più incredula.

Il Basilisco Leviathan sembrava ancora più grosso e cattivo visto in quella circostanza. Lo scontro tra lui e il Pythor era davvero cruento. Erano sollevati a diversi metri d’altezza e si mordevano a vicenda, ruggivano in segno di sfida e si sferravano frustate con la coda. Ad un certo punto il Pythor scagliò altre sfere di fuoco dalla bocca, ma il Leviathan contrattaccò scagliando anche lui dalla bocca delle sfere elettriche. I due attacchi si neutralizzarono a vicenda, esplodendo in aria, poi le due creature ripresero con il corpo a corpo.

Puffy Pants e Crotch, impegnati in un vero e proprio scontro tra titani.

«Ma... ma come hai fatto?» domandò la maga incredula.

X alzò le spalle. «Io non ho fatto nulla. È stato lui a tirarmi fuori dal lago e...»

Il ragazzo continuò a parlare, Corvina annuì inebetita, ma non lo ascoltava davvero. Era troppo presa dallo scontro che proseguiva. I ruggiti continuavano a lacerare l’aria, erano sempre più diversi, sempre più lancinanti. Poi ricordò una cosa fondamentale. «Aspetta un momento!» Si voltò di nuovo verso il ragazzo, ribollendo di rabbia. «Hai un bel coraggio a ripresentarti così!»

«Cosa?» domandò lui, colpito dal repentino cambiamento del carattere della ragazza.

La maga fece per ribattere, quando un altro fragoroso ruggito la anticipò. Entrambi si voltarono e videro il Pythor piantare con forza i denti nel collo del Leviathan. Il serpente giallo sembrava in vantaggio.

«Dannazione, dobbiamo aiutarlo!» esclamò X cominciando a correre.

«Eh?! E come?!» gridò Corvina di rimando.

Il ragazzo la ignorò. Si chinò su un gruppo di macerie e sollevò un detrito piuttosto appuntito. Lo osservò con attenzione, poi annuì. «Questo andrà bene!»

Brandì il detrito e si diresse verso i due giganti, gridando in segno di sfida.

«X!» urlò ancora la maga.

«Stai indietro!» ribatté lui. «Ci penso io!»

Il Pythor lo vide avvicinarsi e lasciò andare Crotch, poi ruggì e sputò altre sfere di fuoco verso di lui. Red X le schivò una dietro l’altra, saltando di lato, rotolando e accovacciandosi, poi proseguì la sua folle corsa verso la morte. «Tutto qui quello che sai fare?!»

Puffy Pants sembrò capire la provocazione, perché ruggì per l’ennesima volta. Poi partì alla carica. Volò a velocità sorprendente verso il ragazzo, spalancando le fauci. Red X si fermò e rimase immobile, ad attenderla. Strinse la presa attorno allo spuntone di cemento. «Avanti... avanti!»

La creatura lo raggiunse. Il tempo rallentò. Corvina avrebbe voluto intervenire, ma non sentiva più le gambe.

Red X saltò. Il Pythor cercò di morderlo, ma le fauci si chiusero a vuoto. Il ragazzo atterrò sulla sua testa e si aggrappò ad una delle due squame post-occipitali. Puffy Pants ruggì di frustrazione e cercò di dimenarsi per toglierselo di dosso, ma Red X mantenne salda la presa.

«Perché... non stai... un po’...» Il ragazzo gridò in segno di sfida e piantò il detrito in un occhio del Pythor. «... fermo!!»

Lo spuntone penetrò senza la minima difficoltà quello che probabilmente era l’unico punto debole della creatura. Questa ruggì ancora una volta, però di dolore, ed inarcò la schiena. Red X mollò la presa e cadde a terra grugnendo di dolore, poi rotolò lontano dal serpentone.

Il Pythor si dimenò, continuando ad ululare di dolore, cercando di togliersi dall’occhio quel pietrone, poi un altro ruggito lo fece voltare. Crotch tornò alla carica e lo travolse, affondando i denti acuminati nel suo collo, penetrando la corazza. I due precipitarono contro un complesso di edifici e li sfondarono. Furono entrambi sepolti dalle macerie. Una coltre di polvere bianca si sollevò in aria.

Si susseguirono altri guaiti, altri ruggiti e altri versi lancinanti. Poi fu il silenzio.

Corvina sentiva il cuore battere talmente forte che temeva potesse esploderle nel petto. Red X si rialzò in piedi dolorante, poi drizzò lo sguardo verso i detriti, serio in volto.

Trascorsero diversi istanti di nulla, poi il fumo si diradò ed una sola creatura si alzò, ruggendo in segno di trionfo. Corvina riprese a respirare, mentre Red X sorrise. Crotch era il vincitore. Puffy Pants giaceva esanime sotto un lenzuolo di macerie, con una strana sostanza giallognola che colava dall’occhio colpito dal ragazzo e dai punti morsi dal Leviathan. 

Il Basilisco tornò in strada e guardò Red X, ringhiando sommessamente. Il ragazzo allargò il sorriso, poi annuì. «Puoi andare. Siamo pari adesso.»

Crotch continuò a ringhiare, poi piegò la testa e si voltò. Si alzò di nuovo in volo e si allontanò da loro, diretto verso la sua tana.

Corvina osservò la sua imponente figura allontanarsi, ancora atterrita, poi guardò X. Lui si accorse del suo sguardo e il suo sorriso divenne provocatorio. «Non serve che mi ringrazi.»

La maga aprì bocca per parlare, ma le parole le morirono in gola. Un grugnito attirò la sua attenzione. Si voltò e vide Canoo rialzarsi a fatica, aiutandosi con lo scettro. Era un po’ ammaccato, ma vivo. Quando si accorse di Red X, serrò la mascella. «Tu... tu che ci fai qui?!»

Il sorriso vacillò dal volto del ragazzo. «Ancora? Che altro avrei dovuto fare, guardare mentre quel coso vi ammazzava tutti?»

«Canoo!»

Un’altra voce giunse alle loro orecchie. I tre si voltarono e videro un gruppetto di guardie fongoid avvicinarsi.

«Alla buon ora!» sbottò Red X quando li vide.

Quando arrivarono, andarono ad aiutare lo sciamano, domandandogli se stesse bene. Lo sciamano annuì, poi accennò al ragazzo in nero. Le guardie si voltarono verso di lui e sgranarono gli occhi.

«M’beh? Che avete da guardare?» sbottò X, irritato dai loro sguardi.

Corvina rimase immobile, la testa che le ciondolava, mentre le guardie puntavano i loro scettri contro di lui. «Fermo dove sei!» gridò una di loro.

Il ragazzo li guardò atterrito. «Che diavolo significa?!» Si voltò verso la maga in cerca di spiegazioni, ma da lei, di nuovo, non uscì un solo respiro.

Ci pensò un’altra voce a rispondergli. «Significa che sei in arresto!» Le guardie si fecero da parte ed un altro fongoid avanzò in mezzo a loro, osservando X con freddezza.

Quando il ragazzo lo vide storse il naso, piantandosi le unghie nei palmi. «Figlio di puttana...» sibilò a denti stretti.

Galvor avanzò verso di lui, testa alta e sguardo severo. Si fermò a pochi passi di distanza e batté lo scettro a terra, per poi rivolgergli un freddo sorriso, un sorriso di cui solamente loro due seppero l’esistenza. Poi il capo delle guardie tornò serio e gli puntò il bastone.

«Sei in arresto per aver messo in pericolo l’intera comunità!»

«Vorrai scherzare!» gridò X, alterandosi, mentre le guardie lo circondavano. «Corvina, fa qualcosa dannazione!»

«Non permetterti di rivolgerti così alla Salvatrice!» esclamò Canoo, furente.

Lui ti aiuterà!

Quelle parole rimbombarono all’improvviso nella mente della maga, facendola trasalire. Vide cosa stava accadendo, vide le guardie circondare l’unico dei suoi compagni rimasto. E a quel punto agì di impulso. Si fece largo tra le guardie e raggiunse il ragazzo, afferrandolo per un braccio.

Galvor grugnì sorpreso, così come Canoo e le guardie. «Che stai facendo?»

Corvina non rispose. Sussurrò il mantra e teletrasportò sia lei che X lontano da lì, lasciando i fongoid con un pugno di mosche in mano.

 

 

 

 

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