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Autore: tsukuyomi_    20/02/2018    2 recensioni
Sai che è sbagliato sentirti così succube di quel ragazzo, ma non ne puoi fare a meno. Sai che non dovresti sentire nulla, per lui, se non un senso di fratellanza e profonda amicizia; ma tu lo senti il tuo cuore, senti quello che ti sussurra con voce suadente — lo senti già da qualche tempo: lui continua a ripeterti, imperterrito, di buttarti e rischiare. Ma come potresti sapendo che tu non ne sei il tipo?
[ Storia partecipante al contest "Poeti Maledetti" indetto da id_s sul forum di EFP ].
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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C'est la Mort qui Console

( Ed è il pensiero
della morte che, infine, aiuta a vivere )
→ Umberto Saba.




 

« Ehi, Remus! »
Ti volti di scatto, come se quella voce per te fosse un richiamo a cui non puoi resistere per nulla al mondo. Sai bene che è sbagliato sentirti così succube di quel ragazzo, ma non ne puoi fare per nulla al mondo a meno. Sai che non dovresti sentire nulla, per lui, se non un senso di fratellanza e profonda amicizia; ma tu lo senti il tuo cuore, senti quello che ti sussurra con voce suadente — lo senti già da qualche tempo: lui continua a ripeterti, imperterrito, di buttarti e rischiare. Ma come potresti sapendo che tu non ne sei il tipo? Il tutto ti risulta ancora più logorante, maggiore e spiacevole dell'effetto che ti fa la luna ogni giorno, una singola volta al mese. 
Quella placida luna che, anche quella sera, si sarebbe innalzata solenne al cupo cielo invernale, dilaniando ogni tua membra in una routine a cui oramai sei totalmente assuefatto; dannando ogni parte del tuo giovane e fin troppo spossato corpo.



 

Quanto ti mancano quei momenti di una gioventù andata, Ahimè, perduta – di un tempo smarrito nella sua incantevole fugacità?
Guardandoti addietro, osservando con la coscienza e la mentalità adulta che oramai ti ritrovi, quanto senti la mancanza dei tuoi unici amici — o, almeno, quelle persone che credevi tali?

Di lui?


 

« Ti serve qualcosa? » rispondi senza una particolare energia, nonostante il cuore ti batta all'impazzata nel petto. 
Quanto ti fa stare bene poter parlare con lui senza altre numerose e poco desiderate anime intorno, sempre intente a placare la tua gioia sul nascere? Lui sospira: un sospiro che nasconde numerose parole da non far mai uscire dalla bocca — nemmeno sotto la peggiore delle torture, nemmeno sotto la maledizione Imperius—, mentre accorcia la distanza che vi separa con passi premeditati da attento segugio. « Non pensi di dover riposare un po', Rem? Questa notte avrai grandi grattacapi ». Accenni un sorriso ad ascoltare la sua malcelata preoccupazione, e ti senti quasi dispiaciuto per aver risposto in modo così brusco al suo richiamo pochi attimi prima. « Mmh. » Sussurri, stringendo il libro di pozioni nella mano destra, per poi alzare quel rispettivo braccio verso di lui, indicandoglielo con sufficienza. « Ho dovuto terminare una pozione per Lumacorno: James non aveva tanta voglia di lavorare, e Peter non mi sarebbe stato molto d'aiuto, perciò... ».




Risulti però consapevole con un'assurda amarezza stampata sulla tua pelle — infreddolita dalle folate gelide di Febbraio inoltrato —, e sui tuoi abiti dismessi, che quegli anni ricolmi di divertimenti effimeri, poveri, sono dannatamente lontani da te da sembrare ricoperti da una nube cupa e tetra.
Insuperabile in alcun modo.

 

 

« Perciò hai fatto da te » concluse Black, arricciando le labbra in una smorfia. « Potevi chiedere a me, ti avrei aiutato con piacere – nonostante la ritenga una seccatura –, Rem », continuò, vagamente infastidito.
« Non avevi un appuntamento con una di Corvonero? » chiedi allora di rimando in uno sgradevole atto di furia che non riesci a comprendere da dove sbuchi, con il fare di uno che la sa lunga, nonostante non ti faccia piacere. Lui accennò una risata, per poi scrollare le spalle con non–chalance prima di dire: « Be', in teoria è così, ma la pratica è ben lungi da arrivare fra le mie mani, amico. » Si avvicinò ancora a te, facendo passare il braccio sinistro dietro alla tua testa, appoggiandosi con rudezza sulle tue spalle. « Ma ora andiamo in sala comune, va bene? Sono stanco morto, e ho una voglia di buttarmi su una poltrona che neanche immagini! » ti disse con convinzione, incitandoti a camminare. Tu lo accontenti, beandoti in silenzio del lieve calore che ti trasmetteva la sua vicinanza, sospirando. « Uscire con le ragazze è un lavoraccio! La prossima volta usciamo noi due e ci andiamo a prendere una Burrobirra! ».


 

 

Ti ritrovi a camminare stremato e a passo lento per il paese in cui ti sei rifugiato, con le spalle chinate anteriormente al resto del tuo defesso corpo; sottomesse dal peso della tua vita ricolma di sole sconfitte, lontano dalla inquietudine che il passato riporta costantemente a galla per i luoghi in cui sei stato vicino a loro – lui, solo lui ti sussurra la mente, legato dall'angoscia che provi ogni giorno a rimembrare il passato — contro il tuoi volere; i giorni in cui eri davvero felice al fianco delle persone che, pian piano, erano diventate essenziali per te come l'ossigeno per i tuoi polmoni.
Ti ritrovi a vivere, arrancando per le cime montuose di una vita la quale non riesci ad apprezzare come un tempo, ma senti che non lo fai — che non stai vivendo —, che non la vivi al meglio delle tue possibilità.
Ma come non farlo, del resto?
Loro sono morti, Lui non è più al tuo fianco e ha distrutto tutto, tutto: non ha lasciato nulla di quello che amavi sulla sua strada, e tu ti senti perduto all'interno dei mostri che esistono, vivono e si rifugiano dentro di te, che si cibano della tua interminabile sofferenza.
E ti accorgi, sul limite della sopportazione, di vivere solo per raggiungere la gioia palpabile della morte: chiudere gradualmente le palpebre affaticate, esultare nel percepire la vita che abbandona passo dopo passo il corpo; perderti nella libertà di esalare l'ultimo respiro.
In fondo, la morte è solo una piacevole liberazione dall'oppressione della vita, no? Oppure, forse, questo singolo pensiero - o meglio: desiderio - della morte, in qualche modo, ti aiuta a vivere?, sembrava domandargli la sua stessa coscienza, riempiendo ancora una volta la sua mente.















Alla fine ci sono riuscita davvero... quasi non ci credo! 
Ok, partiamo dalla base: questa storia, come avete potuto comprendere con i vostri stessi occhi, partecipa al contest indetto sul Forum da id_s. 
È la primissima volta che scrivo una storia del genere, senza una coppia Het, perciò mi sento piuttosto strana, euforica ma al tempo stesso titubante: non me la sentivo di spingermi tanto oltre, in questa storia, con loro due. Un po' perché non li 'shippo' ed un po' perché, appunto, fatico a vederli insieme come coppia (vi prego, non mi sbranate!); e questo il motivo che spiega il mio andarci "leggera", come ad accennare, descrivere con poche — ma al tempo stesso tante — cose una infatuazione da parte di entrambi: per Sirius, da parte dei suoi gesti, che ho considerato molto più di una situazione "amichevole" (insomma, non è neanche uscito con la ragazza! ;) ), mentre per Remus con i suoi pensieri: i pensieri di un amore perduto, abbandonato, lasciato in balia di se stesso dopo la cattura dell'uomo. Infatti, la storia, deve essere lette divisa in due: la parte a sinistra è un flashback del lupo, che si ricorda particolarmente di quella giornata, in cui resta a crogiolarsi negli atti compiuti dall' "amico"; mentre a destra, vi sono i suoi pensieri nel mentre, che si vanno a collegare con la parte finale, centrata. 
In questa storia ho preso spunto dalla poesia che, ovviamente, era allegata al pacchetto da cui ho preso varie e importanti "cose" che si vanno a ricollegare in punti della storia: dal mese (ed il freddo a esso collegato), alla morte (l'unica in grado di dare nuovamente uno stato di pace, calma, dopo un'intera vita non tanto piacevole), ai ricordi di momenti "poveri" di una vita "passata", quasi separata da tutto il resto. 
Dopo questa piccola (e buona (?)) spiegazione vi ringrazio per essere arrivati sino a qui, per aver letto questa mia 'prova' nelle coppie non Het e, davvero, spero che in qualche modo vi sia potuta piacere. 

Il titolo, che tradotto dal francese sta a significare "È la morte che consola" fa parte del primo verso della poesia 《La mort des pauvres》 di Charles Baudelaire. ----> "C'est la mort qui console, helas! et qui fait vivre" ----> "È la morte che consola, ahimè! E che fa vivere".


P.s. : la ripetizione di alcuni vocaboli è assolutamente voluta, quindi non lasciatevi prendere da infarti improvvisi.

Un bacio, 
Misaki. 

 

   
 
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