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Autore: TheyIdiot    15/01/2018    1 recensioni
[Victor Stone x Barry Allen]
Così diversi ma così simili.
Appartenenti a due mondi totalmente diversi, due mondi che pian piano si avvicineranno fino ad unirsi.
~•~•~•~
I suoi occhi furono catturati da un lampo di luce, qualcosa come una saetta stava sfrecciando tra gli alberi del bosco che circondavano il lago, e Victor non impiegò molto a capire di chi si trattasse.
Un sorriso ampio e due occhi dolci comparvero sulla superficie del lago e Victor si trovò a chiudere gli occhi per ritornare padrone di sé.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Barry Allen, Victor Stone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Tu mi fai sentire umano Barry – sussurrò al buio della stanza, perfettamente consapevole del fatto che Barry, ormai abbandonato al sonno, non avrebbe sentito – Mi fai sentire umano, più umano di quanto mi sia mai sentito, anche prima dell’incidente»

 



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Victor osservò l’immenso lago che circondava la casa di Bruce Wayne, riflettendo sui fatti che si erano susseguiti nell’ultimo periodo.

Dopo la vittoria contro Steppenwolf – la Justice League – aveva deciso di creare un nuovo quartier generale ed impegnarsi per trovare nuovi meta-umani che potessero fornire il loro contributo nella squadra.

Ma – per quel momento – erano ancora in sei e la loro sede non era ancora pronta, la “Bat-Caverna” – com’era stata rinominata – era ancora il loro centro operativo.

 

Per questioni di comodità, Bruce era stato così gentile – sotto consiglio di Alfred ovviamente – ad offrire loro una stanza in quell’enorme villa, in modo da non doversi spostare continuamente.

Era proprio dalla parete di vetro della sua stanza che Victor guardava l’acqua, cercando di trovare un poco di pace in quel paesaggio mozzafiato.

Poteva vedere quello splendido paesaggio riflesso nell’acqua limpida; gli alberi che scuotevano lievemente le fronde seguendo il vento, le stelle talmente vicine da riflettersi in quello specchio scuro.

 

Trovava qualsiasi cosa guardando quel paesaggio, fuorché la pace che stava cercando.

L’unica cosa che desiderava era un po' di pace e di silenzio, per far tacere quei continui beep e l’accumulo di dati che non gli permetteva di dormire.

Da quando quella sua nuova vita era iniziata, dormire era diventata un’impresa impossibile ed iniziava a sentire la fatica e l’irritabilità che lo divoravano.

Rimaneva sveglio per ore, torturato dai flashback della sua vita prima dell’incidente, dai ricordi di sua madre, dalle speranze che aveva nutrito per anni.

Si era sempre aspettato una vita splendente, una bella famiglia felice – come lo era stata la sua un tempo – e tutto si era invece sgretolato davanti ai suoi occhi.

Tutto sparito, come semplice fumo.

Non avrebbe mai avuto una famiglia sua.
 

Quale persona sana di mente avrebbe passato il resto della sua vita con una creatura formata al 90% da metallo?
 

Si soffermò brevemente sul riflesso del suo viso nel vetro e guardò con disgusto quella che sembrava una corazza metallica a proteggerlo – ma in realtà sotto non vi era nulla da proteggere, era quello il suo corpo – osservò la miriade di lucette che continuavano a lampeggiare e tentò di ignorare i dati che continuavano a confluirgli davanti agli occhi.

Occhi che in quell’istante si persero ad osservare altro. Distratti.

Un lampo di luce, qualcosa come una saetta, stava sfrecciando tra gli alberi che circondavano il lago, ad una tale velocità che – per una persona che non possedeva la vista robotica di Victor – poteva sembrare un semplice riflesso.

 

Due occhi dolci ed un sorriso ampio e perennemente imbarazzato si tinsero sulla superficie del lago – sostituendo quel panorama mozzafiato con uno altrettanto stupefacente.

Victor si allontanò dalla vetrata e posò entrambe le mani sul comò al lato del letto.

Lasciò ricadere la testa in avanti e tentò di respirare lentamente, consapevole del fatto che se avesse avuto ancora un cuore normale quello avrebbe iniziato a battere all’impazzata.

 

Si allontanò dal mobile ed uscì silenziosamente dalla stanza, diretto verso quella di Barry.

Si fermò davanti alla porta e sollevò una mano per bussare, ma si fermò poco prima. Era certo che il forte rumore metallico contro il legno avrebbe prodotto un trambusto tale da svegliare tutti quanti, così aprì senza pensare.

 

La stanza era vuota – come si era immaginato – ed il letto era perfettamente in ordine, come se il ragazzo non ci si fosse neanche seduto.

Chiaramente Victor non era l’unico a soffrire di insonnia.

 

Decise che avrebbe seguito Barry, voleva essere certo che il ragazzo stesse bene e non avesse bisogno di qualcuno.


 

♦♦♦♦
 

 

Il luogo dove atterrò gli sembrò subito fuori luogo per una persona solare ed allegra come Barry.

Grazie all’armatura era riuscito a tracciare il suo camminò ed era finito nel più completo nulla.

Davanti agli occhi di Victor si ergeva una piccola collinetta piena di alberi, divisa a metà da una stradina che saliva verso un piccolo cimitero.

Victor si incamminò per la stradina, ma non poté far a meno di domandarsi cosa ci facesse Barry in un luogo tanto tetro in piena notte.

 

Non ci mise molto ad individuarlo.

Era accucciato davanti ad una piccola lapide, con il mento sopra le ginocchia e le braccia a circondare le gambe.

Sembrava totalmente ed innegabilmente afflitto e non appena si accostò a lui, Victor ne immaginò subito la ragione.

 

“Nora Allen” recitava la scritta nella piccola lapide di marmo bianco. Nora Allen, la madre di Barry.

 

Barry sobbalzò all’interno della sua tuta da Flash e si voltò verso Victor, tramortendolo con quei grandi e lucidi occhi scuri.

 

Quegli occhi…

 

Tremava come se fosse scosso da forti brividi ed effettivamente Victor si accorse del gelo che gli pungeva il viso, l’unica parte di lui che poteva ancora provare quel tipo di sensazione.

 

«Vic…» mormorò il ragazzo sfregandosi un occhio con un pugno chiuso, come se fosse un bambino.

Sembrava trovarsi altrove, gli occhi arrossati erano totalmente assenti, persi in chissà quali ricordi.

«Cosa ci fai qui?» domandò il ragazzo osservandolo.

Victor sentì un profondo disagio farsi spazio a spintoni dentro di lui ed il tarlo del dubbio spingerlo a domandarsi: “E se desiderava rimanere da solo con lei?”

 

Forse Barry non apprezzava l’idea di Victor lì ad assistere ad un momento tanto personale.

«Mi dispiace Barry io … ti ho visto uscire ed ero preoccupato, se vuoi …» lasciò la frase in sospeso continuando a guardare quegli occhi scuri, occhi che gridavano.

 

No, non voglio stare da solo, rimani con me.

 

Barry si voltò nuovamente verso la piccola lapide e Victor prese posto accanto a lui, sedendosi al suo fianco, ad osservare la piccola foto che ritraeva la donna che aveva messo al mondo Flash.

«Tua madre – sussurrò Victor studiando quella foto – ti assomiglia così tanto» disse sperando che non suonasse come una frase di circostanza, detta tanto per riempire il silenzio.

Ma Barry sorrise, uno di quei sorrisi sinceri e pieni di calore, come solo lui poteva fare.

«Non ricordo niente di lei …» mormorò dopo qualche secondo.

«Vorrei osservare quella foto e ricavarne dei ricordi, poter ricordare il suo sorriso, la sua risata o il suo profumo, eppure non riesco a ricordare nulla» confessò allungando una mano e passando lentamente il pollice sulla piccola foto ovale, come se stesse accarezzando realmente il viso della donna.

 

«Delle volte penso che se solo avessi qualche ricordo di lei sarebbe meno dolorosa la sua assenza, come se potessi attenuarla, come se fosse ancora qui con me».

Victor chiuse gli occhi, e nel buio delle sue palpebre chiuse vide un bellissimo viso sorridente, così simile al suo.

«Non credo che ti farebbe sentire meglio – rispose Victor – Io ho tantissimi ricordi di mia madre. Ricordo quando veniva a fare il tifo per me durante le partite, quando organizzavamo le maratone di film o quando Silas tornava da lavoro e ci trovava in cucina a preparare la cena» si bloccò leggermente sentendo un magone in gola.

La nostalgia era sempre tanta quando pensava a sua madre.

 

«Eppure non mi aiuta, continuo a pensare a tutti quei ricordi felici – a quando era ancora qui con me – e non riesco ad accettare l’idea di non poterla più vedere».

Barry portò gli occhi su lui e parve realizzare in quel momento che pure Victor aveva perso la madre e che poteva capire ciò che stava provando.

«Tantissime volte – dopo l’incidente – ho odiato Silas per avermi fatto diventare ciò che sono oggi, per avermi strappato al mio destino, che era quello di morire insieme a lei» mormorò buttando fuori tanto di quel dolore che per mesi si era tenuto dentro.

«Delle volte penso a come sarebbe stato più facile morire o a cosa potrebbe pensare mia madre di me, se solo potesse vedermi».

Abbassò gli occhi sulle sue mani robotiche e si domandò se sua madre sarebbe rimasta orripilata dalla visione del suo “corpo”.

 

Barry sorrise posando una mano sulle sue, fredde e metalliche. Il “cuore” di Victor in quell’istante sarebbe letteralmente saltato fuori dal petto.

 

«Se lei potesse vederti sarebbe fiera di te, dell’uomo incredibile che stai diventando Victor» disse guardandolo negli occhi con un sorriso.

«Tu salvi le persone, usi questo – disse posando le mani sul suo petto, al centro della sua corazza – usi questo corpo per salvare loro la vita, tua madre sarebbe fiera di vedere le tue potenzialità ma soprattutto di sapere che lo fai per donare una nuova occasione alle persone, un’occasione che lei non ha avuto, ma tu si» disse.

 

Victor non sorrise a quelle parole. Rimase ad osservare quel viso delicato e così bello, mentre un’emozione nuova ed incredibilmente forte gli riempiva la mente.

Barry allontanò le mani dalla sua armatura e si sollevò spazzolandosi la tuta da Flash.

«Forza andiamo a casa mia a dormire – disse con un sorriso ed un occhiolino – La casa di Bruce è bellissima ma non riesco mai a prendere sonno, infondo non è casa…».

 

Victor avrebbe voluto dirgli che lo capiva perfettamente, ma che purtroppo per lui neanche casa era più “casa”, neanche quel luogo in cui era cresciuto riusciva a donargli la pace necessaria.

«Vai, ti seguo» disse indicandogli la piccola stradina che scendeva lungo la collina.

Flash sorrise divertito. «Sempre se riuscirai a starmi dietro» disse muovendo i piedi.

Delle piccole scintille si formarono tra essi ed il terreno ed in pochi secondi Barry si trasformò in una piccola saetta luminosa che sparì così com’era arrivata.

Victor rimase al buio, con la luce di Barry ben impressa negli occhi, per poi voltarsi verso la piccola lapide di Nora Allen.

 

«Grazie per aver donato al mondo un supereroe come Flash – mormorò, sapendo nel profondo che la donna avrebbe sentito quelle parole – e grazie, per aver donato a me una persona come Barry» aggiunse sorridendo.

Sollevò il viso verso il cielo e pochi istanti dopo era già in volo.

 

♦♦♦♦

 

La casa di Barry era proprio come il suo proprietario: insolita, simpatica, eccentrica e caotica.

Sembrava un vecchio magazzino – e probabilmente lo era – ma era chiaro che Barry ce l’aveva messa tutta per renderla il più ospitale possibile.

Dentro aleggiava un piacevole tepore mentre – in sottofondo – era possibile sentire il suono dei grossi schermi che trasmettevano musica, dati, programmi TV ed informazioni.

 

Dietro una piccola parete era presente un grande letto dall’aspetto comodo, ed accanto ad esso era installato il piedistallo per l’armatura.

 

«So che non è esattamente ordinata …» disse con una nota di imbarazzo, buttando via una vecchia confezione di cibo da asporto posata su uno dei comodini.

Victor sorrise.

«Tranquillo, è perfetta» lo rassicurò sedendosi sul grande letto ed osservando Barry liberarsi lentamente dell’armatura.

 

«Inizia a sistemarti a letto, arrivo subito» disse allontanandosi verso una destinazione sconosciuta.

Victor si infilò sotto le coperte – vestito ovviamente – ed esse lo racchiusero come un caldo bozzolo circondandolo del profumo leggero di Barry che gli entrò lentamente nel cervello.

All’improvviso tutto si spense, tranne qualche lucetta lontana che continuò a lampeggiare, ma per il resto tutto venne inghiottito dal silenzio e dal buio.

Un piccolo movimento sul letto gli fece capire che Barry si stava sistemando sotto le coperte con lui, e Victor lo accolse tra le sue braccia, come se lo facessero da una vita, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

 

Barry si strinse forte a lui – cercando un po' di conforto – ignorando il petto duro ed innaturalmente freddo su cui aveva posato il viso.

Si stava stringendo forte alla sua felpa, respirando il suo odore, e Victor – per la prima volta dopo parecchio tempo – torno a sentirsi un uomo, con la sue emozioni e i suoi appetiti.

Barry tirò meglio la coperta, nascondendoli dal mondo circostante – che li vedeva come due abomini – iniziando a giocare con i lacci della felpa di Victor.

«Vic…» ne richiamò l’attenzione il ragazzo, sollevando leggermente il viso verso il suo.

«Siamo amici noi due?» domandò con una lieve sfumatura di insicurezza nella voce, riempendo Victor di tenerezza.

 

«Si Barry, certo che siamo amici» lo rassicurò l’altro, passandogli una mano tra i capelli scuri e sperando di non infastidirlo.

Ma Barry chiuse gli occhi in modo rilassato, facendo le fusa come un gatto per quelle coccole piacevoli.

Sembrava star bene con Victor, e lui se ne stupì.

Barry era capace di guardare oltre le apparenze, non si soffermava mai su ciò che aveva davanti, scavava e si immergeva fino a trovare il buono in tutto.

 

«Tu mi fai sentire umano Barry – sussurrò al buio della stanza, perfettamente consapevole del fatto che Barry, ormai abbandonato al sonno, non avrebbe sentito – Mi fai sentire umano, più umano di quanto mi sia mai sentito, anche prima dell’incidente» confessò ascoltando il respiro lento di Barry.

«E nonostante io sia la scelta peggiore che tu possa fare, non riesco a rinunciare a tutto questo – un piccolo dolore gli si formò nel petto – ...a te» mormorò chiudendo gradualmente gli occhi e lasciando che il profumo del ragazzo che stringeva tra le braccia, lo avvolgesse completamente.

 

Quella fu la prima volta – dopo tanto tempo – che riuscì a cedere all’incoscienza di un sonno profondo e tranquillo.

Aveva finalmente trovato la pace che aveva a lungo cercato.

   
 
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