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Autore: lirin chan    02/02/2018    6 recensioni
Naruto ha un problema: la sua vita non ha un punto fermo.
Sasuke ha una sicurezza: la sua vita ha fin troppi punti fermi.
Sono agli antipodi in tutto e nessuno dei due riesce a capire l'altro; anche se, certe volte, non serve davvero capire.
Spesso bisogna solamente sfondare la porta con un calcio e fermarsi ad ascoltare.
Genere: Angst, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Ci Sono Cose Che Non Puoi Capire Anche Se Le Hai Di Fronte
 
1.
Una Faccia Carina Nasconde Sempre Qualcosa
 
Fu folgorato da quel pensiero in un tardo pomeriggio di ritorno da lavoro, mentre cercava le chiavi perse dentro la tasca: dall’appartamento vicino al suo non usciva mai nessuno.
Naruto non ci aveva fatto caso più di tanto nelle prime settimane, troppo preso dagli scatoloni che non si portavano da soli e dalle visite improvvisate dei suoi chiassosi amici che, nonostante si fossero praticamente accampati, non avevano pensato neanche per un momento di aiutarlo a montane neppure uno stramaledetto comodino dell’Ikea. Begli amici, per quattro giorni non aveva saputo dove mettere le mutande.
Era sicuro che qualcuno ci abitasse, ogni mattina vedeva dei pacchetti e molta posta raccolti davanti alla porta, ma quando tornava la sera erano scomparsi, segno che erano stati raccolti. La cosa ancora più strana era che quei pacchetti fossero lì e non all’entrata del palazzo, dove la posta del resto dei condomini veniva lasciata.
Quel giorno i pacchetti erano ancora sulla soglia, come li aveva visti quella mattina. Li osservò per un attimo, spostò lo sguardo sulla porta del suo vicino, poi tornò sulla posta.
Che male c’era a dare una sbirciatina? E se fosse stata droga? Era suo dovere civico controllare, no?
Poggiò a terra il sacchetto della povera spesa fatta in fretta al kombini sotto casa e si accucciò, furtivo, vicino ai pacchi sospetti, stando attento che gli altri inquilini degli appartamenti del piano non lo beccassero – non sarebbe stato un buon inizio per le sue interazioni condominiali se lo avessero scoperto a sbirciare nella posta non sua.
I pacchi erano tre, di medie dimensioni, e un sacchetto con dentro quelle che sembravano lettere. Senza prenderle in mano, cercò di leggere il nome del destinatario, giusto per capire almeno il nome del suo vicino di casa fantasma.
″Allontanati dalla mia posta.″ Gli si gelò il sangue nelle vene.
Sopra di lui, con sguardo minaccioso e scuro, si ergeva come un’ombra vendicativa il più bel ragazzo che avesse mai visto. Aveva una mascherina bianca che gli copriva bocca e naso, ma gli occhi scuri, i capelli neri ad incorniciargli il viso dalla pelle candida, il fisico slanciato erano una prova inconfutabile che probabilmente si era appena preso una cotta a prima vista. Una cotta di quelle da denuncia per stalking.
″Devo ripetertelo, idiota?″
Si rese improvvisamente conto che non aveva fatto altro che fissarlo con la bocca spalancata, senza dare alcun segno di vita, per tutto il tempo. Si alzò di scatto, facendo un passo indietro.
″Ah! Scusami! È che- Insomma, mi sono appena trasferito nell’appartamento vicino al tuo ed ero curios- No! Ero ansioso di conoscert- Emm…″ Si decise a chiudere la bocca e rimase in silenzio, sotto lo sguardo severo e altezzoso del suo vicino che, senza dire una parola e con grazia, raccolse la propria posta e gli chiuse la porta in faccia.
Naruto era già cotto a puntino.
 
 
″Naruto, devi calmarti.″ Disse Ino, passandogli un piatto bagnato.
Naruto lo afferrò, cominciando a strofinarlo per asciugarlo.
″Ti dico che è uno schianto! Da infarto! Potrei rinunciare al ramen per lui!″ L’amica lo fissò con guardo dubbioso. ″Ok, al ramen no, ma potrebbe convincermi ad andare in palestra, forse.″
Ino ridacchiò, passandogli l’ultimo piatto ed asciugandosi le mani.
″Hai detto che portava la mascherina, e se avesse i denti da cavallo?″
Naruto alzò gli occhi al cielo, riponendo il piatto nella credenza.
″Impossibile! Sono sicuro che sotto si nasconda solo altra figosità, ok? Me lo sento!″
″Come ti sentivi che Sai era gay?″ Chiese lei, canzonandolo.
″Ehi, può essere anche il tuo fidanzato, ma io ho ancora i miei dubbi! Quello ha fatto un dipinto di me nudo incredibilmente dettagliato!″
″Certo, certo.″ Lo assecondò lei, recuperando la borsa ed avviandosi verso la porta. ″Devo scappare a lavoro, ci vediamo nel fine settimana?″
Naruto la seguì, grattandosi la pancia da sotto la maglietta
″Sì, sì.″ Borbottò, scocciato per l’evidente poco interessamento di Ino sulla sua vita amorosa.
Ino aprì la porta, prima di soffermarsi e voltarsi, con un’espressione divertita.
″Ovviamente, se il belloccio della porta accanto chiedesse la tua mano, non esitare a darci buca.″
″Sei crudele, Ino. Non ti parlerò mai più.″ Purtroppo le sue parole vennero coperte dalla porta che sbatteva, ignorato totalmente dalla sua amica. Sbattergli la porta in faccia stava diventato una nuova moda.
Ino non sapeva cosa diceva, negli ultimi giorni aveva spiato dal corridoio i pochi attimi in cui il suo vicino compariva sulla soglia della porta per raccogliere la posta; la sua figura era elegante, ogni movimento che faceva era pieno di grazia innata, preferiva i dolcevita di colore scuro che gli avvolgevano il petto e gli mettevano in risalto le spalle forti. La mascherina copriva ancora metà del volto e, forse, era meglio così. Se Naruto lo avesse visto a faccia scoperta probabilmente non si sarebbe potuto trattenere dal comprare un anello e chiedergli di essere suo per sempre.
Forse doveva davvero darci un taglio, rischiava la denuncia.
Oppure poteva dargli un ultimo sguardo prima di rinunciarci.
Guardò l’orologio, domandandosi se fosse ancora in tempo per vederlo ritirare la posta. Decise di tentare.
Piano piano aprì la porta dell’appartamento e dette uno sguardo al corridoio silenzioso: nessuno in vista. Si voltò verso la porta del suo vicino e sorrise quando vide che i pacchetti erano ancora per terra. Socchiuse la porta e lì attese la comparsa dell’uomo con cui avrebbe condiviso molto presto il resto dei suoi giorni.
E ci rimase per il resto del pomeriggio. Che strazio, le cotte.
 
 
Dallo spioncino osservò la ragazza dai lunghi capelli biondi passare davanti alla sua porta per raggiungere l’ascensore.
Il suo nuovo vicino era un disastro. Per due settimane non aveva fatto altro che portare confusione in quel palazzo che, fino a quel momento, era stato silenzioso e abitato per lo più da vecchietti in fin di vita; un paradiso.
Un colpo di tosse forte gli fece girare la testa e desistere dall’aprire la porta per recuperare la posta giornaliera, lo avrebbe fatto più tardi.
Ciabattò nell’oscurità del suo appartamento, sentendo la febbre infuocargli la faccia e i muscoli fargli male.
Ovviamente era colpa di quell’impiastro biondo e dei suoi amici se si era ammalato, avevano sicuramente portato qualche strano virus nel palazzo. Sperava solo che non gli causasse anche un abbassamento del quoziente intellettivo, visto i soggetti.
Quando raggiunse il letto ci si lasciò cadere a peso morto e si raggomitolò nella coperta, sentendo la testa pesante e gli occhi chiudersi.
Avrebbe dovuto mandare un messaggio a Sakura per dirle di comprargli le medicine, ma il telefono era in salotto. Lo avrebbe fatto dopo, si sentiva troppo stanco per alzarsi di nuovo.
Chiuse gli occhi e un buio ancora più profondo lo avvolse.
 
 
Naruto era sull’orlo di una crisi. Doveva chiamare la polizia? L’amministratore di condominio? Oppure stava esagerando, come suo solito? Gli altri condomini non sembravano dargli peso.
Deglutì l’ansia che gli aveva formato un groppo in gola, continuando a fissare la posta non ritirata e accumulata da tre giorni davanti alla porta del suo vicino.
Era sicuro che fossero tre giorni, era rimasto a fissare i pacchetti color melanzana per un intero pomeriggio e ne erano comparsi altri.
Dall’interno dell’appartamento non proveniva alcun suono di vita. Forse era andato in vacanza? Impossibile, lo avrebbe sicuramente visto uscire, era diventato la sua ombra.
Con ancora una brutta sensazione addosso, superò la pila di pacchi ed aprì la porta di casa sua. Dopotutto non erano affari suoi, no? Solo perché aveva una cotta non era suo diritto impicciarsi di fatti non suoi.
Rimase impalato sulla soglia di casa, impossibilitato a muoversi per la folgorazione che aveva appena avuto.
Naruto aveva il cervello che lavorava lentamente, assimilava e poi rilasciava le informazioni tutte insieme, ovvero era un cretino a scoppio ritardato. Nella sua testa si materializzò l’immagine del suo vicino: la mascherina sempre addosso, i leggeri colpi di tosse che ogni tanto lo aveva sentito fare, gli occhi lucidi e la pelle bianca ogni giorno sempre più arrossata.
Senza aspettare un attimo scavalcò i pacchetti e bussò con forza, sperando con tutto sé stesso di essere solo un visionario con la sindrome della crocerossina.
″Ohi! Sono il tuo vicino, Naruto!″ Urlò, non sapendo bene cosa dire. Dall’altra parte non venne nessuna risposta. Bussò ancora, più forte. ″Ohi! Tutto bene?!″ Che cavolo, non sapeva nemmeno che nome chiamare.
La porta rimase chiusa e nessuna rispose.
Si mise le mani fra i capelli, totalmente nel panico. Non andava bene, c’era qualcosa che non andava e lui non aveva la minima idea di cosa fare, far lavorare il cervello non era esattamente la sua qualità più brillante.
Quindi fece l’unica cosa che sapeva fare bene: prese una decisione senza pensarci.
Cercando di ricordare le poche lezioni di kung fu che aveva preso da bambino e gli insegnamenti di tutti i film di Bruce Lee e Karate Kidd, dette un calcio alla serratura con tutta la forza e il peso che aveva, ma questa non cedette. Ignorò il dolore fortissimo al piede e le vibrazioni che gli intorpidivano la gamba, caricò un nuovo colpo che, finalmente, fece spalancare la porta.
Dentro tutto era buio, nonostante fossero in pieno giorno, l’oscurità rendeva l’ambiente claustrofobico; l’aria era pesante e puzzava di chiuso.
Fece qualche passo dentro. Il piccolo corridoio d’entrata era ordinato, con solo due paia di scarpe poste da un lato.
″C’è nessuno?″ Chiese, già dandosi dello stupido. Aveva appena fatto irruzione nella casa di uno sconosciuto come un poliziotto di qualche stupida serie tv americana, se ci fosse stato qualcuno sicuramente sarebbe già stato lì a prenderlo a calci. Eppure sentiva che la casa non era vuota.
Si addentrò nell’appartamento, speculare al suo. Il salotto era immerso in una spettrale e silenziosa oscurità, le tende scure facevano passare solo un minimo della luce solare di quella splendida giornata di marzo; riusciva solo ad intravedere delle librerie, i divani al centro della stanza e un tavolino alla sua sinistra.
C’era qualcosa di sbagliato, qualcosa che non gli tornava e che non riusciva a capire, anche se aveva la sensazione di avere la spiegazione davanti agli occhi.
Poi, non seppe nemmeno come, percepì un respiro. Flebile, come un ultimo tentativo di parlare.
Si buttò sulla destra, verso quella che sapeva essere la camera da letto. Sulla soglia della porta si bloccò, se in salotto credeva che di non vedere niente doveva ricredersi. La camera era nella totale assenza di luce, nemmeno uno spiraglio proveniva dalla portafinestra che sapeva dare su un balcone. Non sapeva come, ma subito pensò che non fossero solo le tende, tirate e pesanti, a dare quella totale oscurità.
Cercò a tentoni l’interruttore e socchiuse gli occhi, quando la luce lo accecò, ma per poco ci rimase secco quando mise a fuoco il letto sfatto e, raggomitolato su di esso, il corpo immobile del suo vicino.
″Oh, cazzo, cazzo, cazzo.″ Si slanciò verso il letto, sperando che fosse solo profondamente addormentato. ″Ohi, stai bene?!″ Era un cretino che faceva domande cretine, ormai lo aveva capito, grazie tante. Era ovvio che non stesse bene, respirava a malapena! I capelli neri era appiccicati alla fronte sudata, il volto arrossato sotto la mascherina e non dava nessun segno di aver percepito nemmeno la sua presenza, né di aver intenzione di aprire gli occhi. ″Resisti, ok? Ci penso io a te!″ Dichiarò, toccandogli al fronte e sentendola bruciare per la febbre. ″Chiamo un’ambulanza e vedrai che andrà tutto bene!″ Forse non avrebbe dovuto parlare così forte, ma era nel panico e probabilmente gli sarebbe servita pure a lui una barella se il cuore continuava a battergli così forte.
Ficcò le mani in tasca in cerca del telefono e per poco non lo fece cadere in terra per la fretta. Quale era il numero delle emergenze? Che cazzo? In un momento del genere il suo cervello non poteva collaborare?!
″Cazzo!″ Esclamò nel momento esatto in cui ricordò il numero, ma prima che riuscisse a comporlo si sentì afferrare l’orlo della maglietta in una stretta tremolante che quasi gli fece scappare uno di quegli urletti poco virili che gli capitavano quando vedeva un ragno particolarmente grosso.
Si voltò e la prima cosa che vide furono un paio di occhi annebbiati dalla febbre che lo fissavano con una rabbia che non avrebbe mai creduto possibile in un moribondo.
″Niente… Ospedale…″ Era un ordine, era chiaramente un ordine quello.
″Eh?! Sei pazzo?! Stai con un piede nella fossa!″ Esclamò, ma il suo tono da aquila delle Ande non fu gradito alle orecchie dell’allettato con la febbre a quaranta che gli lanciò un’occhiata omicida, ordinandogli di tacere.
″Niente… Ospedale…″ Ripeté, come se quella potesse essere una spiegazione sufficiente per rischiare la vita.
Naruto lo fissò mentre sentiva la presa sulla sua maglia farsi più flebile. Di nuovo ebbe la sensazione di essere davanti a qualcosa che non capiva, in quegli occhi annebbiati e rabbiosi c’era qualcosa che non comprendeva, anche se la spiegazione era davanti a lui, se lo sentiva.
″Ok. Niente ospedale. Te lo prometto.″ Disse, quasi stregato. ″Chiamo una mia amica, è dottoressa, saprà dirmi cosa fare. Ti va bene?″ Non sapeva nemmeno perché stesse assecondando un tizio chiaramente con il cervello in ebollizione, ma quando vide l’espressione del suo vicino rilassarsi e sentì la presa sulla sua maglietta dissolversi, sentì di aver fatto la cosa giusta. Vide l’altro annuire impercettibilmente e tornare a chiudere gli occhi, esausto.
″Che cazzo di giornata.″ Borbottò, cercando subito il numero di Ino.
Mentre il telefono squillava si ritrovò a fissare il volto addormentato e pacifico, nonostante la febbre. Come faceva uno ad essere così bello anche mezzo morto?
 
 
Sentì delle voci, fastidiose e troppo alte.
″Sei pazzo?! Dobbiamo portarlo in ospedale!″ No, non ci sarebbe mai andato. Non ne aveva bisogno, aveva tutto quello che gli serviva a casa.
″È quasi morto per ordinarmi di non farlo! Gliel’ho promesso! Non ho intenzione di rimangiarmi la parola data!″ Quella voce era come tante lame nel cervello, ma gli piaceva. Diceva cose sensate.
Ricadde nel buio.
 
 
Qualcosa di fresco e piacevole gli scivolava addosso sulla faccia, sul petto e sulle braccia, portando refrigerio e sollievo sulla sua pelle che andava a fuoco.
″Te lo avevo detto che non aveva i denti da cavallo.″ Di nuovo quella voce da imbecille.
Provò ad aprire gli occhi, ma vide solo un qualcosa di giallo, sfocato e disturbante. Anche quella macchia informe era da imbecille.
Non vide altro.
 
 
Naruto si svegliò di soprassalto quando sentì bussare con insistenza. Per un attimo si chiese cosa ci facesse addormentato sul divano, e quando avesse trovato i soldi per comprarne uno, ma poi ricordò: era accampato a casa del suo vicino da ieri, troppo ansioso perfino per andare a dormire nel suo letto dall’altra parte di una sottilissima parete, e ormai doveva essere pomeriggio inoltrato.
Si stropicciò gli occhi e si massaggiò il collo indolenzito dalla posizione scomoda. Altri potenti colpi alla porta lo fecero sussultare.
″Sasuke! Non fare finta di non sentirmi! Apri questa cazzo di porta o la butto giù a calci!″ Sentì una voce femminile piuttosto incazzata urlare e subito scattò in piedi. Col cazzo! Ci aveva messo un pomeriggio e una nottata insonne, senza contare il rosario di bestemmie, per ripararla! Per fortuna che non era chiusa a chiave, altrimenti non avrebbe avuto la minima idea di come fare.
Raggiunse velocemente la porta e la spalancò, bloccando la ragazza da tirarci altri colpi. Gli incredibili occhi verdi di lei furono la prima cosa che vide, poi i capelli di un rosa acceso che le incorniciavano il volto e il corpo minuto, ma che doveva nascondere una forza notevole, a sentire quel bussare.
Ovviamente, lei lo fissò con stupore.
″Chi sei tu?″ Chiese, allarmata. ″Che ci fai in questa casa?!″
A Naruto parve una domanda strana, ma capì che non era il momento giusto per chiedere.
″Mi chiamo Uzumaki Naruto.″ Disse, non sapendo bene come continuare. Doveva dirle di aver sfondato la porta a calci? Non sembrava una ragazza che accettava delle mezze risposte.
″Dov’è Sasuke?″ Non aspettò nemmeno una risposta e, come una furia, lo spinse da parte per passare. ″Sasuke!″ La sentì urlare e subito la raggiunse, parandosi davanti a lei.
″No, no, no! Sta dormendo!″ La zittì, afferrandole le spalle per impedirle di entrare in camera.
La ragazza s’immobilizzò sul posto e lo squadrò da capo a piedi, per poi arrossire e mettersi le mani davanti alla bocca.
″Oddio, sei una qualche specie di squillo a pagamento, vero?″ Si divincolò dalla sua presa; prima che potesse fermarla stava già parlando a raffica. ″Non sapevo che avesse certi bisogni! Non me ne ha mai parlato! Avrei potuto trovargli qualcuno di meglio!″
Eh?! Che cazzo?! Una cosa era essere preso per una baldracca di strada, un’altra era essere additato come una baldracca di strada brutta! Aveva il suo orgoglio, andiamo!
″Sono il suo nuovo vicino di casa!″ Ringhiò, indignato. ″Si è preso l’influenza e stava per morire!″ Bel ringraziamento per la sua opera buona dell’anno.
La ragazza perse tutto il colorito alla faccia.
″Lui cosa?″ Mormorò, spostando lo sguardo sulla porta chiusa della camera. ″Non ho avuto tempo di seguirlo nelle ultime settimane, non credevo che…″ Sembrò perdere ogni volontà combattiva che prima l’animavano come un fuoco. Quasi tremando si lasciò cadere sullo stesso divano dove Naruto aveva passato la notte.
Sulla stanza calò il silenzio, Naruto era troppo incerto su cosa dire in quel momento.
Il suo vicino di casa si chiamava Uchiha Sasuke, lo aveva scoperto rovistando (in maniera del tutto disinteressata e per niente inquietante, ovviamente) nella sua roba per cercare una qualche agenda per poter rintracciare qualche parente o amico del ragazzo, visto che il suo cellulare lo aveva trovato abbandonato e scarico in cucina. Nella sua ricerca, innocente e per niente guidata dalla curiosità di scoprire altro sulla vita dell’uomo con cui presto avrebbe adottato dei teneri gattini, aveva scoperto che a Sasuke piaceva leggere o, per meglio dire, ne era letteralmente ossessionato. Il salotto aveva le pareti ricoperte di librerie strapiene dal pavimento al soffitto ed alcune avevano perfino una doppia linea di libri per mensola. L’unica parte della stanza che non era occupata da tomi grandi quanto un mattone, era quella della scrivania, ma anche questa era sommersa di fogli e libri da cui spuntavano dei pezzetti di carta, forse per tenere il segno per qualcosa.
La cosa strabiliante era che tutto era incredibilmente ordinato e pulito, perfino le mensole più in alto. Naruto, che in vita sua aveva letto più che altro Jump e trafiletti molto educativi sulle riviste porno, non sapeva se essere ancora più cotto del suo vicino o se scappare a gambe levate.
L’unica pecca negativa era l’assoluta assenza di un televisore. Che razza di stramboide non aveva una tv?
″Sei suo amico?″ Non si era accorto che la ragazza si era ripresa e adesso lo stava guardando, incuriosita.
Naruto si grattò la testa, nervoso. Non lo sapeva nemmeno lui cos’era.
″Non credo. Non ancora, almeno. Non penso di aver fatto una buona prima impressione su di lui…″ Borbottò, ricordando lo sguardo di puro odio che si era beccato una settimana prima.
Gli occhi verdi della ragazza si fecero sospettosi.
″Quindi cosa ci fai qui?″ Adesso la sua voce era più tagliente di una lama; quella strana donna era spaventosa.
″Beh, ecco… Non sono riuscito a rintracciare nessuno per avvertire delle sue condizioni, non me la sono sentita di lasciarlo sol-″
″No, no.″ Venne bruscamente interrotto dalla ragazza che, dopo essersi alzata dal divano e avvicinatasi a lui con passo marziale, gli puntò un dito contro. ″Tu come sei riuscito ad entrare qui dentro? Come lo hai convinto a farti aprire la porta?″
A quel punto Naruto era davvero confuso, erano domande strane e cominciava ad avere paura.
″Non mi ha fatto entrare proprio lui… Ho sfondato la… porta… Con un calcio.″ Ad ogni parola che pronunciava l’altra diventava sempre più pallida. Ora che ci pensava non era propriamente normale che un estraneo irrompesse in casa di un tizio che neanche conosceva e, per caso, lo trovasse moribondo.
La ragazza aprì la bocca due o tre volte, prima arrabbiata, poi confusa e alla fine strinse le labbra in un’espressione di puro stress.
″Dimmi solo una cosa: sei pericoloso?″ Sembrava davvero esausta.
Naruto scosse la testa.
″Volevo solo aiutare…″ Borbottò, decidendo che dirle della sua ossessione per il povero moribondo sarebbe stata l’ultima goccia per i nervi della ragazza.
La vide sospirare e passarsi una mano sulla faccia.
″Mi chiamo Haruno Sakura, grazie per quello che hai fatto per lui.″ Si presentò, accennandogli un sorriso.
Naruto ricambiò, ridacchiando.
″Non è stato niente.″ Adesso che ci pensava, quella doveva essere la ragazza di Sasuke, era ovvio. Come aveva fatto a non pensarci prima? Beh, erano entrambi uno schianto, che pretendeva? Se in quel momento non fosse stato in fissa con il suo vicino, probabilmente ci avrebbe provato con lei. ″Ho chiamato una mia amica dottoressa che mi ha aiutato a cambiare lui e le lenzuola del letto. Gli abbiamo dato le medicine, la febbre si è abbassata e stamattina presto dormiva tranquillamente.″ Sì, aveva visto nudo il futuro padre dei suoi gattini adottati. Cazzo, la sua mano destra aveva avuto uno spasmo di paura per la sicura tendinite che sarebbe comparsa da lì a pochi giorni.
″Beh, allora io vado, è in buone mani.″ Disse Sakura, recuperando la borsa abbandonata sul divano e spiazzandolo.
″Eh?! Cosa?! Ma-″ Provò a protestare, a fermarla in quale maniera, ma ormai lei aveva raggiunto la porta.
″Non ho intenzione di essere qui quando scoprirà che un estraneo gli ha sfondato la porta, lo ha lavato e si è accampato a casa sua. Se sopravviverà alla sua crisi da primadonna, digli di chiamarmi quando starà meglio e che avrà molto lavoro arretrato da recuperare. È stato un piacere, Naruto!″ Concluse in fretta, richiudendosi la porta alle spalle.
Naruto rimase da solo con i suoi pensieri, ma una sola gli rimbombava nel cervello come un mantra.
″In che cazzo di situazione mi sono cacciato?″
 
 
Sasuke si svegliò sperando con tutto sé stesso di morire in quell’esatto momento. La testa gli scoppiava ed ogni singolo muscolo del corpo che provava a muovere gli faceva male. Lentamente si passò una mano sulla fronte, trovandoci un cerotto rinfrescante ormai tiepido. Lo trovò strano, non si ricordava né di averne in casa né di esserselo messo. E nemmeno di essersi messo in pigiama.
C’era qualcosa che non afferrava, ma la testa continuava a fargli male e non riusciva a raccogliere i pensieri, forse aveva ancora qualche linea di febbre.
Stava ancora cercando di riordinare le idee quando lo sentì: un rumore proveniente dal salotto.
″Wa! Ma che cazzo?! Ha libri anche sotto il tavolo? Psicopatico…″ Quella voce gli era del tutto sconosciuta.
C’era uno sconosciuto in casa sua.
Provò ad alzarsi, ma di nuovo il dolore ai muscoli lo fecero ricadere sul materasso, già esausto solo per aver provato a fare quei soli movimenti. Sentì la rabbia e la frustrazione montargli dentro; quella era casa sua e non avrebbe permesso a nessuno di violarla.
Strinse i denti e riprovò a mettersi seduto sul bordo del letto. Ci riuscì a fatica e, quasi immediatamente, la stanza cominciò a girargli attorno, ma resistette, stringendo le lenzuola fra i pugni. Avrebbe ucciso l’intruso, anche con la febbre e i dolori muscolari. Si mise in piedi, usando ogni briciola di forza che aveva nel suo corpo indebolito, e afferrò la prima cosa che poteva usare come arma a portata di mano: la lampada sul comodino. Tirò il filo per staccarla dalla spina al muro, avvicinandosi alla porta con passi incerti. Sentì dei movimenti avvicinarsi dall’altra parte e velocemente si accostò al muro, stringendo la lampada e attendendo che il suo nemico si decidesse ad apparire.
La maniglia della porta si abbassò, lenta e silenziosa, e uno spiraglio di luce entrò nella stanza buia.
″Ehi, sei sveglio?″
La porta si aprì ancora di più e la figura di un uomo massiccio fece qualche passo nella stanza, senza accorgersi di lui, nascosto nell’oscurità. In un attimo scattò alla massima velocità che il suo corpo febbrile gli permetteva, alzò la lampada e cercò di mirare alla testa bionda, ma evidentemente non fu abbastanza silenzioso visto che lo sconosciuto si voltò di scatto ed urlò nel vederselo davanti.
″Waaa! Ma che cazzo?!″ Cercò comunque di colpirlo con la sua arma improvvisata, ma ormai l’altro gli aveva afferrato i polsi. Se fosse stato bene non ci avrebbe messo mezzo minuto a liberarsi, ma ormai era al limite, le gambe gli tremavano e la testa continuava a girare. ″Mi spieghi che ci fai alzato?! Sei pazzo? Vuoi morire?!″
A quel punto le ginocchia gli cedettero e fu solo grazie al braccio che gli si avvolse attorno alla vita che non cadde per terra come la lampada, scivolatagli dalle mani. ″Ohi, ohi, ohi! Sei pesante, accidenti…″ Lo sentì lamentarsi e sforzarsi di trascinarlo vicino al letto. Ritornò a respirare solo quando sentì il materasso sotto la schiena e i muscoli rilassarsi.
″Non che mi piacciano particolarmente certe cose, ma la prossima volta che ti alzi ti lego al letto.″
Aprì gli occhi; nella penombra della stanza, l’unica cosa illuminata era la testa bionda e la faccia ghignante di quello che riconobbe essere il suo rumoroso vicino di casa.
″Che cazzo ci fai in casa mia?″ Cercò di essere il più intimidatorio possibile, ma dubitava di esserci riuscito con la poca aria che si sentiva nei polmoni.
Vide l’altro tentennare, spostare lo sguardo di lato, grattarsi la testa, ridacchiare. Quel tizio aveva più problemi mentali di lui.
″Beh, non ti vedevo da giorni, ero preoccupato e ti ho trovato mezzo morto. Mi hai fatto prendere un colpo!″
Sasuke non era sicuro di aver capito bene, dopotutto era evidente che era stato incosciente per qualche giorno quindi era ovvio che il suo cervello non fosse al massimo, ed aveva la netta sensazione di star perdendo un tassello importante di quella storia.
″Quanto sono stato incosciente?″ Chiese, mentre la testa cominciava lentamente a smettere di girare.
Vide il suo vicino fare una smorfia di concentrazione.
″Mmm… Direi circa tre giorni, non sono sicuro di quando esattamente tu sia svenuto. Io sono entrato solo ieri pomeriggio.″ Borbottò, inginocchiandosi vicino al suo letto e sorridendogli. ″Mi sono preso cura io di te!″
Quella era la classica faccia di un cretino. Un cretino aveva avuto in mano la sua vita per più di ventiquattro ore.
Si sentiva soffocare, e non per la malattia.
″Beh, grazie tante, adesso puoi anche andartene.″ Doveva andarsene, doveva sparire, quello era il suo posto sicuro dove niente poteva raggiungerlo.
Sentì il cuore pompare adrenalina e il fiato perdersi. Non sentiva altro che il sangue che gli scorreva dentro, sempre più velocemente, in un suono assordante.
″Ohi, ti senti bene?″
Quando la mano calda toccò il suo braccio la scansò con tutta la forza che gli era rimasta, allontanandosi strisciando un po’ sul materasso.
″Ho detto che devi sparire! Vattene da casa mia!″ Questa volta la sua voce doveva essere rimasta ferma, il suo vicino sembrava sconvolto.
Poi si trasformò in una maschera di pura incazzatura.
″Senti, stronzetto ingrato, non mi sono quasi rotto un piede e preso una lampada in testa per lasciarti morire proprio adesso che stai meglio! Adesso tu chiudi la bocca, io vado a farti dello stracazzo di riso bollito, tu lo mangerai e, se mi andrà, ti accompagnerò al cesso! Sono stato chiaro?!″ Gli ringhiò in faccia.
Sasuke, per un attimo, rimase senza parole. Improvvisamente il rumore assordante del suo sangue nelle orecchie era sparito, sostituito da quello forse perfino più disturbante di quel gorilla sottosviluppato.
″Questa è casa mia! Decido io chi-″ I suoi sbraiti vennero brutalmente fatti interrompere da un termometro ficcatogli con forza e rabbia in gola.
″Bene, adesso tu sta’ buono e vedrai che andrà tutto bene!″ Gli disse, con un terribile sorriso forzato, fatto interamente d’incazzatura repressa.
Non sarebbe andato tutto bene, ci sarebbe stato un omicidio da lì a qualche ora e Sasuke aveva tutta l’intenzione di usare quel tempo per decidere come fare a disfarsi di un cadavere così ingombrante senza mettere piede fuori di casa.
 
 
 
Note di Lirin (Se avete voglia):
Cos’è? No, davvero, che è sta roba? Volevo che venisse fuori una cosa più sofferta, più artistica! Le mie trame, alla fine, finiscono sempre in pupù… Oh beh, ormai è andata così!
Salve! Sono Lirin, la vostra amabile cazzeggiatrice di quartiere alle prese con una nuova avventura!
Le piccole avvertenze di questo capitolo sono:
- non sono un medico;
- non ho idea di quanto ci mettano ad avere effetto le medicine;
- non ho idea se quello che ho scritto è giusto;
- non ho idea di come si ripara una porta;
- se siete malati andate in ospedale;
- non ho una beta (come sempre) quindi sicuramente là in mezzo ci sono degli orrori che non ho intravisto, ma che sicuramente vedrò quando pubblicherò il capitolo e mezzo mondo li avrà già individuati.
Si intravede il punto focale della situazione? Non lo so, ci sono andata forse un po’ troppo leggera nel farvi intuire dove sta il problema, datemi un parere! È un argomento molto delicato, ma vi giuro che sto facendo le dovute ricerche!
Beh, io vi lascio qui! Andate e siate produttivi con le vostre vite!
Lirin chan
 
 
   
 
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