Eric Murter & Evelyn Greengrass in Murter
1976
Evelyn
uscì dall’ufficio al fianco di Connor, passandosi
una
mano tra i capelli lasciati sciolti e leggermente scompigliati.
Da
quando era uscita dall’Accademia non aveva avuto un attimo
di tempo per realizzare con quanta velocità fossero passati
quei tre anni.
La
nomina ad Auror, il matrimonio con Eric, il lavoro nel
Dipartimento Interrogatori.
E
di certo in quel periodo di guerra incessante non c’era un
attimo per starsene buoni e tranquilli.
-
Malocchio ti ha parlato di quella cosa?
–
Annuì.
-
E cosa hai deciso di fare? –
-
Mi piacerebbe partecipare attivamente, ma Eric … -
-
Non è affatto convinto – concluse per lei
l’uomo, sorridendo
con l’aria di chi sapeva bene con chi aveva a che fare.
-
Già. Dice che è troppo rischioso, ma io non sono
d’accordo.
Non sono una bambola di porcellana da maneggiare con cura per evitare
che si
rompa. –
Il
sorriso si allargò ancora di più sul volto del
suo capo.
-
Non lo metto in dubbio visto come hai ridotto quel tipo
durante l’interrogatorio. Per un attimo ho creduto davvero
che si sarebbe
rannicchiato in un angolo e si sarebbe messo a piangere chiamando la
mamma. –
Trattenne
a fatica un sorrisetto divertito.
In
effetti quel giorno era stata più dura del solito durante
il lavoro, ma era da qualche giorno che non si sentiva molto bene e
inevitabilmente il suo malessere si era ripercosso sugli interrogatori.
-
Mi stava facendo innervosire. –
-
Oh, ma non ti sto mica criticando tesoro. Al contrario,
apprezzo un bel pugno di ferro con certa feccia. –
Fece
per replicare, ma zittì quando intravide il profilo alto
e muscoloso di Eric mentre chiacchierava sottovoce con Mosca.
Sentì
il sorriso dipingersi all’istante sul suo volto mentre
allungava il passo per raggiungere suo marito.
-
È una sorpresa oppure una visita di lavoro? –
Eric
le cinse la vita all’istante, sorridendole di rimando.
-
Per me è una sorpresa, per Mosca lavoro. Quindi se sei
pronta possiamo tornarcene a casa. –
-
Prendo la borsa e arrivo. –
Si
avviò verso l’ufficio sentendo su di sé
gli sguardi dei tre
uomini.
Scrollò
le spalle.
Stava
decisamente diventando paranoica.
Tornò
il prima possibile, trovandoli a confabulare.
-
Che succede? –
-
Connor lo sa – replicò Eric.
-
Connor sa cosa? –
-
Che sei incinta -, replicò candidamente il capo del
dipartimento, - è per questo che ultimamente sei lenta e
stranita. –
-
Io non sono lenta né stranita –,
protestò proprio mentre suo
marito annuiva convinto a quelle parole, - Eric! –
-
Che c’è? Ha detto la verità. –
Sbuffò,
lanciando loro un’occhiataccia.
-
D’accordo, ammetto di essere incinta ma sull’altra
questione
continuo a negare! –
Connor
parve voler insistere, ma Timoty scosse il capo
bofonchiando qualcosa sul mai mettersi contro a una donna incinta
perché poteva
trasformarsi in qualcosa di veramente spaventoso.
1977
Avvertì
la fitta proprio mentre erano a metà della cena con
Jacob e Reine. Portò una mano al ventre e subito la mora
seduta di fronte a lei
le rivolse un’occhiata penetrante.
-
Ci siamo? –
-
Non lo so -, bofonchiò in risposta, - ma questa era
più
forte delle solite. –
-
Se senti che aumentano diccelo e ti portiamo subito al San
Mungo – asserì il suo migliore amico, allungando
una mano dall’altro lato del
tavolo e gliela strinse piano.
-
Starò bene, Eric mi ucciderebbe se partorissi mentre
è a
lavoro quindi questo piccoletto dovrà aspettare ancora
qualche ora – asserì,
accarezzando dolcemente la pancia rigonfia.
-
Ha il turno con Frank Paciock questa sera? –
Annuì.
-
Credo che quei due vadano particolarmente d’accordo,
probabilmente è la natura pacata di Frank a bilanciarlo e
durante le vacanze di
Natale dello scorso anno abbiamo avuto modo di conoscere anche la sua
ragazza,
Alice. È a dir poco deliziosa e l’anno prossimo
proverà anche lei a entrare in
Accademia e … –
L’ennesima
fitta, molto più forte delle precedenti, le mozzò
il respiro e la costrinse a piegarsi su di sé.
Jacob
scattò in piedi mentre Reine infilava nuovamente il
piccolo Rey nel passeggino e faceva altrettanto.
-
La porto io al San Mungo, voi due rimanete a casa –
mormorò
dolcemente Jacob all’indirizzo della moglie e del figlio di
appena due mesi.
Poi
ignorò le proteste di Evelyn e la costrinse a infilarsi
all’interno del caminetto e a utilizzare la Metropolvere per
giungere in
ospedale, sostenendo che la Smaterializzazione fosse troppo pericolosa
nelle
sue condizioni.
All’accettazione
l’accolsero all’istante, porgendole i moduli
da compilare in attesa dell’arrivo del medico.
-
Avviso Eric così arriverà il prima possibile
– asserì Jacob,
affidandola alle cure dei Medimaghi e correndo a mettersi in contatto
con lui.
Evelyn
rimase così in balia di gente mai vista prima.
Indossò
il camice, seguì le loro indicazioni e attese
pazientemente fino a qualche momento prima che la portassero in sala
parto,
quando la porta venne spalancata ed Eric emerse con ancora addosso la
divisa
d’Auror e il fiato corto.
-
Sono in tempo? –
-
Appena in tempo. –
Lo
vide indossare la mascherina e gli indumenti sterili,
seguendo i Medimaghi, e lo sentì stringerle la mano mentre
cominciava a
spingere.
D’un
tratto, proprio mentre Evan veniva estratto, sentì la
presa annullarsi e vide Eric barcollare leggermente per poi perdere i
sensi.
Poteva
combattere contro maghi oscuri pericolosi e letali, ma
bastava un parto per metterlo ko.
-
E mio marito dovrebbe essere un Auror – commentò
solamente,
strappando una risata all’equipe medica mentre
l’infermiera più vicina le
metteva tra le braccia Evan.
Evan Murter – 1977
Erin Murter – 1978
Elsa Murter – 1979
1981
-
Tio Al, tio
Al! –
La
voce di Elsa, di appena due anni, la riscosse dai suoi
pensieri mentre facevano colazione.
La
piccola era arrivata fino al camino, nella sua andatura
ancora incerta e ciondolante, e sorrideva estasiata indicando
all’interno
dell’apertura.
Quando
vide il volto di Alastor Moody all’interno del
caminetto di casa loro Evelyn seppe all’istante che
c’era qualcosa che non
andava.
-
Evan, per favore, puoi portare Erin ed Elsa con te in
salone? –
Il
maggiore dei suoi figli annuì, prendendo le sorelle una per
mano e obbedendo all’istante.
Aveva
solo quattro eppure possedeva una maturità a dir poco
invidiabile.
Rimasti
soli, Alastor prese finalmente la parola.
-
Questa notte è successo qualcosa di tremendo, abbiamo
bisogno di almeno uno di voi. –
-
L’ennesima vittima che apparteneva all’Ordine?
– chiese
all’istante Eric.
Negli
ultimi mesi avevano cominciato a mietere vittime con
assiduità, sembrava quasi che i Mangiamorte sapessero
perfettamente dove
trovarli.
Il
volto scavato di Alastor si fece più cupo mentre annuiva
rassegnato.
Prima
i McKinnon, poi Michael Abbott, i Prewett, i Bones … e
adesso altri morti.
Quando
sarebbe finito tutto quel massacro?
-
Di chi si tratta? – chiese Evelyn con voce sottile, temendo
la risposta.
Non
poteva trattarsi di Jacob e Reine né di Floyd e Joss.
Era
certa che l’avrebbe saputo se fossero stati coinvolti
loro.
L’avrebbe
sentito.
-
I Paciock. –
Vide
Eric stringere la tazza del caffè tanto forte da mandarne
in frantumi i pezzi.
La
voce di suo marito si fece glaciale, segno che era ormai
prossimo alla furia più incontrollata.
-
Sappiamo chi è stato? –
-
Rodolphus, Bellatrix e Rabastan Lestrange di sicuro … il
tocco di quella pazza è evidente, ma non sappiamo se
è coinvolto qualcun altro.
–
-
Vado io – decretò all’istante,
afferrando il mantello da
viaggio mentre il volto di Malocchio svaniva lentamente.
-
Eric … -
-
Devo essere io a occuparmene. –
-
Lo so, solo … sta attento, ti prego. –
Si
chinò a baciarla.
-
Sempre. –
1990
- Lo sai che è assurdo che ti preoccupi in questo modo per
un
semplice Smistamento, vero? –
Evelyn
incrociò le braccia al petto e lo guardò come a
volerlo
sfidare a continuare con quella storia.
-
Te l’ho già detto. Tu parli bene perché
sia Evan che Erin
sono finiti a Serpeverde, ma Elsa è la mia ultima speranza.
Non posso credere
che nessuno dei miei figli finisca nella mia Casa. –
-
Continuo a pensare che sia una follia. –
La
moglie lo zittì con un cenno della mano, indicando il gufo
che stava planando verso la finestra aperta di casa loro.
Lo
riconobbe all’istante: Ajax, il Barbagianni che Evan aveva
chiesto come regalo di compleanno quando aveva compiuto dodici anni.
Eric
liberò il volatile dalla lettera, scorrendola lentamente,
dopodichè la lesse ad alta voce:
So
già che la mamma sarà in ansia perché
vorrà sapere l’esito dello Smistamento di
Elsa, perciò ho pensato di scriverle il prima possibile.
Puoi
dirle che per questa volta il Cappello le ha dato ascolto.
Elsa
è una Corvonero proprio come lei.
Vi
abbraccio,
Evan
-
Sì! Grazie Rowena, almeno una dei tre è salva da
quella Casa
piena di freddo e umidità. –
-
Ehy, ti ricordo che stai parlando della mia
Casa – le fece notare, storcendo il naso.
-
Vuoi forse dire che non è umida e fredda? Insomma
è sotto al
Lago Nero! –
-
D’accordo, magari un po’ lo è, ma resta
il fatto che sia la
migliore delle quattro. –
Evelyn
emise uno sbuffo incredulo.
-
Vorresti forse negarlo, moglie?
–
-
Non è che vorrei, marito,
lo faccio proprio! –
Rimasero
in silenzio per qualche secondo, poi Eric si arrese.
Del
resto vincere una discussione con quella testarda
Corvonero era praticamente impossibile.
-
Pensa un po’ se tu fossi stata una Grifondoro, sarebbe stata
guerra continua. –
Scoppiarono
a ridere davanti a quella prospettiva.
Altro
che Voldemort e la guerra magica, quello sì che sarebbe
stato uno scontro con i fiocchi.
Spazio
autrice:
Salve!
Come
vi
avevo anticipato nell’Epilogo di “Le Cronache
dell’Accademia” ho deciso di
dedicare una raccolta ai personaggi della storia e ovviamente non
potevo non
cominciare con la Everic. Non so
ancora a chi sarà dedicata la prossima, perciò se
avete preferenze fatemi
sapere.
A
presto.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary