Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |      
Autore: changeling    08/02/2018    0 recensioni
Lasifan e Murata, Murata e Lasifan.
Due nazioni, due culture inconciliabili tenute in equilibrio da una flebile pace, che si frantuma in mille pezzi quando Lasifan invade la sua nemica violando il trattato che le manteneva precariamente sull'orlo del precipizio.
Quasi dieci anni dopo, la guerra è finita, Lasifan è distrutta, Murata è incontestata vincitrice del conflitto, e le ultime sacche di ribellione sono state soppresse. Alara Briden, nuovo Generale dell'impero, è accolto tra i più alti ranghi militari dopo averne efficacemente pacificato i confini, ma tra i nobili approfittatori e subdoli che ricercano la sua attenzione, si sente un pesce fuor d'acqua. Il suo unico desiderio è tornare tra i suoi uomini, lontano dalla capitale Ivelhàc, a lottare per la sua patria, e nulla e nessuno potranno dissuaderlo... tranne il misterioso giovane che si nasconde dietro le spalle del suo re. Straordinario danzatore, sottomesso schiavo di guerra dallo sguardo impotente, eunuco e scandaloso sodomita, seduttore e intrattenitore delle notti dell'intera corte. Qual è la verità che si cela dietro il suo bellissimo volto inespressivo? Quali segreti sono nascosti nel suo passato?
Risuonano i tamburi, squillano le trombe di Guerra.
Che le Danze abbiano inizio.
Genere: Drammatico, Erotico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La prima volta che lo vidi fu ad un ricevimento. All'epoca ero ancora un luogotenente agli ordini del capitano Vossu, quindi raramente avevo l'occasione di partecipare a tali eventi, ma stavolta scortavamo uno dei nobili invitati, ed eravamo tenuti a vigilare sulla festa dal perimetro della sala. Non ricordo molto dell'evento in sè, che comunque era particolare: era stato dato in onore di un colonnello, mi pare, o forse di un maggiore, che in guerra si era distinto e si era meritato una medaglia. Era particolare, perchè lo sponsor del ricevimento era la famiglia reale, inaudito per un semplice ufficiale superiore, e perchè erano presenti perfino il re e il principe in persona. Ma questo l'ho saputo dopo. Sul momento, l'unica cosa che mi interessava era fare bene il mio lavoro, cosa che i miei compagni d'armi deridevano, dato che fare la scorta era notoriamente un compito noioso e generalmente improduttivo. Chi avrebbe mai osato attaccare una festa dietro le mura del palazzo reale? Solo un matto, e non ce n'erano molti in giro, dopo la distruzione di Lasif. Ma in quel periodo avevo bisogno di distrarmi, ed ogni occasione era buona. 
La mia posizione mi offriva un'ottima visuale dell'intera sala. Il palazzo reale era a dir poco sontuoso, e quella sera brulicava di nobili e persone importanti, tutti apparentemente desiderosi di affogare nell'alcol i fastidi delle vite agiate che conducevano. Le torce alle pareti e gli enormi lampadari diffondevano ovunque una luce accecante, vagamente appannata dal fumo delle candele che veniva risucchiato fuori dalle altissime finestre spalancate. Ovunque era calore, chiacchiere e cibo a volontà. 
All'improvviso tutto tacque. Le luci si spensero come se una raffica di vento le avesse soffiate via in un istante, ma l'aria non si era mossa se non per una debole brezza primaverile. Mi drizzai, allarmato, temendo un attacco. Poi, un baleno perlaceo tagliò il centro della sala, dove un ampio spazio circolare era rimasto vuoto. Mi tesi in avanti, certo che da un momento all'altro qualcuno avrebbe gridato.
Non ricordo molto della festa, ma posso descrivere quel momento come si fosse cristallizzato nella mia memoria. Il barlume trapassò di nuovo la penombra, seguito da un fruscio come di ali. Battei le palpebre, accecato, e quando tornai a guardare vidi un ragazzo. Non poteva avere più di diciott'anni, la sua pelle era pallida e il suo corpo asciutto, ma sul viso tratteneva ancora un'ombra d'infanzia. Aveva capelli lunghi trattenuti a stento da un laccio, biondi, quasi bianchi, che mulinavano nell'aria immobile, e indossava abiti scandalosi, aderenti sul petto e ampi sotto la cintura, privi di sezioni di stoffa che mettevano sensualmente in mostra il suo fisico allenato. Non era però "potenza" la parola che saltava alla mente vedendolo. Lunghi nastri bianchi erano legati intorno ai suoi polsi e alle sue caviglie e piedi nudi, e un ampio scialle trasparente univa le estremità dei due ventagli che il giovane maneggiava espertamente, facendo fendere loro l'aria con quel suono etereo di ali che avevo sentito poco prima. 
Danzava, con grazia angelica ed impensabile leggerezza, come se la terra non fosse altro per lui che un appoggio temporaneo tra un volo e l'altro. I nastri, i ventagli, le falde ampie dei suoi pantaloni, non facevano altro che aumentare l'impressione che levitasse nelle splendide evoluzioni aeree. Era bellissimo, e allo stesso tempo spettrale. L'esibizione durò appena qualche minuto, senza aiuto da parte dei musicisti o alcuna luce diversa da quella della luna. Quando terminò, accucciandosi in ginocchio sul pavimento, le luci vennero riaccese, e re Gaffer avanzò nel cerchio, affiancando il ballerino. Spalancò le braccia e annunciò: -Ecco ciò che la guerra ci ha donato, miei amici! Bellezza, splendore, leggiadrìa! E il potere sui lascivi lasifan, che nelle loro deboli menti, piene di pensieri impudichi e vergognosi, non hanno trovato alcuna forza per contrastare la potenza di Murata!-
La folla esplose in acclamazioni e applausi assordanti, ma i miei occhi rimasero incollati alla figura remissivamente inginocchiata del danzatore. Sotto la luna, la sua figura era sembrata scintillante e soprannaturale, ma riaccesi i fuochi il giovane appariva slavato, pallido e osceno, con la pelle lucida e i vestiti ridicoli su cui emergevano gli umidi aloni della perspirazione. La luce delle candele evidenziò un dettaglio che nel buio non era spiccato: la sua schiena era percorsa da lunghe cicatrici affusolate che descrivevano un doppio triangolo, e una stella a otto punte formata da due quadrati inscritta tra le scapole. Il simbolo di uno schiavo di guerra.
-Ecco l'unica cosa che i lasifan sono abilmente in grado di fare!- gridò il re tra le acclamazioni -Ecco il loro giusto posto! Ai nostri piedi! Senza vergogna! Senza onore! Senza virilità!-
Una nuova ondata di applausi soffocò il resto del discorso di re Gaffer, almeno alle mie orecchie. Io guardavo lo schiavo di Lasif, e non potevo fare a meno di provare pena per lui. La sua schiena sfregiata tremava leggermente, e quando finalmente ricevette il permesso di alzarsi si sfregò gli occhi e le guance prima di mostrare al pubblico il suo volto. Ma aver cancellato i segni delle lacrime non mascherò il dolore e la rassegnazione che lessi nei suoi occhi lucidi color carbone.
Per diversi giorni a seguire pensai allo schiavo lasifan e alla sua triste sorte. Io avevo partecipato attivamente alla guerra contro Lasif. Avevo combattuto, e avevo ucciso. Ero anche stato ferito. Non pensavo affatto che i lasifan fossero stati come li aveva descritti il re, e non mi piaceva il trattamento degradante che veniva riservato ai superstiti della nazione che aveva lottato valorosamente per sopravvivere. Ma erano stati loro a scagliare la prima freccia, e noi avevamo risposto. Era così che andavano le cose, e ben presto mi dimenticai delle lacrime del danzatore. Nei mesi e anni seguenti mi concentrai sul fare carriera, e i miei sforzi vennero premiati con un'ascesa rapida e con il rispetto dei miei compagni. Sentivo molto la responsabilità che mi conferiva il comando, e combattevo le mie battaglie in modo da vincere con il minor spreco di vite possibile. Venni inviato a cacciare i barbari dalle nostre isole, e ad opporre resistenza alla costante pressione provenienti dal regno di Chira a oriente. Dopo cinque anni al servizio del mio Paese, raggiusi la carica di colonnello, e fui messo a capo di diecimila uomini, assegnato alla protezione del nostro confine settentrionale. Visitai il palazzo sporadicamente, in quel periodo, allo scopo di ricevere ordini o in brevi licenze tra una campagna e l'altra, per visitare i miei genitori e i miei amici. Tuttavia, inspiegabilmente, ogni volta che tornavo nella capitale mi giungevano voci: voci di un giovane bellissimo che viveva a palazzo al servizio del re e del principe; voci che fosse stato l'amante di un generale lafisan prima di venire catturato da un drappello di guardie reali; voci che fosse un artista dalle doti straordinarie, che si trattasse di cantare, danzare o suonare uno strumento; e voci che provvedesse ai bisogni carnali dell'intera corte, senza nascondere le sue scandalose inclinazioni sodomite, e, anzi, mostrando i segni delle sue notti sulla sua pelle senza vergogna. 
Non mi rendevo conto, all'epoca, di cercare io quelle notizie, ma dopo aver sentito della sua promisquità presi ad evitare l'argomento. Mi sentivo a disagio, non disgustato, ma in qualche modo tradito. Che una creatura così pura come quel giovane mi era apparso ricercasse pratiche così degradanti e impudiche, mi sembrava contro natura e spregevole. Dopo di chè, tornai raramente a casa, e mi gettai con tutto me stesso nella battaglia. 
Passarono due anni, e poi venni promosso. Divenni Generale.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: changeling