Memories (prima parte)
Together in all these memories
I see your smile
All the memories I hold dear
Darling you know I will love you
Until the end of time.
All of my memories keep you near
In silent moments imagine you here…
(“Memories” – Within Temptation)
La
telefonata arrivò una sera di due settimane dopo. A Marsiglia erano le nove e
Elijah si stava preparando per andare a cena fuori con Tristan, quando il suo
cellulare squillò: era Rebekah, da New Orleans.
“Rebekah,
come stai? Va tutto bene?” chiese il vampiro Originale, subito all’erta. A New
Orleans erano le due del pomeriggio, un’ora piuttosto insolita per telefonare,
a meno che non fosse accaduto qualcosa.
“Sì,
stiamo tutti bene, non preoccuparti” rispose la ragazza. “Volevo soltanto farti
sapere che questa mattina Freya e Hayley hanno recuperato il terzo osso di
Inadu, perciò domani io e Marcel lo prenderemo e partiremo per New York.”
“Il
terzo osso?” ripeté Elijah, pensieroso. “Beh, questo è un bene, però ascoltami:
tu e Marcel aspettate a partire. Domani vi raggiungerò a New Orleans, così
potremo parlare e potrò anche chiedere maggiori dettagli a Freya e Hayley.”
“Mi
farebbe piacere rivederti, ma non voglio che ti disturbi, davvero, Elijah”
replicò Rebekah. “Va tutto bene, puoi restare a goderti Marsiglia e tornare a
New Orleans con più calma. Non c’è nessuna fretta, te l’assicuro.”
“Preferisco
comunque essere da voi domani. Prenderò il primo aereo. Ci vediamo presto,
Rebekah” dichiarò Elijah, deciso.
La
sorella lo salutò e chiuse la comunicazione. Elijah fece subito un’altra
chiamata, all’aeroporto di Marsiglia, per prenotare il primo volo in partenza
per New Orleans, alle sei del mattino successivo. Poi depose il cellulare sul
tavolino davanti a sé e restò immerso nei suoi pensieri.
Il
terzo osso di Inadu era stato trovato e adesso toccava a Rebekah fare da
custode. Mille interrogativi si rincorrevano nella sua mente e avrebbe voluto
trovarsi già a casa. Doveva fare qualcosa per tenersi impegnato e così si mise
a preparare un piccolo bagaglio per il viaggio del mattino successivo.
Ovviamente non sarebbe uscito a cena, era fuori discussione. Se non con il
corpo, con lo spirito era già a villa Mikaelson e qualsiasi distrazione gli
avrebbe provocato fastidio.
Tristan
entrò nella stanza mentre stava piegando una camicia per sistemarla nella
valigetta.
“Sei
in partenza, Elijah?” domandò in tono accusatorio. “Credevo dovessimo andare a
cena fuori.”
Elijah
era troppo concentrato su ciò che avrebbe dovuto fare a New Orleans per
preoccuparsi dei sentimenti di Tristan, perciò la sua risposta fu più brusca di
quanto avrebbe voluto.
“La
cena è annullata” disse, laconico. “Rebekah mi ha chiamato da New Orleans per
dirmi che Freya e Hayley hanno trovato il terzo osso di Inadu. Domattina
partirò con il primo volo per raggiungere la mia famiglia.”
Tristan
si irrigidì. Il tono distaccato di Elijah e gli accenni alla sua famiglia e a
Hayley erano stati per lui come sale su una ferita aperta e lo avevano colpito
dolorosamente, molto più della notizia che il suo amante sarebbe partito per
New Orleans con così poco preavviso. Tentò comunque di mostrarsi calmo e di non
far trapelare la sua delusione.
“Ti
hanno chiesto loro di tornare? Hanno bisogno del tuo aiuto?” insisté.
“No,
anzi Rebekah voleva che restassi, ma io non posso lasciarli soli in un momento
come questo” ribatté Elijah, aggressivo. Il discorso per lui era già chiuso e
lo infastidiva che Tristan non volesse capirlo.
“Va
bene, ma perché annullare la cena? Potremmo andare comunque al ristorante: hai detto
che partirai domattina, no?” suggerì il giovane Conte. Dentro di sé non aveva
nessuna voglia di mostrarsi conciliante ma, prima di arrabbiarsi sul serio,
voleva vedere fino a che punto si sarebbero spinte la freddezza e
l’insensibilità di Elijah.
“Non
ho nessuna intenzione di andare a perdere tempo in un ristorante di Marsiglia
mentre mia sorella deve prepararsi per partire con un osso di quella strega!”
sbottò il vampiro Originale.
“Oh,
capisco” reagì allora Tristan, umiliato. “Allora perdonami se ti faccio perdere tempo con la mia inutile
presenza mentre ti preoccupi per la tua preziosissima
famiglia.”
Il
tono del ragazzo era pungente e Elijah si voltò verso di lui per rimproverarlo,
ma ciò che lesse sul suo volto e nei suoi occhi, adesso improvvisamente scuriti
da un’ombra di dolore, lo bloccò e lo fece rientrare in se stesso. Pentito di
essere stato tanto brusco, fece un passo verso di lui con l’intenzione di
scusarsi, ma era già tardi…
“Se
hai tanta fretta di tornare a New Orleans, perché non noleggi un jet privato?
Te lo puoi permettere” riprese il Conte, con veemenza. “Anzi, per quanto mi
riguarda puoi partire anche subito e non disturbarti nemmeno a tornare!”
Gli
voltò le spalle per non mostrare le lacrime che iniziavano a pungergli gli
occhi, uscì in fretta dalla stanza e si rinchiuse nel suo studio, sbattendo la
porta. Forse non era stata un’uscita di scena degna di lui, ma era veramente
stanco di essere trattato in quel modo.
La
reazione di Tristan era stata così fulminea da impedire a Elijah di fermarlo.
Lo seguì e si ritrovò a parlare a una porta di legno massiccio elegantemente
lavorata.
“Tristan,
mi dispiace, non volevo essere così duro con te, è solo che sono in ansia per
Rebekah” disse, poggiando la mano sul legno come se volesse accarezzare i
capelli del suo giovane amante. “Senti, possiamo parlarne con calma?”
“Ci
siamo già detti tutto ciò che c’era da dire” replicò Tristan. La sua voce
giungeva ovattata dall’interno dello studio. “Vattene a New Orleans e anche
all’inferno, già che ci sei.”
“E’
vero che non me la sento di uscire a cena, ma potremmo ordinare qualcosa al
ristorante e farci servire in sala da pranzo, che ne dici?”
Silenzio
dall’altra parte.
“Tristan,
non voglio andarmene da qui dopo un litigio, sapendo che sei in collera con me.
Vieni fuori e parliamone” insisté Elijah. Si rendeva conto di essere stato
davvero insensibile e ne soffriva. Non sapeva quanti giorni sarebbe dovuto
restare a New Orleans e solo adesso capiva che Tristan gli sarebbe mancato ogni
istante. Voleva stringerlo tra le braccia, tenerlo con sé, prima di separarsi
da lui per un tempo indefinito “Se ti ostini a non rispondermi dovrò buttare
giù la porta. Sai che ne sarei capace.”
L’udito
finissimo del vampiro Originale avvertì i passi leggeri di Tristan avvicinarsi
alla porta, il battito del suo cuore che si faceva sempre più accelerato; pochi
secondi dopo si ritrovò davanti il giovane Conte che lo fissava con aria
oltraggiata.
“Non
pensarci nemmeno! Questa è la parte barbarica di te che si fa ancora sentire…”
esclamò, ma Elijah lo interruppe prendendolo tra le braccia e chiudendogli la
bocca con la sua. Lo
baciò intensamente, prolungando quel contatto così intimo e dolce, esplorando
con la lingua la sua bocca così tenera e invitante, inebriandosi del suo sapore
fino a restare senza fiato.
Sempre
tenendolo stretto a sé, lo attirò verso la camera da letto mentre, a dire il
vero, Tristan opponeva ben poca resistenza, perduto nei baci e nell’abbraccio
avvolgente del suo Sire. Senza rendersi conto di come ci fosse arrivato, il
Conte De Martel si ritrovò disteso sul letto, con il corpo solido e forte di
Elijah su di lui e le sue mani che lo spogliavano con frenesia. Il contatto
della pelle nuda del suo uomo contro la sua lo fece fremere di desiderio e ogni
ripicca e recriminazione scomparve dalla sua mente, annebbiata
dall’eccitazione.
“Dovremo
stare separati per qualche giorno e io non voglio sprecare questa ultima sera
insieme” mormorò Elijah sulle sue labbra, prima di aprirgli le gambe per
perdersi finalmente in lui, prendendolo più e più volte con languore e
intensità. Il corpo di Tristan rispose docile e accogliente alle carezze e ai
desideri del suo Sire: era come se fosse nato soltanto per quello, per averlo
dentro di sé e fondersi in lui e con lui. Un’emozione incontrollabile, antica
ma sempre nuova, si impadronì di entrambi e li portò a dimenticare tutto il
resto, tutto ciò che li preoccupava, che li feriva, che li amareggiava e
cercava di dividerli. Fu come se l’intera realtà fosse inghiottita dall’oblio per
lasciare il posto a un mondo in cui esistevano solo Tristan e Elijah, Elijah e
Tristan…
Il
vampiro Originale continuò a tenere stretto il suo piccolo Conte anche quando,
ore dopo, il piacere ebbe lasciato il posto alla tenerezza. Si sentiva
lacerato: una parte di lui avrebbe desiderato soltanto restare sempre insieme
al giovane amante, ma un’altra sentiva l’urgenza di vedere Rebekah e gli altri
familiari e di assicurarsi che andasse davvero tutto bene.
Saranno solo pochi
giorni, sistemerò tutto a New Orleans e così potrò tornare da Tristan senza più
pensieri,
si disse per tranquillizzarsi.
“Il
mio aereo parte alle sei, domattina. Dovrò alzarmi molto presto e cercherò di
non svegliarti” sussurrò poi, con la bocca tra i capelli arricciati del giovane
Conte.
“Sarà
meglio per te” replicò Tristan, che tendeva a rimanere nervoso per tutta la
giornata se veniva disturbato prima delle nove e mezza…
“Mi
assicurerò che tutto proceda bene a villa Mikaelson, magari accompagnerò
Rebekah e Marcel a New York e poi tornerò da te” promise Elijah, coprendo di
piccoli baci il volto e le labbra del ragazzo, incapace di staccarsi da lui.
“Saranno solo pochi giorni, vedrai. Tristan…”
Ancora
una volta il Conte De Martel interruppe il suo Sire prima che potesse
pronunciare quelle due semplici parole che avrebbero rovesciato il suo mondo;
gli posò lievemente un dito sulle labbra e poi gli sfiorò con un bacio la
fossetta sul mento.
“Se
devi alzarti così presto è meglio che dormiamo, non credi?” gli disse.
Era
una scusa ingenua, Elijah non aveva alcun bisogno di dormire e lo sapevano
entrambi, ma Tristan non avrebbe potuto sentirsi dire ti amo in quel momento, non allora, non lì, non la notte prima che
il suo amante partisse per ritornare dalla sua famiglia.
Elijah
lo capiva.
Ci
sarebbero stati altri momenti più adatti per dirsi quello che ancora nessuno
dei due aveva osato confessare all’altro.
Dopo
un ultimo, profondo e intenso bacio che tolse il respiro a entrambi, i due
amanti scivolarono in un dolce riposo.
Il
mattino dopo, quando aprì gli occhi, Tristan si ritrovò da solo nel letto.
Sapeva che sarebbe stato così, eppure non riuscì a evitare la fitta di dolore
che gli attraversò il cuore, spezzandogli il fiato.
Provando
un vuoto incolmabile, si nascose sotto le lenzuola per fuggire la luce del
giorno, un giorno che avrebbe dovuto affrontare senza Elijah. Si raggomitolò
nel lato del letto dove poteva sentire l’odore del suo Sire, illudendosi di
averlo ancora lì con sé. Strinse gli occhi per respingere la realtà e
rifugiarsi nel sogno meraviglioso che aveva fatto quella notte…
Nel sogno le cose
erano andate in modo del tutto diverso. Senza sapere come e perché, Tristan si
era ritrovato vampiro in mezzo ai Mikaelson, in fuga da Marsiglia insieme a
loro, come uno di loro.
Era la creatura di
Elijah, il primo che aveva asservito, e il suo Sire non aveva potuto separarsi
da lui. Lo portava con sé dappertutto, in mezzo ai suoi familiari. Gli parlava
di tanti progetti, di tante cose che avrebbero fatto insieme, spiegandogli che
essere un vampiro non significava per forza dover nuocere agli altri come
faceva Kol. Gli diceva che, insieme, avrebbero creato una discendenza di
vampiri speciali, superiori agli altri non solo per potere e conoscenza, ma
anche per cultura e sensibilità. Lo aiutava a controllare la sua brama, a
lottare contro la natura di predatore e a trovare modi diversi per nutrirsi. Lo
addestrava nei boschi, nelle foreste, insegnandogli tutto ciò che conosceva e
combattendo con lui finché, esausti, non cadevano entrambi sul terreno, tra
l’erba e le foglie… e allora Elijah lo attirava a sé e la lotta si trasformava
in un bacio che li travolgeva e smarriva entrambi, portandoli a dimenticare
spazio, tempo e chiunque altro attorno a loro. E ogni notte il suo Sire si
univa a lui, fondendo insieme i loro corpi fino ad annullare ogni distanza, in
un vortice di passione senza fine. E lui, il giovane e altezzoso figlio del
Conte, che fino a pochi giorni prima portava eleganti vesti di velluto e seta e
dormiva in una lussuosa camera del suo castello, proprio lui adesso era felice
di addormentarsi sotto una ruvida coperta, in un rifugio di fortuna o anche
alla luce della luna e delle stelle, perché si trovava tra le braccia sicure e
accoglienti del suo Creatore, del suo uomo, di Elijah Mikaelson.
Ricordando
la bellezza del sogno e le emozioni sconosciute e incantevoli che aveva
provato, Tristan soffocò un singhiozzo sotto le lenzuola aggrovigliate.
Se
le cose fossero andate così, adesso non si sarebbe trovato da solo in quella
stanza…
Fine prima parte