Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: Ragdoll_Cat    21/01/2018    3 recensioni
Un turista in giro per una famosa città italiana.
Suggestiva, affascinante e affollata.
Sembra impossibile trovare qualcuno che attiri l'attenzione... o no?
Dalla storia:
[...] Quant'era diversa dalla sua New York!
Lì non c'erano automobili che percorrevano a passo d'uomo pochi chilometri in molto tempo, proprio no.
Erano le imbarcazioni a farla da padrone, sia piccole che grandi.

|Modern!AU|
[Steve X Selene]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L’unica regola del viaggio è: non tornare come sei partito. Torna diverso.
(Anne Carson)
 
 
 
*
 
 
 
Camminava da ore, ma non sentiva stanco. 
Era uscito di buon'ora dal più economico bed and breakfast che era riuscito a trovare su internet, e aveva iniziato a girovagare per la città che andava pian piano svegliandosi.
 
Quant'era diversa dalla sua New York! 
Lì non c'erano automobili che percorrevano a passo d'uomo pochi chilometri in molto tempo, proprio no.
 
Erano le imbarcazioni a farla da padrone, sia piccole che grandi.
 
In pochi giorni si era abituato al ritmico e costante sciabordio che faceva cozzare le chiglie legnose o metalliche contro i moli, e quel suono accompagnava la sua solitaria scoperta di quella magica città: Venezia. 
 
Aveva speso quasi tutti i suoi risparmi per potersi permettere quel viaggio che sognava di fare ormai da anni e anche se qualche volta il suo stomaco brontolava perché era vuoto, in quanto cercava di limare ciò che riteneva superfluo -tipo il cibo-, non se ne preoccupava. 
In fondo era quasi avvezzo a ciò. 
Non aveva delle entrate costanti in virtù della sua scelta di vita e qualche volta -ok spesso- il suo frigo era tristemente vuoto.
 
Ovunque volgesse lo sguardo era circondato da bellezza e dall’arte e questo gli faceva dimenticare ogni altra cosa.
 
Trascorreva tutta la giornata con il naso all’insù, fotografando i monumenti e i palazzi e disegnando qualche scorcio particolarmente pittoresco, completamente ignaro del fatto che anche lui attirava gli sguardi delle ragazze di passaggio.
 
Alto oltre un metro e ottanta, con occhi azzurri come il cielo e dei capelli biondi come un campo di grano maturo, non passava di certo inosservato.
Una semplice t-shirt di cotone metteva in risalto le sue spalle da nuotatore e il resto del suo fisico scolpito, così come facevano i jeans con le sue gambe lunghe.
Eppure lui sembrava non accorgersene perché era troppo impegnato a fare il turista.
 
Fra campi e campielli, fra calli e callétte ormai si era fatto quasi mezzogiorno e lui si era ritrovato nell’affollatissima Piazza San Marco.
 
Mentre riguardava le foto scattate pochi minuti prima, la sua attenzione venne catturata da una ragazza che, per una straordinaria coincidenza, era finita in un paio d’inquadrature.
 
Doveva avere all’incirca la sua età, sui venticinque anni, e portava i capelli castani raccolti in una coda.
Era vestita in maniera semplice e comoda, dei pantaloncini di cotone e una camicetta con le mezze maniche a sbuffo.
Gli occhiali scuri le schermavano la parte superiore del viso e in mano teneva un’asta metallica alla cui cima erano fissati dei nastri multicolore: si trattava senz’ombra di dubbio di una guida turistica.
 
Una ragazza come tante, ma c’era qualcosa che la rendeva speciale.
 
Sollevò lo sguardo dallo schermo e per qualche misteriosa ragione iniziò a cercarla, con lo sguardo, fra la folla.
 
La trovò quasi immediatamente e rimase incantato a guardarla.
 
Era impegnata a spiegare qualcosa al gruppo che guidava e gesticolava con entusiasmo, felice del suo lavoro.
 
Steve, rapidamente prese il suo blocco da disegno dallo zaino e una matita a carboncino.
Tratteggiò con mano sicura il profilo di quella ragazza, ma non riuscì a finire prima di perderla fra la folla.
 
Rimase per qualche minuto fermo, sotto il sole di giugno, perplesso.
Cos’era appena successo? si domandò, mentre riponeva le sue cose nella sacca.
 
Dieci minuti più tardi, dopo aver acquistato un panino imbottito e averne divorato mezzo in due bocconi, riprese in mano il suo blocco a spirale.
 
In quei giorni aveva scattato tante fotografie e disegnato parecchio, ma i soggetti erano sempre scorci della città, edifici, ma mai delle persone.
 
Fino a quel giorno.
Non aveva mai ritratto nessuno, se non quella ragazza.
 
Perché?
 
Mentre si lambiccava il cervello, incapace di darsi una risposta che lo soddisfacesse, prese una decisione.
 
Il disegno non era terminato, si disse, quindi doveva rivederla.
 
Era una giustificazione a dir poco penosa, se ne rendeva conto, ma non voleva lasciare la città senza…
Senza…
Senza… cosa?
 
Rivederla.
 
Voleva rivederla. Non sapeva il perché, ma voleva rivederla.
 
***
 
Gli ultimi giorni furono alquanto diversi dai precedenti; ormai avrebbe potuto compiere il tragitto dal suo alloggio a piazza San Marco ad occhi chiusi. Arrivava lì di buon’ora e aspettava pazientemente, all’ombra del porticato che lei arrivasse.
 
E lei non l’aveva mai deluso.
 
Sempre con nuovi turisti al seguito, sempre con un sorriso sulle labbra e sempre con il suo entusiasmo.
 
Non le si era mai avvicinato, troppo imbarazzato per farlo, in quanto temeva di passare per un malintenzionato o un depravato, quindi si limitava a lanciarle qualche occhiata da lontano.
 
Facendo così arricchiva sempre di più il disegno, con nuovi dettagli e sfumature.
Ormai mancavano solamente gli occhi, perché ahimè erano sempre nascosti dagli occhiali da sole. Voleva scoprire di che colore fossero, quindi avrebbe preso il coraggio a piene mani e le avrebbe parlato; ancora non sapeva che cosa le avrebbe detto, ma si sarebbe inventato qualcosa.
 
Con questo proposito in mente, si alzò di buon’ora, non aveva tempo da perdere, quello era il suo ultimo giorno a Venezia; l’indomani avrebbe preso l’aereo e sarebbe tornato a New York.
 
Come faceva da qualche tempo ormai, si diresse verso la Times Square veneziana e attese.
 
Verso le dieci, però non l’aveva ancora vista.
 
Ad un certo punto, in mezzo alla folla, notò un’asta alla cui sommità ondeggiavano dei nastri colorati, a quel punto allungò il collo e… e…
 
Non era lei, ma un’altra guida turistica.
 
Dov’era finita, lei?
 
Si scompigliò i capelli con un gesto stizzito e soffocò un’imprecazione fra i denti, era stato un idiota!
Avrebbe dovuto avvicinarsi prima, avrebbe dovuto…
 
-È il mio giorno libero.-
 
Questa semplice frase, pronunciata con tono pacato alle sue spalle, lo fece sussultare.
 
Si voltò con fare colpevole e la vide.
 
Indossava come sempre dei grandi occhiali da sole, che la facevano sembrare una diva degli anni cinquanta, paragone che veniva accentuato dal vestitino rosso, a fantasia fiorata dalla linea leggermente retrò che enfatizzava la sua vita sottile.
 
-Io… io…- era completamente spiazzato e non riusciva a parlare, completamente preso alla sprovvista.
 
-Ciao- gli disse ancora lei, gentilmente -come ti chiami?-
 
-S-Steve… Rogers…-
 
-Piacere di conoscerti Steve Rogers, io sono Selene Lowell.-
 
-Selene…?-
 
-No, non Selin, ma Se-le-ne, va pronunciato all’italiana non all’americana- lo corresse bonariamente.
 
-Scusa.-
 
-Figurati. Ti va di fare due passi?-
 
Steve fu svelto a raccogliere il suo zaino e annuire: -Non hai paura che possa essere un malintenzionato?-
 
-In effetti potresti anche esserlo, dopotutto mi hai spiato per giorni, ma questa è la mia città, posso farti fare un tuffo in qualsiasi momento, senza problemi e scappare- replicò, continuando a sorridere.
 
-Non ti ho spiato!-
 
-Ah no? E cosa stavi facendo?-
 
-Prendendo ispirazione?-
 
-Per fare cosa?-
 
-Per le mie opere.-


Selene girò leggermente il viso di lato, leggermente in imbarazzo.
 
-Sei un artista allora?- gli domandò con nonchalance, nel tentativo di spostare l’attenzione verso un altro argomento. 

 
-Visto che a volte salto i pasti e faccio fatica ad arrivare a fine mese, potrei proprio definirmi tale.-
 
-Quindi non alloggi di certo al Molino Stucky.-
 
-No. E comunque mi sentirei un pesce fuor d’acqua in quell’ambiente.-
 
- OK. Come descriveresti il tuo stile?-
 
-Post impressionista.-
 
-Non ha molto seguito questa corrente…-
 
-Per questo motivo le bollette vengono pagate in ritardo.-
 
Quella sua uscita la fece scoppiare a ridere e di riflesso iniziò a ridere di gusto pure lui.
 
Selene rise talmente tanto da doversi togliere gli occhiali, per potersi asciugare le lacrime che le avevano inumidito gli occhi.
 
E fu così che Steve poté vederne il colore per la prima volta: erano verdi e luccicavano come smeraldi.
 
Verdi.
Non poteva essere altrimenti.
 
-Steve?
Tutto ok?-
 
-Sì. Tutto ok.
Ma come hai fatto a vedermi? Cioè in mezzo a tutta quella gente…-
 
-Vivo a Venezia, qualcuno potrebbe pensare che io sia ormai assuefatta alla bellezza e invece no; io le cose belle le apprezzo.
Inoltre eri sempre fermo nello stesso punto, quindi…-
 
Si ritrovò a balbettare per via di quel complimento (perché era un complimento in tutto e per tutto) e si schiarì la gola una volta di più.
 
-Sarei proprio una pessima spia.-
 
-Probabilmente- Selene a quel punto batté le mani e gli disse -Hai fatto un giro in gondola?-
 
-Non me lo posso permettere…-
 
-È un sacrilegio non vedere Venezia a bordo di una gondola. È una prospettiva unica! Vieni con me!-
 
Camminarono fino ad un piccolo molo, dove erano attraccate quelle piccole barchette lucenti e Selene raggiunse con passo svelto un uomo abbigliato con il classico outfit da gondoliere: -Ehi Toni! Ciao!-
 
Steve non riuscì a capire nulla del dialogo che i due si scambiarono, ma in un battibaleno si ritrovò seduto a bordo della gondola di Toni, con Selene al fianco.
 
-Toni è un amico, ci fa fare un giro gratuito, doveva passare di qua in ogni caso, quindi tanto valeva approfittarne, no?- gli spiegò con voce gioiosa.
 
Steve a quel punto capì che cosa l’avesse colpito la prima volta che l’aveva vista.
 
Era il suo sorriso. Un sorriso splendente e genuino.
Uno di quelli che lui non si sarebbe mai stancato di ammirare. Avrebbe voluto essere la causa di uno di quei sorrisi.
 
-Da dove vieni Steve?-
 
-Sono di New York.-
 
-Davvero? Anche mio nonno è originario di New York.-
 
Ecco svelato l’arcano. Ecco perché Selene parlava con scioltezza e in modo fluido, e sembrava quasi una sua connazionale. Però aveva una piccolissima e dolcissima inflessione dovuta sicuramente alla sua madrelingua italiana.
 
-Cos’hai visto in questi giorni? La città o anche i musei?-
 
-Solo la città.-
 
-Mi stai dicendo che non sei andato da Peggy?-
 
-Da Peggy?-
 
-Andiamo, non puoi non aver mai sentito parlare di Peggy Guggenheim!-
 
-Certamente, ero semplicemente sovrappensiero.
Ma non ci sono andato.-
 
-Sempre per la faccenda economica?-
 
-Sì.-
 
-Ti ci accompagno io, allora. In qualità di guida turistica ho l’ingresso omaggio e ti offro volentieri il biglietto.-
 
-Non posso accettare.-
 
-Non hai altra scelta!- replicò lei, con decisione -Toni, portaci al molo di Palazzo Venier, per favore. Steve deve andare da Peggy.-  
 
-Subito.-
 
Selene era già stata diverse volte in quel museo, ma adesso era diverso, perché lei si intendeva di storia, di luoghi, di monumenti però riguardo la storia dell’arte la sua conoscenza era piuttosto scarna.
Quel giorno invece fu particolare, perché Steve le spiegò il significato nascosto che era celato nelle opere e la tecnica con cui erano state realizzate.
 
Per una volta era lei ad ascoltare e anche se era strano, era una cosa divertente.
 
Era così presa ad osservare e a capire che non si rendeva conto di come Steve, invece, non facesse altro che guardare lei.
 
Una volta conclusa la visita ed usciti dal museo, Selene tornò ad essere se stessa e lo condusse alla chiesa di San Barnaba, nel sestiere di Dorsoduro.
 
-La riconosci?-
 
Steve osservò a lungo la bianca facciata con le colonne corinzie, pensieroso.
 
-L’ho già vista, ne sono sicuro, ma al momento mi sfugge…-
 
-Prova ad immaginarla come biblioteca…-
 
-Una biblioteca?- la fantomatica lampadina si accese proprio in quell’istante -Ma certo! La biblioteca sotto la quale c’era la catacomba del crociato che aveva trovato il Sacro Graal, che si vede in “Indiana Jones e l’ultima crociata”!-
 
-Bravissimo! Proprio quella.
Giusto perché tu lo sappia, qui a Venezia non ci sono le catacombe, sia chiaro.-
 
-Ricevuto.-
 
Trascorsero una bellissima giornata, ridendo e scherzando, come se si conoscessero da sempre.
Parlarono molto, raccontandosi piccoli aneddoti delle loro vite; Selene gli raccontò che divideva l’appartamento con la sua migliore amica dai tempi dell’università, Vittoria Sartor, che in quei giorni era impegnata a studiare per un esame molto importante per il conseguimento del master e che quindi era uscita per lasciarla tranquilla.
Steve invece le raccontò delle sue esperienze con le varie tecniche di realizzazione delle sue opere, dal carboncino, alla pittura ad olio e a tempera, alla ricerca dello stile che gli apparteneva di più.
 
Selene gli mostrò gli angoli più nascosti e pittoreschi della città e lui scattò un sacco di foto (di cui qualcuna a tradimento con lei in primo piano).
 
Camminarono fino a sera, per nulla stanchi, ma consapevoli del fatto che il sole ormai calato, stava segnando la fine di quel giorno.
 
-…come mai hai deciso di visitare Venezia e non Roma, ad esempio?-
 
-Volevo variare la solita destinazione del turista americano.-
 
-Capisco… quindi se mai avessi l’opportunità di partire alla volta dell’America, dovrei saltare New York?-
 
-Assolutamente no! Sarebbe per me un onore farti da guida, esattamente come hai fatto tu per me quest’oggi.-
 
-Grazie. Ma come farei a trovarti?-
 
-Abito a Brooklyn e questo è il mio indirizzo- le rispose, mentre lo scriveva velocemente su un pezzetto di carta -Ti aspetto, sai?-
 
-D’accordo.-
 
Nel frattempo erano ormai giunti a casa di Selene, perché Steve aveva insistito per accompagnarla fin lì.
 
-Ecco qui.
Sana e salva.-
 
-Grazie- gli disse, mentre si appoggiava con la schiena, al cancello di ferro che separava la via dal minuscolo cortiletto del palazzo.
 
-Sono io che ringrazio te.
Hai reso l’ultimo giorno a Venezia indimenticabile.-
 
-Ultimo?- Selene si intristì immediatamente ad udire quella parola -Partirai domani, quindi.-
 
-Sì, ho il volo che parte alle dieci.
Devo ancora finire di preparare la valigia.-
 
Era vero, ma non aveva nessuna voglia di salutarla, di dirle addio.
 
-Non ti trattengo oltre allora…
Spero che tu abbia trovato tutta l’ispirazione di cui avevi bisogno.-
 
-Anche di più.-
 
Dopo aver pronunciato queste parole, Steve si sporse verso Selene e appoggiò con delicatezza le labbra su quelle di lei.
 
Doveva essere un breve bacio di ringraziamento ma divenne immediatamente più intenso e travolgente.
 
Fu Selene la prima a parlare, dopo che si furono separati: -Ringrazi così tutte le volte?-
 
-A dire il vero no.-
 
Erano vicinissimi, separati solamente da un respiro, e Steve dovette fare un enorme sforzo per fare un passo indietro.
 
-È stato davvero un piacere conoscerti, Selene Lowell.-
 
-Anche per me, Steve Rogers.-
 
-Ti aspetto a New York, sappilo.-
 
-Verrò sicuramente a trovarti.-
 
-Addio, quindi.-
 
-Non addio, ma arrivederci. In italiano significa che c’è la speranza di vedersi ancora.-
 
-Arrivederci, Selene.-
 
-Arrivederci, Steve.-
 
Sapevano benissimo entrambi che quello sarebbe rimasto un bellissimo sogno, che non si sarebbe mai realizzato, ma il ricordo della magica giornata trascorsa insieme, sarebbe stato per sempre custodito nella loro memoria e nei loro cuori.

 



Angolo dell’Autrice:
 
Salve a tutti!
 
Onestamente non so cosa abbia ispirato tutto questo, ma spero che vi sia piaciuta.
 
-Steve e Selene si parlano in inglese, le parti in corsivo sono in italiano, per darvi l’idea del cambio di lingua.
 
-Selene, in “Certe cose non cambiano mai” racconta a Steve che sua nonna era veneta, quindi ecco perché ho scelto Venezia, per rimanere fedele al personaggio originale.
 
-Se volete immaginare RDJ come gondoliere, fate pure!
 
-Una precisazione, il Molino Stucky va pronunciato all’italiana, leggendo la lettera “U” come una “U”, appunto.
 
-Poteva mancare Peggy? Certo che no!
 
-Sapevate che in un’altra città del Veneto di nome Asolo, c’è Villa Stark? Sul serio! La villa di Freya Stark.
 
-Vittoria Sartor non è altri che Vicky Taylor, l’amica di Selene nella serie originale.
Taylor” significa sarto, e in veneto Sartori, Sartor sono cognomi diffusi…
Giuro che è stata una piacevole coincidenza!
 
-Secondo voi si rivedranno o no?
Fatemi sapere le vostre previsioni o lasciatemi un prompt, magari ci sarà un seguito.
 
Vi lascio il 
link alla mia pagina facebook.
Un saluto.
 
Ragdoll_Cat
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Ragdoll_Cat