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Autore: Nebula216    13/02/2018    1 recensioni
One Shot legata al capitolo 22 ("Rivolta") della ff "Alta la Fiamma la Notte del Sabba".
POV Hidan.
"[...] Stava dormendo beatamente, ignaro di quello che stavo per fargli: troppo simile a me e troppo pericoloso per me, nella sua innocenza.
Presi velocemente il ciondolo di Jashin nelle mani, pronto per compiere il mio dovere.
-Jashin, ti prego salva la mia anima.-
Sussurrai, evitando che la succube del demonio potesse sentirmi, dopodiché mi avvicinai al letto, con il passo più felpato che potessi avere: allungai le braccia, lentamente e, come precedentemente ero stato costretto a fare, presi tra le braccia il bambino. Non si svegliò, non vagì, si limitò a continuare il suo riposo.
Se solo avesse saputo… [...]"
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hidan, Jiraya, Nuovo Personaggio, Zabuza Momochi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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La scelta di un padre.

 

 

Restava soltanto una cosa da fare.

Un ultimo, estremo, tentativo per poter cercare la salvezza.

Camminai a lungo in quei corridoi freddi e bui, evitando accuratamente le guardie che, quella notte, giravano per i corridoi del palazzo: certo, potevo dir loro che ero stato fino a quel momento a pregare, ma ci avrebbero creduto?

Avrebbero creduto ad una simile menzogna, specie se detta da un uomo consumato sia nel corpo che nell’anima?

Chiunque avrebbe potuto vedere le mie occhiaie, chiunque avrebbe percepito la stanchezza nella mia voce... chiunque avrebbe potuto scrutare la mia anima dilaniata.

Pregai che quel marmocchio non piangesse, che non facesse saltar tutto quello che avevo ideato nei mesi precedenti alla sua nascita… e così fu.

Entrai agilmente nella porta segreta, chiudendola immediatamente e voltandomi verso il vecchio letto: la strega, che per tanto mi aveva ammaliato ed incantato, riposava nel letto serena. I suoi lunghi capelli, iridescenti, creavano fantasie dalle forme morbide sul cuscino candido, mentre la luna, con la sua luce invernale, le illuminava la pelle d'alabastro.

Vicino a lei, assopito, stava il frutto della nostra unione, quel piccolo diavolo che, purtroppo, mi somigliava nell’aspetto. Stava dormendo beatamente, ignaro di quello che stavo per fargli: troppo simile a me e troppo pericoloso per me, nella sua innocenza.

Presi velocemente il ciondolo di Jashin nelle mani, pronto per compiere il mio dovere.

 

-Jashin, ti prego salva la mia anima.-

 

Sussurrai, evitando che la succube del demonio potesse sentirmi, dopodiché mi avvicinai al letto, con il passo più felpato che potessi avere: allungai le braccia, lentamente e, come precedentemente ero stato costretto a fare, presi tra le braccia il bambino. Non si svegliò, non vagì, si limitò a continuare il suo riposo.

Se solo avesse saputo…

Scossi la testa, uscendo nel silenzio più totale da quella stanza e dirigendomi, a passo svelto, verso le scuderie: con il favore delle tenebre mi fu facile eludere le sentinelle, entrare nelle stalle e sellare, con velocità, il mio destriero morello… il resto passò in poche falcate di galoppo.

La neve fredda mi colpiva il viso, come se volesse punirmi per gli atti compiuti fino a quel momento, svegliando, oltretutto, il bambino. Quest’ultimo prese a piangere, a dimenarsi, rischiando di scivolarmi dal braccio: sebbene stesse per fare la medesima fine, ero deciso a volerlo fare di persona.

Lo avevo generato io, insieme ad una figlia del Maligno, ed io dovevo disfarmene.

Spronai ancor di più il mio cavallo, sperando che quel maledetto fiume, visto nel viaggio d’arrivo a Konoha, apparisse davanti a me: il neonato, nel frattempo, continuava la sua disperata preghiera, cercava di convincermi a non farlo.

Ormai avevo deciso… non potevo fare altrimenti.

Dovevo cancellare quell'abominio, prima che lo facessero i miei colleghi.

Spronai il mio frisone ancor di più, percependo un moto di stizza per l'ultimo colpo che gli avevo dato.

Superai un piccolo ponticello, usato dai pastori per portare le greggi ai pascoli boschivi, lanciando ogni tanto qualche occhiata a quel marmocchio piangente: dovevo farlo, non potevo fermarmi, non potevo esitare!

Deglutii della saliva, leccandomi in seguito le labbra secche per il gelo.

 

-Perché non lo capisci!? Se non lo faccio io lo faranno gli altri! Stai zitto... STAI ZITTO!-

 

Inutile urlargli contro, non mi avrebbe minimamente capito.

Percepii l'andatura del mio destriero rallentare, inspiegabilmente: non glielo avevo ordinato io, non avevo minimamente dato un segno di voler rallentare.

Strinsi di più le gambe intorno al poderoso costato del morello, tirai colpi di speroni ai suoi fianchi, ma ricevetti solo rifiuti e il perché, purtroppo, mi fu presto chiaro. Davanti a me, avvolto in un vecchio e rovinato mantello color verde marcio, stava un uomo non eccessivamente vecchio, ma nemmeno giovane quanto me. Portava i capelli candidi lunghi, tenuti dietro tramite una fascia con una placca di metallo ritraente il simbolo di Konoha e, sul suo viso contornato dalle rughe della mezza età, spiccavano alcuni marchi rossi, simboli che subito mi fecero intuire chi diavolo fosse.

 

-...Eremita dei Rospi Jiraya...-

 

Lo vidi sorridere.

 

-Ciao anche a te Hidan... cosa porti in braccio?-

 

Le mie labbra si piegarono in una smorfia.

 

-Niente che ti possa int...-

 

I pianti di Tristan divenirono presto vagiti di pura curiosità, come se l'Eremita avesse allontanato da lui qualsiasi segno di tristezza o paura.

Incredulo per quanto accaduto, guardai l'anziano, poi tornai a osservare quel bimbo che tenevo in braccio, colui che avrei dovuto chiamare figlio. Non mi ero mai soffermato così tanto a guardarlo, anche perché non me ne era importato molto: era un errore e dovevo cancellarlo... ma allora perché lo stavo guardando e basta?

Jiraya si avvicinò, sorridendo bonariamente e furbescamente, come se stesse architettando qualcosa a me oscuro.

 

-E' un bel bambino...Oh, questi occhi li riconscerei ovunque.-

 

-Come?-

 

La domanda mi uscì spontanea e, questo, lo fece divertire ancora di più. Tornò a guardare il piccolo.

 

-Come non riconoscerli? La stirpe di Adrian e Elizabeth.-

 

Continuai a non capire: chi diavolo erano quei due adesso? Cosa sapeva quel dannato Eremita?

Strinsi con la mano destra le redini del mio cavallo, rendendo sempre più evidente il fastidio che mi stava causando.

 

-Parla vecchio. Chi diavolo sono?!-

 

Jiraya ridacchiò.

 

-Ma è ovvio... Sono i genitori della ragazza con la quale hai concepito questa meraviglia! Cioè, erano i genitori della ragazza... il tuo Ordine li ha uccisi, come tanti della nostra specie.-

 

Rimasi in silenzio, tornando ad osservare con curiosità Tristan, come se lui potesse rispondere al mio interrogativo: li avevo mai visti?

Jiraya mi tirò per il cupo mantello nero, costringendomi a scendere, con un'irritazione sempre crescente: cosa diavolo voleva adesso da me? Tristan mi si strinse ancor di più al petto, alla ricerca di un calore e di un affetto paterno che non avrei mai potuto dargli.

L'uomo dai capelli bianchi mi sorrise benevolmente.

 

-Vieni, camminiamo un po'.-

 

-Per quale fine?-

 

-Beh, parlare no? Insomma... se tuo padre non ti avesse venduto allo stesso Ordine di cui faceva parte.. beh, magari anche tu saresti stato uno di noi.-

 

La mia mandibola si contrasse per la rabbia, a causa del discorso appena fatto dall'Eremita dei rospi: stava cercando di confondermi la mente?

Voleva farmi credere a una bugia come quella?!
Ringhiai, osservandolo con odio nelle iridi ametista.

 

-Venduto? Mio padre ERA un inquisitore, così come lo sono io!-

 

Jiraya sospirò.

 

-Dimentichi una cosa, Hidan... voi Inquisitori non potete avere una famiglia. Siete uomini di fede, uomini “religiosi”... no? Quindi... uno dei vostri dogmi è la castità.-

 

Mi bloccai: già, avere rapporti carnali era un peccato punibile anche con la morte, oltre che con la scomunica. Sentii lo sguardo di Jiraya addosso, talmente pesante da costringermi a trovare rifugio in quella creaturina che volevo uccidere.

Ignaro di quella conversazione, Tristan stava giocando con il nastro che mi teneva chiuso il mantello, borbottando versetti a caso: non mi ero mai soffermato a osservarlo così tanto, non lo avevo mai tenuto così a lungo in braccio e, in un certo senso... risultava piacevole.

Accortosi del mio cedimento, Jiraya riprese a parlare.

 

-Perché vuoi ucciderlo? Non è un errore Hidan... è forse l'unica cosa buona che hai fatto in ventidue anni di vita. Hai generato una creatura innocente, un qualcosa di puro nonostante i tuoi peccati e i tuoi omicidi...-

 

Strinsi la mandibola con ancor più forza, lasciando che il mio corpo si riempisse di tremori: cosa diavolo mi stava facendo quel vecchio?

 

-Smettila...-

 

-La smetterò se tu lo lascerai vivo. Guardalo e prova a dirmi che vuoi ancora anneggarlo nell'acqua gelida... PROVACI!-

 

-SMETTILA!-

 

L'urlo mi uscì con talmente tanta forza da irrigidire il bimbo che tenevo in braccio, lasciandolo quasi basito per il tono alto e aggressivo. Jiraya, invece, mi stava osservando impassibile, come se aspettasse da me una risposta logica.

Che altro dovevo fare?

Salvarlo forse?

Se non lo avessi ucciso io lo avrebbero fatto gli altri... e in modi ben peggiori.

L'anziano sospirò, indicandomi il lago gelido.

 

-Avanti, che aspetti? Annegalo.-

 

Un brivido strano, diverso dai soliti, mi percorse la schiena: non era un brivido di piacere o appagamento, per niente.

Deglutendo, nel tentativo di farmi vedere il più naturale possibile, mi avvicinai alla riva del lago, guardando quel figlio che, ormai calmo, mi sorrideva: tutto sua madre, mi venne da pensare.

Tremai e, prendendolo in braccio, iniziai ad avvicinarlo allo specchio gelido, notando come il suo sorriso sdentato non fosse sparito.

Potevo farcela, continuavo a ripetermi mentalmente che bastavano pochi secondi, che avrei messo bene quella testolina sotto l'acqua e ce l'avrei tenuta fino a che non si sarebbe immobilizzato... ma allora perché tremavo!?

Colto ormai da tremori fin troppo evidenti, e percependo il bimbo iniziare a vagire, tirai le braccia indietro, avvolgendolo nel mantello e in un abbraccio che mai avrei pensato di dare a qualcuno.

Jiraya sorrise, avvicinandosi a me e tirandomi lievi pacche sulla spalla.

 

-Quella ragazza ti ha cambiato... e bene oserei dire. Non senti com'è bello stringere il proprio bambino? Insomma... hai creato questa meraviglia con lei... perché eliminarlo?-

 

-Se... se non lo faccio io... lo faranno gli altri...-

 

Jiraya lo guardò, proseguendo il discorso.

 

-Brutta la vostra vita, non trovi? Sempre legati alla morte, sempre col paraocchi... cosa c'è di bello in quello che fate? Niente.

Voi togliete la vita come una bimba strappa una margherita dallo stelo: con facilità, ma non con innocenza. Vi giovate della morte altrui, vedete dei demoni che, stranamente, ignorate quando vi guardate allo specchio.

Dimmi se è vita questa Hidan... rispondimi.-

 

Rimasi in silenzio, veramente concentrato per la prima volta sul piccolo dagli occhi verdi smeraldo: no, non aveva per niente l'aspetto di un demone, ma che altra scelta avevo?

Non potevo riportarlo indietro, non potevo in alcun modo tenerlo nella stanza con la madre: l'avrei condannato.

Strinsi la mandibola, deglutendo amaramente la verità che ero costretto ad ignorare: no, non era vita, ma non potevo più tornare indietro.

 

-No... Non è vita.-

 

-Beh, se lo vuoi salvare...-

 

Mi voltai verso l'Eremita dei Rospi, poi lo vidi continuare.

 

-Posso tenerlo io. La nostra comunità lo proteggerà e crescerà, sarà al sicuro e lontano da qualsiasi inquisitore. Potrai venirlo a trovare o recuperarlo quando vorrai, in qualsiasi momento.

È un buon compromesso, non ti pare?-

 

Rimasi in silenzio, soppesando con razionalità e interesse la proposta appena fatta: sarebbe stato lontano dall'Ordine, sarebbe stato al sicuro e protetto.

Sarebbe sparito per i miei compagni, come se non fosse mai nato.

Sospirai, percependo le manine di Tristan giocare, alquanto interessato, con una mano coperta dal guanto nero. Cosa diavolo mi avevano fatto lui e Lara?

Deglutendo, mossi appena le dita, facendolo scoppiare in una risata gioiosa e divertita, un ulteriore macigno del mio peccato scongiurato.

Jiraya rimase in silenzio, salvo poi riprendere la parola.

 

-Vuoi che ti lascio solo con lui per un po'?-

 

Annuii, percependolo allontanarsi verso il mio cavallo.

Poi parlai a quel ranocchietto rosa occupato a fare le bolle.

 

-Se ti dicessi che eri desiderato... ti direi una bugia.

Non lo eri sai? Almeno... fino ad ora. Non so cosa mi avete fatto tu e... tua madre, ma è qualcosa di strano.

Dio... da sadico inquisitore a... a questo. Ti rendi conto?-

 

Lo vidi ridere e agitarsi tutto sotto la coperta pesante, come se la mia confusione lo divertisse.

Sentii l'angolo sinistro della bocca piegarsi, in un mezzo sorriso malinconico.

 

-Almeno sorridi. Ora però... sono io a sorridere poco.

Spero che potrai perdonarmi, un giorno, per esser stato così.

Ti prego, porta pazienza... è... è la mia prima esperienza come padre... e non è partita per niente bene. Non sono stato cresciuto in una famiglia comune, a dire la verità ho perso tutto da piccolo.

Non sei stato fortunato ad avere me come padre, per nulla.

Voglio che tu sappia che... non sono il santo che credevo di essere, non ho mai agito bene fino ad ora e... e questa forse è la mia prima azione buona.-

 

Mi fermai, riprendendo fiato a causa della difficoltà che avevo avuto nel pronunciare ogni singola parola, ognuna somiglianti più a macigni che a un semplice susseguirsi di lettere.

Lo sollevai e, tremando come una foglia, gli regalai un bacio incerto sul nasino tondo e liscio, facendolo nuovamente ridere.

Guardai l'Eremita avvicinarsi nuovamente a me e allungare le braccia verso mio figlio.

 

-Starà bene, Hidan.-

 

Col cuore pesante, gli misi in braccio quella creaturina che, da sorridente, si ritrovò sorpresa e spaurita, talmente tanto che non staccò le sue dita dalla mia mano.

Lo guardai, carezzandogli le manine.

 

-Andrà bene... sarai al sicuro.-

 

Lo spavento che aveva avvolto i suoi occhi si dissolse, come se avesse compreso ciò che gli avevo detto e mi venne spontaneo pensare, in quel momento, se davvero anche in lui ci fosse della magia.

Lo bacia sulla fronte, osservando in seguito Jiraya con una nota aggressiva nelle iridi.

 

-Proteggilo. Se gli succede qualcosa sarai considerato diretto responsabile, chiaro?-

 

-Cristallino.-

 

Non dissi altro, non feci altro: guardai per l'ultima volta mio figlio allontanarsi da me, stretto nelle braccia di quell'uomo che mi aveva giurato di proteggerlo ad ogni costo, da tutto e da tutti.

Salii nuovamente sul mio stallone e tornai indietro al gran galoppo, pensando a cosa avrei detto a Lara, ma nessuna frase di senso compiuto

Lasciai il cavallo nelle stalle, dissellandolo velocemente e dirigendomi, con passi felpati, verso la stanza segreta, ignorando le urla che si stavano levando dalla piazza principale.

Corsi a perdifiato sulle scale, arrivando finalmente alla camera. Prima che potessi aprire, tuttavia, percepii Lara sveglia.

 

-Ma cosa… Tristan…-

 

Camminava per la stanza nervosa e continuava ad urlare il suo nome.

Rimasi in silenzio, percependo la mia faccia incupirsi: non avevo frasi di conforto, non sapevo come spiegarle cosa avessi fatto... non sapevo minimamente cosa dirle.

Presi un respiro profondo ed entrai, vedendola fissarmi con quelle iridi smeraldine intrise di preccupazione.

Mi si gettò addosso, stringendomi la tunica in modo quasi supplichevole e chiedendomi ripetutamente dove fosse, cosa ne era stato di lui.

Mi fissò e il suo volto impallidì ulteriormente.

 

-No… dimmi di no… DIMMELO!-

 

Presi un respiro profondo, cercando delle stramaledette parole che potessero tranquillizzarla.

Non uscì niente dalla mia bocca.

Non riuscii a muovere un muscolo.

 

-Come hai potuto? Come… come hai potuto farlo?-

 

Avrei voluto abbracciarla, ma la mia mente era altrove e il mio istinto mi diceva che, a breve, sarebbero giunte visite.

Mi scostai da lei e aprii l'armadio, afferrando la mia fidata falce a tre lame: il fabbro stava sfondando la porta.

 

-LARA!-

 

Lo vidi stringerla a sé e questo innescò in me una rabbia e una gelosia al limite della malattia.

Vidi Zabuza fissarmi con odio.

 

-Cosa le hai fatto figlio d…-

 

Le mie labbra parlarono da sole, piegandosi nel ghigno che mi aveva sempre contraddistinto.

 

-Molte cose fabbro.-

 

Ormai Lara mi odiava già... che differenza avrebbe fatto un ultimo istante da mostro?


Angolo Autrice: OS che spiega come  Hidan abbia risparmiato il figlioletto Tristan.
Era da tanto che l'avevo in cantiere ma per motivi vari non ero mai riuscita a concluderla.
Spero che possa piacervi, soprattutto ai lettori che, ormai anni fa, hanno seguito con entusiasmo la mia storia.
La dedico a tutti voi <3 . 

Un bacione e alla prossima!

Nebula216 <3

   
 
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