Videogiochi > Mario Bros
Segui la storia  |       
Autore: Debby_Gatta_The_Best    17/02/2018    1 recensioni
Ad ogni fandom equivale una AU scolastica uguale e contraria, e come poteva il famigerato universo di Mario esentarsi da questa legge della fisica? Aprendo questa storia, vi ritroverete di fronte al solito brodo riscaldato di bulli, fighetti, protagonisti stereotipati... o forse no?
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Consilia/Farfalà, Daisy, Luigi, Peach, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitoli di efp

 

[Mario, Peach, 3^ persona]

Halloween, sera inoltrata



Una giovane donna sfilava in avanti e indietro per il palco allestito per l’occasione. Sotto l’accattivante vestito da strega, l’enigmatico sguardo di Pauline rapiva le attenzioni del pubblico e le gettava su di sè. Con la sua suadente voce, poi, era impossibile resisterle.

«...direi quindi di dare inizio alla sfilata in maschera di Halloween! Come ogni anno, il costume migliore vincerà questo premio - l’aspirante modella alzò al cielo un cestello pieno di scintillanti monete - ed un bacetto da parte mia, se vorrà» e con un occhiolino malizioso, lasciò la scena al primo partecipante.

Tra la folla, Mario osservava con ammirazione la sua vecchia amica destreggiarsi come presentatrice. Pensava fosse portata per una cosa del genere.

Mentre degnava della giusta attenzione il primo partecipante - il suo amico Wolly vestito da Zucca - una voce familiare lo chiamò.

«Mario! E’ tutta la sera che ti aspettavo!»

Peach, con un completino da micetta molto trandy e la ragazza che stava diventando sua amica sbucarono dietro di lui.

«Oh, Peach - Mario sentì le guance prendergli fuoco per la figuraccia che aveva fatto con la ragazza - erm, buonasera.»

Vide la fronte di Peach corrugarsi e avrebbe potuto aspettarsi che dalle zampe paffute del costume stessero per uscire degli affilati artigli. Ma l’altra si limitò a guardarlo in cagnesco per qualche secondo, nonostante la luce nei suoi occhi tradisse una certa felicità nel vederlo.

«Buonasera… buonasera! Hai ritardato di un’ora buona!»

«Perdonami, ho avuto un... piccolo contrattempo.»

«Piccolo - sottolineò Peach con ironia - e questo piccolissimo contrattempo era dovuto da quel… che costume è? Sei un dottore?»

Mario si dette una rapida occhiata addosso, scuotendosi un attimo il camice bianco che era riuscito a ricavare all’ultimo minuto.

«L’idea iniziale era molto diversa… ma sì» a conferma della sua affermazione tirò fuori dalla tasca larga un inquietante bisturi ed una siringa.

«Hai assassinato il Dottor Toadly per procurarteli?» chiese con un po’ di timidezza l’altra ragazza, indicando le macchie di sangue finto che Mario aveva creato all’ultimo secondo spruzzandosi del ketchup addosso.

Lui ridacchiò in risposta, alimentando forse ulteriormente l’irritazione di Peach, che però riuscì a calmarsi qualche secondo dopo.

«Bene, ora siamo qui e… che ne dite di andare… - la gatta rosa si guardò attorno - laggiù? Sembra che ci siano dei giochi a gruppi molto più divertenti di questa messa in scena!»

Indicò la parte opposta alla piazza, il più lontano possibile dal palco con Pauline.

«Oh, a me piacerebbe guardare qualche costume della sfilata prima.»

Rispose Mario con un mezzo sorriso, rivolgendo lo sguardo proprio a Pauline.

«Ma...»

«Anche a me piacerebbe guardare qualche bella maschera - si unì Farfalà - possiamo stare un po’ qui?»

«Sì… certamente...» Peach abbassò lo sguardo, quasi volendo ignorare l’esistenza dell’ammaliante donna in abito da strega che stava passeggiando sui tacchi a spillo a qualche metro da lei.

«...ed ora chiederei a tutti di accendere i vostri cellulari, ma non per chattare su JOSHO! Entrate su Facekoop e votate i cinque costumi da eliminare!»

Agitando le braccia come una strega in procinto di lanciare un incantesimo, Pauline sembrò stregare la gran folla che aveva ai suoi piedi ed indurla a tirar fuori dalle tasche i propri cellulari, per poi accanirsi contro i cinque costumi più brutti della sfilata fino a quel momento.

«Okay! - esclamò finalmente Peach - ora possiamo and-»

«Mario! Che piacere vederti, caro.»

Pauline le arrivò da dietro, sorpassandola con noncuranza e andando ad abbracciare il ragazzo vestito da dottore.

«E’ un po’ che non ci incrociavamo! Come va?»

«Be’, si studia e si cerca di sopravvivere!»

«Ovvio, questo lo facciamo tutti! - la giovane donna, di qualche anno in più di Mario, rise con una voce cristallina e musicale - ma a vita sociale come sei messo?»

Mentre i due conversavano animati da un reciproco e profondo affetto, Peach si voltò appena verso Farfalà, sibilandole tra i denti quel che pensava di Pauline.

«...ma quella megera non era sul palco fino a tre secondi fa?»

Farfalà ridacchiò sotto i baffi, per poi scostarsi un ciuffo di capelli bianchi dagli occhi e lasciarsi ad un mezzo sospiro.

«Qualcosa mi suggerisce che voi non andiate molto… d’accordo.»

Peach rispose con una faccia che parlava da sola.

«Quell’oca… si mette sempre in mezzo… appena mi vede sola con Mario...» ma non riuscì a proseguire, e il suo sguardo s’incupì. Farfalà parve notarlo, perché prendendole gentilmente un braccio la invitò ad appartarsi chiedendole se voleva per caso parlarne.

«Oh, è solo una cosa stupida - cercava di sminuire la Principessa - ma… non so, potremmo farci un giretto alle bancarelle mentre aspettiamo che la sfilata ricominci...»

Le due ragazze si avviarono verso la parte sudoccidentale della grande piazza verde, cuore del campus, dove erano state allestite da alcuni ragazzi delle bancarelle che vendevano gadget spaventosi, accessori per costumi e dolci più elaborati degni di veri pasticceri.

«Guarda come sono carini!» Peach puntò il dito contro dei muffins cicciotti ricoperti da glassa di varie forme e colore.

«Questi con la decorazione a cuoricino demoniaco sembrano molto… accattivanti.»

Farfalà stava per allungarvi la mano contro, ma una voce melliflua la fermò.

«Ti consiglio caldamente di non assaggiare questi muffin, a meno che tu non desideri trascorrere tre giorni di patimento a rigurgitare come fossi una camera magmatica di un vulcano in piena attività.»

Alzando lo sguardo, sia Peach che Farfalà si ritrovarono a incrociare gli occhi ridenti del ragazzo col volto a forma di maschera.

«Oh, Dimensio...» Peach si ritrasse un poco dalla bancarella, come se improvvisamente si fosse accorta di qualcosa di vearamente spiacevole.

«Tu!» esclamò invece Farfalà, insicura sull’essere più turbata o felice di rivedere quello strano tipo.

«In persona!» il ragazzo abbozzò un leggero inchino, mostrando con orgoglio il costume da angelo caduto che indossava, con tanto di ali nere e falcetto intagliato legato alla cintura.

«Come posso servirvi?»

«Come… mai questi dolci farebbero vomitare?» domandò con una marcata nota di preoccupazione la ragazza vestita da gatto. Dimensio abbozzò un mezzo sorrisetto prima di rispondere.

«Sono convinto che tu conosca la tipica espressione “dolcetto o scherzetto”. Orbene, il sottoscritto è riuscito a congiungere sapientemente entrambe le cose per fare uno scherzetto al tuo più odiato nemico. Ahahah!»

«Tutti?» domandò con ancor più preoccupazione la ragazza senza costume. Dimensio allargò il suo beffardo sorriso, sfiorando la fila di muffins alla sua sinistra, glassati con disegni a forma di pipistrello.

«Questi fanno passare una deliziosa serata su un trono di porcellana, in compagnia di lancinanti dolori addominali ed un fetore di discutibile provenienza… se afferri cosa intendo, ah!»

Per un attimo, un solo attimo, Peach si vide intenta a regalare uno di quei dolcetti a Bowser. Ma scacciò subito quel malvagio pensiero. Non poteva finire per abbassarsi a certi livelli.

«Sicuramente è uno scherzo molto perfido… e, erh, divertente suppongo - Peach si sentiva molto turbata dall’idea che qualcuno dei dolcetti che aveva mangiato quella sera potessero essere stati compromessi - ma non credi che-»

Ma prima che potesse finire la frase, un urlo agghiacciante la fece sobbalzare. Si voltó di scatto verso la fonte del suono, e impallidì.



Mario vide una lunga, ritorta zampa filiforme conficcarsi nel terreno a pochi metri da lui, dove un attimo prima di balzare si era effettivamente trovato. Colto da una sorda paura, aveva alzato lo sguardo verso l’abominio, ritrovandosi ad osservare un ventre gonfio e pulsante, dal discutibile colore verde palude, sul quale, come su un volto, era intagliato un tremante ghigno contorto; prima che la bestia - qualunque razza di bestia fosse - potesse costringerlo ad arretrare ulteriormente, il ragazzo notò un altro particolare parecchio inquietante: tra la gabbia di zampe lunghe e contorte penzolava quello che sembrava il cadavere smembrato di un’esile figura coperta di stracci.

Ma Mario non aveva il tempo per soffermarsi sui particolari. Balzò con agilità all’indietro, per due o tre volte, mentre sentiva un freddo sudore colargli lungo le tempie e cercava di mantenere la calma in mezzo al fiume di gente che aveva iniziato a scorrergli confusamente intorno.

Le grida, gli spintoni e la confusione lo distraevano, ma qualcosa, dentro di lui, gli imponeva di rimanere e combattere quella mostruosità che era come apparsa dal nulla.

Era difficile dire cosa fosse successo in una manciata di secondi. Qualcuno aveva urlato, e Mario e Pauline, voltandosi, avevano visto una ragnatela di zampe esplodere in mezzo alla folla, per poi districarsi e poggiarsi per terra sollevando il busto verde della creatura. Il panico che si era generato era stato alimentato dai movimenti bruschi e scoordinati del mostro che aveva iniziato ad agitarsi e a rincorrere chi gli capitava sott’occhio.

«Pauline, scappa!»

Aveva urlato Mario, e senza rendersene conto aveva subito pensato a Peach. Si era guardato alle spalle, sperando di scorgerla, ma in quel momento la bestia l’aveva puntato e gli era corsa incontro.

«Che succede qui!?» un tipo alto, simile ad un falco antropomorfo dalle penne dorate si era fatto spazio tra la folla per raggiungere il mostro. Voltandosi Mario aveva notato che anche il suo acerrimo rivale Bowser era in qualche modo apparso dal nulla e teneva ben salde le zampe in terra con gli occhi fissati sulla bestia.

«Hey rosso - ringhiò voltando un attimo lo sguardo verso di lui - schiacciamo quell’insetto gigante!»

La cosa, che sembrava più simile ad un ragno, avanzò con passo incerto verso di Bowser, che non si fece spaventare dall’altezza imponente del mostro e gli corse incontro, infiammando le fauci.

La bestia dondolò pericolosamente da una parte, scavalcando Bowser all’ultimo secondo. Questo inciampò e cadde, estinguendo le fiamme nella bocca, ma si rialzò subito.

«E voi che state a fare lì fermi!? Non è mica una battaglia a turni questa eh!»

Mario e “Falkoman” (così era chiamato l’armadio di piume, una delle più importanti icone sportive del campus) si lanciarono una rapida occhiata complice, per poi partire all’attacco.



Peach e Farfalà vennero sospinte dalla folla. Quasi subito si separarono, e Peach, per evitare di essere travolta, si gettò dietro ad una bancarella. Dimensio si era dissolto nel nulla, e lei ne approfittò per rifugiarsi sotto il suo piccolo stand, tremante e con il cuore in gola dalla paura.

Ogni tanto, un profondo mugolio sembrava risuonare un inquietante “mimimimimi” o qualcosa del genere, e il segno che quella cosa fosse ancora lì la scuoteva ogni volta.

Che diamine era!? Che sta succedendo?”

Avrebbe voluto affacciarsi, controllare cosa stava succedendo a Mario - che aveva visto di fronte alla creatura - ma ne era impossibilitata. La paura la bloccava, la paralizzava completamente. Improvvisamente le venne un’idea che poteva in qualche modo essere utile per Mario. Imponendosi con tutta sé stessa sulle sue membra, cercò con mano tremante il cellulare sotto il costume da gatto, e tirandolo fuori cercò di riportare alla memoria il numero della sicurezza del campus.

Diamine, me lo sarò scritto in rubrica almeno!?” mentre cercava qualcosa che riportasse la scritta “Sicurezza Campus”, “Campus Allarme” “Campus Freddossa” o qualcosa di simile, tendeva le orecchie e i muscoli il più possibile sull’attenti. Scorreva nervosamente l’indice sul touchscreen, mentre sentiva qualche lacrima di paura affiorarle al bordo degli occhi.

Deve esserci da qualche parte!”

Decise di cercare su internet, ma non ebbe il tempo di aprire la pagina di ricerca che qualcosa la spinse violentemente in avanti, facendola rotolare di qualche metro, e subito dopo il cielo sopra di lei si fece buio e caldo, e Peach si sentì in trappola.

Per un attimo credette che la cosa l’avesse ingoiata in un boccone, ma quando lo scricchiolare del legno infranto cessò definitivamente, vide la pesante coperta scura che si era abbassata su di lei alzarsi; guardando in alto si ritrovò a pochi centimetri dalla parte anteriore del carapace di Bowser, che le si era gettato addosso e si sorreggeva con i quattro arti tesi per non schiacciarla.

«Hey - sospirò col fiato mozzo il giovane Koopa - stai bene?»

Peach non seppe cosa dire, ma riuscì in qualche modo ad annuire. Bowser la guardò per un secondo negli occhi ed annuì di conseguenza. Con una forte spinta sugli avambracci la tartaruga si riportò in piedi, voltandosi rapidamente verso la creatura dondolante, ritta sulle sei zampe contorte ed impegnata ad osservare con curiosità i resti della bancarella che aveva appena fatto a pezzi.

«Non ti permetterò di prendertela con la mia dolce Peach!»

E con un ruggito al limite dell’ira, il Principe dei Koopa si gettò con uno scatto verso le zampe della bestia, facendola crollare a terra. Peach, che fino a quel momento era rimasta accovacciata per terra, sentì l’adrenalina esploderle nelle vene e con una forza inaudita riuscì ad alzarsi ed a correre via.



Maldestramente nascosti dietro a qualche albero, degli incoscenti erano rimasti a filmare col telefono quello scontro epico, e Mario se n’era accorto.

Ma non aveva il tempo per correre da loro e urlare di mettersi in salvo. Teneva gli occhi puntati sulla creatura dal passo incerto, che sembrava voler aggredire ogni cosa nel suo raggio d’azione. Il palcoscenico era ormai andato, e con lui Falkoman, che colpito ad un ginocchio aveva solo potuto strisciare via e abbandonare il campo di battaglia.

Il mostro si stava accanendo contro Bowser, e quando quest’ultimo fu riuscito a buttarlo a terra, il ragazzo mascherato da dottore spiccò due balzi verso l’abominio per aiutare il suo rivale a bloccarlo.

«Guarda che ce la faccio da solo, non importa che tu mi rovini la festa anche ‘stavolta Mario!» ringhiò Bowser nel vederlo.

Mario scosse la testa, senza rispondergli, ma continuò a rimanere aggrappato alle tre zampe nere che si stavano divincolando dal suo lato. Con gli spasmi irregolari e spasmici di un insetto capovolto, uniti ai forti muscoli delle zampe, era difficile trattenere a terra quella… cosa.

Facendo scendere appena lo sguardo verso il basso, il giovane Mario si era accorto di un carattere ancora più inquietante della “cosa”. Degli ingranaggi unti e scuri si stavano infatti muovendo a scatto ai lati dell’addome del ragno, regalandogli ancor più mostruosità.

«Non… ce la faccio!» una zampa lo schiacciò verso terra, facendogli sbattere con forza la testa.

Per un attimo, vide tutto nebbioso. Quando ebbe la forza di rialzare la testa era troppo tardi. Il mostro, slegatosi dalla stretta di Bowser, aveva alzato le due zampe più anteriori e le stava per conficcare sopra di lui…

Ma quello che accadde subito dopo fu parecchio strano.

Prima che le zampe lo colpissero, un paio di braccia l’avevano afferato da dietro… ma dietro di lui c’era solo il terreno. E improvvisamente era come sprofondato dentro il terreno, come se questo si fosse ad un tratto tramutato in acqua. Aveva visto le zampe conficcarsi a pochi centimetri dai suoi occhi… ma quello che stava vedendo era fisicamente impossibile da vedere! Era come trovarsi sotto una spessa lastra di vetro, posta qualche metro sotto il terreno, ed osservare il fuori da lì.

«...ti ha colpito?» sussurrò una flebile voce al suo orecchio destro. Mario rabbrividì e cercò di voltarsi, ritrovandosi a muoversi come in un’invisibile sostanza gelatinosa. Si ritrovò una lunga coda viola attorcigliata intorno a gambe e busto, e alzando lo sguardo vide il grosso cappello di Vivian* coprire un innocente sorriso. L’Ombra l’aveva tirato giù con sé, nascondendolo nella propria ombra con un qualche incantesimo oscuro proprio di quella specie.

«Se ne va… ti riporto su.»

E con un altro, leggero sorriso, Vivian sospinse il ragazzo fuori dal terreno. Poco dopo anche lei apparve, a fianco a lui.

La creatura se la stava di nuovo prendendo col povero Koopa Reale, che goffamente cercava di ribaltarla, venendo ribaltato lui a sua volta.

Facendo schioccare le mani guantate, sull’indice destro dell’Ombra a fianco di Mario apparve una fiammella violacea. Puntando la bestia, Vivian stette per indirizzare il suo attacco verso i due aggrovigliati, ma Mario la fermò.

«Non possiamo far male a lui» ammise. Vivian annuì appena e spense l’incantesimo.

«Come facciamo?»

Mario era a corto di idee. Quella cosa sembrava davvero impossibile da battere…

Fino a che Bowser, con uno strattone, non le troncò di netto una gamba.



Peach era corsa verso la pineta, al limitare della piazza, verso sinistra. Da quelle parti si trovava la piccola “caserma” di addetti alla sicurezza del campus.

Appena si fu ritrovata al buio degli alberi, fu costretta a rallentare il passo per non rischiare di inciampare. In mano stringeva il cellulare, ma quando fece per accenderlo e farsi un po’ di luce, lo trovò con il vetro infranto in una ragnatela di frammenti.

«Santa… Infernia, no!» sbottò, mordendosi poi il labbro e cercando di riprendere la calma. Nascose il telefono sotto il costume, e avanzò verso il punto in cui le sembrava ci fosse l’edificio per la sicurezza. Non fu difficile da riconoscere. Una struttura massiccia, dalla pianta rettangolare, simile ad un piccolo bunker; i pini la circondavano minacciosamente e la luce dei lampioni della piazza filtrava appena.

Peach alzò la testa verso le piccole finestre, e le sembrò di vederle spente.

Oh andiamo! Vi siete presi una vacanza per Halloween?”

Ma tentò lo stesso. Avvicinandosi alla porta imponente - sembrava un portone di un castello più che una porta di un edificio - cercò il campanello nell’ombra e senza trovarlo si accinse a bussare con forza.

Sentì un rimbombo inquietante succedere i suoi colpi, ma nessuno venne ad aprire.

«Magnifico.»

Scuotendo la testa, si voltò e si strinse nelle braccia, colta nuovamente dal terrore di quella notte. Ora che l’adrenalina stava sgusciandole via dal corpo, la foresta di pini iniziò a sembrarle ancora più spaventosa, e ad ogni minimo rumore veniva colta dal terrore che fosse quel mostro.

Spero solo che Mario stia bene!”

E poi un cigolare, lento e cupo, la fece sobbalzare dallo spavento. Voltandosi verso l’uscio, si ritrovò il grosso muso azzurro del capo della sicurezza del campus intento ad osservarla.

«Non ci sono dolcetti per i marmocchi, questa sera.» sibilò dischiudendo appena le fauci. Un vento freddo scosse Peach, che riuscì però a non farsi prendere dal panico.

«Lei è il S-Signor Freddossa, giusto?»

Il drago sbuffò una nuvola gelida dal naso, senza rispondere.

«C’è un enorme ragno, un mostro, che sta attaccando il campus, e… ed è un guaio, nessuno riesce a fermarlo, e...»

«Va bene dolcezza, intanto calmati.»

Un leggero sorriso si disegnò sul ghigno di Freddossa, quasi compiaciuto dalla notizia.

«Io e i miei ragazzi stavamo giocando a briscola, ma questo sembra un bel problema»

Aprendo del tutto la porta, mostrò il resto del corpo - uno scheletro nero e contorto appena coperto da una divisa a grandezza t-rex che sanciva il suo status di capo della sicurezza, e poi le sei piccole ali piumate sulla schiena.

Peach arretrò un poco. Freddossa non si vedeva spesso nel campus, ma quando si mostrava, erano incubi per sei mesi.

«Spero solo per te che non sia uno stupido scherzo di Halloween… o un altro studente sparirà il 31 ottobre, quest’anno.»

Peach si sentiva le gambe congelare, e i brividi di terrore si erano trasformati in brividi di freddo.


«Tienile ferme!»

«Ci sto provando!»

«Arrivo ad aiutarvi!»

Mario, Bowser, Vivian e Falkoman - che zoppicante era tornato in scena - stavano schiacciando la creatura per terra, cercando in tutti i modi di tener ferme le quattro zampe rimaste.

Mario era riuscita a ferirgliene un’altra, e Falkoman gliel’aveva strappata. La creatura, dal cui addome fuoriuscivano gli ingranaggi scuri, continuava inesorabilmente a dimenarsi come una blatta ribaltata, senza la minima intenzione a volersi arrendere.

«Che razza di mostro è?» Vivian faceva scoppiare piccole scintille di fronte alla bestia quando questa aveva uno scatto troppo violento.

Mario si guardò attorno, e vide che molti studenti si erano radunati - a distanza di sicurezza - intorno a quella che era diventata l’arena dello scontro.

I professori non erano presenti, quella sera. Ed era stato questo il problema principale. Se anche solo qualcuno come il Professor Cannonio, il Pofessor Merlocchio o la Professoressa Spirù fossero stati presenti, non avrebbero faticato a risolvere la situazione. Ma il campus non era in mano alle istituzioni scolastiche; quindi non c’era ragione per cui, anche i rettori, se ne stessero lì per tutto il tempo.

«Mario!» chiamò una voce femminile.

Mario si voltò con fatica, mentre le zampe artigliate della bestia cercavano di ferirlo.

Con la coda dell’occhio vide Goombella venirgli incontro.

«Gli ingranaggi! Bloccagli gli ingranaggi!»

Mario si inginocchiò, faticando a mantenere la presa, e con una grande forza d’animo riuscì a scrutare da più vicino dentro il ventre forato della creatura. Gli ingranaggi erano accatastati e intrecciati così fittamente che anche un sassolino avrebbe potuto fermarli.

«Non ho niente con cui bloccarli!»

Ma Falkoman, di fronte a lui, gli sghignazzò un “aspetta”, per poi allungarsi una mano sotto il costume strappato e tirare fuori una grossa piuma dorata.

«Prova con questa!»

Dubbioso, il ragazzo accettò comunque l’offerta sporgendosi oltre l’intrigo di zampe, e riuscì ad afferrare la piuma. Aveva una costola molto rigida e per un attimo si chiese se avrebbe potuto funzionare.

«Sbrigati pivello! Anche io ho dei limiti, sai?» ringhió Bowser.

Abbassandosi di nuovo, Mario sporse cautamente la penna verso le “interiora” della creatura, reggendola per la punta. Ad un certo punto, qualcosa si incastrò, e improvvisamente il ragno cessò di muoversi.

«Santo Granbì!»

Bowser si staccò dalla presa così come Vivian e come Falkoman, che crollò a terra esausto.

«Mammamia… - si fece sfuggire il ragazzo mascherato da dottore - è stata dura.»

Asciugandosi la fronte, si sedette sul prato, e poco dopo un coro di voci si levò sulla piazza del campus. I vari studenti osarono dei passi verso la bestia e poi acclamarono Mario e gli altri con sincera ammirazione.

E Mario non poteva nascondersi che tutto ciò gli faceva piacere.

«Va bene, va bene, la festa è finita!» ruggì una voce gelida. Il vociare si congelò, e Mario si alzò subito in piedi, intimorito dalla figura imponente di Freddossa che aveva fatto la sua entrata in scena seguita da altre guardie.

«Dovevamo aspettarcelo che sarebbe accaduto qualcosa. La maledizione di Halloween, no?» e poi sghignazzò. Il cerchio di curiosi si allargò per far spazio al capo della sicurezza, seguito a debita distanza da Peach.

«Che cosa abbiamo qui?» sibilò il demone del ghiaccio allungando un artiglio verso le zampe immobili del ragno, che al tocco ebbero un sussulto spaventoso.

«Mai visto niente del genere...»

Ma mentre stava parlando, il ragno ebbe uno spasmo e mosse le quattro zampe con pigra lentezza; Mario e gli altri si allontanarono ulteriormente, con il cuore in gola e la paura che quella cosa potesse risvegliarsi.

«Non si capisce se sia morta o viva...» uno scagnozzo di Freddossa toccò il busto verde con la corta mazza di legno che teneva in mano, incuriosito più che spaventato.

«Comunque sia - Freddossa chiuse le due mani artigliate sulle zampe della bestia, per poi tirarla su con forza - mi occuperó di sbarazzarmene. Non tornerà più ad infastidirvi, giovani fanciulli!» e detto questo concluse con una roca risata al limite del sarcasmo, che non fece nè ridere nè tranquillizzare la folla di studenti che lo stavano osservando.

Aprendo le sei ali, si dette un forte slancio verso l’alto, per poi volare via nella buia notte di Halloween.

I suoi assistenti fecero sgomberare la piazza, ordinando ai ragazzi di andarsene nei propri dormitori.

Mentre Mario veniva spintonato dalla folla, ancora impaurita, diretta verso le proprie camere, vide con la coda dell’occhio la pelliccia rosa del costume di Peach, e cercò di raggiungerla.

«Mario!» esclamò lei nel vederlo, felice di ritrovarlo tutto intero.

«Stai bene?»

Lui annuì, e poi le rigirò la domanda.

«Sì, cioè, abbastanza… - fece una breve pausa, prima di ricordarsi del telefono rotto - certo, lui sta un po’ peggio di me… ma nel complesso sto bene. Solo… spaventata.»

Mario sospirò. Non sapeva cosa dire, sentiva l’adrenalina iniziare a perdere il suo effetto, e dei forti brividi iniziarono a scuotergli il tronco. Sentiva le mani sudate e improvvisamente fu colto da un gran sonno.

Si incamminò a fianco di Peach, in silenzio, verso il proprio dormitorio.

Sarebbe sicuramente stato un Halloween indimenticabile per gli anni futuri.





Un silenzio inquietante faceva da padrone nella discarica. Neanche un insetto, o lo squittire di un topo o di uno Squittix intento a trafugare qualche pezzo di macchina ancora in funzione. Le gigantesce ali si richiusero sulla schiena scheletrica di Freddossa, che atterrò in mezzo a montagne di spazzatura di ogni genere.

Guarda te che lavoro devo fare!”

Non aveva il tempo per lamentarsi, però In fondo, di recente era venuta fuori quella cosauna cosa che avrebbe potuto comportargli, finalmente, un riscatto. Un riscatto dopo anni passati nell’ombra del suo acerrimo nemico, il Rettore Granbì.

Oh, quella sì che sembrava un’occasione d’oro… ma per il momento si ritrovava in una discarica con un gigantesco ragno morto tra gli artigli. Lo mollò lì, soffiandogli una nuvoletta fredda sul corpo dopo averlo gettato in terra.

«Ah, anche tu uno scarafaggio rigettato dalla società, eh amico?»

Il mostro non aveva una gran voglia di tornare a giocare a poker con i suoi sgherri, chiuso in quel bunker fetido all’ombra dei pini e del palazzo che ospitava il cuore dell’Università. Si sedette su un cumulo di motori e automobili dismesse, puntando il muso verso la luna piena che splendeva maliziosamente sopra la valle.

«Per quanto si sforzino… creature come me e te non verranno mai accettate in questa società governata dagli Umani e dalle creature della luce. Dico bene?»

Il ragno mosse un attimo una delle zampe accartocciate, senza rispondere.

Il drago sospirò una nuvola gelida, guardando verso il Quartiere Oscuro - un intricato labirinto di palazzi neri e ammassati.

«La fortuna sta per girare, però. Broooo ah ah ah ah! Devo solo assicurarmi quella piccola stella, e allora vedremo chi si alzerà dalle ombre per sovrastare l’intera città!»

Il ragno più in basso ebbe uno spasmo. Il mostro non ci badò, finché questo non prese a contercersi con violenza. Gettandogli un’occhiata sufficiente, conscio dell’enorme potere con cui avrebbe potuto spazzarlo via in un attimo, si limitò a frustare un attimo la coda ossuta, aspettando che la bestiaccia si alzasse per poter porre fine alle sue sofferenze con una sola fiatata. Questa però non si rialzò. Rimase a contercersi, mentre il suo corpo veniva avvolto da una melma scura e dall’aria putrida; questa avvolse completamente il ragno, fin poi a sciogliersi lasciando dietro di sé solo una vischiosa pozzanghera.

«Ah, carino lo spettacolino. Ma ora credo proprio sia ora di tornare alle nostre mansioni da comuni mortali. Ancora per poco...»

Freddossa aprì le sei enormi ali. Sbattendole una sola volta si ritrovò a volare verso il campus che ormai era la sua casa da parecchi decenni.

Non si era però accorto che dalla melma lasciata dal mostro era sorta una figura, un esile corpicino tremante, dalle forme vagamente umanoidi… che si era allontanata a gambe levate dalla discarica.



*Preferisco il nome inglese di Ombretta, personaggio di “Paper Mario e il Portale Millenario.

----------------------------
Commento d'autore

Si è conlcuso il capitlo di Halloween, purtroppo un po' in ritardo rispetto al 31 ottobre (o in anticipo? XD), ma meglio tardi che mai, no?


  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mario Bros / Vai alla pagina dell'autore: Debby_Gatta_The_Best