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Autore: Yui Yuuki Kuran Komori    16/02/2018    5 recensioni
Non avrebbe voluto scendere e vederli: si era stancata di quella situazione, di essere il loro gioco; si era stancata del loro sadismo e dei loro ghigni maliziosi. Perché continuare a soffrire quando poteva trovare la libertà con un’agognata morte? Ormai non c’era più via di libertà da quella prigione se non la morte stessa...
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Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ayato Sakamaki, Yui Komori
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ti desidero, libertà!

 

 

Buona sera! :D

Sono nuova in questo fandom e questa è la mia prima fiction. Ho voluto provare ad immaginare una Yui diversa dal solito, più cupa, desiderosa di scappare, spero possa piacervi!

Chiedo scusa se corta ma molto probabilmente ci sarà il seguito.

Buona lettura! :D

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano giorni che Yui non mangiava come doveva: lasciava a metà e si ritirava nelle proprie stanze suscitando la curiosità  e perplessità dei fratelli Sakamaki. Certo, erano  giorni che le veniva succhiato il sangue e lei non faceva niente per agevolare la sua anemia.
Non si confidava con nessuno, non perché non volesse, ma perché riteneva che fosse una cosa passeggera –  una di quelle che la coglievano quando i vampiri pretendevano più sangue del solito.

E quella sera non era diverso: tutti erano già seduti e lei lo sapeva cosa significasse arrivare in ritardo all’ora di cena: punizione; così come sapeva che le punizioni date dai fratelli non erano delle più leggere.

Yui tardava ad arrivare e ciò stava urtando la pazienza  di Ayato - agli altri non importava: infatti Shu aveva le sue solite cuffiette, Kanato era il solito psicopatico che giocava con Teddy sul  tavolo e Raito, col cappello appoggiato sulla faccia, si dondolava avanti ed indietro sulla sedia e Reiji continuava a cenare silenziosamente.

La pazienza di Ayato aveva raggiunto il limite: dove poteva essersi cacciata? Conosceva la sua propensione a mettersi nei guai e non gli andava di dover perdere tempo. Si alzò dal tavolo di scatto, rovesciando la sedia, e si diresse verso la camera della ragazza che stava uscendo proprio in quel momento. Non avrebbe voluto scendere e vederli: si era stancata di quella situazione, di essere il loro gioco; si era stancata  del loro sadismo e dei loro ghigni maliziosi. Perché continuare a soffrire quando poteva trovare la libertà con un’agognata morte? Ormai non c’era più via di libertà da quella prigione se non la morte stessa...

«Chichinashi, lo sai che appena scendi ti aspetta una punizione, vero?» affermò con quel sorrisetto divertito sulle labbra.

La ragazza, più bianca del solito,  sapeva che la sua anemia sarebbe peggiorata non appena i sei fratelli avessero poggiato i loro canini sul suo collo.

«S-sì... scusatemi...» il tono era basso e lo sguardo perso nel vuoto.

Ayato si insospettì: evidentemente doveva avere qualcosa che non andava e molto probabilmente c’entrava il fatto che avessero bevuto più sangue del solito la sera precedente.

Scesero  ed arrivarono nella sala dove tutti la stavano aspettando e, con un sorrisetto sulle labbra le lasciarono intendere che gliel’avrebbero fatta pagare. La ragazza si scusò ma sembrava che le sue parole valessero niente, i loro sguardi erano sadici ed il ghigno malizioso non accennava a scomparire: avrebbero riscosso in tutti i modi la loro ricompensa. E nonostante non avesse toccato cibo – e perché avrebbe dovuto farlo? La storia sarebbe stata sempre la stessa: tanto valeva che scegliesse lei il modo con cui morire, anche perché era stanca di quel trattamento – ed avesse fissato il vuoto, non poté fare a meno di sussultare quando un silenzio  di ghiaccio calò fra i presenti:  era arrivato il momento del dolce  e lei sapeva che il dolce prelibato di quella sera era il suo sangue.

Si alzò dal tavolo, decisa a ribellarsi, ma fu lì che l’anemia la colse  e lei cadde a terra con un tonfo secco, proprio come un cadavere  e d’altronde il suo aspetto non poteva non richiamare quell’immagine.

Il  primo ad afferrarla fu Ayato sul cui volto, per la prima volta, si notò la preoccupazione per lo stato della giovane: non era solo perché così non avrebbe potuto ottenere il suo sangue, ma forse per qualche strano sentimento che si muoveva in lui – già da tempo infatti si era accorto di come avesse il desiderio di starle accanto e tenerla per sé, non permettendo che gli altri le si avvicinassero.  
Ignorando lo sguardo severo dei fratelli, la prese e la portò nella sua camera;  lì aspettò che si svegliasse, ma con sua sorpresa gli occhi magenta non si aprirono.

Vegliò su di lei tutta la notte senza sapere che lei forse non si sarebbe più svegliata per tanto tempo, od almeno finché la sua mancanza sarebbe stata tale da fargli capire che lei aveva bisogno di essere salvata da quella morte che si era inflitta.

 

   
 
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