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Autore: Hana_Weasley    16/03/2018    1 recensioni
Settembre 1991, da qualche parte in Corea del Sud.
Jeon Jungkook aveva nove anni la prima volta che incontrò lui.
I capelli tinti di biondo gli ricadevano a ciocche sugli occhi e sulla fronte, coprendone gran parte. Gli occhi, dalla forma sottile erano scrutatori dietro quei grossi occhiali che andavano di moda fino a qualche anno prima. La pelle era pallida, di un biancore quasi accecante e che faceva da enorme contrasto con l’aura oscura che emanava a prima vista. Sulla guancia vi era un taglio da cui fuoriusciva del sangue di colore rosso intenso, così come dal suo ginocchio sbucciato che si intravedeva dai larghi e strappati jeans che aveva indosso.
[YOONKOOK]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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By Your Side

 
 
Settembre 1991, da qualche parte in Corea del Sud.
 
Jeon Jungkook aveva nove anni la prima volta che incontrò lui.
I capelli tinti di biondo gli ricadevano a ciocche sugli occhi e sulla fronte, coprendone gran parte. Gli occhi, dalla forma sottile erano scrutatori dietro quei grossi occhiali che andavano di moda fino a qualche anno prima. La pelle era pallida, di un biancore quasi accecante e che faceva da enorme contrasto con l’aura oscura che emanava a prima vista. Sulla guancia vi era un taglio da cui fuoriusciva del sangue di colore rosso intenso, così come dal suo ginocchio sbucciato che si intravedeva dai larghi e strappati jeans che aveva indosso.
Accanto a lui vi era uno zaino nero aperto e tutti i suoi quaderni si trovavano sparsi e abbandonati sull’asfalto insieme al astuccio lercio.
Jungkook avrebbe voluto aiutare quello sconosciuto. Non sapeva cosa gli fosse accaduto, ma sembrava aver bisogno di una mano viste le sue condizioni fisiche.
Fece così per avvicinarsi, titubante, e aprì la bocca, pronto a rivolgerli la parola, ma subito la richiuse quando il ragazzo gli riservò uno sguardo truce.
Il piccolo Jungkook, a cui era sempre stato detto da sua madre di non dare confidenza agli sconosciuti, rabbrividì sotto quello sguardo intenso e senza pensarci su troppo si voltò dall’altra parte e cominciò a correre verso casa.
Per tutto il tragitto fino a casa sua non fece altro che pensare a quel ragazzo, chiedendosi chi fosse e soprattutto perché fosse ricoperto di sangue. Ma Jungkook era solo un bambino e, quindi, appena arrivò a casa e sua madre gli fece trovare per merenda il suo dolce preferito, il bambino dimenticò tutto in men che non si dica.
Non sapeva però che quello sarebbe stato l’incontro che avrebbe cambiato la sua vita.
 
Il giorno successivo, alla stessa ora e allo stesso posto, Jungkook vi trovò nuovamente il ragazzo del giorno prima. Anche quella volta era ricoperto di sangue, aveva un labbro arrossato e dal quale usciva del sangue e delle cicatrici sulle braccia.
Jungkook, a quel punto, non poté frenarsi dall’avvicinarsi al ragazzo, infischiandosene dell’occhiataccia che ricevette da parte sua.
Gli tese la sua piccola mano, in attesa che quello la afferrasse e potesse farsi aiutare a rimettersi in piedi. Il ragazzo esitò per un attimo, scrutando con diffidenza la manina del più piccolo ma poi parve decidersi e la afferrò, facendosi aiutare.
Rimessosi in piedi, il ragazzino si lisciò i vestiti cercando di eliminare lo sporco dell’asfalto da essi.
Jungkook osservò con attenzione ogni suo movimento e quando lo vide muoversi per appoggiarsi ad un muretto, gli si avvicinò senza alcun timore.
“Cosa è successo?” si sentì chiedere. In realtà non avrebbe voluto farlo, sapeva perfettamente che non era buona educazione fare una simile domanda, a maggior ragione se si trattava di uno sconosciuto, ma la curiosità aveva avuto la meglio su di lui e senza neppure rendersene conto, ormai aveva già posto la domanda.
Il ragazzo, come vi era da aspettarsi, non rispose alla sua domanda ma rimase in silenzio. Jungkook non sapeva se esserne sollevato o spaventato ma il maggiore non sembrava essere arrabbiato con lui, sembrava più avercela in generale con il mondo.
Rimasero l’uno accanto all’altro, appoggiati a quel muretto, per quasi un’ora, Jungkook che osservava attentamente il ragazzo che guardava fisso davanti a sé e ogni tanto chiudeva i suoi occhi, lasciandosi trasportare dai suoi pensieri.
Jungkook avrebbe tanto voluto sapere a cosa stesse pensando.
“Ora devo andare o la mia mamma si preoccuperà.” Avvisò, spezzando il silenzio confortevole che si era andato a creare tra i due.
Il ragazzo aprì gli occhi e li fissò su Jungkook che dopo qualche secondo di esitazione lo salutò con la mano e con un piccolo sorriso sulle labbra e poi si voltò, prendendo quello sguardo come una sorta di saluto da parte del taciturno ragazzo.
Era sempre stato Jungkook quello timido, tutti glielo ripetevano sempre. I suoi zii, gli amici e colleghi dei suoi genitori, i maestri e perfino i suoi compagni di classe. Tutti sottolineavano ogni volta come il bambino fosse molto tranquillo e introverso, come se lui potesse farci qualcosa. Ma Jungkook stava bene così e anche i suoi genitori lo sapevano e glielo ricordavano ogni volta, scombinandogli i capelli e sussurrandogli che lo amavano.
Jungkook, quindi, non sapeva come avesse fatto a trovare il coraggio di parlare ad uno sconosciuto di sua spontanea volontà né tanto meno si aspettava che quel ragazzo potesse essere più chiuso in se stesso di quanto lo fosse lui. Era stata una piacevole scoperta, il bambino pensava che tra i due sarebbe potuta nascere una bella amicizia e lo voleva sul serio, voleva diventargli amico. Perché lo incuriosiva, perché il suo sguardo triste si era impresso nel piccolo cuoricino di Jungkook, perché gli piacevano i suoi capelli biondi.
 
La terza volta che Jungkook incappò nel ragazzo fu due giorni dopo, di lunedì.
Era di nuovo a terra sanguinante e il suo sguardo era più cupo del solito.
Jungkook si sentì male per lui, ma quella volta non si fece trovare impreparato. Aveva, infatti, portato con sé una piccola cassetta del pronto soccorso che era riuscito a trovare in casa e l’aveva tenuta nel suo zaino per tutta la giornata a scuola. Non era sicuro avrebbe incontrato anche quel giorno il giovane ma il bambino decise comunque di provare a portarla, per ogni evenienza.
Gli si avvicinò immediatamente, inginocchiandosi al suo fianco e lo aiutò a sedersi per poi cominciare a frugare nel suo zaino.
Il ragazzino lo osservò silenziosamente, prestando attenzione ad ogni suo singolo movimento e Jungkook poté chiaramente vedere la sorpresa nel suo sguardo quando vide il bambino tirare fuori dallo zaino la cassetta del pronto soccorso.
Jungkook cominciò a passargli un fazzolettino bagnato sulle ferite, sotto lo sguardo ancora sbigottito del maggiore.
“Hai davvero portato tutto questo per me?” chiese e Jungkook poté per la prima volta sentire la sua voce. Era chiaramente ancora la voce di un ragazzino nel pieno della pubertà ma la sua lieve profondità stupì il bambino.
“Volevo aiutarti.” Gli disse mentre applicava una benda sulla mano ferita.
Jungkook si aspettò una risposta sgarbata o di venire allontanato ed invece i due rimasero nel silenzio fino a quando Jungkook non finì di medicare il ragazzo. E poi, mentre il bambino stava rimettendo a posto la cassetta, il ragazzo parlò nuovamente.
“Grazie.” Mormorò e Jungkook si voltò immediatamente verso di lui, facendo distogliere lo sguardo al ragazzo, chiaramente imbarazzato.
“Come ti chiami?” chiese poi Jungkook, con uno slancio di coraggio. Non voleva sapere nient’altro, non voleva sapere come si procurava quelle ferite, voleva solo conoscere il suo nome, avere un nome da abbinare al suo volto delicato.
Esitò a rispondere, probabilmente non fidandosi del bambino ma dopo aver pensato a ciò che aveva fatto per lui si disse di non avere altra scelta.
“Yoongi.”
Jungkook gli regalò un sorriso raggiante e Yoongi pensò distrattamente somigliasse ad un piccolo e dolce coniglietto, ma non glielo disse.
 
Senza neppure rendersene conto, i due cominciarono a condividere una strana routine.
Ogni giorno Jungkook, sulla strada verso casa, si fermava con Yoongi, medicando le sue ferite con la sua ormai inseparabile cassetta del pronto soccorso, e dopo sedendosi accanto a lui gli raccontava com’era andata la sua giornata.
Era un impegno che Jungkook si era voluto prendere volentieri, prendersi cura di Yoongi e rimanergli accanto, essergli amico. Non sapeva ancora perché il ragazzo avesse quelle ferite o perché fosse sempre da solo, ma Jungkook si era inevitabilmente affezionato al ragazzo ed il suo buon cuore e gentilezza lo avevano portato a desiderare di renderlo, almeno nei momenti in cui erano insieme, un po’ meno triste.
Yoongi all’inizio apparve dubbioso, non riuscendo a capire perché ad un bambino importasse così tanto di un giocattolo rotto quale era, quando avrebbe potuto avere a disposizioni tantissimi altri giochi molto più interessanti e funzionanti, inanimati e non.
Tuttavia non fece nulla per scacciarlo. Il bambino si era dimostrato gentile nei suoi confronti e, cosa assolutamente impensabile per Yoongi, sembrava davvero interessato a conoscerlo e divenirgli amico. Jungkook si prendeva amorevolmente cura di lui, pulendogli il sangue dal volto e bendandogli le ferite, facendogli compagnia e raccontandogli cosa imparava a scuola o cosa gli dicevano i suoi genitori e a Yoongi faceva piacere la sua compagnia, se doveva essere sincero.
Jungkook era la prima persona che mostrava interesse nei suoi confronti ed era la prima persona che sembrava tenere davvero a Yoongi e a quest’ultimo  la sensazione di essere apprezzato piaceva molto. Quindi non ci mise molto ad aprirsi con Jungkook e a lasciare il bambino distruggere giorno dopo giorno la sua dura corazza.
Jungkook aveva notato che da quando lo aveva incontrato la prima volta, Yoongi sorrideva molto di più e non riservava più al bambino le sue occhiatacce ma anzi, lo ringraziava spesso e lo riempiva di carezze sulla sua testolina.
Jungkook era felice. Era felice perché il suo hyung sembrava stare meglio e per lui sarebbe valsa la pena, anche se ogni giorno veniva sgridato dalla madre perché passava troppo tempo fuori casa a gironzolare.
 
Jungkook non si aspettava di ritrovarsi davanti ad una scena tanto terribile quando quel pomeriggio uscì da scuola.
Eppure, in quel momento, il bambino si trovava dietro una colonna ad osservare dei ragazzi più grandi e dall’aria minacciosa tirare calci al corpicino indifeso di Yoongi che rimaneva raggomitolato a terra, nascondendo il volto e subendo le violenze degli altri ragazzi.
I ragazzi ridevano di Yoongi e gli urlavano parole di cui Jungkook non riusciva a capirne il significato. Tuttavia, il modo in cui venivano dette, il ghigno che sformava il loro volto, erano chiaramente segni che quelli rivolti a Yoongi non dovessero essere dei complimenti.
Jungkook strinse i suoi pugni per la rabbia che gli stava ribollendo nel sangue. Era sicuro che Yoongi non si meritasse nessuno di quel calcio, anzi, Jungkook era sicuro che nessuno al mondo meritasse di essere trattato in quel modo. E non poteva credere che nella sua città esistessero delle persone tanto violente e cattive, ingenuamente pensava si vedessero solo nei film d’azione che vedeva suo padre.
Sapeva di essere solo un bambino di nove anni, sapeva di non poter fare assolutamente nulla contro quei grossi ragazzi, ma Jungkook voleva aiutare in qualche modo, non riusciva a rimanere con le mani in mano.
Prese un grosso respiro, cercando di trovare il coraggio di intervenire, quando, Yoongi alzò debolmente la testa ed incrociò il suo sguardo. Il maggiore spalancò gli occhi terrorizzato e Jungkook gli fece immediatamente segno che lo avrebbe aiutato ma Yoongi scosse la testa violentemente e con la bocca mimò un piccolo “per favore”, implorando Jungkook di non immischiarsi.
Jungkook osservò il suo viso contorcersi per il dolore del calcio appena ricevuto allo stomaco e poi abbassò lo sguardo, sconfitto e soprattutto consapevole della sciocchezza che stava per fare.
Osservò gli occhi lucidi di Yoongi, la sua guancia sfregiata ed i suoi vestiti sgualciti e attese dietro quella colonna fino a quando quei ragazzi non ebbero finito di maltrattare Yoongi,sentendosi più che mai impotente di fronte alle ingiustizie del mondo.
Jungkook trattenne a forza le lacrime e si sforzò di non cominciare a singhiozzare come un bambino spaventato alla vista del suo ormai amico Yoongi venire trattato in quel modo brutale.
Appena i ragazzi se ne andarono Jungkook corse velocemente da Yoongi e lo abbracciò senza pensarci due volte, scoppiando a piangere. Yoongi rimase attonito di fronte alla tristezza del bambino ma poi il suo volto si addolcì e posando una mano sulla piccola schiena di Jungkook cominciò a strofinare su e giù per consolarlo.
Quando il bambino smise finalmente di piangere, si staccò lentamente dal petto del più grande e si stropicciò gli occhi arrossati e doloranti e poi cominciò a medicare Yoongi il più delicatamente possibile.
“Ti cola il naso, ragazzino.” Gli disse Yoongi, cercando di smorzare la tensione.
Jungkook arrossì immediatamente e tirò su con il naso, facendo ridacchiare Yoongi che tirò fuori dalla sua tasca un fazzolettino di velluto che gli porse. Jungkook lo prese timidamente e si soffiò il nasino arrossato.
“Tienilo pure tu.” Gli disse Yoongi.
I due poi si rialzarono lentamente da terra e Yoongi si avvicinò ad un’auto arrugginita parcheggiata al lato della strada. Si sedette sul cofano e poi picchiettò il posto accanto al suo, facendo segno a Jungkook di sedercisi.
Il bambino si fece aiutare da Yoongi e poi si ritrovò accanto al ragazzo, un silenzio confortevole aleggiava tra i due.
“Quando sarò grande ti proteggerò.” Disse Jungkook, richiamando l’attenzione di Yoongi.
Mi aspetterai, hyung?”
Yoongi lo guardò e poi annuì, sorridendo lievemente.
 
Quel giorno stesso, quando Jungkook tornò a casa, chiese immediatamente a sua madre di poter essere iscritto a taekwondo.
Sua madre lo guardò sorpresa e chiese al figlio da dove derivasse quel suo desiderio.
Jungkook non seppe il perché non raccontò alla madre di Yoongi e di quello che era costretto a passare ogni giorno a causa dei bulli; disse solo di voler diventare una persona forte e capace di proteggere i suoi cari. La madre sorrise alle parole del figlio e scompigliandogli i soffici capelli gli disse che nel weekend sarebbero andati a cercare la migliore scuola.
Fu così che, quindi, Jungkook cominciò a praticare taekwondo, impegnandosi come mai aveva fatto nella sua vita e attirando positivamente anche l’attenzione del suo istruttore che non mancava giorno lo elogiasse di fronte ai suoi genitori che abbracciavano fieri loro figlio.
Da allora, Jungkook ogni volta che si incontrava con Yoongi, gli mostrava con entusiasmo tutti i progressi che stava facendo in quei mesi e blaterava senza sosta su come avrebbe conciato per le feste quei cattivi ragazzi quando sarebbe divenuto abbastanza forte.
E Yoongi gli sorrideva e ascoltava ogni parola che il più piccolo gli rivolgeva, beandosi delle sensazioni che la compagnia e la voce di Jungkook gli donavano.
Yoongi non riusciva a dare un nome al sentimento che provava e non voleva neppure farlo, sapeva solo di provare un enorme affetto per quel bambino che lo aveva salvato più e più volte e che si stava prendendo cura di lui, che era arrivato proprio nel momento in cui Yoongi aveva pensato che sarebbe rimasto solo per sempre.
La voce di Jungkook, il suo sorriso luminoso ed i suoi grossi occhi da cerbiatto erano balsamo per le ferite di Yoongi, molto di più di quanto non lo fossero le bende che Jungkook applicava amorevolmente su di lui.
 Più volte Jungkook aveva offerto a Yoongi di venire a casa sua anche solo per la merenda ma Yoongi aveva sempre rifiutato con un sorriso triste ed una carezza ai capelli del bambino. Avrebbe voluto tanto andare a casa sua, entrare in una casa che sicuramente trasmetteva amore da ogni parete, ogni quadro o oggetto al suo interno ma Yoongi aveva paura. Aveva paura di affrontare i genitori di Jungkook, aveva paura li avrebbero divisi perché lui non era abbastanza per loro figlio, perché portava solo guai, perché era inutile.
Non voleva lasciar andare Jungkook, sapeva fosse egoista da parte sua ma non voleva lasciar andare il suo unico amico, la persona a cui più teneva.
 
Quando Jungkook quel pomeriggio girò l’angolo in cui di solito si vedeva con Yoongi certo non si aspettava di essere accolto dal suo hyung con in mano un piccolo cupcake munito di candelina e un ridicolo cappellino in testa.
“Tanti auguri, Jungkookie!” esclamò quello e Jungkook prese a saltellare da una parte all’altra, più euforico che mai.
“Hyung, come hai fatto a comprare il dolce e il cappellino?”
“Ti sei forse dimenticato che questa estate ho lavorato?” chiese quello, retorico.
Jungkook annuì, distogliendo lo sguardo dal ragazzo e arrossendo.
“Non dovevi…” mormorò in imbarazzo.
“Sì che dovevo, non si compiono tredici anni tutti i giorni!” ribatté Yoongi.
Yah, ormai sono grande!” urlò Jungkook e Yoongi sorrise all’entusiasmo del suo migliore amico.
“Su, soffia la candelina ed esprimi un desiderio, ragazzino.”
Jungkook si sedette accanto al ragazzo e poi avvicinò il volto al cupcake, chiuse gli occhi e pensò intensamente al suo desiderio.
Desiderava la felicità di Yoongi, gli bastava solo quello per essere felice.
Quando fu pronto soffiò sulla candelina e riaprì gli occhi ritrovandosi davanti il sorriso tutto gengive del suo hyung.
Yoongi porse il cupcake a Jungkook che però, dopo averlo preso in mano, lo divise a metà, dandone una parte a Yoongi che gli sorrise grato. I due cominciarono a mangiare silenziosamente, fino a quando Jungkook non parlò.
“Dovresti farti disinfettare quel brutto taglio che hai sulla guancia.”
Yoongi sospirò. Sperava che Jungkook non tirasse fuori l’argomento ma il ragazzino, da che era cresciuto, era divenuto più insistente sulla questione bullismo. Il punto era che Jungkook non sapeva molto della vita di Yoongi, non sapeva che il ragazzo viveva solo con un padre che si comportava da genitore solo quando voleva lui e che decisamente se ne sarebbe infischiato di sapere che suo figlio veniva picchiato da anni dai suoi compagni di scuola. Yoongi sapeva sarebbe stato inutile denunciare la cosa ma Jungkook non capiva, non poteva capire.
Non che Yoongi non si fidasse abbastanza di lui, si fidava ciecamente del ragazzino ma non voleva farlo preoccupare più di quanto già non lo fosse, quindi aveva optato per il silenzio.
“Come vanno le lezioni di taekwondo?” chiese Yoongi, cambiando argomento.
“Benissimo! Il maestro dice che sono il più bravo della classe!”
Yoongi sorrise intenerito. “Tipico di Jeon Jungkook.”
Yoongi si stese poi sul cofano dell’auto, seguito immediatamente da Jungkook che si avvicinò al maggiore, poggiando la testa sul petto di Yoongi. Quest’ultimo cominciò distrattamente a massaggiare la testa del più piccolo, toccandogli con delicatezza i capelli neri, sentendo il più piccolo rilassarsi sotto il suo tocco.
“Sai vero di essere la cosa più importante nella mia vita?” chiese retoricamente Yoongi.
Jungkook alzò leggermente la testa, incrociando lo sguardo del suo hyung che lo osservava intensamente.
Jungkook non rispose, preferendo esprimersi a gesti. Si sporse e posò un lieve bacio sulla guancia di Yoongi, un bacio leggero quanto una piuma, delicato quanto il rapporto che condividevano. Si trattava di un contatto durato qualche millesimo di secondo ma che con sé portava tutte le parole non dette, tutti i sentimenti inespressi, i silenzi che facevano da compagni nelle loro giornate.
Fu un piccolo ed innocente bacio che ebbe la forza di un meteorite su entrambi i ragazzi.
Jungkook posò nuovamente la testa su Yoongi, proprio all’altezza del cuore e rimase in silenzio per quella che sembrò un’eternità.
“Ti voglio bene, hyung.” Disse con un sussurro.
Un sussurro che rimbombò nella mente di Yoongi come fosse un urlo, come un eco lontano ma al tempo stesso incredibilmente vicino.
Jungkook si addormentò poco dopo, cullato dal lieve respiro di Yoongi e dal battito regolare del suo cuore e dalle carezze che il maggiore gli stava dando. Quando Yoongi fu sicuro che il più piccolo stesse dormendo lo abbracciò stretto, facendo aderire i loro busti l’uno contro l’altro.
Ti amo.” Pensò Yoongi, ma non ebbe il coraggio di dirlo ad alta voce.
 
“Entro la fine dell’anno ci trasferiamo.” Gli aveva detto sua madre quando Jungkook era tornato a casa quel pomeriggio. Il sorriso rilassato e sognante che dipingeva il suo giovane volto scomparve immediatamente, lasciando spazio a calde lacrime che rigarono le sue guance paffute.
Era un incubo, doveva esserlo per forza. Sua madre doveva stare scherzando perché Jungkook mai e poi mai avrebbe potuto credere ad una cosa del genere.
“Tuo padre ha ricevuto un’offerta.” Jungkook si era sentito dire, ma il ragazzino si era tappato ostinatamente le orecchie, rifiutandosi di sentire ciò che sua madre gli stava spiegando.
“Perché stai piangendo? Ti assicuro che a Seoul troverai tantissimi amici e ci assicureremo di iscriverti nella scuola più prestigiosa di taekwondo!” tentò di consolarlo la madre.
Ma lei non capiva, non avrebbe mai potuto capire. A Jungkook non importava un accidenti del taekwondo, non quando ciò che lo aveva spinto a praticarlo si sarebbe trovato a migliaia di chilometri di distanza.
Jungkook non poteva lasciare Yoongi da solo. Non poteva perché il suo hyung, per quanto si ostinasse a comportarsi in modo arrogante era una persona debole ed insicura, ma soprattutto una persona che aveva bisogno di amore nella sua vita e Jungkook era l’unico che avrebbe potuto darglielo.
Jungkook non voleva lasciare Yoongi, non voleva camminare verso casa da solo.
Jungkook non voleva abbandonare la persona che amava.
Cominciò ad urlare, in preda alla rabbia e alla frustrazione, sotto lo sguardo sconvolto della madre che non riusciva a spiegarsi il perché di una reazione del genere da parte di suo figlio.
“Tesoro-” tentò di calmarlo ma venne interrotta da Jungkook.
“No! Non voglio andarmene, non voglio andarmene!” cominciò a ripetere come un mantra, tra un singhiozzo e l’altro.
“Ma Seoul-”
“Ma a Seoul non c’è Yoongi!” urlò Jungkook, esasperato.
Un silenzio carico di tensione cadde nella stanza, con Jungkook che si rese conto troppo tardi di quello che aveva detto e con sua madre che confusa osservava il figlio e si chiedeva chi fosse Yoongi e cosa significasse per Jungkook per farlo piangere in quel modo.
Immaginò si trattasse di un suo amico e si chiese perché Jungkook non le avesse mai parlato di lui ma decise di non indagare oltre vista la delicata situazione in cui si trovavano. Andò invece a abbracciare il figlio che si sciolse tra le sue braccia, piangendo come mai aveva fatto nella sua vita, incapace di reagire, di muoversi, di pensare ad altro che non fosse Yoongi ed il suo meraviglioso sorriso che sarebbe potuto svanire in poco tempo.
“Mi dispiace.” Mormorava sua madre baciandogli la testa.
 
Quando il giorno dopo Jungkook diede la notizia a Yoongi, a quest’ultimo crollò il mondo.
Tentò di essere forte, perché Yoongi poteva percepire benissimo quanto il più piccolo stesse male per la situazione e non voleva peggiorare la cosa.
Passarono la giornata abbracciati l’uno all’altro, incapaci di parlare, di dirsi qualcosa, quasi di respirare.
Erano troppo occupati a sentire il cuore l’uno dell’altro battere, lento ma rumoroso. Erano troppo occupati a sfiorarsi, tentando di imprimere nella propria pelle e nei propri ricordi le sensazioni che la vicinanza con il corpo dell’altro provocavano, a ricordare che erano reali ed erano vivi. Erano troppo occupati a tenersi la mano dolcemente, come fosse una tacita dichiarazione d’amore che mai sarebbe stata espressa a parole.
Quegli ultimi tre mesi che erano stati loro concessi furono i più intensi in quattro anni che si conoscevano. Poche furono le parole che si scambiarono, tanti gli abbracci.
Non parlavano mai del trasferimento di Jungkook perché sapevano entrambi che avrebbe fatto solo più male.
Vissero la loro complicata, ma al tempo stesso incredibilmente semplice, relazione giorno dopo giorno, istante dopo istante, carezza dopo carezza.
Sperando e pregando un qualche dio sconosciuto di fermare il tempo, per permettere loro di rimanere l’uno accanto all’altro, di supportarsi a vicenda, di aiutarsi a vicenda e di amarsi a vicenda.
In quei tre mesi Yoongi e Jungkook crearono il loro piccolo mondo nel quale non vi era alcuna preoccupazione. Un mondo in cui vi erano solo loro due e nessun’altro, in cui non potevano entrare i problemi di Yoongi o l’ormai imminente partenza di Jungkook. Una loro piccola bolla che li confortava giorno dopo giorno. Una bolla illusoria ma di cui non avrebbe potuto fare a meno.
 
Quando Jungkook se ne andò, Yoongi si spezzò.
Il ragazzo sentì distintamente il suo cuore rompersi in mille pezzi e solo in quel momento si permise di crollare, di piangere e di disperarsi.
In quella strada deserta, nella quale fino a qualche istante fa aveva abbracciato Jungkook, Yoongi si lasciò cadere a terra sconfitto e pianse su quell’asfalto grigio e freddo.
Girovagò per le strade della città per tutto il pomeriggio, perso nei ricordi di lui e Jungkook, tentando di ricordare il calore della mano del più piccolo, il suo sorriso che lasciava intravedere i denti davanti. A Yoongi già mancava, non era passato neppure un giorno ma gli mancava tremendamente e la consapevolezza che non lo avrebbe più rivisto lo stava mangiando vivo.
Aveva sempre immaginato di crescere con lui, di vederlo crescere e diventare un uomo forte e coraggioso ed invece era stato privato pure di quell’unico desiderio.
E dio, se Yoongi amava Jungkook.
Lo amava con tutta la sua anima, con ogni fibra del suo corpo e ingenuamente aveva pensato che quando fosse cresciuto abbastanza glielo avrebbe detto, senza paura o alcun timore. Perché nonostante tutti i pregiudizi, erano due ragazzi forti e fintanto sarebbero stati l’uno la forza dell’altro, Yoongi avrebbe superato qualsiasi ostacolo o malelingue.
Ma forse Yoongi era destinato a stare da solo dal momento che l’universo lo aveva separato dall’unica persona che lo avesse mai amato e che considerava essere la sua anima gemella.
Quella sera, quando rientrò nella sua piccola e buia casa e vide il padre con una lattina di birra in mano piazzato davanti alla televisione, Yoongi giurò a se stesso che se ne sarebbe andato da quel posto tossico.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per non rientrare in quella casa mai più, anche se avesse dovuto lavorare giorno e notte.
E così fece. Quando ancora andava a scuola, Yoongi trovò un lavoro notturno che pagava bene, ripagandolo di tutta la fatica. E quando finì le superiori, un anno dopo, Yoongi cominciò a lavorare ogni giorno, instancabilmente, con un solo obiettivo nella testa, quello di andarsene e trovare un po’ di pace.
E quando, 3 anni dopo , Yoongi, contando tutto ciò che aveva guadagnato, si rese conto di avere finalmente i soldi per andarsene e poter affittare un pidocchioso appartamento, non si vergognò di scoppiare a piangere, per la prima volta quelle a rigargli il volto erano lacrime di felicità, per la prima volta, da quando Jungkook se n’era andato, Yoongi provava pura felicità e sollievo.
 
Seoul, 2003

Yoongi uscì dal locale in cui lavorava e prese a camminare per le strade buie di Seoul a passo svelto, nel tentativo di scacciare il freddo che tentava di insinuarsi fin sotto le sue ossa.
Il suo telefonino vibrò ed il ragazzo lo tirò fuori dalla sua tasca riuscendo a malapena a digitare i tasti a causa delle sue dita intorpidite per il freddo.
“Hai deciso dove festeggiare i tuoi 25 anni? : -)” diceva il messaggio ricevuto da Hoseok, un suo collega di lavoro nonché amico da quando si era trasferito nella capitale.
Yoongi rispose velocemente al messaggio, sottolineando che non voleva festeggiare alcun compleanno, come ormai ripeteva da giorni all’amico che sembrava invece fin troppo emozionato per la cosa.
Con lo sguardo occupato ad osservare lo schermo del telefonino, Yoongi non si accorse di essere andato a sbattere contro due uomini che non parvero apprezzare il gesto.
Yoongi si scusò rapidamente e riprese a camminare ma uno dei due uomini lo prese per il cappuccio del giaccone, facendogli perdere l’equilibrio e per poco cadere a terra.
“Dovremmo dargli una lezione, non pensi?” chiese uno dei due uomini rivolto all’altro.
Quella frase riportò alla mente di Yoongi il suo passato con la forza di un uragano, come se si trovasse nel peggiore dei suoi incubi.
I pugni ed i calci che per anni aveva subito in silenzio, l’asfalto ardente sul quale erra precipitato ogni giorno e sul quale erano stati sparpagliati tutti i suoi quaderni di scuola.
Le parole che erano state urlate in modo sprezzante dai suoi aguzzini.
debole”, “femminuccia”, “cagasotto” e tutto ciò che Yoongi si era dovuto sentir dire per anni in quella schifosa cittadina.
E Yoongi, ancora una volta si rese conto di essere un debole. Perché nonostante ora fosse adulto e vaccinato, comunque non poteva e non voleva fare nulla contro i due uomini che minacciosi si stavano avvicinando. Perché non sapeva difendersi, perché aveva paura di difendersi, perché non era capace.
E allora Yoongi chiuse gli occhi, abbandonandosi al suo triste destino e lasciò i due uomini sfogarsi su di lui, senza alcuna pietà per un povero ragazzo indifeso la cui unica colpa era stata quella di non guardare dove camminava.
Yoongi ad un certo punto non sentì più nessun pugno arrivare e sperò se ne fossero andati, sperò si fossero stancati di usarlo come sacco da box. Aprì con titubanza i suoi occhi e la scena che gli si parò di fronte gli fece spalancare la sua bocca.
Un ragazzo stava lottando contro i due uomini per difenderlo e sembrava se la stesse anche cavando bene per essere solo.
Aveva i capelli neri che gli ricadevano sulla fronte e due grossi occhi castani che emanavano sicurezza e calore. Era molto alto e le sue lunghe e magre gambe lanciavano calci precisi e energici contro i due uomini.
Quel ragazzo aveva un non so che di familiare per Yoongi, non sapeva dire se fosse per gli occhi profondi e che sembravano celare una costellazione di emozioni oppure per il sorriso che pareva ricordare un coniglietto, che fece non appena finì di occuparsi dei due aguzzini.
Una lampadina si accese ma Yoongi scosse la testa perché era chiaramente e matematicamente impossibile potesse trattarsi di lui.
Perché erano ormai passati otto anni e le probabilità di incrociarlo in una città grande e popolata come Seoul erano pressoché nulle.
Eppure i tratti del suo volto erano esattamente quelli solo più maturi ed adulti, i suoi occhi erano inconfondibilmente i suoi e le mosse che aveva usato per mettere al tappeto i due uomini sembravano proprio quelle di taekwondo.
Il giovane ragazzo si volse in sua direzione e gli sorrise malandrino.
Te lo avevo detto che sarei stato in grado di proteggerti un giorno.” Gli disse e quella fu l’ultima conferma che servì ad Yoongi.
Quello di fronte a lui era proprio Jungkook, il suo bellissimo Jungkook che per anni aveva amato e mai dimenticato. Il Jungkook che invece di aver paura di lui, invece di provare disgusto per lui, fin dal primo giorno lo aveva aiutato a rialzarsi da terra e gli aveva donato il coraggio per prendere in mano la sua vita.
Yoongi cominciò a camminare verso di lui, sempre più velocemente, sempre più smanioso di riaverlo accanto, di poterlo toccare nuovamente, e quando si ritrovò di fronte al più giovane, lo abbracciò con forza, appigliandosi alle sue spalle come se fossero la sua unica ancora, come se fossero il salvagente che non gli avrebbe permesso di annegare nell’oscurità.
Affondò il viso nell’incavo tra il collo e le spalle e lo abbracciò per quella che parve un’eternità, respirando il suo odore e facendosi cullare dal battito del suo cuore.
Jungkook poi sciolse l’abbraccio ma invece di staccarsi da lui, prese il volto di Yoongi tra le mani e senza alcun tentennamento lo baciò, come aveva desiderato fare da molti anni.
Lo baciò nel modo più delicato in cui riuscì, carezzandogli la guancia e a Yoongi parve di ricominciare a respirare solo in quel momento. A Yoongi parve di aver vissuto una vita in apnea solo in attesa di quel momento.
Jungkook approfondì il bacio e cercò di trasmettere in quel gesto tutto quello che avrebbe voluto dire a Yoongi, tutto quello che provava per Yoongi.
Starò sempre al tuo fianco.” Pensò Jungkook in quel momento, ma non ebbe bisogno di dirlo ad alta voce, perché Yoongi sapeva.
Aveva sempre saputo.








Angolo Autrice!
Ehilà, sono tornata con una nuova fanfiction e anche con una nuova coppia!
Ormai mi sono rassegnata al fatto che pian piano me le girerò tutte fino a quando non avrò scritto di (quasi) ogni pairing esistente nei bts lol
La storia, che spero tanto vi sia piaciuta, l'ho scritta ispirandomi ad una fanart di MlemonQ (che potete trovare su Twitter o Tumblr) e che come potete vedere si rifà all'episodio del Run in cui erano tutti vestiti in stile anni 80/90.

 
  
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