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Autore: Abby_da_Edoras    24/02/2018    3 recensioni
Mentre Elijah e Tristan si trovano a Marsiglia, a New Orleans i Mikaelson recuperano il terzo osso di Inadu e Rebekah telefona al fratello per informarlo. Elijah sembra dimenticare tutto ciò che ha promesso a Tristan e decide di partire, mandando il giovane Conte su tutte le furie... ma poi saprà farsi perdonare!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori di The Originals.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Elijah, Tristan
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Comme un ouragan'
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Memories (prima parte)

 

Together in all these memories

I see your smile

All the memories I hold dear

Darling you know I will love you

Until the end of time.

All of my memories keep you near

In silent moments imagine you here…

(“Memories” – Within Temptation)

 

 

La telefonata arrivò una sera di due settimane dopo. A Marsiglia erano le nove e Elijah si stava preparando per andare a cena fuori con Tristan, quando il suo cellulare squillò: era Rebekah, da New Orleans.

“Rebekah, come stai? Va tutto bene?” chiese il vampiro Originale, subito all’erta. A New Orleans erano le due del pomeriggio, un’ora piuttosto insolita per telefonare, a meno che non fosse accaduto qualcosa.

“Sì, stiamo tutti bene, non preoccuparti” rispose la ragazza. “Volevo soltanto farti sapere che questa mattina Freya e Hayley hanno recuperato il terzo osso di Inadu, perciò domani io e Marcel lo prenderemo e partiremo per New York.”

“Il terzo osso?” ripeté Elijah, pensieroso. “Beh, questo è un bene, però ascoltami: tu e Marcel aspettate a partire. Domani vi raggiungerò a New Orleans, così potremo parlare e potrò anche chiedere maggiori dettagli a Freya e Hayley.”

“Mi farebbe piacere rivederti, ma non voglio che ti disturbi, davvero, Elijah” replicò Rebekah. “Va tutto bene, puoi restare a goderti Marsiglia e tornare a New Orleans con più calma. Non c’è nessuna fretta, te l’assicuro.”

“Preferisco comunque essere da voi domani. Prenderò il primo aereo. Ci vediamo presto, Rebekah” dichiarò Elijah, deciso.

La sorella lo salutò e chiuse la comunicazione. Elijah fece subito un’altra chiamata, all’aeroporto di Marsiglia, per prenotare il primo volo in partenza per New Orleans, alle sei del mattino successivo. Poi depose il cellulare sul tavolino davanti a sé e restò immerso nei suoi pensieri.

Il terzo osso di Inadu era stato trovato e adesso toccava a Rebekah fare da custode. Mille interrogativi si rincorrevano nella sua mente e avrebbe voluto trovarsi già a casa. Doveva fare qualcosa per tenersi impegnato e così si mise a preparare un piccolo bagaglio per il viaggio del mattino successivo. Ovviamente non sarebbe uscito a cena, era fuori discussione. Se non con il corpo, con lo spirito era già a villa Mikaelson e qualsiasi distrazione gli avrebbe provocato fastidio.

Tristan entrò nella stanza mentre stava piegando una camicia per sistemarla nella valigetta.

“Sei in partenza, Elijah?” domandò in tono accusatorio. “Credevo dovessimo andare a cena fuori.”

Elijah era troppo concentrato su ciò che avrebbe dovuto fare a New Orleans per preoccuparsi dei sentimenti di Tristan, perciò la sua risposta fu più brusca di quanto avrebbe voluto.

“La cena è annullata” disse, laconico. “Rebekah mi ha chiamato da New Orleans per dirmi che Freya e Hayley hanno trovato il terzo osso di Inadu. Domattina partirò con il primo volo per raggiungere la mia famiglia.”

Tristan si irrigidì. Il tono distaccato di Elijah e gli accenni alla sua famiglia e a Hayley erano stati per lui come sale su una ferita aperta e lo avevano colpito dolorosamente, molto più della notizia che il suo amante sarebbe partito per New Orleans con così poco preavviso. Tentò comunque di mostrarsi calmo e di non far trapelare la sua delusione.

“Ti hanno chiesto loro di tornare? Hanno bisogno del tuo aiuto?” insisté.

“No, anzi Rebekah voleva che restassi, ma io non posso lasciarli soli in un momento come questo” ribatté Elijah, aggressivo. Il discorso per lui era già chiuso e lo infastidiva che Tristan non volesse capirlo.

“Va bene, ma perché annullare la cena? Potremmo andare comunque al ristorante: hai detto che partirai domattina, no?” suggerì il giovane Conte. Dentro di sé non aveva nessuna voglia di mostrarsi conciliante ma, prima di arrabbiarsi sul serio, voleva vedere fino a che punto si sarebbero spinte la freddezza e l’insensibilità di Elijah.

“Non ho nessuna intenzione di andare a perdere tempo in un ristorante di Marsiglia mentre mia sorella deve prepararsi per partire con un osso di quella strega!” sbottò il vampiro Originale.

“Oh, capisco” reagì allora Tristan, umiliato. “Allora perdonami se ti faccio perdere tempo con la mia inutile presenza mentre ti preoccupi per la tua preziosissima famiglia.”

Il tono del ragazzo era pungente e Elijah si voltò verso di lui per rimproverarlo, ma ciò che lesse sul suo volto e nei suoi occhi, adesso improvvisamente scuriti da un’ombra di dolore, lo bloccò e lo fece rientrare in se stesso. Pentito di essere stato tanto brusco, fece un passo verso di lui con l’intenzione di scusarsi, ma era già tardi…

“Se hai tanta fretta di tornare a New Orleans, perché non noleggi un jet privato? Te lo puoi permettere” riprese il Conte, con veemenza. “Anzi, per quanto mi riguarda puoi partire anche subito e non disturbarti nemmeno a tornare!”

Gli voltò le spalle per non mostrare le lacrime che iniziavano a pungergli gli occhi, uscì in fretta dalla stanza e si rinchiuse nel suo studio, sbattendo la porta. Forse non era stata un’uscita di scena degna di lui, ma era veramente stanco di essere trattato in quel modo.

La reazione di Tristan era stata così fulminea da impedire a Elijah di fermarlo. Lo seguì e si ritrovò a parlare a una porta di legno massiccio elegantemente lavorata.

“Tristan, mi dispiace, non volevo essere così duro con te, è solo che sono in ansia per Rebekah” disse, poggiando la mano sul legno come se volesse accarezzare i capelli del suo giovane amante. “Senti, possiamo parlarne con calma?”

“Ci siamo già detti tutto ciò che c’era da dire” replicò Tristan. La sua voce giungeva ovattata dall’interno dello studio. “Vattene a New Orleans e anche all’inferno, già che ci sei.”

“E’ vero che non me la sento di uscire a cena, ma potremmo ordinare qualcosa al ristorante e farci servire in sala da pranzo, che ne dici?”

Silenzio dall’altra parte.

“Tristan, non voglio andarmene da qui dopo un litigio, sapendo che sei in collera con me. Vieni fuori e parliamone” insisté Elijah. Si rendeva conto di essere stato davvero insensibile e ne soffriva. Non sapeva quanti giorni sarebbe dovuto restare a New Orleans e solo adesso capiva che Tristan gli sarebbe mancato ogni istante. Voleva stringerlo tra le braccia, tenerlo con sé, prima di separarsi da lui per un tempo indefinito “Se ti ostini a non rispondermi dovrò buttare giù la porta. Sai che ne sarei capace.”

L’udito finissimo del vampiro Originale avvertì i passi leggeri di Tristan avvicinarsi alla porta, il battito del suo cuore che si faceva sempre più accelerato; pochi secondi dopo si ritrovò davanti il giovane Conte che lo fissava con aria oltraggiata.

“Non pensarci nemmeno! Questa è la parte barbarica di te che si fa ancora sentire…” esclamò, ma Elijah lo interruppe prendendolo tra le braccia e chiudendogli la bocca con la sua. Lo baciò intensamente, prolungando quel contatto così intimo e dolce, esplorando con la lingua la sua bocca così tenera e invitante, inebriandosi del suo sapore fino a restare senza fiato.

Sempre tenendolo stretto a sé, lo attirò verso la camera da letto mentre, a dire il vero, Tristan opponeva ben poca resistenza, perduto nei baci e nell’abbraccio avvolgente del suo Sire. Senza rendersi conto di come ci fosse arrivato, il Conte De Martel si ritrovò disteso sul letto, con il corpo solido e forte di Elijah su di lui e le sue mani che lo spogliavano con frenesia. Il contatto della pelle nuda del suo uomo contro la sua lo fece fremere di desiderio e ogni ripicca e recriminazione scomparve dalla sua mente, annebbiata dall’eccitazione.

“Dovremo stare separati per qualche giorno e io non voglio sprecare questa ultima sera insieme” mormorò Elijah sulle sue labbra, prima di aprirgli le gambe per perdersi finalmente in lui, prendendolo più e più volte con languore e intensità. Il corpo di Tristan rispose docile e accogliente alle carezze e ai desideri del suo Sire: era come se fosse nato soltanto per quello, per averlo dentro di sé e fondersi in lui e con lui. Un’emozione incontrollabile, antica ma sempre nuova, si impadronì di entrambi e li portò a dimenticare tutto il resto, tutto ciò che li preoccupava, che li feriva, che li amareggiava e cercava di dividerli. Fu come se l’intera realtà fosse inghiottita dall’oblio per lasciare il posto a un mondo in cui esistevano solo Tristan e Elijah, Elijah e Tristan…

Il vampiro Originale continuò a tenere stretto il suo piccolo Conte anche quando, ore dopo, il piacere ebbe lasciato il posto alla tenerezza. Si sentiva lacerato: una parte di lui avrebbe desiderato soltanto restare sempre insieme al giovane amante, ma un’altra sentiva l’urgenza di vedere Rebekah e gli altri familiari e di assicurarsi che andasse davvero tutto bene.

Saranno solo pochi giorni, sistemerò tutto a New Orleans e così potrò tornare da Tristan senza più pensieri, si disse per tranquillizzarsi.

“Il mio aereo parte alle sei, domattina. Dovrò alzarmi molto presto e cercherò di non svegliarti” sussurrò poi, con la bocca tra i capelli arricciati del giovane Conte.

“Sarà meglio per te” replicò Tristan, che tendeva a rimanere nervoso per tutta la giornata se veniva disturbato prima delle nove e mezza…

“Mi assicurerò che tutto proceda bene a villa Mikaelson, magari accompagnerò Rebekah e Marcel a New York e poi tornerò da te” promise Elijah, coprendo di piccoli baci il volto e le labbra del ragazzo, incapace di staccarsi da lui. “Saranno solo pochi giorni, vedrai. Tristan…”

Ancora una volta il Conte De Martel interruppe il suo Sire prima che potesse pronunciare quelle due semplici parole che avrebbero rovesciato il suo mondo; gli posò lievemente un dito sulle labbra e poi gli sfiorò con un bacio la fossetta sul mento.

“Se devi alzarti così presto è meglio che dormiamo, non credi?” gli disse.

Era una scusa ingenua, Elijah non aveva alcun bisogno di dormire e lo sapevano entrambi, ma Tristan non avrebbe potuto sentirsi dire ti amo in quel momento, non allora, non lì, non la notte prima che il suo amante partisse per ritornare dalla sua famiglia.

Elijah lo capiva.

Ci sarebbero stati altri momenti più adatti per dirsi quello che ancora nessuno dei due aveva osato confessare all’altro.

Dopo un ultimo, profondo e intenso bacio che tolse il respiro a entrambi, i due amanti scivolarono in un dolce riposo.

 

Il mattino dopo, quando aprì gli occhi, Tristan si ritrovò da solo nel letto. Sapeva che sarebbe stato così, eppure non riuscì a evitare la fitta di dolore che gli attraversò il cuore, spezzandogli il fiato.

Provando un vuoto incolmabile, si nascose sotto le lenzuola per fuggire la luce del giorno, un giorno che avrebbe dovuto affrontare senza Elijah. Si raggomitolò nel lato del letto dove poteva sentire l’odore del suo Sire, illudendosi di averlo ancora lì con sé. Strinse gli occhi per respingere la realtà e rifugiarsi nel sogno meraviglioso che aveva fatto quella notte…

 

Nel sogno le cose erano andate in modo del tutto diverso. Senza sapere come e perché, Tristan si era ritrovato vampiro in mezzo ai Mikaelson, in fuga da Marsiglia insieme a loro, come uno di loro.

Era la creatura di Elijah, il primo che aveva asservito, e il suo Sire non aveva potuto separarsi da lui. Lo portava con sé dappertutto, in mezzo ai suoi familiari. Gli parlava di tanti progetti, di tante cose che avrebbero fatto insieme, spiegandogli che essere un vampiro non significava per forza dover nuocere agli altri come faceva Kol. Gli diceva che, insieme, avrebbero creato una discendenza di vampiri speciali, superiori agli altri non solo per potere e conoscenza, ma anche per cultura e sensibilità. Lo aiutava a controllare la sua brama, a lottare contro la natura di predatore e a trovare modi diversi per nutrirsi. Lo addestrava nei boschi, nelle foreste, insegnandogli tutto ciò che conosceva e combattendo con lui finché, esausti, non cadevano entrambi sul terreno, tra l’erba e le foglie… e allora Elijah lo attirava a sé e la lotta si trasformava in un bacio che li travolgeva e smarriva entrambi, portandoli a dimenticare spazio, tempo e chiunque altro attorno a loro. E ogni notte il suo Sire si univa a lui, fondendo insieme i loro corpi fino ad annullare ogni distanza, in un vortice di passione senza fine. E lui, il giovane e altezzoso figlio del Conte, che fino a pochi giorni prima portava eleganti vesti di velluto e seta e dormiva in una lussuosa camera del suo castello, proprio lui adesso era felice di addormentarsi sotto una ruvida coperta, in un rifugio di fortuna o anche alla luce della luna e delle stelle, perché si trovava tra le braccia sicure e accoglienti del suo Creatore, del suo uomo, di Elijah Mikaelson.

 

Ricordando la bellezza del sogno e le emozioni sconosciute e incantevoli che aveva provato, Tristan soffocò un singhiozzo sotto le lenzuola aggrovigliate.

Se le cose fossero andate così, adesso non si sarebbe trovato da solo in quella stanza…  

Fine prima parte

 

 

 

 

 

   
 
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