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Autore: Cersei_Quinn    12/03/2018    11 recensioni
Broly si é trasformato nel Super Saiyan della Leggenda dinnanzi a Goku e gli altri. I suoi pensieri e ricordi in quel momento, tra euforia e ignavia.
Dal testo:
"Il mostro non ragionava. Non scendeva a patti. Non comprendeva altro che non fosse la violenza, addirittura – specialmente – quando essa si ritorceva contro i suoi cari."
- Terza classificata al contest “Il Diavolo e l’acqua Santa” indetto da Ssjd e Vegeta_Sutcliffe sul forum di EFP -
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Broly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Demone

 

Scritto da Cersei_Quinn

 

 

ignavo agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. ignavus, comp. di in-2 e gnavus, forma ant. di navus«attivo, diligente»]. – Pigro, indolente nell’operare per mancanza di volontà attiva e di forza spirituale; codardo.

 

Dizionario Treccani

 

La potenza. Finalmente.

Traboccava e si riversava su quei miserabili, fetidi del loro terrore. Lo colmava. Completava.

Era potente e finalmente si sentiva in pace. Vivo. Libero.

Di distruggere.

Quella era la vera natura di un Saiyan: una natura selvaggia e scatenata che suo padre invano aveva tentato di mitigare.

Broly era un demone, ora. Lo aveva sempre desiderato. Gli occhi ricolmi di terrore attorno a lui erano solo l’ulteriore conferma.

Era un demone pronto a uccidere e distruggere. Rifulgeva di mostruosa potenza mortifera e come una piaga si sarebbe abbattuto di lì a poco sui patetici insetti, mostrando la sua vera natura.

Non era sempre stato così. Non all’inizio, almeno.

C’era stato un tempo in cui Broly altro non era stato se non un verme. Una delusione come Saiyan, questo aveva creduto per molti anni di se stesso: un bambino mite, incapace ragazzino, scadente guerriero.

Suo padre eppure l’aveva amato. Broly invece si era odiato con tutte le sue forze: si supponeva che, quale uno degli ultimi discendenti di una razza quasi estinta, Broly dovesse in qualche maniera incarnare la vera brutalità di un Saiyan. Non era mai accaduto, almeno da quando aveva memoria. Suo padre era stato di diverso avviso – favoleggiava che Broly li avesse tratti entrambi in salvo dalla distruzione del pianeta Vegeta. Lui non ci aveva creduto. Gli era stato impossibile credere.

Fino all’avvento del mostro.

Era arrivato una notte e aveva distrutto. Morte e decadenza lo appagavano, sangue e violenza lo eccitavano. Era arrivato e aveva trovato in quel pallido ragazzino una porta aperta, spalancata su visioni di notte e cremisi.

Aveva ucciso. Sterminato popoli. Annientato pianeti. E non era stato come per tutti i Saiyan: non c’era stato nulla a riportarlo alla ragione. Il mostro non ragionava. Non scendeva a patti. Non comprendeva altro che non fosse la violenza, addirittura – specialmente – quando essa si ritorceva contro i suoi cari. Aveva scavato un solco nella faccia di suo padre. Lo aveva privato di un occhio e ne aveva riso.

Solo quella notte, sfolgorante d’oro, aveva compreso: il mostro lo faceva sentire vivo.

Non sapeva da dove fosse arrivato. Se avesse creato il mostro o se esso fosse stato nascosto dentro di lui, chiuso a doppia mandata in un ripostiglio dove la sua coscienza non era mai giunta, ma la sua anima sì.

Era vivo solo quando distruggeva. Lui, così debole e pavido durante l’infanzia, ora stringeva nelle possenti mani la vivida possibilità di rendere il mondo a sua immagine e somiglianza. Più suo padre gli negava quel diritto, con dispositivi e tecnologie d’avanguardia, più Broly cedeva alla tentazione di lasciarsi trascinare dal mostro.

Non resisteva. Non opponeva la minima resistenza. In realtà, avrebbe potuto fermare il mostro se avesse voluto. Ma non l’aveva mai fatto. Perché, in fin dei conti? Perché darsi dei limiti? Perché schierarsi per una parte o per l’altra, quando era così facile scivolare nella cieca violenza? Lei era una signora irrazionale, ma giusta: elargiva a tutti il medesimo dono letale.

Se in quel momento c’era ancora un minimo dubbio nel cuore marcio di Broly, potente e invincibile dinnanzi allo stupore e alla sconfitta di Goku e Vegeta, quello si sarebbe definito certo in brevi, lapidarie parole: potevo, ma non ho voluto. A lungo aveva desiderato il potere e non avrebbe fatto nulla per fermarlo. Sapeva perfettamente che il mondo sarebbe collassato con lui e non gli importava nulla. Poteva fermarsi quando voleva. Poteva fermare il mostro risvegliato da Kakaroth. Ma preferiva la morte all’ipotesi di fermarsi.

Ignavo. Se Broly avesse avuto più contatti coi Terrestri, l’avrebbero definito così. Ignavo verso se stesso. Un essere con libertà d’agire che scelga di compiere la strada più facile di tutte: quella di non agire.

Lasciarsi andare, cullarsi in orgiastici baccanali di morte, nel più completo disinteresse verso altri che non siano la sua visione di sangue e violenza.

Broly non sapeva di essere un ignavo. Sapeva però di poter fare una scelta. Anche lì, in quel momento, all’approssimarsi di una sanguinaria battaglia. Poteva fermarsi, ritornare il timido ragazzo di sempre. Poteva ignorare il prepotente richiamo di Kakaroth che lo aveva risvegliato dal limbo del controllo tecnologico. Poteva fare uno sforzo di volontà e tornare se stesso, mite, silenzioso e dolce, spettro dei ribollenti istinti che si agitavano in lui. Sconfitto e mutilato, decidendo di escludere quella parte di sé infetta e tuttavia agognata, sarebbe tornato alla ragione.

Magari addirittura avrebbe risparmiato chi aveva avuto la sfrontatezza di combatterlo.

Non l’avrebbe fatto, naturalmente. Nulla di tutto ciò. Avrebbe scelto di non scegliere e lasciare che il mostro subentrasse al suo posto.

L’ignavia di un singolo avrebbe portato alle Galassie la più grande calamità di tutti i tempi, più imprevedibile di Beerus, più micidiale di Freezer.

Una volta divorato, non ci sarebbero più stati né il mostro né Broly. Solo un demone. Finalmente il demone.

 

  
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