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Autore: nikita82roma    06/02/2018    7 recensioni
Questa storia si ispira a quella di unidui “Collisioni” nella raccolta "Disegni". Mi sono immaginata cosa sarebbe successo se quell’incontro ci fosse stato e fosse andato proprio così…
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Partner in Crime. Partner in Life'
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Quel sole era fin troppo luminoso e forte per essere una giornata di fine settembre. In quel periodo, di solito, l’aria cominciava già a rinfrescarsi, le foglie degli alberi a diventare dorate e tutto a prendere i colori dell’autunno che amava e dal quale traeva sempre tanta ispirazione. Quell’anno, però, l’estate sembrava aver deciso di regalare una coda più lunga del solito ed erano tornati da poco in città dagli Hamptons, il loro rifugio in quei mesi difficili.

Aveva aperto tutte le tende del loft per far entrare quanta più luce possibile. Aveva bisogno di sole, di vita, di tutte cose che fossero positive. Ne sentiva la necessità fisica per sancire quella che era stata una vera e propria rinascita. Non era facile, non lo era mai stato in quei mesi, per nessuno. Ognuno si portava dietro i suoi traumi, nascosti dietro la gioia che tutto era andato bene, ma erano lì, pronti a riaffiorare ogni volta che abbassavano la guardia. Non ne aveva più parlato con Martha o con Alexis, perché non voleva turbarle ancora ora che anche loro avevano ritrovato un po’ di serenità, e perché, in fondo, era convinto che loro non avrebbero mai del tutto capito. Lo faceva solo con Kate, con Kate sì, parlavano. Tanto. Più di quanto avessero mai fatto in tutti gli anni che si conoscevano. Avevano cominciato in uno di quei giorni lunghi, infiniti, in ospedale e non avevano più smesso. Si erano resi conto che erano tante le cose che avevano lasciato in sospeso, troppe, cose che avevano preferito non dirsi per non ferirsi, perché era difficile riprendere tutto quello che li aveva fatti soffrire. Ma adesso sentivano la necessità di farlo, perché si erano resi conto che non era vero che c’era sempre tempo. Poteva arrivare un momento in cui il tempo non c’era più e loro avevano bisogno di dirsi tutto quello che che non avevano mai detto e alla fine c’era molto di più di quanto pensassero, perché il non parlare era sempre stato la causa principale di tutti i loro guai insieme a quel volersi proteggere in modo esasperato che finiva per scaturire l’effetto contrario, ne erano consapevoli. Avevano pianto, erano rimasti in silenzio, si erano abbracciati anche per ora senza dirsi nulla. Erano stati mesi in cui si erano dovuti ricostruire, fisicamente, mentalmente, emotivamente ed anche come coppia. Non ne erano usciti ancora, ma ne stavano uscendo, tenendosi per mano, sorreggendosi quando uno dei due era più debole, ricordandosi perché non dovevano crollare quando c’erano i momenti di sconforto, quando l’occhio cadeva in quel punto della cucina, dove tutto era cominciato, dove tutto rischiava di finire e non bastava cambiare i mobili o il pavimento. Le paure erano sempre lì, con i loro fantasmi.

 

Aveva lasciato Kate a dormire. Era strano come si fossero ribaltati i ruoli negli ultimi tempi, lui si svegliava sempre prima, sempre ipervigile, impaurito che potesse accadere loro qualcosa mentre dormiva, con quella voglia, anzi quell’urgenza, che aveva di tenerla al sicuro, di vegliare sulla sua famiglia, come se temesse che mentre che dormiva potesse accadere qualcosa di male a tutti loro, come se nel suo inconscio si sentisse ancora responsabile per quei troppi sì detti a LokSat che avevano di fatto condannato tutte le persone che amava, perché non aveva capito, non era stato abbastanza forte per opporsi. Poco importava che il suo piano non era riuscito, loro erano comunque quasi morti e lui ne era responsabile, o almeno così si sentiva.

Era in piedi davanti alla sua libreria, osservava uno dopo l’altro tutti i suoi libri in rigorosa data di pubblicazione, dai più vecchi ai più nuovi. Non lo faceva spesso e forse non gli avrebbe creduto nessuno, ma benchè il suo ego a volte esondasse assumendo dimensioni difficili da gestire, come sottolineava spesso Kate, lui non si fermava quasi mai ad osservare i suoi lavori. Erano tanti, qualcuno sarebbe stato meglio dimenticarlo, forse, però visti così, tutti insieme erano veramente tanti per uno della sua età, ed era grazie a quei libri se aveva tutto quello che aveva e non parlava solo dei soldi, delle case, delle macchine sportive. Si era reso conto che era grazie a quei libri se aveva quella vita, sua moglie, la sua famiglia. Se lei non li avesse mai letti non sarebbe mai venuta a cercarlo, non si sarebbero mai rivisti. Lo aveva capito subito che era lei. Gli era bastato guardarla negli occhi, mentre con il pennarello in mano a mezz’aria le chiedeva con la sua solita faccia da schiaffi dove volesse il suo prezioso autografo. Non era il distintivo ad averlo incantato, erano quegli occhi verdi screziati di pagliuzze dorate, quelli che era convinto che non avrebbe mai più rivisto, scomparsi in un attimo, il tempo di una firma, nel via vai di fan che riempivano i suoi pomeriggi promozionali nelle librerie di New York. Erano passati forse cinque o sei anni, non lo ricordava, ma quello che non aveva mai dimenticato erano quegli occhi e quel sorriso timido ed emozionato, che doveva essere uguale a tutti gli altri, ma quello no, era speciale. Era quello che ti cambia la vita, ma lui ancora non lo sapeva o non era pronto. Non glielo aveva mai detto, non aveva mai avuto il coraggio di dirle che le era rimasta così tanto dentro da ricordarsi dei suoi occhi e del suo sorriso tra migliaia di fan che venivano a farsi autografare una copia del libro, avrebbe perso la scommessa su chi dei due si era innamorato per primo, questione ancora irrisolta dopo anni di dibatti che avevano coinvolto amici e parenti, ancora drammaticamente in parità su chi votava uno piuttosto che l’altro.

Passò dall’altro lato della libreria, dove c’erano i libri di Kate, dove aveva messo anche i suoi libri. Tutti in ordine cronologico, anche lei, però erano diversi da quelli suoi, fiori di stampa. Erano vissuti, con le copertine piegate, i segni della lettura, erano vivi. Fece un rapido calcolo mentale. Poi prese Storm Rising, sfogliò qualche pagina ma trovò solo le iniziali, KB scritte a penna nel frontespizio che rivendicavano il possesso di quella copia. Sorrise pensando che da anni ormai, ogni copia dei suoi libri hanno incise quelle iniziali, che tutti i libri di Richard Castle nel mondo hanno quel KB nella prima pagina. Era l’universo ad averlo voluto, era evidente. Lì però non c’era altro di quello che cercava, lo rimise a posto e prese il successivo, Unholy Storm. Era più integro degli altri e lì non c’erano le sue iniziali, ma sfogliando un’altra pagina riconobbe la sua stessa scrittura. Sorrise passando con un dito sopra la traccia di penna ancora ben marcata.

- A Kate, solo Kate. - Sentì la voce di lei alle spalle, si voltò trasalendo, non l’aveva sentita arrivare, non si aspettava di vederla lì. Rimase come una statua con il libro in mano che lei prese e fece la stessa cosa che aveva appena fatto lui, tracciò la sua scritta con la punta dell’indice, gesto che aveva fatto mille volte, con la paura che si sarebbe consumata.

- Sai Castle, mi sono sempre chiesta quanto c’avresti messo a scoprire di questo libro. Pensavo che lo avresti fatto molto prima. Immagino che ora vuoi vantarti con tutti di aver vinto la scommessa. - Gli sorrise, quasi sollevata che aveva scoperto anche quel tassello del loro passato. - Eri bello quel giorno, sai? Con quella barba un po’ più lunga del solito ed il maglione nero a collo alto. Ancora ricordo tutti i commenti delle due ragazze dietro di me su cosa ti avrebbero fatto! - Sorrise

- Per questo ogni volta che devo andare a fare questi incontri vuoi che mi taglio la barba? - Le chiese stupito.

- Già, forse sì, sarà il mio inconscio che parla! - Rispose abbassando lo sguardo imbarazzata. Sentì la mano di lui accarezzarla e poi le sollevò il viso, fino ad incontrare di nuovo i suoi occhi.

- Lo avevi fatto anche quel giorno. Quando ti avevo chiesto a chi dovevo dedicare il libro, credo che prima ci siamo guardati non so per quanto tempo. Non mi sono mai dimenticato i tuoi occhi ed il tuo sorriso timido. - Kate rimase a bocca aperta nel sentire quelle parole, era incantata dai suoi occhi azzurri sorridenti esattamente come quel giorno.

- Ho sempre pensato che fosse solo una mia fantasia, che mi ero voluta convincere che mi avevi guardato in modo diverso…

- Non è stata una tua fantasia. Ho sempre pensato che prima o poi avrei rivisto i tuoi occhi e mi sarei perso di nuovo nel tuo sguardo. - Chiuse il libro e lo rimise al suo posto, poi prese per mano Kate e si sedette nella poltrona dello studio, invitandola a sedersi sulle sue gambe. Trovò posto nel suo abbraccio, con la testa sulla sua spalla, era il caso di dirgli propri tutto.

- Sai, quel giorno avrei voluto ringraziarti, perché è grazie ai tuoi libri che sono andata avanti, dopo la morte di mia madre. Li ho cominciati a leggere e li divoravo uno dopo l’altro. Mi facevano credere che un lieto fine era possibile, che il bene, i buoni, alla fine vincono, ed hanno giustizia.

- Beh, è stato così no? Hai arrestato Bracken e poi anche LokSat. È la dimostrazione che è così, presto o tardi i buoni vincono. Noi vinciamo. Siamo più forti. - Kate annuì, Rick riusciva sempre a dire quella parola che l’avrebbe rasserenata, oggi come allora.

- Sai io invece quel giorno cosa avrei voluto fare? Questo… - Kate non fece in tempo a rispondere, perché le sue labbra furono imprigionate da quelle di suo marito in un lungo tenero bacio.

- Questo vuol dire che tu avresti voluto baciare una ragazza che viene a farsi firmare un libro? Sul serio Castle? - Lo guardò con quello sguardo che non ammetteva repliche, quello capace di metterlo sempre in soggezione, anche dopo anni.

- Non una qualunque, tu. - Si giustificò lui e subito lo sguardo di Kate si ammorbidì di nuovo. Le loro mani si congiunsero, in quella stretta che voleva dire di più, ma lo sapevano solo loro. Avevano impiegato quelle che credevano fossero le loro ultime energie per tenersi per mano, perché se dovevano morire, non potevano farlo in altro modo, ma quello che doveva essere un patto per la morte si era trasformato in uno per la vita. Si persero ancora uno nello sguardo dell’altro, sprofondando, leggendosi dentro, fino all’anima.

- Vorrei che nostro figlio avesse i tuoi occhi! - Dissero contemporaneamente con quella magica sincronia che avevano sempre avuto e poi risero mentre Castle accarezzava il ventre di Beckett, appena pronunciato, contenente quel segreto che avevano deciso ancora di non rivelare a nessuno, anche se ormai non potevano farlo più ancora a lungo. Era quello che ognuno voleva, intimamente, che avesse gli occhi e lo sguardo dell’altro, quello che lo aveva fatto innamorare, fin dalla prima volta, quello che li aveva uniti, quando ancora non lo sapevano e che li aveva portati a ritrovarsi ed innamorarsi ancora.

Kate si appoggiò di nuovo sulla spalla di Rick, mentre lui dolcemente continuava ad accarezzarla e non pensava che avrebbe potuto mai raggiungere tanta beatitudine.

- Rick… - Gli sussurrò mentre lui era totalmente assorto in quel compito che riteneva indispensabile.

- Uh? - Mugulò appena dandole un bacio sulla fronte.

- Credo che la scommessa l’ho vinta io allora!

La guardò e stava sorridendo compiaciuta. Forse aveva ragione. L’aveva vinta lei, ma pensava che alla fine, lui aveva vinto molto di più, la loro vita insieme.


Link alla storia di unidui che vi consiglio assolutamente di leggere, altrimenti, secondo me, non si capisce fino in fondo lo spirito di questa e cosa mi ha ispirato per scriverla https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3742752

   
 
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