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Autore: Arrowxsun    10/03/2018    1 recensioni
[Victoria]
[what if] [reincarnation AU]
E se Drummond non fosse morto subito ed avesse avuto il tempo di parlare un ultima volta con Alfred? Che cosa si sarebbero detti?
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Before you read
 
In realtà non ho la più pallida idea di che cosa sia questa storia? L'ho scritta secoli fa e l'ho abbandonata nei meandri del mio computer, poi oggi l'ho ritrovata e dandoci una letta mi sembrava scritta abbastanza bene e quindi ho pensato "Ma sì, la pubblico, tanto cos'ho da perdere"
E' una specie di reincarnation AU perchè insomma ammetto che non mi è andato giù il fatto che Drummond sia morto senza nemmeno aver salutato Alfred I mean nel contesto storico Edward Drummond è morto 5 giorni dopo che gli avevano sparato. Ci sarebbe stato tutto il tempo di sviluppare un addio tra i due. 
Credo che i personaggi come li ho descritti io siano un pochino OOC ma d'altronde neanche nella serie c'è stato un grande sviluppo di questi personaggi.
Spero che la storia vi piaccia e se vi va, lasciate una recensione (che sono sempre apprezzate tantissimo)

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Il ristorante era ormai vuoto quando un cameriere si avvicinò ad un uomo in abiti eleganti, seduto da solo.
“Signore, vuole aspettare ancora?” chiese educatamente.
Lord Alfred non lo sentì, troppo immerso nei propri pensieri. Il cameriere ripeté pazientemente la domanda.
“Scusami Adam” scosse la testa Alfred, confuso “Stavi dicendo qualcosa?”
“Le ho chiesto se intende aspettare ancora il suo ospite signore” disse per la terza volta il giovane.
“Potresti dirmi gentilmente l’ora?”
“Le nove e un quarto signore”
Lord Alfred sospirò, bevve una lunga sorsata di vino e si fece spuntare sul viso uno dei suoi migliori sorrisi.
“Penso che il mio ospite abbia trovato di meglio da fare” ammise, cercando di mantenere un tono allegro “Credo che mi congederò anch’io”.
Detto questo si alzò, lasciò ad Adam una piccola mancia ringraziandolo di essere stato tanto paziente con lui e uscì dall’edificio, inoltrandosi nella Londra notturna.

Il mattino seguente, a Buckingham Palace, una lettera venne consegnata alla Duchessa di Buccleuch, la quale ne lesse immediatamente il contenuto. Il viso le si rabbuiò per un istante.
“Lord Alfred sarebbe tanto gentile da accompagnarmi?” chiese alzandosi dalla sedia sulla quale era seduta.
Alfred le si avvicinò e le offrì gentilmente il braccio, la mente occupata da ben altri pensieri. Come mai Drummond non si era presentato la sera precedente? Aveva ricevuto la sua lettera?
“Posso accompagnarti io zia” propose Wilhelmina debolmente.
“Voglio Lord Alfred” insisté la Duchessa.
Quando ormai si trovavano lontani dalla stanza dove Wilhelmina suonava il piano, la Duchessa rallentò il passo.
“Spero che voi siate un uomo forte Lord Alfred”
Egli sorrise solo con le labbra, ma non con gli occhi. “Vuole che la prenda in braccio Duchessa?”
“Intendevo abbastanza forte per questa” la donna tirò fuori la lettera ricevuta poco prima. “Temo che il contenuto potrebbe fortemente turbarla”.

Il cuore di Lord Alfred prese a battere senza il minimo controllo mentre un orribile sensazione cresceva dentro di lui. Prese in mano la lettera che la Duchessa gli porgeva. La aprì lentamente e cominciò a leggerne il contenuto. Parlava di Drummond. Gli avevano sparato il giorno precedente ed era rimasto tutta la notte sotto i ferri. La lettera aggiungeva che era cosciente ma molto debole e che con molte probabilità sarebbe sopravvissuto solo pochi giorni all’accaduto. Alfred si sentì come se tutta l’aria gli fosse stata risucchiata via dai polmoni. Quella frase continuava a ripetersi nella sua mente: probabilità di sopravvivere solo per qualche giorno.

“Ora prenda un bel respiro” gli suggerì la Duchessa.
Lord Alfred ubbidì.
“Ed un altro ancora”
Il ragazzo ripeté l’azione appena compiuta, troppo confuso per capire cosa stesse succedendo.
All’improvviso sentì le mani fredde e tremanti della Duchessa di Buccleuch appoggiarsi sulle sue guance.
“Ascoltami molto attentamente giovanotto” dichiarò fissandolo dritto negli occhi “Sarò pur vecchia ma non sono una stupida. Ho visto il modo in cui vi guardate. So quanto lui significhi per te.”
Lord Alfred avrebbe voluto controbattere in qualche modo, ma le parole gli morirono in gola.
“Ora tu andrai nelle tue camere, ti preparerai ed io e Wilhelmina ti porteremo da lui” continuò la Duchessa.
Gli occhi di Alfred, già lucidi, minacciarono di lasciare andare tutte le lacrime trattenute fino a quel momento.
“Ricordati però che la fidanzata di Lord Drummond sarà sicuramente al suo capezzale, quindi non devi assolutamente piangere, non davanti a lei”.

Arrivati davanti alla residenza di Lord Drummond, il cielo greve di nuvole minacciava pioggia da lì a poco tempo. Come se la giornata non fosse già abbastanza macabra.
Lord Alfred aiutò Wilhelmina e la Duchessa a scendere dalla carrozza. Quest’ultima si avviò immediatamente verso la porta e con il suo bastone da passeggio cominciò a bussare. La porta si aprì quasi immediatamente, come se la loro visita fosse attesa. Trovarono ad accoglierli un anziano maggiordomo, il viso segnato da molte rughe e la schiena arcuata e tremante tipica della vecchiaia.
“Buon pomeriggio” esclamò con voce impastata e lenta “Cosa posso fare per voi?”
Alfred notò che, sotto delle folte e grigie sopracciglia, gli occhi parevano rossi e lucidi. Come se quell’uomo avesse pianto per la notizia di Drummond. Lord Alfred scosse la testa impercettibilmente, molto probabilmente era solo la sua immaginazione che gli stava giocando brutti scherzi.
“Siamo venuti a vedere come stava il signor Drummond” prese parola la Duchessa, con assoluta professionalità. Cosa che in quel momento Alfred non sarebbe mai riuscito a fare.
“Anche da parte della Regina” aggiunse Wilhelmina fieramente.
Alla nomina della Regina, il vecchio maggiordomo cercò di raddrizzare la schiena malferma, fallendo miseramente.
“Ma certamente” rispose, trattenendo a stento l’emozione “Vi accompagno immediatamente nelle stanze del signore”
Li fece accomodare nella grande anticamera e si offrì di prendere i loro copricapi. Lord Alfred gli diede una mano, cercando di distrarsi dai propri tristi pensieri. Il maggiordomo chiese loro se desiderassero qualcosa da bere e, quando i tre ospiti declinarono l’offerta, li accompagnò al piano superiore.
L’anziano si fermò davanti ad una grande porta bianca di legno lavorato e guardò i suoi ospiti.
“La signorina Florence è dentro insieme al signor Edward” annunciò, come ad avvertirli.
Lord Alfred sentì la mano di Wilhelmina stringere la sua, per dargli conforto. Il ragazzo ricambiò la stretta.
“Povero giovanotto” mormorò il maggiordomo, le labbra tremanti.
“La ringrazio molto” gli sorrise la Duchessa “D’ora in poi ci pensiamo noi”.
L’uomo si esibì in un lento inchino.
“Povero ragazzo” disse ancora mentre si allontanava “Così giovane”.

“Sei pronto?” La Duchessa guardò Lord Alfred, come se stesse aspettando il suo consenso. Wilhelmina continuava a stringergli la mano, in quel momento Alfred sentì il bisogno di stringerla ancora più forte. Lo fece. Prese un respiro profondo ed annuì in direzione della Duchessa. Quest’ultima annuì di rimando e gli asciugò rapidamente dalla guancia una lacrima che era sfuggita al suo controllo.
“Sii forte” gli disse e bussò.
Un debole permesso di entrare fece capolino dall’altro lato della porta e la Duchessa aprì cautamente.
La stanza era molto grande e spaziosa, notò Lord Alfred. Un lato era stato trasformato in studio dove, sommersa da miliardi di libri, si trovava una maestosa scrivania. Le finestre era chiuse e la maggior parte delle tende abbassate. Un’unica tenda era alzata, la finestra era più piccola delle altre e lasciava entrare un debole fioco di luce nella stanza.
Lord Alfred abbassò lo sguardo sul letto che si trovava sotto quella finestra ed il suo cuore smise di battere per un momento. Sdraiato nel letto, il viso bianco ed il respiro debole, c’era Drummond. Il suo Drummond.
Florence, la giovane fidanzata del Lord, si trovava seduta accanto al letto e stava leggendo al futuro marito un libro di novelle.
Appena Edward notò la presenza di Alfred il viso gli si illuminò in uno splendido sorriso e tentò di raddrizzarsi puntellandosi sui gomiti. Il gesto gli provocò fitte in tutto il corpo e quello che prima era una sorriso allegro si tramutò in una smorfia di dolore. Lord Alfred fece un passo avanti, senza sapere quali fossero le sue intenzioni ma Wilhelmina lo trattenne stringendogli la mano.
Florence si alzò dalla propria sedia e andò loro incontro, sorridendo. Anch’ella, come il maggiordomo, aveva gli occhi gonfi e rossi.
“Voi dovete essere Lord Alfred” dedusse “Edward parla molto spesso di voi”.
Alfred fece un mezzo inchino “Sono io, madame”.
“Sono molto contenta che siate venuto” aggiunse la ragazza, sincera. “Edward mi stava giusto parlando di quei disgustosi sigari per i quali condividete una certa passione”.
“Speravo me ne portassi uno Alfred” la voce di Drummond, sebbene debole, rimbombò per tutta la cupa stanza. Tutti i presenti si voltarono verso il letto, dove l’autore della frase stava sorridendo.
La gola di Lord Alfred si strinse in una morsa mortale, minacciando le sue vie respiratorie, mentre i suoi occhi sostenevano lo sguardo di Edward.
Il silenzio che ne seguì parve durare all’infinito. Improvvisamente Alfred si rese conto che era rimasto solamente lui nella stanza. La Duchessa e Wilhelmina avevano usato la scusa dei sigari per allontanarsi con Florence e lasciare lui e Drummond da soli, almeno per qualche minuto.
Lord Alfred si avvicinò al letto dove Drummond era sdraiato e si sedette sulla sedia che pochi minuti prima era stata occupata dalla giovane fidanzata. Guardò il ragazzo ferito. Indossava una leggera camicia bianca che lasciava intravedere le numerose bende che gli erano state applicate dopo l’operazione. Il suo viso, di solito roseo e soave, era madido di sudore ed era costantemente contrito a causa del dolore.
“Hai trovato proprio una bella scusa per non presentarti ieri sera” scherzò Alfred, non sapendo cos’altro dire.
Drummond ridacchiò sommessamente ed Alfred pensò che anche in quelle condizioni rimaneva comunque l’uomo più bello sul quale avesse mai posato gli occhi.
Quando ebbe smesso di ridere, voltò la testa verso Alfred in modo da poterlo guardare.
“Mi dispiace di non essere potuto venire alla cena” disse in un mormorio “Avrei davvero voluto assaggiare quelle ostriche”.
Lord Alfred non riuscì più a trattenersi e le lacrime cominciarono a sgorgare senza il minimo controllo.
“Mi dispiace così tanto” sussurrò “Mi dispiace davvero—”
La mano calda di Drummond si andò a posare rapidamente sulla sua, il pollice gli accarezzò il dorso in un gesto di rassicurazione.
“Va tutto bene” gli disse. “Doveva andare così”
“No” esclamò Alfred, quasi con indignazione “Non doveva andare affatto così.”
“Alfred—”
“Tu avevi una carriera davanti, una lunga vita da vivere”
“Sali” disse all’improvviso Drummond.
“C-cosa?” chiese Alfred, preso alla sprovvista.
Edward batté lentamente una mano sull’ampio spazio vuoto nel lato sinistro del letto.
“Non penso sia il caso” si tirò indietro il ragazzo. “La tua fidanzata potrebbe tornare da un momento all’altro”
“Se Florence pensa che stiamo fumando sigari non tornerà per molto tempo” sorrise Drummond. “Fidati”
Riluttante, Alfred salì sul morbido materasso. Lo fece con la massima delicatezza, per paura di fare del male ad Edward, e si posizionò accanto a lui.

Era una immagine molto inusuale da vedere. Due uomini, uno sdraiato e l’altro seduto al suo capezzale, entrambi nel medesimo ampio letto. Sarebbero potuti sembrare due coniugi che si dicevano addio dopo una lunga vita passata insieme. Purtroppo non era affatto così.
“Sono davvero contento di averti conosciuto Alfred” mormorò Drummond. “Penso che tu sia stata una delle cose migliori che mi sia mai capitata”.
Lord Alfred sorrise debolmente, le guance rigate dalle lacrime.
“Io—” sembrava che Drummond stesse davvero ponderando le proprie parole. Non voleva dire niente di sbagliato.
“Hai bisogno di qualcosa?” Alfred gli appoggiò una mano sulla guancia, senza pensarci troppo. Se avesse pensato troppo molto probabilmente non si sarebbe azzardato a compiere tale gesto.
“Io credo di amarti” dichiarò Edward, senza girarci attorno.

Le parole aleggiarono nell’aria per qualche istante prima che Lord Alfred riuscisse a coglierne a pieno il significato. Fissò Drummond, che lo stava guardando a sua volta. Aveva gli occhi lucidi, Alfred non riuscì a capire se si trattasse del suo stato di malessere o se più semplicemente stesse per piangere anche lui.
“Edward io—”
La mano di Drummond si chiuse attorno a quella che Alfred teneva ancora appoggiata sulla sua guancia. Baciò la sua mano con labbra tremanti.
“Lo so” sorrise.
Lord Alfred prese tra le mani il viso di Edward, il cuore pieno e pesante, si chinò verso di lui ed appoggiò la propria fronte alla sua.
“Ci rivedremo” sussurrò Drummond “Sono convinto che sarà così”
“Certo che ci rivedremo” gli diede corda Alfred. “Mi devi ancora una cena”
Le labbra di Edward si aprirono in un immenso sorriso.
“Mi piacerebbe rivederti in Scozia” rifletté, ormai delirante a causa della febbre.
“Sarebbe davvero bello”
“Promettimelo” mormorò Drummond “Promettimi che quando sarò guarito andremo in Scozia”.
Una lacrima solitaria scese dalla guancia di Lord Alfred, erano ancora fronte contro fronte, gli occhi chiusi ed i respiri lenti.

“Te lo prometto”.


Quando, tre giorni dopo, arrivò la lettera che conteneva la notizia della morte di Lord Drummond, cadde un velo di tristezza nel Palazzo. Lord Alfred, sebbene con il cuore completamente spezzato, sorrise. Sapeva che un giorno si sarebbero rivisti, magari in Scozia. E sarebbero stati insieme.

 

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Scozia, 2017

Era una splendida giornata di sole a Edimburgo, come se ne vedevano davvero poche. 

Un ragazzo alto, in completo elegante, con in mano una tazza di cartone di tè, un vero disonore per la vera tazza da tè inglese, era in assoluto ritardo per il lavoro. Accelerò il passo, imprecando contro la sveglia sempre puntuale che quel giorno aveva, inaspettatamente, deciso di non suonare. Si distrasse per un attimo guardando delle pratiche ed un secondo dopo il suo tè era completamente rovesciato sulla camicia di uno sconosciuto.

“Oh accidenti” esclamò, mortificato “Sono veramente desolato, io—”
Si interruppe quando notò che il malcapitato stava ridendo.
“Grazie a Dio” riuscì a dire questo tra le risate “Odiavo questa camicia”
“Io non—”
“Cavolo” il ragazzo con la camicia sporca stava guardando a terra “Ti sono caduti dei fogli amico”
Entrambi si chinarono per raccoglierli e, per errore, le loro mani si sfiorarono. Una strana sensazione li percorse da capo a piedi. Si guardarono e parve loro di conoscersi da secoli.
“Ci conosciamo?” chiese il ragazzo della camicia non appena entrambi si rimisero in piedi.
“Non ne sono sicuro”
“Io mi chiamo Alfred” si presentò il ragazzo camicia allungando la mano.
“Io sono Edward” disse l’altro prendendo la mano che gli veniva porta “Edward Drummond”
Di nuovo quella sensazione colpì entrambi. Era mai possibile che si conoscessero ma non si ricordassero l’uno dell’altro?
Drummond trovava gli occhi di Alfred, così azzurri e limpidi, maledettamente famigliari. Non riusciva a capire.
“Sei inglese?” chiese Alfred, stupito.
“Bingo” Sorrise Edward “Anche tu da come posso sentire”
“Vengo da Londra”

Il sorriso di Edward aveva scosso Alfred nel profondo, quel sorriso gli ricordava qualcuno. Qualcuno che aveva amato in un’altra vita.

“Cosa ti porta a Edimburgo?” Drummond era sinceramente incuriosito, sentiva che il motivo per cui si erano trovati lì in quel preciso momento non era affatto casuale. Non che lui credesse nel destino, intendiamoci, ma quella situazione ci andava stranamente vicino.
“Una promessa” dichiarò Alfred “Almeno credo. Un giorno mi sono svegliato ed ho avuto la sensazione che—”
“Il tuo cuore dovesse essere in Scozia” finì per lui Edward.
Si guardarono. Nessuno dei due proferì parola per qualche secondo, erano troppo impegnati a guardarsi. Entrambi sentivano una forte aurea di familiarità. Poi gli occhi di Edward si posarono sulla camicia sporca di Alfred e all’improvviso ricordò come mai si trovavano lì.
“Accidenti”  esclamò “La tua camicia”
Alfred abbassò lo sguardo, come se anche lui se ne fosse completamente dimenticato.
“Giusto”
“Che ne dici se per sdebitarmi ti portassi a cena stasera?” disse, tutto d’un fiato, Drummond.
Alfred lo guardò ed un enorme sorriso gli si formò sulle labbra.
“Dico che mi piacerebbe moltissimo”
Edward lasciò andare un sospiro di sollievo.
“Bene” sorrise “Alle otto?”
“Mi sembra perfetto” annuì Alfred, senza smettere di sorridere.
“Devo essere sincero” sussurrò Drummond, il cuore che gli batteva all’impazzata “Non conosco molti ristoranti qui a Edimburgo”
Alfred scacciò via il problema con un gesto della mano.
“Non preoccuparti” disse “Conosco un ristorante ottimo che fa delle ostriche spettacolari”

Edward lo guardò mentre continuava a parlare di questo famoso ristorante e pensò che non aveva mai visto un ragazzo tanto bello in tutta la sua vita. Di nuovo quella sensazione di familiarità e amore si fece strada dentro di lui.

“Non vedo l’ora di assaggiare quelle ostriche” sorrise.

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Angolo dell'autrice

Rileggendo il nome Edward mi veniva in mente Robert Pattinson sbrilluccicoso why am I like that
Comunque se avete letto tutta la storia siete meritevoli di un fortissimo abbraccio. Siete meravigliosi.



 

 

 
   
 
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