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Autore: Sibyl__V    18/02/2018    5 recensioni
Dal Prologo:
“Vuoi sapere se ti ucciderei…” dice in risposta, con la voce interrotta dai sospiri pesanti che accarezzano seducenti la pelle della Saiyan “Sì. Se fuggissi ti ucciderei e non avrei neanche bisogno degli ordini di Freezer per farlo.”
[ … ]
Per lei quelle parole sono tentatrici maledette che assumono il dolce e irresistibile retrogusto della sfida.
Sono due guerrieri; non sono stati progettati per amare, ma sono stati progettati per distruggere. Si appartengono e si apparterranno per sempre, in vita come in morte. In cuor suo Tebe sa che né Freezer e né nessun altro nell’intero universo potrà mai avere l’onore di ucciderla. Perché solo lui può essere all’altezza di prenderle la vita.
E questa è la dichiarazione d’amore più aberrante e seducente mai esistita.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Vegeta, Zarbon
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Prologo  -  Rovine
 
 
«  Do you know what's worth fighting for? / Sai per cosa vale la pena lottare?
When it's not worth dying for? / Quando non vale la pena morire?
Does it take your breath away? / Ti toglie il fiato?
And you feel yourself suffocating? / E ti senti soffocare?

Does the pain weigh out the pride? / Il dolore pesa sull’orgoglio?
And you look for a place to hide? / E cerchi un posto dove nasconderti?
Did someone break your heart inside? / Qualcuno ha rotto il tuo cuore all’interno?
You're in ruins / Sei in rovina. »

[ Green Day – 21 Guns ]
 
Tic.
Tic.
Tic.
Nella stanza risuona il solo, compulsivo, ticchettio del radar al centro dell’enorme tavolo di comando. La sua luce verde si riflette nel viso della Saiyan e si scaglia sul suo occhio destro, solcato dal profondo cratere di una cicatrice che le squarcia in due la pelle e scende lungo la guancia. È sola in quella cabina di pilotaggio nella quale si sente tremendamente a disagio.
Le sue mani sfiorano con le unghie un tasto di colore rosso vivo. Gli occhi tremanti fissano l’enorme schermo addossato alla parete che mostra l’interno della centrale spaziale di Freezer.
Con due dita si sfiora le labbra nel tentativo di trovare ancora qualche traccia dell’uomo che nonostante tutto, inesorabilmente, ama. Cerca l’amaro sapore di quel loro ultimo bacio, ne sente il disperato bisogno.
Per lei dovrebbe essere un giorno importante e invece l’immagine di Zarbon in quel maledetto schermo ha rovinato tutto. Perché lui non dovrebbe essere lì.
Si consola sapendo che almeno nessuno può vederla così piccola e debole. Nemmeno lui, inquadrato solamente da una minuscola telecamera nascosta della quale persino Freezer ignorava l’esistenza.
«Cazzo, Tebe… ti ho detto di tornare qui.»
Il ringhio di Zarbon viene riprodotto dallo scouter che lo tramuta in un suono piatto e meccanico. Sono passati diversi minuti dall’ultima volta che lo ha sentito parlare, imprecando la medesima minaccia a cui lei si ostina a non rispondere. Si tappa la bocca con le mani per trattenere un singhiozzo che lui non deve in alcun modo sentire.
L’eco di un pugno rimbomba nel congegno che porta all’orecchio. Zarbon colpisce la superficie del tavolo di metallo, che si disintegra sotto la sua forza smisurata. Tebe lo vede azzannarsi con i denti le labbra prima di riprendere a parlare «Perché… perché non fai quello che ti dico una buona volta?»
Ha il respiro irregolare, si sente soffocare. Non vuole stare lì: quel posto è troppo buio, troppo silenzioso, troppo opprimente per lei. Sente come un martello fracassargli la testa. Vorrebbe frantumare ogni cosa e scappare, ma non può permetterselo.
Significherebbe arrendersi. Perdere. E lei deve vincere. Non può mandare a monte il suo lavoro proprio adesso, non può farlo solo per un maledetto sentimento che mai sarebbe dovuto esistere.
«Non capisci che non c’è futuro per me in quel posto» urla.
Respira a fondo cercando di far tornare il suo cuore a battere, mentre alza gli occhi sullo schermo e osserva Zarbon fissare il vuoto di fronte a sé. Lo sguardo corrucciato e gli occhi inquieti, il corpo piegato in avanti e le dita che tamburellano la superficie del tavolo. Sta cercando un modo per farle cambiare idea, un modo per farla cedere, e Tebe sa bene che userebbe qualunque metodo per farlo, anche il più folle e il più moralmente scorretto. Sospira osservando Zarbon sistemarsi lo scouter sull’orecchio ed esitare qualche secondo prima di iniziare a parlare.
«Tebe…»
La sua voce. Pura benzina con il potere di aizzarle il fuoco nelle vene. Stringe i pugni impercettibilmente, già saldi e ancorati intorno al tessuto dei pantaloni della battle suit: sentire il proprio nome pronunciato dal suo tono così seducente e ammaliatore le apre un varco nel petto, doloroso e piacevole allo stesso tempo. Una lacrima le solca la guancia e lei nemmeno se ne accorge, catapultata in un’altra dimensione e persa nei labirinti dorati di quegli occhi dall’altra parte dello schermo.
«… Freezer non ti ucciderà. Se chiedi perdono adesso magari ti punirà, ma almeno avrai salva la vita.»
Tebe, in silenzio, ascolta quelle parole di cui potrebbe innamorarsi. Le ripete nella sua testa e non le interessa nemmeno se quella è la pronuncia di una celata condanna a morte.
«Troveremo un compromesso. Cercheremo di sistemare le cose, di lavorare insieme e ti prometto che questa volta sarà tutto perfetto. Pensa al futuro che Freezer potrebbe dare ad entrambi… come fai a non renderti conto che possiamo avere tutto quello che vogliamo?»
Quelle parole bastano per riportale alla mente una verità che in cuor suo conosce da sempre, ma che volutamente ha sempre ignorato: ha passato tutta la sua vita ad ingannarsi e a costruire attorno a sé un mondo fatto di menzogne. Potrebbe continuare ad ignorarlo e vivere una vita all’apparenza serena. Perché Zarbon, in fin dei conti, ha ragione.
Sarebbe molto più semplice riavvolgere il disco all’indietro. Rovesciare la clessidra e rivestirsi di catene. Ma la verità è che una vita in gabbia potrebbe andare bene a Zarbon, la cui schiena non duole nel piegarsi al cospetto di qualcun’altro.
Ma non a lei. Non a Tebe.
«… Torna da me.»
Per quanto quelle parole possano risultare sincere e dolci all’orecchio di chiunque altro, per lei si tratta solo di stupende, fantasiose, bugie. Scuote la testa, come per evadere da quello stato di trance che ha iniziato lentamente ad avvolgerla. In un attimo le crolla addosso tutto ciò che ha imparato sulla sua stessa pelle. Quello è il vero Zarbon, bastardo fino all’osso. Cinico. Spietato. Un guerriero senza cuore, pronto a sacrificare tutto in nome del proprio padrone. Lui rappresenta il mondo da cui fugge. Rappresenta ciò in cui pian piano anche lei stava per trasformarsi. Rappresenta tutto ciò che lei si rifiuta di diventare: una schiava della guerra tenuta in catene da un tiranno.
Si erano amati così tanto e si erano consumati a vicenda, in un tempo che ormai le sembrava lontano anni luce.
E poi, si erano autodistrutti. Si erano picchiati a sangue. Avevano combattuto l’una contro l’altro. Si erano sbranati a vicenda come cani famelici. E tutto solo per lui.
«No. No. No. Stai zitto…» urla Tebe, tra i singhiozzi, mentre stringe lo scouter tra le dita trattenendosi dal disintegrarlo. Riesce a stento a controllare la rabbia cieca che divampa dentro di lei e le offusca i sensi. Perché ancora, nonostante tutto, Zarbon sta lottando per lui.
Raccoglie le forze, per sputargli addosso tutto quello che per anni non ha mai avuto il coraggio di confessare «Non c’è nessun futuro per noi, perché prima di ogni altra cosa per te viene Freezer… Freezer… Freezer, sempre e solo lui» sussurra, con il fiato corto «Quindi smettila di raccontare stronzate!»
Di nuovo, solo il ticchettio del radar che echeggia tra le pareti per qualche breve secondo.
«Valuta bene quello che scegli, perché se resti lì… è come suicidarsi» la voce di Zarbon assume un tono malizioso, mentre raccoglie un congegno dal tavolo dietro di lui e lo mostra alzando il braccio. Gira lentamente su sé stesso, non sapendo da quale angolazione lei lo stia osservando «Questo ora è nelle mie mani. Sarebbe facile disintegrarlo per me…»
Tebe deglutisce scacciando un pesante nodo in gola. Quella cosa non dovrebbe averla lui.
Zarbon si porta lo scouter ben vicino alle labbra, schioccandole prima di riprendere a parlare.
«… E tu salteresti in aria.»
Il tempo si cristallizza in un attimo eterno. Tebe si sente sospesa nel vuoto. Si sente camminare su un filo spinato che oscilla tra la vita e la morte.
Perché ora o si vive, o si muore.
E la morte non le è mai sembrata così vicina.
 
*
 
[Circa due mesi prima…]
 
La fioca luce bianca della lampada a neon dimenticata accesa quella sera si riflette sulla perfetta pelle di Zarbon: mette in risalto le sue numerose cicatrici, percorre i suoi muscoli, le vene in rilievo sul braccio e i suoi capelli, che ancora lisci e morbidi si distendono sul cuscino in una maniera talmente ordinata da sembrare inverosimile. Il modo in cui riesce a mantenere la sua compostezza persino durante il sonno è incredibile. Le labbra semichiuse e severe, il braccio portato sotto al cuscino, il mento che sfiora appena la spalla, il petto che si alza e si abbassa seguendo il ritmo del suo respiro irregolare e qualche rado movimento appena percettibile. Dettagli che Tebe conosce ormai a memoria. Quella di osservarlo mentre dorme è diventata un’abitudine consolidata, è l’unico momento in cui può permettersi il lusso di ammirarlo.
E ogni notte si innamora nuovamente di lui e della sua assoluta perfezione solo guardandolo dormire e ascoltando il suono del suo respiro.
Lo osserva per ore, forse anche per comprendere a fondo i suoi sentimenti. Non ha mai capito, fino in fondo, come Zarbon riesca a mandarla fuori di testa e a farla esplodere ad ogni più misero contatto come una bomba a orologeria. Si fa solo del male e lei lo sa bene. Da uno come Zarbon, con il carattere del cazzo che si ritrova, è molto meglio girare alla larga: non è di certo un uomo di cui ci si possa innamorare.
Eppure, lei sente di dover essere sua e di amarlo da sempre. Forse di un amore malato e ossessivo, un amore di quelli che non desideri ma che ti ribaltano l’anima comunque. Un amore perverso, in grado di consumare ogni traccia di razionalità. Un amore per cui uccidere a sangue freddo, senza pensarci due volte.
 
Tuttavia, Tebe non riesce a darsi pace. Sente qualcosa di insolito agitarsi nello stomaco, qualcosa che come un mare in costante burrasca non le dà tregua da quando ha fatto ritorno quella sera. Nemmeno le carezze e le attenzioni del suo uomo, agognate per intere settimane di guerra, sono riuscite a smuoverla da quel senso di angoscia. Non appena era entrata nella stanza di lui, poche ore prima, lo aveva trovato ancora sveglio e si era compiaciuta del fatto che stesse aspettando solo lei. Gli si era concessa senza pensarci, come tutte le notti quando non si trovavano in missione ai lati opposti dell’universo, ma non c’era stata la solita passione e il solito fuoco tra di loro, solo un selvaggio e macchinoso amplesso di cui entrambi sembravano essersi accontentati.

È nervosa. Seduta a gambe incrociate sul letto, con i denti si mordicchia ripetutamente le labbra e non si ferma nonostante il sapore amaro e metallico di sangue inizi a invaderle la bocca.
«Non dormi?» è la voce pacata di Zarbon a squarciare il silenzio, intromettendosi delicatamente negli inquieti pensieri della Saiyan, che si limita a spostare solo per qualche breve attimo gli occhi su di lui.
«Non ne ho voglia.»
Cala di nuovo il silenzio. L’acidità di quelle parole genera una tensione palpabile all’interno della stanza che entrambi i presenti si sforzano di ignorare. Zarbon ci riesce decisamente meglio della compagna e girandosi dall’altro lato del letto si mette a bofonchiare «Come vuoi.»
«Zarbon… Freezer vuole uccidermi, vero?»
Quella domanda precipita su di lui come un meteorite in picchiata, in un momento totalmente inaspettato. È una domanda secca, priva di giri di parole e pronunciata quasi senza pensarci, proprio come piace a lei.
Ha l’aria di essere un tranello studiato per metterlo alle strette, ma conosce bene la sua Saiyan e sa che non uscirà da quella stanza senza averle fornito una risposta soddisfacente. Mentre si alza dal letto, poggiandosi alla testiera dietro di lui, il suo cervello lavora alla ricerca di una risposta evasiva o di un qualunque altro modo per tergiversare che gli permetterà di scamparla almeno per quella notte. Sfoggia uno dei suoi sorrisi più rassicuranti e si sistema i capelli sciolti sulla spalla: «Non devi preoccuparti per questo: Freezer vorrebbe sempre uccidere chiunque, bisogna solo farci l’abitudine.»
«Ma in particolar modo vorrebbe uccidere me» ribatte Tebe, mentre un sorriso forzato e acido le si dipinge in volto. Si passa una mano nei capelli neri che cadono lungo la schiena, per poi sussurrare, quasi come a non farsi sentire «Non c’è più spazio per me in questo posto.»
«Sono solo le tue solite stronzate» Zarbon si mette a ringhiare d’impulso a sentire quelle parole che mai sarebbero dovute uscire dalle labbra di Tebe.
«Potrei andarmene. In quel caso cosa faresti?»
Non riesce a guardarla, non ha la forza per reggere quella domanda che da anni cerca di evitare come la morte. È sempre stato un guerriero dal perenne sangue freddo, in grado di sterminare intere popolazioni senza il minimo riguardo, ma che si nasconde come un bambino di fronte a semplici parole. Gli manca la forza per ammettere la sua unica, vergognosa, debolezza.
«Tu non andrai da nessuna parte» sibila piano, fissando un indefinito punto della stanza di fronte a sé.
La sente avvicinarsi e scivolare lentamente sulle coperte al suo fianco «Potresti darmi una ragione…»
Le parole rimangono sospese a mezz’aria, interrotte, come se Tebe non sapesse continuarle. Zarbon si perde in quei due spenti occhi neri, animati solo da un debole barlume di malinconia che sembra implorare una risposta che lui conosce fin troppo bene.
Deve far appello a tutto il suo autocontrollo per respingere l’attrazione magnetica e violenta che da sempre pulsa frenetica dentro di lui in presenza di quella Saiyan.
Lei deve essere sua e non esistono altre stupide ragioni. Perché è lei la prima e sola donna che ha considerato alla sua altezza; l’unica ad avere il permesso di poterlo toccare dolcemente, di poterlo domare, di poter prendere un pezzo del suo cuore e farci quello che vuole. L’unica donna dell’intero universo in grado di donargli quella scossa elettromagnetica che solo un combattimento all’ultimo sangue può scatenare dentro di lui.
«Dannazione, devi restare perché sei mia…»
«Potere» risponde. Di tutto il caos generato dentro di lui, solo quella misera parola è riuscita ad emergere e non è nemmeno la risposta corretta.
Tebe scuote impercettibilmente la testa, abbozzando un sorriso.
«Quello non mi basta più.»
Zarbon, forse per la prima vola in vita sua, rimane senza niente da dire e si mette a studiare minuziosamente i movimenti di lei e il modo in cui cerca di ricomporsi dopo quel momento di inspiegabile fragilità, sistemandosi i capelli e sedendosi composta davanti a lui. Vede il suo viso rilassarsi per qualche breve istante, per poi tornare ad assumere gli alteri e rigidi lineamenti tipici della razza Saiyan.
«Prima pensavo a una cosa… se io fuggissi, Freezer mi darebbe la caccia» fa una pausa per alzare gli occhi su Zarbon. Nulla emerge dal suo viso, che nel frattempo è tornato ad essere una maschera imperturbabile e priva di qualsiasi emozione o sentimento.
«Se lui te lo ordinasse, mi uccideresti?»
Un ghigno quasi involontario e carico di sarcasmo si dilata sul viso di Zarbon, mentre un brivido caldo di adrenalina mista a piacere gli trapassa ogni nervo. Vede Tebe irrigidirsi e sa bene di aver appena innescato una guerra, ma la verità è che una domanda simile non può far altro che eccitarlo oltre ogni limite.
«Che domande. Tu mi uccideresti?»
Gli occhi di Tebe diventano fessure infuocate. Stringe la mandibola finché non sente i denti striderle in bocca. La voglia di levargli a pugni quel sorriso dalla faccia è tanta, ma è troppo esausta per riuscirci.
«Va’ al diavolo, Zarbon!» ringhia poco prima di voltarsi e saltare giù dal letto.
Non ci riesce. Si trova in istante ancorata alle possenti braccia di Zarbon, in una presa ferrea che sembra non volerle lasciare via d’uscita. Lo sente stringere, sente il suo respiro sul collo e le sue labbra sfiorarle la pelle. Piccole scosse prendono a correre lungo la schiena sempre più insistenti, come una dolce tortura a cui invano cerca di sottrarsi.
Pone una mano su quella di Zarbon, senza riuscire a scostarla neanche di un millimetro. Sa di avere la forza necessaria per liberarsi, ma in quel momento sembra essersene andata tutta a farsi fottere.
«Lasciami!»
«Vuoi sapere se ti ucciderei…» dice in risposta, con la voce interrotta dai sospiri pesanti che accarezzano seducenti la pelle della Saiyan «Sì. Se fuggissi ti ucciderei e non avrei neanche bisogno degli ordini di Freezer per farlo.»
Quella risposta le genera un turbinio dentro lo stomaco tanto intenso che pensa di morirne. Stringe la mano di Zarbon ancora di più. Lacera e graffia la sua pelle con le unghie, rispondendo alla violenza di quella scia di morsi furiosi che hanno iniziato a marchiarle il collo. La sta facendo impazzire. Chiude gli occhi e reclina la testa, abbandonandosi ancora una volta a lui e a quel violento desiderio che le fa ribollire il sangue. Solo per quella notte.
In fondo, aveva appena ottenuto da Zarbon la risposta che voleva. Per lei quelle parole sono tentatrici maledette che assumono il dolce e irresistibile retrogusto della sfida.
Sono due guerrieri; non sono stati progettati per amare, ma sono stati progettati per distruggere. Si appartengono e si apparterranno per sempre, in vita come in morte. In cuor suo Tebe sa che né Freezer e né nessun altro nell’intero universo potrà mai avere l’onore di ucciderla. Perché solo lui può essere all’altezza di prenderle la vita.
E questa è la dichiarazione d’amore più aberrante e seducente mai esistita.

 
*
 
 
«… tu salteresti in aria.»
 
Il ricordo di quella notte. La condanna a morte. Il suo tradimento. La sua fuga. Il loro amore, ormai ridotto a mera cenere.
C’è qualcosa di stranamente poetico nelle parole di quello che un tempo considerava il suo uomo. Avrebbe preferito un epilogo diverso per la loro storia, ma qualcosa dentro di lei dice che non c’è più speranza.
Superato il limite, non si può più tornare indietro.
 
«Fallo, Zarbon… uccidimi.»
Parole forti, stimolate solo da un istinto di guerra e da nient’altro. Perché la posta in gioco è troppo alta e non può resistere alla tentazione di fronte a una sfida così seducente.
E poi, un vero Saiyan non si tira mai indietro di fronte alla morte.
«Avrei… avrei solo preferito una morte più dignitosa di così» dice, cercando di trattenersi dall’ennesima crisi. Non ha mai avuto il dono del sangue freddo e questo è il suo più grande limite, ciò che la rende sempre un gradino più in basso di Zarbon che di calma ne ha sempre avuta in abbondanza «… avere un giusto combattimento a mani nude. Solo io e te, senza altri stupidi giochetti.»
«Allora avresti dovuto restare dov’eri.»
Si chiede se davvero Zarbon sia in grado di farlo, se sia davvero in grado di mantenere la sua parola. Vuole sfidarlo, vedere fino a che punto può arrivare tutta quella follia.
Sospira, prima di porre una nuova domanda, più pericolosa che mai «Perché ancora non sono morta?»
Silenzio.
«Non sarà che hai paura, Generale?»
 
Da quel momento in avanti è solo un susseguirsi di immagini e sensazioni in rapida successione.
La connessione tra gli scouter viene interrotta e sostituita da un frastuono stridulo. Il pulsante rosso di fronte a Tebe lampeggia compulsivo e insistente. L’allarme inizia a suonare assordante. Non c’è più tempo, pensa.
 
Zarbon distrugge lo scouter che si frantuma contro la parete. Avvolge il pugno intorno a quel congegno. Lei non stacca gli occhi da lui neppure quando comincia a stringere e minuscoli pezzi di metallo cadono e si disintegrano sul pavimento.
Si chiede quanto tempo ci vorrà, qualche secondo forse. Avrebbe desiderato non accorgersene.
Sente battere il cuore a rallentatore. Ogni battito la avvicina alla fine, come un conto alla rovescia.

Cinque.

Che sapore ha la morte?

Quattro.

È acido e brucia in gola.

Tre.

E come ti senti adesso?

Due.

Ti conosco. Le nostre rovine ti stanno crollando addosso, vero? È inutile pentirsi ora, amore mio.

Uno.

Non mi hai mai detto ti amo.

Zero.

Forse, me lo dirai all’inferno.
 
*
 
 
Note dell'autrice: Un grande saluto a tutti voi che siete giunti fino alla fine di questo prologo.
Vi devo, innanzitutto, ringraziare immensamente per aver dedicato un po’ del vostro tempo alla mia storia che, vi confesso, è un “remake”.
Mi sembra corretto, quindi, spiegarvi il perché di questa rivisitazione.
Inizio col dire che è ormai un anno circa che Heartless è diventata il mio tormento e la mia dannazione, che mi frulla in testa e non riesco a levarmela in alcun modo.
Ed è proprio in questo momento che ho iniziato ad avere dei ripensamenti e ho deciso di avviare una riflessione su questa storia: ho capito che avrei dovuto staccarmi completamente dalla prima versione che gli ho dato - molto più superficiale e semplice per come la vedo adesso - per riuscire a migliorarla e farne la storia che da sempre avrei desiderato scrivere.
Allora… mi sono decisa a prendere l’importantissima decisione di ricominciare da zero. Ho preso la mia vecchia storia e l’ho letteralmente ribaltata e riscritta, nonostante mantenga comunque i suoi punti fondamentali e buona parte della sua trama originale.
Spero con tutto il cuore di essere in grado di potare avanti una storia come questa e spero soprattutto di riuscire renderla migliore. Vi confesso che non è stata una decisione facile quella di cancellare una storia a cui tengo, ma anzi è stata una decisione abbastanza dura da prendere.
Questa rimane pur sempre la mia prima fanfiction - seconda se contiamo la sua prima versione O.o - e mi farebbe molto piacere ricevere i vostri consigli o le vostre opinioni a riguardo.
Un’altra cosa che ci tengo a sottolineare è che dedico questa storia a nuvolenere_dna, perché senza di lei non sarebbe mai stata ripubblicata. Ti ringrazio per la pazienza, la sopportazione e tutti i tuoi preziosissimi consigli che mi hanno spinta a continuare a scrivere e a non mollare. Insomma, grazie di tutto!
Ora credo di avervi detto tutto e di aver terminato con lo sproloquio.
Vi saluto per il momento e ringrazio in anticipo chiunque deciderà di lasciarmi una sua opinione!
Un bacio a tutti
Sibyl
   
 
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