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Autore: LanceTheWolf    06/03/2018    3 recensioni
Terra, anno 2183 dc. La cometa Delimare, che si era stimato non dovesse colpire il pianeta, precipita nel nord della Russia causando la quasi totale scomparsa della vita sulla terra.
I pochi superstiti, lentamente cominciano a unirsi in nuove società, protetti da cupole o simili, dove lo sviluppo scientifico riprende esattamente da dove si era interrotto, producendo tecnologia sempre più sviluppata.
Nel 423 di (dopo impatto), all’esterno delle cupole, in un panorama apocalittico, iniziano a verificarsi strani avvistamenti: enormi creature antropomorfe, ostili verso tutto e tutti.
Storia di Virkhaell.
Genere: Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Prima di cominciare:
Salve a tutti, voglio spiegare immediatamente che questa storia non è scritta né da me (Lance), né tanto meno da Mokuren, ma dal nostro amico Virkhaell che mi ha chiesto di pubblicarla per lui.
Virkhaell non ha molto tempo da dedicare alla scrittura e questo progetto procederà molto lentamente, ma assicura che finirà quanto sta iniziando, dovrete avere solo pazienza.
Detto questo vi lascio al primo capitolo di questa storia,
Buona lettura.

Lance


 


Cap. I: Il Capitano


-E menomale che doveva essere una passeggiata!- Esordì il sottotenente Rori Hoshino con un sorriso sbieco sotto il ciuffo di capelli neri.
Rais ghignò verso il compagno di squadra che lo aveva raggiunto dietro al suo riparo: l’obbiettivo era d’incrementare la copertura ai civili. Il loro ruolo doveva essere di semplice scorta ai cervelloni della Unità di Ricerca Ingegneristica di Neo Tokyo, invece si erano ritrovati in un vero e proprio scontro a fuoco con quei maledetti Akma. Un nome brutto quanto il loro aspetto, ma non credeva certo che glielo avessero attribuito per quel motivo.
I proiettili all’acido s’infransero contro la parete che li proteggeva assottigliandola maggiormente.
-Capitano, questo posto cade a pezzi.- Insistette il ragazzo dagli occhi grigi.
-Non vorrei dirtelo Hoshino, ma sarà mezzo secolo che questa struttura è in rovina.- Rispose Rais.
-Vero, ma adesso ci siamo noi qui dietro, se finisce di crollare, son cazzi amari.-
-Ricordami Hoshino, quanti anni hai?-
-19 capitano. Ha problemi di memoria?-
-No, non direi. Ma è ora che i bambini chiudano il becco e lascino parlare gli adulti!- Se la ghignò mentre, attivando il comunicatore della corazza, ordinò: -Squadra Alpha, indietreggiare. Torniamo ai Battle Mech.-
-Agli ordini, capitano!- Risuonarono all’unisono due voci nell’altoparlante della tuta blindata, mentre il sottotenente mostrava un’espressione scocciata per essere stato ripreso.
A un cenno di Rais, anche il ragazzo cominciò a indietreggiare, cambiando riparo.
Quei maledetti cosi, un agglomerato di parti umane e “solo il cielo sa cosa”, che sembravano usciti da un pessimo cartone giapponese, in grado di vomitare acidi e proiettili esplosivi, ne approfittarono per avanzare.
-Porca troia!- Esordì con una smorfia il capitano dagli occhi verdi. -Neo Tokyo è a pochi chilometri di distanza, non possiamo permetterci di portare questi schifosi troppo vicino all’ingresso dei viadotti sotterranei, rischiamo che si avvicinino troppo alla città.-
-Cosa suggerisce, Capitano Abuki?- Giunse la voce del professor Nobuyuki dal comunicatore.
-Vorrei ricordarvi, signori, che la missione era dirigersi ad Almubaraki, non di uscire dalla zona delle città satellite per poi rintanarsi nuovamente nella città centrale.- Fece notare la voce della dottoressa Adjami, resa metallica dal ronzio della comunicazione.
Come se Rais non lo sapesse: quella meraviglia di donna del Colonnello Nobuyuki, sorella del professor Norio Nobuyuki, gli aveva affibbiato quella missione con la scusa di non fidarsi di nessun altro, oltre lui, per occuparsi del fratello; e Rais, come un cretino, si era fatto abbindolare dalle moine della prosperosa ufficiale dalle lunghe ciglia sfarfallanti, ritrovandosi, insieme al suo gruppo, nel suo tanto agognato periodo di riposo, proprio dove non avrebbe voluto essere. Non che avesse potuto dire di no, se la situazione fosse stata posta sul professionale, ma forse, ragionandoci sopra un secondo in più, avrebbe trovato qualche scappatoia. E invece Yumiko aveva ottenuto da lui proprio quello che voleva, ovvero che scortasse il fratello, e quella saccente del suo staff scientifico, fino a una maledetta città fortificata a ben tre giorni di viaggio da Neo Tokyo. Il tutto con la scusa che usando la propulsione magnetico-gravitazionale, in grado di far muovere i veicoli ad una velocità incredibile, affrontare quel viaggio sarebbe stato un gioco da ragazzi. E in effetti sarebbe andato tutto liscio se non fossero stati costretti a uscire in superficie prima del tempo previsto, a causa di un crollo nel tunnel NT42.
-Un gran bel pezzo di femmina, ma, se me lo permette capitano, secondo me porta un tantinello sfiga.- Commentò il sottotenente, appena trovato un nuovo riparo, dopo aver isolato il suo comunicatore.
La parete che ora li proteggeva sembrava più spessa e resistente delle precedenti: lo scheletro metallico usciva contorcendosi dal grosso pilone di cemento armato che la costituiva.
Erano vicini al resto del gruppo ormai. Poche centinaia di metri dividevano i due uomini dai loro mezzi da battaglia, i Battle Mech: ovvero dei Mech, contrazione del termine Mechanical Human Support, che, in questo caso, stava a indicare delle grosse corazze potenziate a scopo bellico.
I fumi tossici delle esplosioni dei proiettili, generati chissà come da quei mostri, saturavano l’aria con la loro densa nebbia verdognola. L’impianto di aereazione delle loro divise reggeva, ma non era fatto per sostenerli troppo a lungo lontano dai loro mezzi.
Il capitano Rais Abuki ghignò divertito alle parole del soldato, non era mai stato un tipo formale. “Mai. Mai è una parola grossa.” Pensò mentre il rimbombare di una nuova raffica di colpi fischiava tanto da coprire qualunque altra fesseria Hoshino stesse sparando. “C’è stato un tempo in cui ci tenevo a questi maledetti gradi.” L’ironia che gli si dipinse in volto male si accostava alla situazione, mentre quelle sottospecie di granate esplosive, lanciate da qualche stradannato Akma, carambolarono da dietro il muro, esplodendo troppo vicino alla loro postazione.
Fu un attimo: fulmineo riparò il compagno di battaglia e alla stessa velocità si trovò catapultato nei suoi ricordi.

Aveva appena riparato il tenente Peter Malloy, il suo migliore amico da sempre, dall’esplosione di una granata. La corazza del compagno era danneggiata, non avrebbe sopportato l’esplosione, ma era andata bene. Erano entrambi integri, certo non si poteva dire lo stesso delle loro protezioni, ma Peter era riuscito a contattare i soccorsi. La missione era compiuta, non gli restava che rimanere in vita fin tanto che i rinforzi non fossero arrivati a coprir loro le spalle, per portarli in salvo.
-Se torno a casa, ti giuro, amico mio, che non metterò più piede su un campo di battaglia!- Brontolò Malloy.
-Certo che no, razza di caprone, questa è la nostra ultima missione, siamo a un passo dalla scrivania, ricordi?- Lo prese in giro, mentre un razzo a corta gittata saettava fischiante sopra le loro teste superandoli e andando a deflagrare sulla prima linea nemica. I Rinforzi erano arrivati.

“L’ultima missione. Certo.” Pensò Rais con ironia, tornando con i piedi in terra e scostandosi dal compagno. Gli capitavano spesso episodi di quel tipo: bastava un suono, a volte una semplice sensazione o anche meno, e si ritrovava proiettato nel passato. “Beh, almeno le tute adesso le fanno più solide.” Dileggiò nella sua mente, mentre una grossa parte di armatura era saltata di netto dal suo braccio, lasciando scoperto un bel pezzo di carne lacerata.
“Un bello schifo!” Pensò con una smorfia guardando la ferita, mentre il diciannovenne domandava: -Tutto bene, capitano?-
Si limitò ad annuire, mentre una sagoma, alta circa tre metri, cominciava a delinearsi attraverso la foschia verdognola.
-Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo!- Suonò ridondante la voce di Rori, a confermare che non era stato l’unico a vedere quel grosso bastardo decidere di venire a salutarli direttamente.
-Abbiamo un problema, ragazzi. Gli stronzi hanno con loro un Ruhak. Ah, e io ho un fastidioso graffietto su un braccio.- Disse nel comunicatore.
Cos’era un Ruhak e cosa aveva di tanto diverso da un Akma? A prima vista brutti uguale, ma un Ruhak era un maledetto kamikaze con una forza incredibile e la brutta abitudine di farsi esplodere di tanto in tanto, ma almeno non sputava acido. Da quando Rais si era svegliato in quella nuova realtà, tra le varie cose aveva cominciato a odiare l’acido; non che prima gli fosse mai stato particolarmente simpatico, ma quando te lo lanciano addosso almeno una decina di volte a battaglia, cominci a diventare suscettibile sull’argomento.
-Il problema è il loro, capitano.- Arrivò sprezzante la voce di Michelle Carnival attraverso il comunicatore, mentre un’ombra scura, allungandosi da dietro le loro spalle, li sovrastava oscurando quel poco di luce che permeava attraverso il fumo. Contemporaneamente una scarica di granate si infrangeva sul mostro, costringendolo a indietreggiare a ogni singola esplosione.
-Miky, ti ho mai detto quanto ti amo?- Disse al Tenente.
-Più o meno tutte le volte che le salvo la vita, capitano.- Arrivò divertita la voce di Carnival dal bestione di metallo direttamente nelle loro auricolari.
Quella ragazza era un bell’osso duro: giovane, coraggiosa, incrollabile nei suoi ideali e, malgrado quegli incredibili occhi azzurri e quella cascata di riccioli rossi, adorava maciullare mostri. Questo le valeva diversi punti sulla lista dei suoi preferiti, oltre ad essere uno dei migliori piloti di Mech in circolazione, ovviamente.
-Ora Hoshino!- Comandò al più giovane della loro squadra.
In una frazione di secondo, coperti dall’offensiva del Mech di Carnival, riuscirono ad arrivare al veicolo che trasportava i loro mezzi da combattimento.
Goro Tanaka o Doc, come adorava chiamarlo Rais tanto per sottolineare il suo ruolo nella squadra, stava finendo di attivare gli altri tre Mech. Sulla camionetta i due cervelloni sembravano godere di ottima salute.
Il sottotenente Hoshino fu rapido a montare sul suo mezzo e avviare l’interfaccia, prima di lanciarsi nella mischia e giocare finalmente ad armi pari con quei mostri. Lui non sarebbe stato da meno, se non si fosse trovato trattenuto da Doc.
-Dove pensa d’andare, capitano?- Gli occhi marroni dell’uomo lo fulminarono sul posto. A volte dimenticava quanto fosse pedante quel benedetto segaossa. -E menomale che era solo un fastidioso graffietto!- Protestò mentre senza un minimo di grazia gli torceva quel poco di sano che era rimasto del suo braccio per spruzzargli sopra la sua magia. Così a Rais piaceva chiamare quella sorta di scatolina-barra-bacchetta magica, che con la sua luce giallastra stabilizzava anche le ferite più gravi; così da permettere loro di terminare quegli scontri a fuoco, umani contro alieni-barra-mostri-barra-qualunquecosafossero. Ovviamente era solo un rimedio momentaneo che, tra le altre cose, fermava il sanguinamento, non ti faceva sentire dolore, e ti permetteva di arrivare il più apparentemente vivo possibile alla base, dove poi avrebbero fatto il grosso del lavoro.
-Veloce Doc, ho un bastardo con il mio nome scritto sul culo che mi aspetta!- Protestò bonariamente Abuki, proprio mentre l’altro, facendo scattare la sicura della sua bacchetta magica, già dichiarava: -Fatto.-
Goro non ebbe il tempo di fare ulteriori raccomandazioni al capitano che questi era già a bordo del suo mezzo.

Nuovamente nella mischia, il gioco sembrava finalmente volgere a loro favore.
Le parti maciullate e flaccide di quel che rimaneva del Ruhak e di un paio di Akma giacevano sotto i piedi dei loro Battle Mech rendendo difficile l’avanzata.
-Come vanno le cose, capitano?- Domandò il professore.
-Questa poltiglia carnosa sembrava avvinghiarsi attorno ai nostri Mech. Assurdo!- Rispose Rais mentre piazzava l’ennesima sventagliata di colpi contro una delle bestie che aveva di fronte.
-Non così assurdo.- Ribatté l’altro, mentre l’Akma sventrato dalla raffica del capitano cadeva al suolo. -Per quel che ne sappiamo potrebbero non essere realmente morti.-
-Non mi rassicura, professore.- Rispose mentre un fragore assordante lo costringeva a voltarsi verso la posizione tenuta da Carnival e Hoshino.
-Michelle è stata colpita, capitano!- Annunciò Goro da quella improvvisata stazione di monitoraggio.
-L’ho visto cazzo!- Sbottò nel secondo prima di ordinare: -Hoshino, copertura. Carnival, situazione.-
-Subito, capitano.- Rispose il sottotenente già impegnato a mitragliare l’attaccante nemico, respingendolo.
-Tutto a posto, Capitano.- Giunse la voce gracchiante della ragazza attraverso l’apparato di comunicazione udibilmente danneggiato.
-Ringrazia che c’è qui il tuo cavalier servente, damigella!- La stuzzicò Ruri.
-Piantala Hoshino, non è il momento. Carnival, rapporto danni.- Dispose Abuki mentre la sua stessa voce gli sussurrò nella mente parole non troppo dissimili da quelle appena dette, trascinandolo in lontani ricordi.

-Questo è il rapporto della situazione in Medioriente, quindi.- Constatò Rais guardando il plico di fogli che gli aveva messo in mano Peter.
-Sì, amico mio. Sembra che questo sedicente sceicco, Haidar Almubaraki, abbia messo a ferro e fuoco Bassora e rivendicato la proprietà su diversi oleodotti poco distanti dalla città. Come puoi leggere tu stesso è stato in grado di creare un esercito dal nulla, finanziando diversi gruppi mercenari affinché si unissero alla sua causa. Il denaro non gli manca e ha chiesto all’America un grosso riscatto per l’utilizzo delle raffinerie nei territori occupati. Un riscatto in armi e oro: moneta non inflazionabile.-
-Riscatto che ovviamente lo stato non intende pagare.-
-Ovviamente.- Sogghignò l’altro
-Solo una cosa non capisco. Se mi hai detto che è tanto ricco da permettersi di mettere su un esercito in grado di conquistare un intera regione, perché chiede un riscatto?-
L’altro aprendo un messo sorrisetto, rispose: -A quanto pare sta spendendo una fortuna per crearsi una sorta di Eden personale, una specie di città fortificata, convinto che la cometa Delimare colpisca la Terra.-
-Stronzate!-
-Già, ma intanto ammazza civili e ingegneri estrattivi come dimostrazione di forza solo per tenerci in pugno e ottenere quello che vuole. Ed è qui che entriamo in scena noi.- Disse ancora l’alto graduato che l’aveva convocato in quell’ufficio.
-Che ne è del tuo “non voglio più mettere piede su un campo di battaglia”?- Lo canzonò Rais sfogliando attentamente le pagine davanti ai suoi occhi.
-È per il bene della nostra nazione.- Ribatté l’altro.
-Come no! L’America Chiama e Peter Malloy risponde.- Lo prese ancora in giro.
L’amico gli sorrise per nulla indispettito per poi digli euforico: -Vieni con me Rais. Sarà il nostro modo per uscire in grande stile.-
Abuki ghignò complice alzando lo sguardo a incrociare quello dell’altro.
-Come posso rifiutarmi? Senza me a guardarti le spalle, non dureresti un minuto.-

“La verità era che, quello era il mio amico Peter.” Pensò riavendosi giusto in tempo per schivare l’acido dell’Akma che rialzatosi aveva approfittato della sua distrazione per farsi nuovamente sotto.
La bestia antropomorfa rovinò a terra divisa in due dai proiettili del capitano della squadra Alpha: vicina, troppo vicina per non sentirne il sangue acido sfrigolare sulla corazza del Battle Mech.
Rais contrasse le labbra in una smorfia di disgusto, non amava che quei cosi gli arrivassero troppo vicino e ancora meno amava essere preso alla sprovvista.
-Merda, Capitano!- Gli arrivò la voce del tenente Tanaka dagli altoparlanti del Mech. -Le strumentazioni segnalano altre anomalie.-
“Anomalie”, così a Doc, e a gran parte dei cervelloni di Neo Tokyo, piaceva chiamare quei mostri.
-Come sarebbe a dire?- Esordì.
-Ne stanno arrivando altre.- Rispose prontamente l’uomo.
-L’ho capito, ma da dove? Non ce n’è traccia sui monitor.-
-Da sotto terra, capitano.-
-Da sott… ma come è possibile!? Da quanto questi stronzi hanno imparato a scavare?- Ovviamente nessuno rispose a quella domanda che non necessitava chiarimenti. -Doc, stima.- Comandò.
- Altre 3 anomal… no, 5. 5 anomalie, capitano.-
-Cazzo.- Sibilò a denti stretti, muovendosi per affiancarsi agli altri due Mech in combattimento. -Sono troppi.-
-Tempo di arrivo rinforzi nemici: 40 secondi, capitano.-
-Finalmente una bella notizia.- Ghignò. -Doc, avvia il rientro. Hoshino, Carnival, con me, dobbiamo coprire la ritirata.-
-Signor sì, capitano.- Suonarono all’unisono le voci dei suoi tre soldati.
-Ma non possiamo. Abbiamo un piano di marcia, dobbiamo arrivare ad Almubaraki entro quattro giorni.- Arrivò aspra la voce della dottoressa Adjami dalla radio.
-Credevo che ci voleste arrivare vivi, dottoressa, e non dentro due sacchi di plastica.- Commentò sarcastico, per nulla divertito dall’intervento della donna.
-Ma…- Provò a obbiettare ulteriormente lei.
-Mi impiccio forse delle sue ricerche, dottoressa? Non mi sembra, quindi mi lasci fare il mio lavoro.- Rispose categorico chiudendo i canali di comunicazione con i due scienziati.
-Doc, se i professori non collaborano, carica di peso la camionetta con il tuo Mech.-
-Agli ordini, capitano.- Arrivò come si aspettava la voce del suo sistemista e ufficiale medico.
“Quel ragazzo è sprecato in questo gruppo!” Pensò divertito di Goro, prima di comandare al resto dei suoi: -In linea. Armi alla massima potenza. Barriera e avanzare.-
Come fossero un sol uomo, i tre Battle Mech si mossero all’unisono rovesciando contro il nemico una scarica di colpi compatta e incontrastabile, devastando i corpi dei due Akma in prima fila e costringendo gli altri ad arretrare.
Una tecnica ottima per distruggere qualunque cosa, non fosse che svuotare del tutto i caricatori non volesse anche dire trovarsi disarmati.
I due soldati al suo comando ubbidirono senza mostrare alcuna remora.
-Al mio tre dismettere il fuoco, attivare i propulsori in faccia a questi stronzi e ripiegare. A che punto sei Doc?-
-Sì, signore.- Risposero i due al suo fianco.
-Manovra di rientro attivata, capitano. Centro di comando avvisato. Apertura cupola esterna NTS2 tra 20 secondi. Vi invio coordinate.- Comunicò il tenente Tanaka, mentre sui visori appariva nitido il luogo segnalato dalla base per il rientro, la città satellite più vicina, e il conto alla rovescia che indicava il tempo mancante all’apertura dello scudo energetico. Come da procedura, una volta dismessa la cupola esterna, avrebbero avuto una finestra di soli 5 secondi prima che questa si riattivasse.
-Tempo previsto per l’arrivo dei rinforzi nemici?-
-13 secondi.-
-In perfetta sincronia.- Notò Rais controllando il visore, prima di iniziare il conto annunciato ai suoi due uomini in campo. -Uno. Due. Tre. Via!- Ordinò nel microfono del comunicatore, lanciando i Fumogeni all’azoto in dotazione al suo Battle Mech per rendere più difficoltoso al nemico ritracciarli. Oltre alla coltre di fumo, questi causavano un brusco abbassamento della temperatura in grado di mandare in tilt i sistemi, qualunque questi fossero, degli Akma.
Al segnale stabilito Carnival e Hoshino ripiegarono verso l’obbiettivo previsto. Lo stesso fecero i due professori azionando i sistemi di propulsione della camionetta, adeguatamente scortati dal Mech del tenente Tanaka.
-5 secondi.- Sottolineò Doc dall’altoparlante. -4, 3…- Il fumo bianco mischiatosi a quello verde generato dagli Akma rendeva impossibile scovare a occhio nudo l’obbiettivo da raggiungere.
Il lampeggiare della spia rossa, che l’interfaccia del Battle Mech gli spediva direttamente sul visore ottico, accompagnato dall’allarme martellante del sistema di embargo, annunciò comunque al capitano l’ingresso nella fascia esterna della cupola del settore NTS2.
-…2. Rientro effettuato con successo.- Terminò di comunicare il tenente Tanaka con leggero anticipo sui suoi compagni.
-Carnival, rientro effettuato.-
-Hoshino, rientro effettuato, capitano.-
E mentre la cortina di fumo si dissipava, aspirata dagli strumenti di depurazione del primo varco energetico della cupola, Rais osservò quei mostri in piedi come fantasmi altissimi al di fuori di quel campo energetico. Erano lunghe ombre immobili consapevoli di non poter superare quella parete invisibile.
Un ghigno rassegnato si aprì sulle labbra dell’uomo.
La spia mutò al verde con un suono sordo, simile allo scattare di una sicura. L’altoparlante dell’avamposto NTS2, la città satellite di Neo Tokyo più esterna in quel settore, cominciò a stridere le direttive d’ingresso nella sezione intermedia della cupola. Quei mostri erano ancora lì, immobili, mentre il mezzo di Rais dava loro le spalle, voltandosi verso lo sbuffo di pressione causato dall’apertura del secondo varco energetico.
Pochi secondi per accedere al nuovo ambiente.
Un getto chimico, nel superare quel nuovo varco, ripulì i loro mezzi dai residui di contaminazione. L’odore di medicinale, che permeava all’interno del cabinacolo del Battle Mech, era intenso, ma Rais ci aveva fatto l’abitudine da quando si era risvegliato, o per meglio dire: da quando lo “avevano” risvegliato.
La spia nuovamente rossa gli segnalava di attendere.

Con un sospiro profondo all’uomo tornarono in mente le scelte impulsive, dettate dall’impeto giovanile unito a una massiccia dose di superbia. Aveva creduto che nulla potesse più ferirlo invece…

-Peter no, cazzo!- Ricordava il suo amico a terra: un passo falso, una mina inesplosa; le sue grida, il corpo maciullato, la sua mano tesa; due dita di meno. Il sangue colava attraverso la presa di un’altra mano sulla sua: il tentativo del Caporale Karol di bloccare l’emorragia mentre insieme a un altro uomo lo portavano di peso via dal luogo dell’imboscata.
Erano spuntati dal nulla quei maledetti e solo il cielo sapeva perché non gli era toccata la stessa sorte del suo compagno di sempre.
Tentava di dimenarsi mentre il migliore tra i soldati di quel reparto lo trascinava, ma le sue braccia erano bloccate e le gambe non trovavano appiglio per quanto tentasse di stenderle e arpionassi al terreno. Solo quando il massiccio Karol lo gettò nella capsula FESB si rese conto di altre mani che trattenevano quel poco che rimaneva delle sue gambe. Ricordava bene il gelo che piano lo aveva invaso, infondendogli sonnolenza, e la pacca che il caporale diede sul vetro della capsula medica prima che il pannello di metallo la sigillasse, oscurandogli la visuale.
-Il tempo di un sonnellino, comandante, e tornerà come nuovo.- L’aveva rassicurato la voce sprezzante del ragazzo, o comunque ci aveva provato. La battaglia non era cessata: ricordava il rombo dell’esplosioni e il correre di soldati alle spalle di quel gigante buono, mentre lo sguardo gli si appannava a causa degli effetti della capsula FESB. Ricordava il pannello scorrere e chiudersi, mentre il rumore d’avvio di un motore nell’oscurità gli aveva annunciato il venir trasporto altrove e poi… poi il nulla.

Si era risvegliato in quel maledetto laboratorio tra gente dalla pelle brunita che non parlava nemmeno la sua lingua.
Una nuova luce verde informò Rais che poteva avanzare nella fascia successiva.

-Il pacco è integro, doc?- Chiese al tenente Tanaka, mentre superavano l’ultimo varco.
-Sì, signore. Nessun danno a uomini e materiali.-
-Ottimo.- Dichiarò, mentre del vapore chimico dava l’ennesima disinfettata ai loro Mech.

Erano nella zona di attracco finalmente. Un gruppo di uomini armati faceva cenno loro di scendere.
Rais dismise l’interfaccia con il suo robot e questo, come programmato, assunse la posizione di stasi e aprì il boccaporto per permettergli di scendere.
Anche il resto dei suoi uomini fece lo stesso.
Balzò fuori dal suo mezzo, accanto a un paio di soldati che immediatamente fecero cenno a un carro di caricare i loro Mech.
Vicino alla camionetta contrassegnata dalla sigla C1-MED e al professor Nobuyuki, la dottoressa Adjami protestava vivamente contro l’inserviente del settore, incaricato di dar a tutti loro una bella lustrata, prima di permettere il rientro nella città vera e propria
.
Rais ciondolò la testa sconsolato e, al tempo stesso, divertito da quella scena, piantandosi i pugni sui fianchi e volgendo lo sguardo all’esterno della cupola protettiva della città.
Dei mostri non ve ne era più traccia. L’espressione del capitano si fece seria.
La missione era fallita, ma almeno avevano riportato a casa la pelle.


 


Qualche aiutino per comprendere il testo:

Gruppi:
Anomalie, nome d’insieme che indica le creature mostruose.
Squadra Alpha, gruppo di tipo militaristico, esperto nel combattimento con i Battle Mech.
URI, Unità di Ricerca Ingegneristica di Neo Tokyo.

Luoghi e città:
Almubarachi, città fortificata, situata nei pressi di quella che era una volta Bassora.
Cometa Delimare, meteorite che ha colpito la terra, situata nel nord di quella che era la Russia.
Neo Tokyo, città fortificata, protetta da una cupola energetica, sitata dove un tempo si ergeva la città di Tokyo.
NTS2, contrazione di Neo Tokyo Satellite City 2, la seconda città costruita nei pressi di Neo Tokyo.
Tunnel NT42, sigla di Tunnel Neo Tokyo numero 42, uno dei sistemi sotterranei che collega Neo Tokyo alle città satelliti e al mondo esterno.

Mostri:
Akma, creature mostruose d’aspetto umanoide-bestiale di taglia piccola (2,00 ai 3,00 m.). Caratterizzati dal possedere armi a lunga e media gittata (getti d’acido, proiettili organici con vari effetti, ecc…).
Ruhak, creature mostruose di aspetto umanoide bestiale di taglia medio-piccola (2,20 ai 3,50 m.). Caratterizzati dall’essere prettamente fisici, a volte esplodono.

Personaggi:
Capitano Rais Abuki, età apparente 25-30 anni, capitano della Squadra Alpha. Capelli neri lunghi, con una frezza bianca, occhi verdi. Pilota di Battle Mech, tattico, esperto corpo a corpo.
Caporale Karol, una delle persone del passato del capitano Rais, d’aspetto massiccio e imponente.
Colonnello Yumiko Nobuyuki, 32 anni. Capelli neri, occhi scuri e curve procaci. Capo del programma d’addestramento dei piloti di Battle Mech. Sorella del professor Norio Nobuyuki.
Haidar Almubaraki, fondatore della città fortificata di Almubaraki.
Professor Norio Nobuyuki, 30 anni. Capelli neri, occhi scuri. Capo URI e del team di sviluppo di Battle Mach. Fisico e maggior esperto mondiale di tecnologia e biotecnologia aliena. Fratello del colonello Yumiko Nobuyuki.
Professoressa Kaalima Adjami, 28 anni. Mora, occhi verdi. Scienziato dell’URI impiegata nel team di sviluppo di Battle Mech. Fisico e ingegnere balistico.
Sottotenente Rori Hoshino, 19 anni, il più giovane della Squadra Alpha. Capelli neri, occhi grigi. Pilota di Battle Mech, artigliere, combattente corpo a corpo.
Tenente Goro Tanaka o Doc, 26 anni, menbro della Squadra Alpha. Capelli neri, occhi marroni. Medico sul campo, sistemista, pilota di Battle Mech, artigliere.
Tenente Michelle Carnival, 20 anni, membro della Squadra Alpha. Lunghi capelli Rossi, occhi celesti. Pilota di Battle Mech (si dice uno dei migliori, se non il migliore, in circolazione).
Tenente Peter Malloy, miglior amico di Rais.

Teconologia:
Bacchetta magica, nome usato da Reis per indicare il bio-riparatore in dotazione ai medici di campo.
Battle Mech, Mech da battaglia.
C1-MED, Camionetta in dotazione alla squadra Alpha, completa di sistemi di base, di trasporto e ricarica per Battle Mech.
Capsula FESB, contrazione di First Emergency System on the Battlefield (Sistema di Pronto Intervento Medico sul Campo). È una sorta di capsula di stasi usata per il trasposto dei feriti gravi in ospedale.
Cupola a energia, cupola energetica che protegge alcune città. Il sistema di fortificazione è strutturato similmente a quello delle paratie stagne di un sommergibile; una serie di cupole, una dentro l’altra.
Fumogeno all’azoto, granata che genera una fitta cortina di fumo bianco che causa un brusco calo della temperatura in un raggio limitato.
Mech, contrazione del termine Mechanical Human Support.
Sistema di propulsione magnetico-gravitazionale, sistema di propulsione che permette di spostarsi molto velocemente su lunghe distanze.


 
   
 
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