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Autore: rainbowdasharp    14/02/2018    2 recensioni
"... La città principale attorno alla quale si raccoglieva gran parte del pianeta era un'enorme metropoli in cui era impossibile trovare gente non felice, quasi l'atmosfera stessa ampliasse quell'euforia coinvolgente, dove ogni sorriso ne creava a catena un altro, dove ogni sguardo imbarazzato veniva ricambiato con interesse e il chiacchiericcio divertito e allegro riempiva le strade.
C'era, ovviamente, un'unica eccezione."
Keith e Lance sono stati spediti sul Pianeta dell'Amore per antonomasia, per risolvere un problema che affligge la popolazione... ma siamo sicuri che metterli in squadra sia stata una buona idea?
[Per l'iniziativa San Valentine's Secret Lover di Voltron LD - IT]
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fiori di Cristallo
 

Savarentein era un pianeta caotico, ma Lance riusciva a respirarne l'entusiasmo a pieni polmoni (certo, dopo aver controllato, magari, che l'aria fosse effettivamente respirabile) ed esserne contagiato. La città principale attorno alla quale si raccoglieva gran parte del pianeta era un'enorme metropoli in cui era impossibile trovare gente non felice, quasi l'atmosfera stessa ampliasse quell'euforia coinvolgente, dove ogni sorriso ne creava a catena un altro, dove ogni sguardo imbarazzato veniva ricambiato con interesse e il chiacchiericcio divertito e allegro riempiva le strade.

C'era, ovviamente, un'unica eccezione.

Keith Kogane, nella sua armatura di Red Paladin passeggiava in mezzo a tutta quella gioia protetto probabilmente dal suo scudo formato da aria misteriosa, inconsapevolezza degli sguardi che attirava ed evidente, se non crescente, irritazione per essere stato assegnato a quella missione che aveva ritenuto stupida sin da quando Allura ne aveva parlato loro (con Lance, poi – chissà che smacco, per lui).

La cosa più buffa? Alieni di tutti i tipi che lo guardavano con occhi languidi al suo passaggio, neanche fosse il nuovo Brad Pitt. O Chris Pratt – ecco, tipi come loro meritavano quelle reazioni... non Keith, l'emblema del “non sono interessato a niente che non sia menar le mani”.

«Il palazzo del governo dovrebbe essere da quella parte» disse proprio il moro, dopo troppi tick di silenzio. «Vediamo di concludere in fretta, questo posto mi dà la nausea».

Appunto – niente di meno da Mr. Sono l'Anima della Festa. Lance sospirò, forse abbastanza addolcito dall'aria festosa per evitare di rispondere a tono o attaccare briga come al suo solito (sapeva che le battute in merito di certo non gli sarebbero mancate, tipo: “Fammi indovinare: allergico all'allegria?”) e, incrociando le braccia, si limitò a seguirlo a passo sostenuto.

La missione all'apparenza era semplice, o così almeno aveva affermato Coran mentre spiegava loro i dettagli (il che già lo induceva ad essere diffidente al riguardo): Savarentein era un pianeta famoso nell'universo per riconciliare coppie o sistemi familiari complicati, per curare cuori infranti, per dare una speranza a chi ancora l'amore non l'aveva trovato; c'erano numerose organizzazioni pronte ad affrontare problemi di ogni tipo, per tutti i generi di organismi e sentimenti (era come un enorme pacchetto di Caramelle Tutti i Gusti+1; ogni caramella era un amore diverso, un alieno con i suoi sistemi, i suoi problemi e i suoi sentimenti e in quel luogo tutti riuscivano a tornare a casa felici o quantomeno sollevati, come per magia) e nonostante i terrestri non avessero ancora la tecnologia necessaria per giungere così distante dal proprio pianeta, Lance era sicuro che ci fosse un angolo per loro. Pareva che tanto successo non fosse solo merito dei numerosi consulenti qualificati presenti in quell'angolo di universo, ma di una qualche rara sostanza che rendeva pregna l'aria di serenità (o così diceva Coran) e la loro missione, a quanto pareva, riguardava proprio questa sostanza, che andava scarseggiando.

Qualunque sostanza fosse a portare più fortuna in amore, beh, Lance di certo ne voleva un po' da portarsi a casa.

 

Il palazzo del governo non era particolarmente appariscente, soprattutto se si considerava la folla di colori accesi, musica e sfarzo che avevano potuto ammirare durante il loro breve giro turistico per arrivare fin lì: era una grande costruzione a forma di cupola, dai colori caldi ma tenui, in modo che non colpissero troppo gli occhi di chi guardava; la signorina dal solo occhio dalle ciglia lunghissime e corpo tentacolare che li aveva accompagnati all'interno della struttura spiegò loro che era per trasmettere una sensazione di ordine e serenità. Keith, ovviamente, non parve molto interessato (Lance dubitava conoscesse il significato della parola “serenità”, dopotutto).

Furono ricevuti da Sir Pudci, che a quanto pareva ricopriva un ruolo di enorme spicco su Savarentein; era un alieno roseo e grassoccio dagli occhi piccoli e acquosi, la nuca e parte della schiena ricoperti da una cascata di rossicci capelli boccolosi; sedeva dietro al suo tavolo da lavoro, le quattro dita che tenevano in mano quelli che sembravano documenti, i quali ricoprivano almeno i tre quarti della sua scrivania; doveva star leggendo fino al momento esatto del loro arrivo con quello che pareva un paio di occhiali posti sul muso un po' maialesco, i quali quasi sparivano sul grugno tanto erano piccoli (o il suo faccione rotondo era troppo grande per loro, forse).

«I paladini di Voltron!» esclamò, pieno di un entusiasmo così genuino che Lance sorrise sornione di rimando; chinò anche appena il capo, in segno di rispetto e stava per presentare entrambi con un po' di educazione quando Keith lo interruppe. Subito. Come sempre.

«Al vostro servizio» mormorò, la voce piatta e fredda come una lastra di marmo. «La principessa manda le sue scuse per aver potuto inviare soltanto due paladini, ma è un momento caotico» aggiunse, sempre con tono asettico degno di un becchino. O di un boia – ecco, magari nella sua vita passata faceva il macellaio.

«Oh, figuratevi, sono già così grato di avere due così aitanti giovani disposti ad aiutarci...» li rassicurò Pudci, con una nota commossa nella voce mentre scendeva compostamente dalla sua poltroncina girevole nonostante fosse troppo alta per lui. Keith fece mezzo passo indietro non appena si avvicinò loro. «Vedete, qui i Galra non hanno fatto troppi danni quando sono arrivati... almeno all'apparenza. Purtroppo, da quando ci hanno costretti a collaborare, il nostro Kyunkyu è... in sciopero».

«Kyun—cosa?»

«Il Kyunkyu è la pianta che. nelle nostre leggende, ha dato origine all'interno pianeta. Ne avevamo interi campi pieni, il loro polline è importantissimo per la nostra aria, ma...» Sir Pudci si interruppe per togliersi gli occhiali e pulirli con... la lingua. Va bene, avevano visto di tutto, Lance non era tipo da soffermarsi su certe sottigliezze ormai. «Da quando i Galra sono scesi qui, i fiori hanno iniziato a cristallizzarsi. Non sono appassiti, ma... non emettono più polline. Inizialmente non è stato un grande problema, ma adesso le nostre terapie dell'amore funzionano meno. L'aria è più pesante e triste... è difficile gestire le richieste, in questo modo» Lance giurò di vedere una lacrimuccia rosa scendere dagli occhietti della creatura. «Sempre meno persone se ne vanno soddisfatte. E noi viviamo di gioia! Ci sono stati molti ammalati e di questo passo...» tirò su col nasone paffuto, prima di lasciarsi andare ad un sospiro drammatico. «Abbiamo provato di tutto, ma... Voltron è la nostra unica speranza».

Sembrava evidente che la situazione fosse (paradossalmente) complicata e seria: insomma, l'arrivo dell'impero di Zarkon aveva probabilmente fatto conoscere allo stabile ed amorevole clima del pianeta l'odio e la violenza di cui erano i più grandi fan nella storia dell'universo intero; sicuramente, la popolazione locale aveva cercato di scendere a patti il più in fretta possibile con i Galra per non distruggere il loro delicato ecosistema, ma era stato inutile: aveva solo tardato un processo che adesso somigliava ad una bomba ad orologeria.

Keith incrociò le braccia. «E che dovremmo fare? Zarkon non vi ha invaso, giusto? Non ci sono i suoi soldati, in giro» Era difficile non notare, per Lance, come Keith evitasse in ogni situazione di colpevolizzare la razza Galra intera; dopotutto, immaginava, non doveva essere piacevole venire costantemente ricordati come parte di un popolo di tiranni interplanetari. E, dopotutto, una delle migliori qualità di Lance era l'empatia, in tutta modestia. «Voltron combatte i nem--»

Lance dovette intervenire: Keith poteva anche essere immune all'aria di quel pianeta, ma Lance non poteva che capire la vastità del problema per quelle creature; in fretta, tappò la bocca a Keith con un gesto decisamente poco amichevole e, con il suo miglior sorriso (il più splendente di tutto il team, ovviamente, nonché il più rassicurante e fascinoso), si rivolse a Sir Pudci come ci si sarebbe potuto aspettare dal più affabile nonché affidabile Paladino di Voltron. Sempre con modestia.

«Non si preoccupi, Sir Pudci. Cercheremo di risolvere la situazione – i nostri compagni sono pronti a darci assistenza, seppur a distanza! Ci dica quello che sa del Kyunkyu e lasci fare a noi».

 

«Sei impazzito, per caso?»

Sapeva che non appena fossero stati a bordo dei loro leoni, lontani da Sir Pudci, Keith avrebbe cominciato con la predica. Insomma, era comprensibile... da un certo punto di vista: Voltron? Un gran bel robottone, super adatto per buttare giù tutte le creature cibernetiche di Zarkon e anche per le missioni di salvataggio, ma di certo erano entrambi consapevoli che non si curasse di giardinaggio. Anzi, l'unica col pollice verde era Pidge, tra loro, che era disgraziatamente a qualche anno luce di distanza.

«Possiamo almeno tentare, no?» borbottò in tutta risposta, ignorando la schermata del Leone Rosso che si era aperta nella sua visuale, mostrando un Keith più irritato che mai. Iniziava a pensare che i Galra fosse immuni all'aura di quel pianeta – il che avrebbe spiegato perché Keith fosse quasi più insopportabile del solito. «Non è solo per chi cerca un po' di affetto, c'è il loro pianeta in gioco. Tu non proveresti a salvare la Terra dall'inquinamento?»

«Lascerei fare a chi ha gli strumenti adatti». Ok, teoria confermata: forse i Galra erano addirittura allergici alla pianta ribelle. «Tipo Pidge. Sono sicuro che Green sarebbe stato più adatto a questa missione» e di questo ne era sicuro anche Lance, così come era certo che se fosse stato un ordine diretto di Shiro, Keith non si sarebbe lamentato tanto. E, come sempre, gli rodeva ammettere che il pensiero lo irritava più del dovuto.

«Invece la nostra principessa ha deciso di mandare noi, che ti piaccia o no» gli rispose, stizzito, mentre i loro leoni sorvolavano una strana distesa di... acqua?, o comunque di liquido di una consistenza particolare, più simile a colla che altro, di colore rossiccio. «Possiamo sempre chiedere a Pidge di analizzare quello che scopriamo dal castello una volta là, no?».

Le loro conversazioni non avevano mai un percorso facile: era difficile collaborare con qualcuno che sarebbe riuscito ad indisporre pure un santo nel giro di cinque minuti – Lance poi non era particolarmente paziente e spesso e volentieri bastava una parola di Keith per metterlo di malumore. Ad esempio quando non lo ascoltava o non lo considerava all'altezza di qualche compito... cosa che succedeva, più o meno, sempre. Anche in quel caso, sapeva benissimo che né Red né Green erano le più adatte al compito, ma battere in ritirata senza neanche tentare? Non gli piaceva.

Le foreste di Savarentein (sempre che di foreste si potesse parlare) si estendevano sotto ai loro leoni come una gigantesca macchia di colore azzurro, contrastando perfettamente la distesa liquida che avevano superato poco prima; le piante avevano forme particolari e bizzarre, come se si trovassero all'interno di un racconto di Lewis Carroll: colorate, enormi, che si arrotolavano su loro stesse... di ogni tipo e forma. Stando a Sir Pudci, il Kyunkyu cresceva in abbondanza nel cuore di quel rigoglio di vegetazione... a cui giunsero pochi minuti più tardi, seppur lo spettacolo fosse completamente diverso da quanto anticipato.

Il prato, una volta fiorito, dall'alto aveva la forma di una grande spirale di cespugli rossi, che scintillavano persino sotto l'enorme strato di cristallo che si era formato sopra le loro foglie: erano di un colore così carico e acceso che, per una volta, né Lance né Keith ebbero da discutere riguardo il trovarsi nel posto giusto: il signor Pudci aveva parlato di un “vibrante rosso rubino”. Perfetta descrizione.

Una volta atterrati, lo spettacolo assumeva ancor di più un aspetto surreale: i cespugli erano alti almeno tre metri e, al di sotto della roccia traslucida, era possibile vederne non solo le grandi foglie appuntite delle piante, ma anche dei grandi boccioli bianchi rimasti così, pietrificati nel tempo dall'arrivo dei Galra.

Keith fu il primo che, sceso dal suo leone, fece un passo avanti e, in tutta la sua diplomazia, colpì con un affondo secco del bayard la superficie cristallizzata la quale, per tutta risposta, non solo non ne fu minimamente scalfita, ma scaraventò il Paladino Rosso a terra per il contraccolpo.

Fatto che non lo aiutò a calmarsi ma che, piuttosto, istigò la sua evidente mal sopportazione riguardo il loro compito. «Adesso vedi—aaaaaah!»

«Keith, io non ci proverei di nuov--» Troppo tardi: stavolta arrivò dritto fino ai suoi piedi, rispedito dal cristallo come se nulla fosse, l'espressione ancora più irritata sul volto e un grugnito di disapprovazione mormorato a denti stretti sulle labbra. Aveva un che di carino, quando metteva il broncio in quel modo. «Ah, beh, stavolta l'hai proprio fatto a fette!» non poté proprio risparmiarselo.

«Davvero?!» Il moro scattò a sedere, evidentemente non cogliendo il suo sarcasmo e cercando un qualche segno della sua prode impresa. Inesistente. «... Davvero divertente, Lance» aggiunse un attimo dopo, verificando con i suoi stessi occhi che la massa di cristallo era in perfetto stato.

«Lo so» replicò il Paladino Blu, prima di avvicinarsi a sua volta all'ammasso roccioso: a prima vista, sembrava che un raggio congelante come quelli di Blue avesse per sbaglio colpito l'intera radura e, se non fosse stato per la resistenza della materia, sarebbe sembrato davvero ghiaccio. Da quello che aveva detto loro Sir Pudci, non appena i Galra se ne erano andati, i fiori avrebbero dovuto riprendere il loro ciclo vitale e non continuare a soffocare in quella trappola di cristallo; apparentemente, invece, tutto era rimasto sospeso in quella coltre splendente. La materia era così resistente che Lance non ebbe problemi di sorta ad arrampicarvici sopra (non era neanche scivoloso e si dimostrò più che resistente prima al suo peso e poi anche a quello di Keith) per farsi un'idea su quello che li circondava: ma il paesaggio, persino dalla cima, era praticamente immutato: un'irregolare coltre di cristallo che nascondeva un substrato dello stesso colore del sangue... almeno quello umano. «Beh, credo sia il momento di chiamare la nostra giardiniera preferita».

«Quindi sarei la tua giardiniera, adesso?» Lance si voltò immediatamente verso Keith che aveva ovviamente già aperto la conversazione con Pidge senza neanche avvertirlo, perché consultarsi era sempre sopravvalutato. Si ripromise di fargliela pagare più tardi.

«... Era un modo di dire, oh Sua Geniale Genialità» cercò di recuperare in fretta il castano, nel vano tentativo di evitare la vendetta che sarebbe sicuramente seguita una volta tornati al castello senza risparmiarsi, nel frattempo, occhiate omicide a Keith che sembrava ignaro di quello che aveva fatto.

«Come no» rispose con tono piatto la ragazza, mentre digitava velocemente chissà che cosa nel motore di ricerca alieno del cervellone della loro nave. «Questo pianeta non ha senso» fu il suo primo commento mentre probabilmente leggeva la richiesta di aiuto ricevuta giorni prima e si informava sulla natura della loro missione.

«Concordo» sbuffò Keith, mentre procedeva poco dietro Lance lungo l'altopiano accidentato creato dal mare di cristallo. A volte Lance pensava che Keith e Pidge avessero una sorta di dottorato nel non riuscire a godersi niente. «Riesci a capire come distruggere questo cristallo?»

«Senza disintegrare le piante sotto, magari, visto che sono quelle che tentiamo di salvare» sottolineò il Paladino Blu, mentre camminava ben attento a dove metteva i piedi: certo, poteva non sembrare particolarmente instabile o scivoloso, ma gli dava la sensazione di trovarsi su un'enorme scogliera di vetro: un passo falso e rischiava di farsi male sul serio.

«Sembra un metallo, più che una roccia. Quella è la pianta che dovete liberare?» chiese, evidentemente aiutandosi con le immagini che riceveva dai loro visori. «Il Kyunkyu, eh... Sembra che il cristallo si sia creato dal terreno... Strano fenomeno davvero» la sentirono mormorare e ancora quel “tic, tic” ripetuto. «Anzi, credo che il cristallo siano le sue radici...»

«Le sue radici?!» esclamò Lance – che razza di pianta maleducata: loro cercavano di salvarla e questa li sbatteva fuori così, senza neanche provare ad ascoltarli. Un po' come Keith, insomma. «E come facciamo ad aprirci un varco senza distruggerla?!»

«Dammi un attimo, sto decifrando gli archivi di Coran al riguardo e sai cosa vuol dire». Intanto, i due paladini erano giunti pressoché al centro dell'enorme spazio addormentato: l'altopiano, nel suo cuore, sembrava abbassarsi bruscamente, come se al suo interno si fosse formato un burrone circolare, di un diametro di almeno dieci metri. Sul fondo, sembrava esserci uno sprazzo di prato color acquamarina, ancora in parte rilucente del cristallo che doveva aver ceduto: da lì, si levava un odore familiare, un misto di salsedine e dei barbecue nelle domeniche estive, sulla spiaggia – tutti quei profumi di... casa.
A Lance ci volle un attimo per tornare con i piedi per terra, per ricordarsi dove—era davvero.

«Pidge?» la incalzò Keith, ancora guardingo.

«Il Kyunkyu si cristallizza solo se percepisce odio e violenza eccessiva» cominciò a leggere, dopo aver finalmente ottenuto una parvenza di traduzione dall'alteano (e dal linguaggio melodrammatico di Coran) – fin lì, pensò Lance, ci erano arrivati un po' tutti: Galra brutti e cattivi che arrivavano, il fiore che da gran cuor di leone si spaventava e puff!, si prendeva una vacanza. Adios, amigos. «Secondo quello che leggo, solo l'amore può riportarli al loro stadio originale. Ma deve essere un amore acerbo, ancora... da sbocciare, appunto. Devono essere sentimenti nuovi a ridare vita ai boccioli».

Keith fece un cenno molto chiaro a Lance: dovevano scendere giù. Magari, là sotto, potevano trovare un'apertura nel cristallo. «Ma non è quello per cui la gente viene su questo pianeta? Trovare l'amore? Questo poso ne sembra ossessionato» osservò, stizzito, mentre con l'aiuto del bayard cominciava a calarsi, passo dopo passo.

«Mh». Sembrava che Pidge fosse appena sprofondata nella sua modalità Genio Criminale, quindi né Keith né Lance la interpellarono (sarebbe stato inutile) mentre, seppur un po' a fatica, scendevano lungo quella sorta di cratere; sembrò essere passata un'eternità quando finalmente i loro piedi toccarono terra, ma nessuno dei due perse tempo e cominciarono quindi a guardarsi intorno: lo spiazzo era più piccolo di quanto non avessero pensato dall'alto, ma la terra sembrava fresca, come se fosse appena piovuto (... certo, era difficile giudicare un terreno alieno, ma a Lance diede l'idea di essere piuttosto in forma, per stare nel bel mezzo di un cristallo indistruttibile).

«Pidge, abbiamo trovato una... falla nel sistema, credo» annunciò Lance a gran voce, tanto che Pidge sussultò nell'interfono. «C'è una porzione della piantagione in cui il cristallo sembra essersi ritirato, proprio al centro. Può aiutarci?»

«Forse ci sono dei boccioli che hanno iniziato a crescere di nuov—bzzz».

«Pidge?» Keith picchiettò contro il casco da dove riceveva il suono e anche Lance, per riflesso, provò a fare lo stesso, ma non sembrava essere un problema delle loro attezzature.

«... coppie che—bzzz...» e poi, come ogni tecnologia che si rispetti nel momento del bisogno, la comunicazione cadde. Morta.

«... Hai capito qualcosa tu?» chiese Lance, sull'orlo della rassegnazione – ok, era lui ad aver insistito per prendersi quel compito, ma... beh, un fiore che aiutava l'amore sembrava davvero interessante sotto moltissimi punti di vista. Era romantico per definizione, no? Un bel regalo per far colpo, insomma... Senza contare le implicazioni che aveva per tutta la popolazione di quel pianeta: non solo l'economia, ma la gente ammalata... l'atmosfera indebolita... Solo che iniziava a credere che la situazione fosse troppo grande per essere gestita solo da loro due.

«A parte un “coppie”, forse, niente» sbuffò Keith, abbandonando il casco da una parte e precedendo Lance nell'esplorazione della piccola zona.

Non c'era granché da vedere, a dirla tutta: il cristallo sembrava essere retrocesso, come le onde del mare fanno sulla spiaggia, anche se per terra c'erano ancora frammenti della sostanza, tanto che nel terreno si scorgevano piccole schegge luccicanti, persino nella luce più soffusa della buca, visto che la luce della stella minore del pianeta (Lance ne aveva contate tre in cielo, durante la giornata) faticava a farsi strada fin laggiù.

«Sembra meno resistente qui» comunicò Keith che, forse memore del volo precedente, si limitò a bussare contro il cristallo con la mano destra. «Ma non per questo credo si possa rompere con qualche colpo ben assestato. Che facc—Lance?»

Mentre Keith parlava, Lance si era appena avvicinato ad un cunicolo particolarmente riparato nel cristallo, come una minuscola tana. A differenza del resto della massa brillante, però, sembrava essere ancora meno resistente; al suo interno, c'era quella che a prima vista poteva sembrare una grande gemma che spuntava dal terreno, ma che in realtà...

«C'è un bocciolo qui!» esclamò entusiasta Lance – fortuna? Incredibile talento nel trovare strani fiori arrabbiati che non volevano saperne di farsi scovare? Istinto per l'amore? «Ha ancora del cristallo sopra, ma—ehi» si ritrovò a protestare perché Keith, con tutta la sua delicatezza, si era appena fatto spazio per poter osservare la loro (forse unica) speranza.

«... In effetti, sembra quasi libero. Basterà, no?» chiese, brusco come sempre e ancor più sbrigativo di prima.

Lance si accigliò. «Oh, sono sicuro che un fiorellino sarà più che sufficiente per riportare le cose alla normalità su un intero pianeta» mugugnò Lance, esasperato.

Keith non era stupido, lo sapeva: purtroppo, però, la sua era un'intelligenza selettiva – ovvero, quando una cosa lo irritava, non lo interessava o la riteneva di poco conto, tendeva a non provare neanche a ragionarci su. Come in quel caso, appunto.

«E cosa proponi di fare, allora? Aspettare che si sciolga tutto?»

«Potremmo provare a farlo fiorire del tutto. Dobbiamo trovare una coppia» asserì, sicuro di sé – il problema restava il come: il pianeta si proponeva di risolvere i problemi amorosi... trovare qualcuno che già bello che soddisfatto non doveva essere semplice.

«Pidge ha detto che serve una coppia ancora... non formata. Hai idea di quanta gente ci sia, in questo posto? Non la troveremo mai! Non nei prossimi, vediamo, cinquanta anni?»

«Intanto tiriamola fuori di qui. Non ci serve a niente quaggiù».

Ogni tentativo fu, però, inutile: nonostante fosse ben più piccola del resto delle sue simili, belle al sicuro nel cristallo, la piccola pianta solitaria sembrava essere così ben radicata (e ancora in parte cristallizzata) nel terreno che, persino allo spuntare del secondo sole sopra le loro teste, il continuo scavare non aveva prodotto alcun effetto, se non smuovere un po' di terriccio color acquamarina ed averli fatti sudare.

«Fantastico» grugnì Keith, lasciandosi cadere per terra. Stavolta, Lance non poté biasimarlo, perché... non avevano molte opzioni.

La prima era continuare a scavare nella speranza di tirare fuori la loro piccola nemesi – da escludere, considerando che non avevano esattamente un'eternità (ed altrettanta pazienza) a disposizione; la seconda era andare a cercare una coppia da portare in mezzo a quel labirinto luccicante, ma... non avevano alcuna sicurezza di ritrovare il punto esatto in cui si trovavano, senza contare che trovare la coppia giusta avrebbe sicuramente richiesto tempo. E senza comunicazioni tra loro? Come cercare un ago in un pagliaio.
L'ultima era... difficile, da immaginare ma, paradossalmente, la più fattibile.

«Keith?»

«Non dirmi che hai avuto un'idea brillante, perché non ci credo».

«... Le mie idee sono sempre brillanti».

Il Paladino Rosso accennò una risata che Lance fu sul punto di strozzarlo, figurarsi dirgli a cosa aveva pensato potesse funzionare. «Sentiamo se questo pianeta ti ha messo in moto il cervello, allora».

«... Credi che questi fiori capiscano le—messe in scena?»

Il moro si sollevò a sedere giusto per regalargli la sua migliore occhiata da “ma sei serio?” che divenne in fretta un “Quiznak, sei serio”. «Un fiore. Un fiore che capisce le bugie? Ma dai, magari lo usano come macchina della verità».

La parte di Lance che voleva strozzarlo per un attimo rischiò di prendere il sopravvento. «Allora—la mia idea potrebbe funzionare» disse, cercando di mantenere un tono calmo – non perché quello che stava per dire fosse imbarazzante, ovviamente, ma perché doveva reprimere tutta la sua rabbia nel non avere un'altra scelta.

Ovviamente.

Inspirò profondamente e poi si chinò verso Keith, badando bene a sussurrargli la sua idea vicino all'orecchio; fu in quel momento che notò (un dettaglio completamente superfluo, per essere precisi) che Keith aveva inaspettatamente un odore... gradevole. Nonostante fosse sicuramente sudato quanto lui, nonostante fosse quasi certo che la cura del suo aspetto corrispondesse più o meno alle possibilità di farsi un bel tuffo in acque terrestri nel giro di dieci minuti, aveva un aroma particolare, pungente proprio come lui.

Forse era uno dei suoi superpoteri Galra, quello di non puzzare? Molto utile, sì. Avrebbe dovuto chiederlo anche lui, mero ed umile umano.

Il moro lo guardò per qualche attimo di troppo, dopo aver ascoltato quanto aveva da proporre e Lance era quasi certo che o gli avrebbe dato un pugno in testa, intimandogli di essere serio, oppure si sarebbe spostato di almeno un metro e mezzo da dove si trovava, disgustato. Non lo avrebbe biasimato... o meglio, quella era la reazione che si aspettava.

Invece, Keith si portò una mano al mento, riflettendoci su – ci stava pensando sul serio? Non riusciva a crederci. Ma fu costretto a mettere da parte l'incredulità quando il Red Paladin annuì, prima di gettare un'altra occhiata al piccolo anfratto dove la loro unica possibilità se ne stava in tutta tranquillità.

«Potrebbe funzionare, sì».

Prese in considerazione varie ipotesi, tra cui le più probabile erano: la prima, che Keith fosse completamente ammattito; la seconda, che non avesse idea di cosa poteva significare un gesto simile o che, forse, non gli dava poi questa grande importanza.

Cercò di concentrarsi sulla seconda ipotesi.

 

Lance aveva già immaginato quel momento. Non spesso, certo – ma chi aveva davvero interesse nel fare cose simili con quello lì; la sua mente, semplicemente, amava tirargli dei tiri mancini (soprattutto di notte, nel sonno) però era successo.

Purtroppo per lui. Ancora non ne aveva capito il motivo.

Però, quelle poche volte che era successo, di certo non aveva mai preso in considerazione l'idea di ritrovarsi a farlo nel bel mezzo di una missione insensata, nel tentativo di ingannare una... pianta aliena. Rendeva il tutto ancora più assurdo, se possibile.

«Qui dovrebbe andare bene» disse Keith, mentre si sedeva il più vicino possibile alla piccola grotta di cristallo, controllando di essere ben visibile (che poi, le piante ci vedevano? Lance ne dubitava, insomma) e in linea d'aria col bocciolo; poi, senza la minima delicatezza, prese Lance per il polso e lo costrinse a sedersi di fronte a lui. Come se fosse semplice la questione, dopotutto. «Avanti, fallo».

«Io?!» esclamò il castano, già nel pieno di un panico che, giunti a quel punto, aveva davvero poco senso... E infatti, Keith subito aggrottò le sopracciglia.

«Non sei stato tu a proporlo?»

«... beh, sì» mugugnò in risposta, perché—aveva ragione. Perché improvvisamente doveva sentirsi così nervoso? Era una sciocchezza, tra l'altro senza nessun significato se non tentare di ridare vita a quelle piante spocchiose. Quindi strinse i pugni sull'erba azzurrina e, scacciando ogni genere di sciocchezza dalla sua testa – come, ad esempio, il fatto che in fondo quell'occasione la aspettava da più tempo di quanto non gli rodesse ammettere, oppure che se Keith stava zitto valeva davvero... la pena, tentare – si spinse leggermente in avanti, appropriandosi della bocca del Paladino Rosso.

Il suo rivale. Il ragazzo di cui, inconsapevole o meno, aveva sempre guardato davanti a sé, nel disperato tentativo di raggiungere.

Non era la prima volta che baciava, questo no. Però le labbra di Keith erano più morbide di quanto si aspettasse, più desiderabili di quanto avesse osato credere (perché era un pensiero strano, quello di voler sentire quelle labbra sulle proprie, che solitamente chiudeva in un cassetto della sua mente o sopraffaceva con i loro mille e più battibecchi); in un primo momento, proprio quelle labbra rimasero serrate contro le sue che però, incontrollabili di fronte a quel momento sicuramente unico (attimo irripetibile), ben presto si mossero timidamente, cercando di coinvolgerle.

In qualche modo, forse un po' goffo, ci riuscirono: sentì Keith trattenere il respiro, mentre lo afferrava per le braccia, gli stringeva gli avambracci... ma non per respingerlo, almeno non apparentemente. Sembrava più in cerca di un appiglio, qualcosa che lo tenesse ancorato alla realtà e intanto provava inaspettatamente a replicare i suoi stessi gesti, a renderli piacevoli e... lo furono.

Si lasciarono andare chissà quanto tempo dopo.

Lance sentiva il volto in fiamme, a dir poco; Keith sembrava più confuso che altro – come se improvvisamente si fosse ritrovato a testa in giù, incapace di distinguere tra cielo e terra; un inaspettato, assurdo passo avanti nel modo più stupido possibile. Entrambi erano scossi, i loro pensieri incapaci di tenere il passo delle emozioni, che galoppavano lontano.

Fu una leggera brezza a riscuoterli dal loro torpore, durante il quale furono totalmente dimentichi del motivo per cui in principio avevano osato tanto, rompendo così quella barriera eretta da così tanto tempo tra loro. Immediatamente, lo sguardo di entrambi finì lì, dove era il bocciolo e...

«... Niente» mugugnò Keith, rompendo definitivamente quello strano momento, a cui Lance non sapeva dare un nome. «Non è successo niente».

«... Questi fiori sono pure indovini, allora» provò a sdrammatizzare il paladino Blu, prima che un tremore improvviso della terra, molto simile a quella che sulla Terra chiunque avrebbe definito una scossa di terremoto, lo facesse trasalire, lasciandolo interdetto.

Fu Keith ad avere i riflessi migliori (anche se, in effetti, non c'era da stupirsi – Keith aveva sempre l'istinto degno di un felino): in un attimo, accese il jetpack integrato nella tuta e, dopo aver afferrato Lance sotto le braccia, con uno slancio si allontanò immediatamente dalla fossa innaturale che si era creata nel cristallo, volando il più in alto possibile.

Assistettero a tutto dall'alto. Per un attimo, quasi sembrò che una sferzata di vento avesse attraversato l'intera radura, piegandone le piante variegate e strambe - “sveglia, sveglia!” sembrava dire l'aria e poi, un frammento alla volta, il cristallo prese a spaccarsi: prima solo briciole di pietra, difficilmente visibili da dove si trovavano, poi pietre, massi e rocce si ruppero, lasciando che le piante tornassero a respirare, libere dalla loro prigione temporale. Il cristallo, poco dopo, iniziò ad evaporare come se fosse rugiada mattutina e così i due paladini si trovarono immersi in una sorta di polvere fatata che saliva e scompariva verso il secondo sole, il quale sembrava attirarla a sé.

La grande distesa di quel ghiaccio inattaccabile? Un ricordo. La radura era un trionfo di colori: ora che non c'era più alcuno scudo a ripararli, i fiori si aprirono uno ad uno a pieni polmoni e lì, dove poco prima sedevano, in quel piccolo burrone che adesso era quasi indistinguibile tra le grandi foglie rossastre, c'era un grandissimo fiore dalla forma circolare dallo stelo forte e rigoglioso, i cui petali a cuore si distendevano perfettamente verso il cielo; i fiori ancora non schiusi, boccioli bianchi, sembravano teneri fiocchi di neve su una tavola imbandita per Natale, nel rosso delle feste.

Immersi in quell'atmosfera surreale, nessuno dei due si rese conto del viaggio di ritorno ai confini della radura, né di come avessero volato proprio come erano rimasti (ovvero sia: Lance trasportato come un gatto bagnato da Keith e il suo jetpack, senza pensare che ce l'aveva anche lui, un jetpack) senza proferire parola alcuna; l'incantesimo parve spezzarsi solo quando, molte ore dopo, erano ormai tornati a bordo della nave alteana.

 

«Il signor Pudci vi manda i suoi più sentiti ringraziamenti» li informò Allura, appena giunta dal ponte di comando in quello che in pratica consideravano il loro personale soggiorno condiviso. Ormai dovevano già essere ben lontani da quel pianeta assurdo ma, beh, la diplomazia era sempre importante per la principessa. «Ha detto che vorrebbe rivedervi, prima o poi, per riaccogliervi con tutti gli onori che meritate».

Lance era immerso nei suoi pensieri – in pratica, le parole della principessa lo raggiungevano a malapena (il che di per sé era grave): non aveva idea se si meritassero tanti elogi, considerando che né lui, né Keith avevano idea di cosa fosse successo davvero laggiù; non voleva davvero credere che fosse stato tutto merito di—quello.

«Sono contenta che mi abbiate sentito! Credevo che le comunicazioni si fossero interrotte e non aveste ricevuto le poche istruzioni che avevo trovato» disse Pidge, mentre sorseggiava con sollievo la sua bibita... goo. Pure quella? Doveva essere una novità. Non sapeva neanche di che cosa si stupiva, ogni giorno tra Pidge e Hunk tiravano fuori delle assurdità niente male. «Anche se non so come abbiate trovato un paio di piccioncini al loro primo amore».

Cadde il silenzio, un silenzio che servì a Lance per provare almeno ad elaborare quello che Pidge aveva appena detto. Piccioncini? Primo amore? Aveva capito bene?

Dopo aver strabuzzato gli occhi ed essersi quasi affogato col suo proprio respiro, Lance istintivamente cercò lo sguardo di Keith, seduto piuttosto lontano da lui – da quando erano tornati, avevano accuratamente evitato di stare troppo a contatto (insomma, avevano entrambi un limite di sopportazione alla compagnia l'uno dell'altro e dopo quella giornata, per i seguenti dieci anni, era stata largamente superata) – il quale ricambiò l'occhiata con un misto di confusione, terrore... ?, e rifiuto immaginava.

Come non capirlo – il solo pensiero che lui e Keith potessero essere innamorati era ridicolo.

«Un caso» rispose sbrigativamente il moro, prima di chiudere la discussione nel suo modo preferito: alzarsi e uscire dalla stanza, così da chiudersi nella sua confortevole solitudine da Io sono Keith Kogane, niente di meno, niente di più.

«Un caso, sì. Fortuna, anche. Niente... di più» Lance, invece, dopo una mezza risata più di nervosismo che non di divertimento, si allungò giusto per prendere dal vassoio che ancora Hunk teneva in mano uno dei suoi piatti incredibilmente commestibili ricavati dalla roba aliena a cui Coran teneva tanto.

Ma, in effetti, Pidge aveva letto gli appunti di Coran; c'era da dubitare più della loro veridicità che della traduzione dall'alteano, ancora un po' stentato, della loro cervellona.

Sì, concluse – dopotutto, Coran era il solito melodrammatico. Qualunque cosa fosse successa, di certo era solo in parte collegato a quel dimenticabile bacio che c'era stato tra loro.

O, almeno, di questo si convinse. In qualche modo.


Note: Meglio tardi che Trenitalia! Insomma, ammetto che ho cambiato idea più o meno 5 volte riguardo questa fic e alla fine me la sono tenuta perché--beh, perché era tardi (...). Spero che la ragazza che è la mia Secret Valentine piaccia e, soprattutto, che il mio debutto in questo fandom - almeno come scrittrice - possa essere apprezzato!
 

   
 
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