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Autore: Sanae77    07/03/2018    8 recensioni
Dal testo...
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Izawa afferrò la maniglia e aprì la porta. La scena che si trovò di fronte era certo che gli avrebbe fruttato qualche vantaggio su Genzo. Quella bambolina di Kumi era arrossita, chissà cosa le aveva detto il portierone.
Genere: Commedia, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Genzo Wakabayashi/Benji, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Vacanze!'
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Questa shot fa parte di una Serie: Vacanze!

Una vigilia da ricordare

Carambola... in tutti i sensi!

Carambola: secondo atto!

The day after

Il Terzo Grado (dell'Amicizia) by Melanto

Esperienze by Guiky80




Dovevano trovarsi al campo da calcio come stabilito da Sanae; loro, le ragazze, alle 15:30, mentre i ragazzi sarebbero arrivati alle 16 in punto.
Come tutte le estati, quando tornavano in patria, quello era diventato un rituale irrinunciabile; fare un tuffo nel passato era un’abitudine apprezzata da tutti.
Kumi affrettò il passo, l’orologio segnava già le 15:25, se non fosse stata puntuale la prima manager l’avrebbe sgridata. Sorrise a se stessa per il pensiero bizzarro che non aveva più ragione di esistere, oramai, perché quei tempi erano passati.
Tempi in cui era invaghita di Tsubasa, ma aveva capito di non avere nessuna possibilità. Lui era destinato a Sanae, e così era stato, visto che si erano sposati l’anno precedente.
Lei invece aveva conosciuto Kanda, il suo primo vero amore, erano stati insieme un paio di anni. La coppia più assurda di tutta Nankatsu. Nessuno poteva immaginare, invece, quanto si fossero amati e divertiti allo stesso tempo. Alla fine aveva imparato a fare anche la manager di boxe oltre che di calcio.
Sospirò al ricordo dell’ex fidanzato calciando un sassetto lungo la strada.
Il rumore brusco di un’auto che si fermava vicino al marciapiede, la fece muovere di scatto verso il muro di cinta della villetta posta lungo la via. Con la mano al petto per lo spavento, iniziò a imprecare mentalmente verso il guidatore. Era accaldata e il sole di luglio non accennava a placarsi.
Il finestrino venne abbassato e quando vide spuntare il cappellino di Genzo sollevò gli occhi al cielo, sbuffando.
“Kumi, scusa, non volevo spaventarti. Lo vuoi un passaggio?”
Il vestitino rosso a pallini bianchi ondeggiò nel muovere i primi passi verso l’auto; le due code ai lati del viso, impreziosite da palline rosse di legno, oscillarono lievemente. Un bastoncino di plastica colorato spuntava dalle delicate labbra velate da un gloss trasparente.
Si sporse verso il portiere e, una volta afferrato il berretto, glielo tolse senza tanti complimenti, indossandolo.
“Genzo, volevi investirmi? Certo che voglio uno strappo, che domande.” Passando di fronte al cofano fece il giro dell’auto e arrivò fino al lato del passeggero. Aperta la portiera sgusciò dentro l’abitacolo.
Un aroma di vaniglia invase l’auto facendo sorridere il portiere. La sera prima si erano davvero divertiti. Quando a Natale aveva scoperto che Kumi e Kanda si erano lasciati, in un primo momento era stato dispiaciuto nel vederla così triste, ma dopo aveva constatato quanto lui non fosse adatto a lei. Già la sfida con Tsubasa gli aveva fatto sempre nutrire dei dubbi su Kanda, ma chi era lui per metter bocca nelle relazioni dei suoi amici? Quindi le impressioni le aveva sempre tenute per sé.
“Volevo farmi perdonare per il tuffo non programmato in piscina, e tu mi freghi il cappello? Carina, davvero!”
“Ben ti sta, così impari a buttarmi in piscina, vestita poi…”
“Dai non prendertela, eravamo tutti vestiti e alticci; posso riavere il mio berretto adesso?”
Kumi si girò verso il portiere e con una linguaccia sfoderò un secco: “No! Così impari.”
Approfittando della linguaccia, Genzo le sfilò il leccalecca di bocca e lo mise nella sua.

Kumi lo guardò esterrefatta prima di pronunciare: “Ah, ladro di leccalecca.”
“E tu ladra di cappelli!”
Studiandosi in cagnesco sbottarono a ridere all’unisono.
Genzo scosse la testa e ingranando la marcia partì in direzione del campo.
Quando Sanae vide arrivare Kumi con il cappello del portiere e Genzo con il leccalecca in bocca fece oscillare la tesa in segno di negazione un paio di volte pensando a un miraggio. Ridacchiavano, quindi sgranò gli occhi per vedere meglio.
Da bambino Genzo era un palo nel culo, ma crescendo era cambiato in meglio. Maturato nei comportamenti.
Quest’anno, che con la sua squadra aveva vinto il campionato e aveva avuto dei giorni di vacanza premio, era uno spasso stare con lui. Neppure parlava di calcio, ma aveva preso parte a tutte le iniziative che avevano organizzato per l’estate. Sanae aveva letto su qualche rivista mondana che aveva avuto una relazione con una ragazza ad Amburgo, ma era finita. I giornali non ne avevano riportato il motivo e lei non aveva indagato. Non doveva essere stata una storia importante data la tranquillità che sprizzava da tutti i pori da quando si erano incontrati circa un mese prima.
Avevano di fronte a loro ancora un altro mese, quello di agosto, e avevano giurato di passarlo tutti insieme per sopperire ai lunghi campionati invernali e alle mostruose distanze. Unici momenti di ritrovo a casa erano i periodi delle feste o della fine del campionato. Quell’anno, poi, non avevano neppure i ritiri della nazionale e questo aveva permesso di organizzare quell’estate fantastica.
Sanae tornò a guardare in direzione degli amici, poi controllò l’ora. Come al solito Kumi era in ritardo e Genzo in anticipo. Si compensavano, quei due. Sorrise quando le arrivarono di fronte.
“Cos’è, dovete ancora smaltire la sbronza da ieri sera?” domandò ironica la prima manager.
“No, tutto sotto controllo, e non ho neppure fatto tanto tardi grazie al nostro portierone” Lo sfotté Kumi, picchiando la mano sul braccio del malcapitato.
“Quando avresti intenzione di rendermi il cappello, scusa?” domandò Genzo, incrociando le braccia al petto.
“Quando tu mi ridarai il lecca lecca!” rispose stizzita lei, assumendo la stessa postura del ragazzo.
Sanae faceva rimbalzare le pupille dall’uno all’altra, incredula. Vero che la sera prima Genzo e Kumi avevano passato praticamente tutta la nottata a giocare, scherzare e parlottare tra loro, ma mai avrebbe creduto che fossero arrivati a tali livelli di confidenza. Anche se, già a dicembre, alla cena di natale che poi era degenerata, anzi degradata considerati Hajime e il palo, li aveva visti parlare per un'oretta buona da soli; ne aveva captato qualche frase quando si era avvicinata, ma rendendosi conto che Kumi gli stava raccontano di Kanda aveva preferito che l’amica si confidasse con chi riteneva più opportuno.
Tornarono a guardarsi in cagnesco e Sanae assistette impotente al successivo scambio degli oggetti. Dopo si voltarono soddisfatti e, continuando a ridacchiare, imboccarono la via degli spogliatoi.
“Sanae” la voce di Yukari che la chiamava da bordo campo la fece riscuotere. Quando raggiunse l’amica doveva avere ancora una faccia a forma di punto interrogativo visto che subito le chiese: “Sembra che tu abbia visto un alieno, Sanae, che è accaduto?”
“Temo di averne visti due, in realtà” rispose ancora stordita.
“In che senso?”
“Secondo te: da quanto Kumi e Genzo stanno flirtando?”
“Eh? In che senso?” la faccia di Yukari era lo stupore fatto persona.
Sanae l’afferrò per le spalle e con fare solenne dichiarò: “In quel senso!”
Portando le mani alla bocca nascosero un sorriso esploso all’unisono.
 
Giunti alla porta degli spogliatoi, Genzo fece strada, aprendola, e con un inchino invitò la ragazza a entrare. Kumi, sollevando leggermente la gonna ai lati, si abbassò per ringraziare, incrociando un piede dietro l’altro.
“Che cavalleria, a cosa devo tante attenzioni?”
Il ragazzo sollevò lo sguardo al cielo e, massaggiandosi il mento, parlò: “Sono certo che tu sai dove sono i completi per l’allenamento…”
Lei iniziò a ridere di gusto, poi gli mollò un cazzotto nel bicipite e, canzonandolo, rispose: “Ecco, ora mi torna, sempre i soliti uomini che non trovano mai nulla. Aspetta qua!”
Ancora una volta gli toccò il braccio, delicatamente, sfiorandolo in un gesto di attesa.
A differenza di prima, quel contatto a Genzo fece venire un brivido lungo la schiena. Non riuscì a toglierle gli occhi di dosso finché non ebbe svoltato l’angolo. Con quel vestito sembrava una ciliegina. E le ciliegie erano molto buone da assaggiare.
Scosse la testa per i pensieri avuti; poi, infilate le mani nelle tasche dei pantaloni corti, si diresse verso gli spogliatoi.
Varcata la soglia buttò lo zaino sulla panca, mormorando a sé stesso: “Non farti venire strane idee.”
Poco dopo un bussare delicato e una voce dall’altro lato della porta lo raggiuse: “Ho trovato il completo!”
“Arrivo.”
Andò ad aprire e Kumi con delicatezza gli porse il cambio.
Il ragazzo allungò le mani per afferrare la maglia perfettamente piegata. Le dita si sfiorarono per qualche secondo, e quando Genzo sollevò lo sguardo per osservarla, vide che le sue guance avevano assunto la stessa tonalità del vestito.
Restarono incantati per qualche attimo, a fissarsi, finché un trambusto alla loro destra non li fece sbloccare da quello stallo che si era momentaneamente creato.
“Grazie” si affrettò a dire Genzo prima che gli altri li notassero. Era sicuro che fossero i compagni di squadra. Se li avessero visti in quel modo, non si sarebbero certo risparmiati dal prenderli in giro.



Ryo, Teppei e Hajime erano arrivati insieme al parcheggio del campo da calcio.
Stavano parlottando quando la macchina di Yuzo si fermò, ma a scendere dalla parte del guidatore fu Mamoru…
Teppei li guardò con aria perplessa per poi chiedere: “Oh, voi due da dove sbucate?”
“Visto, fico? Mamoru mi fa da autista.” Ironizzò Morisaki, strizzando un occhio all’amico. Izawa lo guardò inarcando un sopracciglio come a dire: “Cazzo stai dicendo?
“È permaloso, non fateci caso, – disse con un gesto noncurante della mano - ieri sera, quando mi ha accompagnato a casa, perché avevo bevuto troppo, abbiamo sbagliato chiavi, quindi ha tenuto la mia auto e ora è passato a prendermi.”
“Yuzo, ma io ho chiamato a casa e tua madre mi ha detto che non c’eri.”
Un Hajime perplesso continuava a fissarlo mentre piano piano un sorrisetto malizioso gli compariva sul volto.
Il portiere fu colto da un attimo di panico, mentre il centrocampista si lasciava scorrere tutta la mano aperta sul volto.
Yuzo doveva imparare una cosa sola nella vita: a star zitto!
Ma era troppo ingenuo e non era certo la prima volta che lo notava.
Tentò un colpo da maestro, sperando che la madre di Yuzo non fosse scesa nei dettagli sul fatto che il figlio avesse dormito fuori.
“Siamo usciti presto stamattina, allenamento extra; la mamma di Yuzo neppure si è accorta che stanotte era rincasato, ne sono certo.” Aveva risposto talmente convinto da ingannare anche se stesso. Le chiavi vennero lanciate con sicurezza verso Yuzo che le aveva afferrate al volo.
“Visto! Guardate che riflessi ha, adesso…” e con quello Mamoru aveva chiuso il discorso, salvando tutti in corner. Il problema sarebbe stato Genzo. Con passo deciso aveva varcato i cancelli dello stadio seguito dagli altri.
I quattro avevano incrociato sulla loro strada Sanae e Yukari, dopo averle salutate si erano diretti agli spogliatoi, poco dietro anche Taro e Tsubasa avevano fatto il loro ingresso.
Izawa afferrò la maniglia e aprì la porta. La scena che si trovò di fronte era certo che gli avrebbe fruttato qualche vantaggio su Genzo. Quella bambolina di Kumi era arrossita, chissà cosa le aveva detto il portierone.
 
“Uh, che abbiamo qua: orgasmi psicologici?” ironizzò il centrocampista entrando di gran carriera. Poco dietro non vide Yuzo strabuzzare gli occhi e Hajime e Teppei che si sorreggevano a vicenda dal ridere.
“Cos’è Izawa, non hai ancora smaltito la sbronza di ieri sera? O è lo stupido innato che è in te? Ricorda che dopo devi venire a prendere l’auto a casa mia…” lo sguardo sornione con cui il SGGK aveva concluso la frase non preannunciava niente di buono. Stuzzicare Genzo non era mai una buona cosa, alla fine sapeva sempre come fartela pagare. E lui lo sapeva bene, lo aveva avuto come capitano anni prima.
Il SGGK li lasciò entrare, facendo un passo avanti, quando si avvicinarono.
Kumi, imbarazzatissima, aveva fatto un inchino ed era letteralmente fuggita.
Quando avvertì che gli schiamazzi alle spalle si erano affievoliti e quindi che la porta fosse chiusa parlò andandole incontro: “Ehi, aspetta.”
La ragazza si voltò ancora con le guance imporporate.
“Lascia stare quello scemo d’Izawa, sai com’è fatto…” proseguì Genzo quando fu sicuro di avere la sua attenzione.
“No, no, ma figurati, non è nulla; vado a prendere le divise per tutti e dopo ve le porto.”
“Senti… Kumi, che ne dici se stasera ti riaccompagno a casa?”
Il rossore sulle gote della manager si trasformò in viola purpureo, ma presa da un moto di coraggio si sollevò sulle punte e, posando un delicato bacio sulla guancia del portiere, rispose: “Sì.”
Voltandosi scappò e girando velocemente l’angolo sfuggì alla sua vista.
“Tutto bene?” la voce preoccupata di Tsubasa comparve all’improvviso facendolo sobbalzare.
“Cazzo, Tsubasa, arrivi sempre con questo passo felpato? Mi hai fatto prendere un accidente! Non l’avrei mai creduto! tranquillo, tutto ok. Kumi è andata a prendere le divise anche per voi.” Sbuffò fuori un po’ di aria per la tensione accumulata.
“Bene, così iniziamo, altrimenti poi mia moglie chi la sente?”
Genzo alzò le mani in segno di resa, quella che reggeva la maglia la usò a mo’ di minaccia, manco avesse avuto un’arma in mano, dopo esclamò: “E poi non dire che non te lo avevamo detto di Anego!”
Taro ridacchiò alle spalle di Ozora, mentre il capitano imbarazzato si passava una mano dietro la nuca e velocemente s’infilava dentro lo spogliatoio seguito dal portiere.
Ryo iniziò subito a fare l’idiota bagnando un asciugamano e schiaffeggiando i compagni sul sedere. Finché Genzo non lo prese per un polso e lo mise letteralmente seduto intimandogli di piantarla.
Ma l’ilarità non si spense perché Hajime prese a fare il buffone ballando la lap dance con un armadietto.
Yuzo, di spalle, con la testa girata al compagno ballerino non ce la faceva a smettere di ridere; osservò Teppei che, seduto su una delle panche, teneva la testa tra le mani, disperandosi. Erano circa nove mesi che stavano insieme e loro lo avevano scoperto la famosa sera dell’accoppiamento con il palo. Per nessuno era stato un problema; anzi, molti si erano chiesti se già in precedenza non si fossero frequentati senza dir niente.
Teppei, dopo aver sollevato la testa, continuò a guardarlo sbalordito mentre ripeteva come un automa: “Sto con un cretino, sto con un cretino.”
Nonostante l’ilarità, Morisaki si sentiva strano, osservato, in difficoltà e ne carpì il motivo quando voltò lo sguardo dal lato opposto trovando due occhi famelici che lo fissavano senza alcun imbarazzo.
Alla sua sinistra, Mamoru non rideva per nulla ma seduto si stava spogliando senza perderlo d’occhio.
Yuzo si piegò sulle ginocchia, facendo finta di cercare qualcosa dentro il borsone, e visto che tutti stavano ridendo di Hajime si avvicinò a Mamoru e gli sussurrò: “Vuoi che tutti se ne accorgano?”
“Tu cerca solo di essere l’ultimo a uscire.” Rispose, sfilando la maglia.
“O-Ok…” bisbigliò deglutendo imbarazzato.
“Ragazzi, le maglie.” Urlò Kumi dall’altro lato della porta. Fu Genzo ad andare ad aprirla quel tanto che bastava per afferrare le divise e lanciarle a ognuno di loro.
Una volta pronti, poco alla volta uscirono.
Genzo non si rese conto che Izawa fosse andato al bagno; così, pensando di esser rimasto solo con Yuzo, parlò liberamente: “Allora, Morisaki, che mi racconti della serata con il nostro Izawa?”
Yuzo si passò una mano su tutto il volto avvampando all’istante. “Dobbiamo proprio?” chiese con sguardo pietoso, che il Gatto con gli Stivali avrebbe solo potuto accompagnare ed imparare.
“Dillo a Genzuccio tuo, cosa combinate voi due…” afferrandolo per la nuca e attirandolo a sé gli scompigliò i capelli in un gesto di affetto.
“Ti prego, non qua.”
“E va bene, dopo a casa mia. Verrai a riprendere la macchina e mi racconterai anche i dettagli più trucidi: chiaro?! – lasciò la presa e si avviò verso la porta – ti aspetto in campo, voglio vedere quanto sei migliorato.”
Una volta che l’SGGK fu uscito, Yuzo sentì uno sbuffo dietro di sé:
il centrocampista, appoggiato alla parete in prossimità del bagno, era paonazzo.
Con le braccia conserte prese a camminare verso il portiere che, spazientito da entrambi, si appoggiò alla porta scoglionato. Portando le mani avanti prese a parlare: “Mamoru, te lo dico, non rompere le palle per Genzo.”
“Siete sempre stati così in confidenza?”
Morisaki sgranò gli occhi, incredulo, sollevando le braccia sconfortato. “Non posso crederci: sei geloso!”
“Non sono geloso, ma non può farsi un pelino di cazzi suoi?”
Gli si era parato di fronte con le mani arpionate sui fianchi; Mamoru pareva un’anfora, in quella posizione, e se non fosse stato tanto incazzato, Yuzo si sarebbe messo a ridere all’istante; perché la situazione andava dal surreale al comico, solo che il centrocampista pareva estremamente serio e lui non aveva intenzione di prenderlo in giro.
“Ti prego – disse, appoggiandogli il palmo aperto sul petto per impedirne l’avanzata – Genzo è come un fratello per me e siamo in ottima confidenza, non rovinare tutto. Mi prometti che lascerai risolvere a me questa situazione?”
E quando quegli occhi nocciola si posarono su di lui, Izawa non poté far altro che annuire, chiedendosi da quando si fosse rammollito in quel modo. Fece un passo avanti, imprigionandolo contro la porta e prendendogli a baciare il collo.
Yuzo sorrise nell’incavo del suo, facendolo rabbrividire.
“Così però non è leale…”
“In guerra niente è leale” le labbra si dischiusero sulla pelle, succhiando avidamente quel tratto scoperto poco sotto l’orecchio.
Il portiere tentò di divincolarsi in tutta fretta, ma non fu sufficiente e quando riuscì a raggiungere lo specchio gli occhi gli uscirono dalle orbite.
“Sei impazzito! Mi hai fatto un succhiotto?” Domandò, mentre con la mano tentava di togliere quel segno rosso tendente al violaceo. Capì subito che era impossibile.
“Si chiama marcare il territorio, Morisaki, tienilo a mente per dopo: quando andrai da Genzo. Ah, e stasera ti aspetto a casa, i miei non ci sono.”
Yuzo non riuscì a replicare e dopo essersi passato la mano nei capelli e l’acqua sul succhiotto, ovviamene senza risolvere nulla, sconsolato uscì pensando che non solo il pomeriggio sarebbe stato lungo ma anche la serata.
Ma sull’ultimo pensiero le labbra si distesero in un sorriso.
   
 
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