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Autore: miss dark    27/06/2009    3 recensioni
E’ uno sciopero delle parole.
Un tremendo sciopero muto.
Capirete voi, dunque, che contro uno sciopero muto non si può adoperare alcun provvedimento, perché, contro il silenzio, che io fino a poco tempo fa ritenevo il peggior nemico delle parole, nessuno ha mai protestato e chi sono io per cominciare a farlo?
[Dedicata ad Ego me stesso ed io]
Genere: Generale, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Senza parole
Prim'ancora che questa storia fosse scritta avevo intenzione di dedicarla ad Ego me stesso ed io.
Il risultato, però, mi pare piuttosto deludente e nemmeno lontanamente adatto alla stima che io ho nei tuoi confronti, però non so fra quanto tempo riuscirò a scrivere qualcos'altro, per cui ho pensato di dedicarti questa storia, nel bene e nel male, in modo che tu sappia quanto ammirazione serbi nei tuoi confronti.
Accetto qualsiasi tipo di critica, anzi, la pretendo da coloro che recensiranno.
E chiedo scusa se la mia scrittura si è ridotta a livelli così bacati.

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Mi sento morire.
Ho perso le parole, oppure me le hanno rubate, fatto sta che non ci sono. E, se non ci sono, per forza di cose, non posso parlare, perché, lo dice la parola stessa: per fare il parlare bisogna avere le parole e dato che io non le ho non posso che disfare il parlare e comporre il silenzio. Rumoroso.
Silenzio rumoroso.
Ve l’assicuro, esiste.
E’ nella mia testa, è fatto di parole alla rinfusa. O, meglio, d lettere unite a caso e pronunciate anche un po’ male. Per questo rumoroso.
Per questo silenzio. Perché, in fondo, da fuori non lo possono sentire. Lo possono solo vedere. Dipinto nei miei occhi assorti e assenti. Usato come filo per cucirmi la bocca.
Ma non mi lamento.
Anzi, no, mi lamento eccome.
Sempre nella mia testa, però, perché anche queste parole, quelle delle lamentele, non vanno d’accordo fra loro e si uniscono insensatamente, per cui, l’unica che le può intendere sono io. E a che serve lamentarsi con se stessi se, noi stessi, siamo già a conoscenza della lamentela, prim’ancora ch’essa nasca?
Per cui, dato che lamentarmi in silenzio non mi servirebbe a nulla, non mi lamento.
E va bene così. Nonostante, io lo so e anche le mie parole lo sanno, vada tutto irrimediabilmente male.
Però, come glielo spieghi tu, al mondo, che va tutto male se le parole si rifiutano d’uscire, anzi, peggio, d’esistere materialmente?
Non glielo spieghi e basta. Non glielo spieghi e annuisci pacatamente alle ipocrite domande “Va tutto bene?” poste quando è palesemente ovvio che vada tutto male.
 
E’ uno sciopero delle parole.
Un tremendo sciopero muto.
Capirete voi, dunque, che contro uno sciopero muto non si può adoperare alcun provvedimento, perché, contro il silenzio, che io fino a poco tempo fa ritenevo il peggior nemico delle parole, nessuno ha mai protestato e chi sono io per cominciare a farlo?
Detto francamente, però, io avrei intenzione di fare qualcosa per mettere fine a questo sciopero. Non so bene cosa, non vorrei apparire drastica, ma è d’obbligo fare qualcosa, perché, l’avrete capito anche voi, le parole hanno giocato un po’ sporco: se ne sono andate via, così, senza nessun preavviso e si sono anche alleate con uno dei loro [supposti] nemici, spiazzando completamente me e il mio cervello, in cui, potrete ben comprenderne la ragione, è scoppiato un vero finimondo.
Parole alla rinfusa che perdevano ogni loro significato, parole zitte che sventolavano cartelli bianchi scritti con il pennarello bianco, parole che si usavano in frasi senza né capo né coda e sfido, io, a capire quel tipo di frasi!
Parole che sfuggivano al mio controllo, per farla breve. Parole che prendevano vita e passeggiavano tranquillamente lungo il mio cervello, che, giustamente spaesato, ha deciso di assopirsi e smettere di funzionare. Si è mutamente alleato alle parole, vigliacco e pigro come voleva far credere di essere.
 
Sono, dunque, rimasta sola, senza parole e senza cervello.
Sola con qualche fedele alleata, ovviamente, che è gentilmente rimasta al mio fianco per permettermi di pensare ancora un poco.
E non so, sinceramente, se definirle alleate o ancora più nemiche di quelle che se ne sono andate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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