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Autore: maz    29/06/2009    2 recensioni
Poi sentii solo dolore. Mi sentii bruciare. Bruciava tutto. Il mio corpo, i miei organi, la mia mente, il mio cuore. Volevo scappare da quell’incendio ma non riuscivo a muovermi. Quando capii che era troppo tardi per scappare iniziai ad urlare. Pregavo perché la morte arrivasse più in fretta, quel dolore tremendo mi rendeva totalmente inutile. Poi il dolore pian piano scomparve. Il mio cuore palpitava più forte. Stavo morendo lo sentivo. Il mio cuore tacque e riaprii gli occhi. Vidi un angelo. Assomigliava tanto al dottor Carlisle.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga, Twilight
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~Diari~

 

Poi non è che la vita vada come tu te la immagini. Fa la sua strada.

E tu la tua. E non sono la stessa strada.

Così, io non è che volevo essere felice, questo no. Volevo salvarmi, ecco: salvarmi.

 Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri.

Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti.

No. Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera.

Tu stai con loro, e ti salverai.

Però troppo tardi l'ho capito.

Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male.

 È lì che salta tutto, non c'è verso di scappare, più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci.

 Non se ne esce.

Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare.

Con tutta la forza che avevo.

Mi sono fatto tanto di quel male che tu non te lo puoi nemmeno immaginare.

Alessandro Baricco

 

1918 ~ Rinascere

 

 

 

Mi risvegliai nello studio del dottor Carlisle. Non sapevo esattamente cosa mi fosse capitato.

Avevo dei ricordi confusi. Avevo passato gli ultimi anni della mia giovinezza nell’esercito.

Volevo essere un buon soldato. Ero ansioso della gloria bellica.

Avevo diciassette anni quando fui ricoverato nell’ospedale di Chicago, Illinois.

 

Ricordavo di essere in ospedale perché l’ondata di spagnola aveva colpito anche me, come d’altronde tutta la mia famiglia. Mio padre morì subito, mia madre non ricordavo; era in ospedale affetta dalla mia stessa malattia e adesso non era con me.

Ricordavo che il dottor Carlisle si avvicinò a me dicendomi che non dovevo preoccuparmi, che tutto si sarebbe risolto in fretta. Diceva che avrei avuto una nuova vita.

“Mi dispiace. Spero che con il tempo imparerai a perdonarmi.” furono le ultime parole che sentii pronunciare da quell’uomo di una generosità infinita.

Si era sempre preso cura di me come fossi suo figlio.

Ricordavo poi la corsa dopo essere usciti dall’ospedale. Carlisle mi teneva in braccio.

Non capivo. La malattia mi stava uccidendo e iniziai a non avere più la cognizione del tempo e dello spazio intorno a me. Stavo per scivolare nell’abisso della morte quando sentii delle labbra fredde avvicinarsi al mio collo.

 

Poi sentii solo dolore.

Mi sentii bruciare.

Bruciava tutto. Il mio corpo, i miei organi, la mia mente, il mio cuore.

Volevo scappare da quell’incendio ma non riuscivo a muovermi.  Quando capii che era troppo tardi per scappare iniziai ad urlare.

Pregavo perché la morte arrivasse più in fretta, quel dolore tremendo mi rendeva totalmente inutile. Poi il dolore pian piano scomparve.

Il mio cuore palpitava più forte. Stavo morendo lo sentivo.

Il mio cuore tacque e riaprii gli occhi.

Vidi un angelo. Assomigliava tanto al dottor Carlisle.

 

“Finalmente” disse l’angelo. “Non aver paura. Sei vivo. Non hai nulla da temere adesso”. Sgranai gli occhi ancora di più e con un balzo scattai in piedi.

“Cosa mi è successo. Dove sono. Parla!” ringhiai.

Dovevo capire. Tutto il dolore provato non era niente in confronto al rischio di impazzire per il non sapere nulla.

Rimasi a fissarlo in attesa di una sua risposta.

Come faccio a dirglielo,  da dove posso iniziare.  È così difficile, ancora non so se ho fatto la cosa giusta. È così giovane” . Che strano eppure non l’ho visto aprir bocca.

“Cosa stai dicendo? Non capisco” gli dissi.

“Non ho detto nulla” mi rispose. Edward, tu mi conosci come il dottor Carlisle, ma in realtà io non sono quello che tu credi.” iniziò a parlare e rimasi ad ascoltarlo con attenzione.

Sapevo che quel momento avrebbe fatto luce su tutta la vicenda.

 

“Sono nato a Londra, negli anni quaranta del diciassettesimo secolo. Mia madre morì dandomi alla luce. Mio padre era un pastore anglicano. Non tollerava che esistessero razze diverse da quella umana e così iniziò a cacciare le streghe,  i maghi, i vampiri e tutti quegli esseri che appartenevano al male.

Quando fu troppo vecchio per continuare a guidare le persecuzioni mi cedette il suo posto.

Fui molto più bravo di lui. Non condannavo chicchessia solo per il gusto di farlo.

Non volevo che gente innocente perdesse la vita senza un vero motivo.

Così una notte del 1663, mentre ero di guardia, vidi un vero vampiro uscire dalla fognatura. Raccontai a tutti cosa avevo visto e la gente iniziò ad organizzare l’attacco. Fui io a guidarlo e sapevo anche che il rischio che correvamo era alto.”

 Ma di cosa diavolo stava parlando. Vampiri. Non esistono i vampiri.

Cercai comunque di non perdere il filo del discorso.

“Il vampiro uscì dal suo rifugio per sfamarsi e quando si accorse di noi ci attaccò. Probabilmente era troppo affamato per scappare. Si scagliò su di me e mi morse. Gli altri uomini accorsero in mia difesa e il vampiro per difendersi mi lasciò andare avventandosi su di loro. Fu una notte lunga.

C’erano grida di dolore e di paura. Due uomini morirono.

Il vampiro ormai sazio scappò nelle fogne da dove era uscito. Sapevo cosa mi aspettava se avessi fatto ritorno a casa. Nessuno si avvicinò a me.

Forse perché credevano fossi morto.

Così quando mi accertai di essere rimasto solo strisciai verso un viottolo buio.

Mi nascosi sotto dei sacchi di patate andate a male e ci rimasi per tre giorni, in silenzio. 

Quando il fuoco si spense e il dolore cessò, ebbi la consapevolezza di ciò che ero diventato.” Rimase in silenzio a fissarmi.

 

Aspettava che dicessi qualcosa. Non sapevo cosa pensare.

Il suo racconto mi era sembrato un sogno. Vedevo le scene nella mia mente come se quella notte fossi presente anch’io.

“Stai cercando di dirmi che ora anch’io sono un vampiro? Che ora sono un mostro? Perché mi hai fatto questo?” gli urlai. Lui mi guardò.

Mi sentii in colpa per il tono che avevo usato. Era evidente che anche lui era preoccupato per ciò che aveva fatto.

Perdonami, non dovevo, ma avevo bisogno di qualcuno che mi capisse, qualcuno che mi aiutasse a rendere più lieta la sorte che mi è toccata.  Avevo bisogno di un fratello,  di un amico , di un figlio!” Non capivo. Come faceva a dire quelle cose senza aprir bocca. Cosa mi stava succedendo?

Sentivo la sua voce ma non era lui a pronunciare quelle parole. E per di più erano sincere.

Lentamente si insidiò in me la consapevolezza che ciò che avevo appena sentito erano i suoi pensieri. Rimasi a riflettere per qualche secondo cercando di realizzare ciò che ero.

“Sarai tu a decidere se essere un mostro o se continuare ad essere quel ragazzo che fino a qualche giorno fa giaceva morente in un letto di ospedale.” Mi disse, spezzando il silenzio.

Lo guardai sbalordito. Sentivo e sapevo leggendo i suoi pensieri che la storia non era finita.

Gli feci cenno di continuare il racconto.

“Dopo aver capito ciò che ero sapevo che per sfamarmi avrei dovuto uccidere gente che non aveva nessuna colpa. Provai ribrezzo per me stesso.

Cercai di distruggere quello che ero. Mi gettai dalle cime delle montagne, cercai di annegare. Ero troppo forte e giovane e il mio nuovo corpo non subiva danni.

Ogni tentativo era inutile. Decisi di morire di fame.

Mi allontanai dalla città e iniziai a vagare nei boschi, il più lontano possibile da vite umane. Ero stanco e ormai la fame era insopportabile. Fiutai una scia deliziosa e senza pensarci attaccai il corpo che emanava quel profumo caldo e invitante.

Dopo essermi saziato mi accorsi che mi ero nutrito di sangue animale.

Capii che esisteva un’alternativa al sangue umano. Capii che potevo non essere un mostro.” Ora comprendevo le sue parole.

 

Potevo scegliere tra l’essere un mostro e l’essere una creatura con una coscienza.

Assimilavo le parole di Carlisle e rivivevo le scene dell’attacco al branco dei cervi attraverso la sua mente. D’un tratto mi accorsi di avere sete. Avevo la gola secca, bruciava.

“Continuerò a spiegarti tutto, abbiamo l’eternità davanti. Prima però devi nutrirti così ti sarà più facile capire.” Disse Carlisle. Annuii.

Seguimi. mi disse “non ti sarà difficile fare quello che faccio io.” Mi prese per mano e iniziammo a correre.

Mi portò nel bosco. Era strano correvamo in modo tutt’altro che normale.

Eravamo velocissimi. Tutto era cambiato. Carlisle mi indicò un branco di alci.

“Sii te stesso, segui il tuo istinto.” mi disse. E in un secondo mi trasformai nel mostro che ero realmente. Gli diedi ascolto. Mi abbandonai ai miei istinti.

Allargai le narici e mi lasciai invadere dall’intenso profumo di sangue delle alci.

Lo sentivo scorrere nelle vene. Liberai la mente da tutti i pensieri e mi accovacciai, pronto a balzare sulla preda. Studiai la loro posizione e in meno di un secondo calcolai tutte le possibili vie di fuga degli animali.

Contai “Uno,  due, tre! ”. Tre secondi e l’alce tra le mie mani smise di vivere.

Sentii il veleno riempirmi la bocca e i miei nuovi denti trapassarono il suo corpo fino a raggiungere la vena più grossa. Ne succhiai il sangue.

Quando ebbi finito mi accorsi che la mia sete non si era placata. Ne volevo ancora.

Allargai i miei sensi e fiutai una nuova scia. Mi lanciai nella corsa. Scorsi un puma.

Mi acquattai e in un secondo gli fui addosso. Mentre bevevo il suo sangue una piccola parte del mio cervello valutava i due diversi sapori.

Prosciugato il puma mi misi in cerca di Carlisle. Lo vidi osservarmi.

Si avvicinò a me. Mi guardava in modo strano, sembrava orgoglioso.

“Figliolo, sei stato una sorpresa. Non pensavo riuscissi a comprendere tutto così in fretta. Sei stato anche più bravo di me. Torniamo a casa ora così potrò raccontarti il resto della storia.” mi disse.

Annuii e tornammo insieme a casa.

 

Quando rientrammo passai per caso davanti allo specchio e non riuscii a resistere alla tentazione di guardarmi. L’uomo che vi trovai riflesso era un mostro. I suoi vestiti erano sporchi di sangue, la sua pelle era bianchissima e i suoi occhi erano di un rosso cremisi intenso.

“Con il tempo il colore cambierà.” mi disse Carlisle “Il sangue animale ti aiuterà a farli sembrare uguali ai miei.” Distolsi lo sguardo dallo specchio e mi sedetti.

“Cosa vuoi sapere?” chiese.

Non sapevo cosa dirgli. In realtà aveva già risposto a tutte le domande.

Avevo letto le risposte nella sua mente. Feci la scelta di chiedergli comunque qualcosa.

“Allora. Cosa hai fatto dopo aver trovato una soluzione per sfamarti?” chiesi e rimasi calmo ad aspettare che raccontasse il resto della storia.

“Questa soluzione divenne la mia filosofia di vita. Cibarmi di animali mi permetteva di controllare i miei istinti quando avevo contatti con gli esseri umani.

Mi sono iscritto all’università. Ho studiato per diventare medico.

Ora, dopo molti anni di allenamento, sono immune al sangue umano.

Andai a studiare in Italia, dove conobbi un gruppo di antichi vampiri chiamati Volturi.

Aro, Caius e Marcus.

Erano molto più raffinati dei vampiri londinesi.

Diventammo amici ma il loro stile di vita non si sposava con il mio. Loro cacciavano sangue umano e cercarono di convincermi che il mio stile di vita invece fosse sbagliato.

Passammo  insieme qualche anno. Soffrivo la solitudine, così decisi di andare alla ricerca di qualcun altro come me. Decisi di girare il mondo.

Così partii per il Nuovo Mondo. Ho iniziato ad esercitare la professione di medico nell’ospedale di Chicago.

 Negli anni di solitudine ho spesso preso in considerazione l’idea di crearmi da solo un compagno, ma non ho mai trovato il coraggio per farlo.

 Ciò che mi ha spinto a farlo ora, dopo tanti anni, sono state le ultime parole di tua madre.” Ascoltai con attenzione tutta la storia.

I tasselli iniziavano ad andare al loro posto.

 

Capii perché Carlisle l’aveva fatto.

“Salvalo, ti prego, salvalo come solo tu puoi! Fai ciò che agli altri non è concesso.” Nella sua mente rivedevo mia madre morente che lo pregava di salvarmi la vita, e non riuscii ad essere arrabbiato con lui. 

“Cosa sono in grado di fare adesso?” chiesi.

“Puoi fare tutto. Sei indistruttibile e immortale. Sei veloce e i tuoi sensi sono mille volte più sviluppati di quelli umani.

Tutto è amplificato, anche le tue emozioni. Cerca di stare attento.

 Devi saper equilibrare le tue sensazioni. Voglio che tu sappia che sei libero di andare per la tua strada. Sei anche libero di bere sangue umano se per te risulta difficile resistere.

Io ti ho offerto un’alternativa.

 Sta a te scegliere cosa è più giusto per te.” Rispose.

Feci un’altra domanda.

“Quali altre regole ci sono da rispettare?” dissi.

“Solo una: nessuno deve sapere della nostra esistenza. Ora perdonami ma devo andare in ospedale. L’influenza miete ancora vittime e c’è bisogno di medici ti spiegherò meglio tutto al mio rientro.” Mi salutò e corse via dai suoi pazienti.

 

Ero sbalordito. Tre giorni e la mia vita era di colpo cambiata. Mi guardai attorno e rimasi immobile come una statua, aspettando il ritorno di Carlisle. Quando arrivò mi trovò intento a fissare le pareti. Si sedette accanto a me e rimase in silenzio per un po’. Pensava a quello che doveva dirmi.

 “Il tuo aspetto, il suono della tua voce e il tuo profumo ti aiuteranno ad attirare le prede, nel caso tu decida di andare per la tua strada.

Sei dotato di veleno che ti permette di immobilizzare gli animali, anche se credo che tu ti sia accorto che una volta catturati non possono più liberarsi.

La tua mente è molto più spaziosa e sarai in grado di imparare molte cose senza difficoltà.

 Non puoi dormire. Non puoi esporti alla luce del sole perché la tua pelle la riflette rendendoti più splendente di un diamante. Per questo a volte siamo costretti a nasconderci. Il resto lo scoprirai da solo.”disse infine.

Non risposi nulla.

 

Capii che il giorno più lungo della mia vita era appena iniziato e non sarebbe mai finito.

 

Edward

 

  
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