Ringraziamenti: Ringrazio tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn, per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio capitolo...
Buona lettura.
Capitolo
X
“Nessuno dovrebbe
rimanere da solo, tu più di tutti, Frodo.” Boromir
si
chinò a prendere della legna osservandolo malignamente. Lo
hobbit si voltò
impallidendo verso quello che un tempo chiamava amico.
“Cerchi la solitudine e
soffri, Frodo, ed io lo so, lo sento. Ma sei sicuro di non
soffrire
invano? Ci sono altre vie, altre strade da prendere” aggiunse
l’uomo di Gondor
con il viso sofferente.
“Sembrerebbe un buon consiglio il tuo, Boromir. Ma il mio
cuore mi mette in
guardia” pronunciò cauto lo hobbit allontanandosi
un po’ di più dall'uomo.
“In guardia? In guardia da cosa?” urlò
Boromir gettando la legna a terra.
“Abbiamo tutti paura, Frodo, ma lasciare che la paura ci
faccia distruggere
qualunque speranza abbiamo, non capisci, questa è
pazzia!”
“Dobbiamo distruggerlo, Boromir. Non esiste altro
modo.”
“Chiedo solo di proteggere il mio popolo!”
gridò ancora l'uomo. “Se
solamente mi prestassi l’anello… potrei
riuscirci.” Boromir si avvicinò al
piccolo hobbit che continuò a indietreggiare.
“Perché indietreggi? Non sono un
ladro.”
“Non sei te stesso” pronunciò Frodo,
come sconfitto.
“Loro prenderanno l’anello, Frodo, e tu invocherai
la morte prima della
fine! Poteva essere mio. Doveva essere mio!” urlò
Boromir avvicinandosi a Frodo
come un ubriaco, richiamato dalla potenza dell’anello.
Tentò di ghermire lo hobbit, di prendersi l'anello con la
forza, ma Frodo
riuscì a fare un altro salto indietro e a far cadere
l’uomo di Gondor per
terra; quindi il mezz’uomo prese una decisione e si mise
l’anello al dito,
scomparendo nel nulla.
“Frodo? Frodo? Che cosa ho fatto? Ti prego, Frodo... Frodo,
perdonami!
Frodo!” pianse e urlò queste parole Boromir mentre
tentava di mettersi in
piedi, ormai ritornato se stesso. Ma era troppo tardi.
Frodo era già avanti e non sentì gli urli
disperati dell’uomo.
Il piccolo hobbit corse a
perdifiato e così facendo arrivò all'antico
trono. Era chiamato il seggio della vista perché si riusciva
a vedere tutto, da
lì. Si fermò, togliendosi a fatica
l’anello dal dito e, seduto sullo scranno di
pietra, vide tutta la Terra di Mezzo, arrivando perfino a vedere
l’occhio.
Urlò e cadde dal trono. Ansimò un altro
po’ tentando di riprendersi. Poco
dopo venne raggiunto da Aragorn.
“Si… si è impossessato di
Boromir” balbettò impaurito il
mezz’uomo, e
Aragorn capì cosa intendeva. Chiuse gli occhi, poi li
riaprì e fissò Frodo.
“Dov’è l’anello?”
domandò.
“Non te lo dico” ansimò il piccolo
hobbit.
“Frodo, per favore. Sono io, Aragorn. Ho giurato di
proteggerti.”
In quel momento Aragorn sentì una voce venefica
chiamarlo. Rabbrividì, capendo che proveniva
dall'anello e chiuse la
mano dello hobbit che lo tendeva verso di lui. Non voleva
l’anello. Lui,
Aragorn, desiderava un regno di pace.
“Riusciresti a proteggermi anche da te stesso?”
domandò Frodo.
“Sarei venuto con te fino alla fine. Fra le fiamme di
Mordor” ammise l'uomo
senza esitazione, e Frodo annuì.
Poi sentirono il suono di un corno di guerra, un corno degli orchetti,
e
Frodo rabbrividì prendendo Pungolo.
La lama era diventata tutta azzurra.
Aragorn prese la sua spada e guardando lo hobbit negli occhi
mormorò: “Va,
Frodo. Scappa.”
Lo hobbit annuì e corse via, sapendo che quella era
l’ultima volta che
avrebbe visto l’uomo, almeno per molto tempo a venire.
Gli Uruk-hai arrivarono a frotte e Aragorn si gettò nella
mischia. Fu in
quel momento che venne raggiunto da Legolas, arco e pugnali in mano.
L’elfo gettò uno sguardo all’uomo che
annuì e insieme cominciarono a
duellare, fianco a fianco.
Indil aveva raggiunto Boromir nel
momento in cui l’uomo disperato si
riprendeva dall'incontro con lo hobbit.
“Cos’è successo?”
domandò l’elfa.
“Ho… ho tentato di prendere l’anello a
Frodo. Sono stato debole, ho ceduto
al male.”
“Non hai capitolato. Sei ancora qui. Possiamo
rimediare.” Indil lo fissò
cercando di farsi guardare, dato che l’uomo guardava ovunque
tranne che lei.
Fu in quel momento che Boromir capì: per estirpare il male
ci voleva un
atto grande.
“Ce la faremo, Indil. Ce la faremo”
mormorò guardando l’elfa, che annuì. In
quel momento videro una marea di Uruk-hai dirigersi verso un punto
preciso
della foresta.
L’uomo prese la mano dell’elfa e insieme andarono
in quella
direzione, le lame in pugno.
Frodo corse via dalla battaglia e
incrociò Merry e Pipino, celati fra le
fronde di un albero. I due giovane hobbit gli fecero segno di andare a
nascondersi con loro, ma quando capirono che Frodo non li avrebbe
ascoltati si
immobilizzarono. Poi videro un manipolo di Uruk giungere in quella
direzione
così, per dare modo al loro amico di scappare, si alzarono
urlando parole
sconnesse per farsi notare e attirare l'attenzione dei nemici.
Gli
Uruk li videro e andarono loro incontro. I due hobbit
fuggirono via e si incrociarono con Boromir e Indil.
I due combatterono fianco a
fianco uccidendo più Uruk possibili, aiutati
dai due giovani hobbit che, con pietre e sassi, riuscirono a mettere
fuori
gioco anche loro degli inseguitori. Un grosso e orribile Uruk-hai venne
loro
incontro, avvicinandosi letale. Dette una sberla all’elfa e
lei crollò a terra
come un giglio strappato dal terreno. Altri Uruk-hai presero
gli hobbit,
portandoli via.
Boromir urlò gettandosi sull’enorme Uruk, ma il
nemico prese la mira e gli
scagliò una freccia nel cuore.
Boromir urlò, prese il corno di Gondor che portava sempre
con sé e ci
soffiò dentro. L’Uruk ruggì e si
avvicinò ancor di più all’uomo.
Boromir
ferì l’Uruk-hai al braccio, ma
quest’ultimo
non indietreggiò e probabilmente avrebbe scagliato
un’altra freccia nel petto dell’uomo, uccidendolo
definitivamente, se una
saetta lanciata dall’alto non l’avesse distratto.
Legolas era letale e mortale mentre lanciava frecce che si abbattevano
sul
Uruk. Il nemico lasciò perdere Boromir per dirigersi a passo
pesante verso
l’elfo.
Proprio quando il mostro stava per raggiungere Legolas
arrivò Aragorn, che
mozzò la brutta testa ponendo così fine alla vita
dell’immonda creatura.
“Ho
solo un
tremendo mal di testa, Legolas. Sto bene!” disse Indil, per
poi voltarsi verso
Boromir.
L’uomo era
riverso a terra: vicino a lui c’era Aragorn che aveva
estratto la freccia dal
suo petto; un fiume rosso sgorgava dalla ferita. Ma
era ancora vivo e ansimava a occhi semi aperti.
Indil
prese la boccetta che le aveva donato Arwen e corse verso i due uomini.
Legolas
la seguì incuriosito “Dove l’hai
presa…? Quello è un cordiale tratto da un
fiore magico, che sorge solo a Morodr.” disse
l’elfo sorpreso quando arrivarono
vicino agli altri due uomini indicando con un cenno del capo la
boccetta.
“Me
l’ha data Arwen, ho letto nei libri di Gran Burrone che
questa pozione guarisce
immediatamente ogni ferita se lo si beve nei tempi
prescritti.” rispose in
fretta Indil. Boromir, intanto disteso a terra tentava di parlare, ma
senza
successo. “Shhh”
bisbigliò l’elfa, chinandosi in
modo tale da arrivare all'altezza del viso dell’uomo.
Con forza
stappò il tappo della boccetta e versò il
cordiale nella bocca di Boromir:
l’uomo singhiozzò e chiuse gli occhi.
Per parecchio
tempo i tre compagni stettero a osservare il bel volto di Boromir
disteso, come
morto.
Poi, però l’uomo
di Gondor tossì e aprì gli occhi e si mise a
sedere.
“Non ci posso
credere… è guarito.” Aragorn era
impressionato, e Boromir si toccò il petto,
aprì la casacca e tutti notarono che le ferite erano
rimarginate. “Ha
funzionato.” Bisbigliò piano Indil toccando il
petto dell’uomo, muscoloso e
soprattutto sano. “Grazie.” Disse
solamente Boromir lo sguardo finalmente in pace e intenso rivolto verso
la
giovane elfa.
Come un
fulmine
gli passò davanti agli occhi il ricordo di quello che aveva
fatto: i due
hobbit, della lotta contro gli Uruk-hai e della fuga, spaventosa di
Frodo da
lui e guardò Aragorn con sguardo ferito e un po’
impaurito.
“Hanno… preso i
piccoletti… Gli Uruk… hanno preso Merry e Pipino.
E io… ho tentato di prendere
l’anello a Frodo. Dov’è
Frodo?” domandò.
“L’ho lasciato
andare” ammise Aragorn e Boromir guardò i tre
compagni in faccia, sconvolto.
“Potete
perdonarmi?” domandò. I tre compagni
lessero nel suo sguardo vero
pentimento e Aragorn
gli si avvicinò abbracciandolo.
Bastò questo gesto, e sul volto del
capitano di Gondor sgorgarono delle calde lacrime.
“Dov’è Sam?”
domandò Indil ricordandosi del piccolo hobbit.
Aragorn
posò lo sguardo sull’elfa. “Deve aver
seguito Frodo. Verso Mordor.”
La principessa chiuse gli occhi, capendo il pericolo che correvano i
due
hobbit e che, allo stesso tempo, loro non potevano fare più
nulla per i due
coraggiosi mezz’uomini.
“Che ne sarà di noi?” chiese Legolas
fissando Aragorn negli occhi.
L’uomo si avvicinò ai due elfi e posò
le mani sulle spalle di entrambi.
“Non lasceremo che Merry e Pipino siano prigionieri a lungo.
Inseguiremo gli
orchetti fino a quando le forze ce lo permetteranno e anche
oltre!” pronunciò
l’uomo con gli occhi fiammeggianti di furore
combattivo.
Poi si rivolse a
Boromir. “Verrai con noi? Ci serve anche la tua
forza.”
“Ti seguirò ovunque tu vada, mio capitano. Mio
re” pronunciò Boromir.
Aragorn abbassò il capo, sinceramente commosso.
“Bene, allora
andiamo. Saremo i quattro cacciatori. Viaggeremo leggeri, a
piedi” disse e con
passo sbrigativo fu il primo a liberarsi dei bagagli che riteneva
superflui.