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Autore: nikita82roma    18/03/2018    5 recensioni
Un momento dopo la fine della 5x21 “Il piccione e la quaglia”. La storia è pensata tenendo conto quella che doveva essere la messa in onda originale, con la puntata “Still” prima di questa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Partner in Crime. Partner in Life'
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L’aveva seguito nella sua stanza ed aveva ragione lui, le era piaciuto. Era facile, però, le piaceva sempre, fin dalla prima volta, era sempre stato diverso da tutti gli altri, era sempre stato totale, perché lui sapeva come toccarla, sapeva esattamente quale parte del suo corpo sfiorare per ottenere la giusta reazione, come creare un puzzle di emozioni che componeva il suo piacere supremo, tassello dopo tassello.

Era bravo a farle perdere la testa o forse con lui era lei ad essere semplicemente non in grado di resistere, per qualche strana alchimia che non sapeva spiegare. Quello che c’era tra loro, in effetti, faceva fatica a comprenderlo ed era tanto bello quanto difficile da gestire.

Doveva vivere, semplicemente, forse solo quello, ma non era facile. 

Si era lasciata andare, si era convinta a rompere il suo muro e a lasciarsi trasportare da lui, con lui. Forse era la cosa più folle che avesse mai fatto ed anche quella che la faceva sentire più viva. Era tanto, a volte pensava fosse anche troppo per essere qualcosa che non sapeva cosa fosse o dove li stesse portando. Non se lo era mai chiesta seriamente fino a pochi giorni prima, poi qualcosa era cambiato, era stato come sorvolare loro stessi con un volo raso e vedersi dall’alto e la sua razionalità, annebbiata da lui e dalla sua vicinanza, le aveva dato nuove risposte. Anzi nuove domande.

Glielo aveva chiesto dove stessero andando e lui aveva risposto con una battuta, evitando la domanda, o forse, cosa che temeva di più, lui non aveva proprio capito quanto fosse seria. Così andarono in camera da letto e lì si ripetè quello che era il solito, splendido copione, che quella volta aveva solo un inizio un po’ diverso, tra essenze che servivano per risvegliare ancora di più i sensi, profumi inebrianti e le sue mani calde che scivolavano sul suo corpo nudo: schiena, glutei, gambe, lui non tralasciava un singolo centimetro di pelle. La toccava, la accarezzava, la faceva sua con le mani e le dita che la rivendicavano più di quanto non avrebbe mai potuto fare a parole e lei si sentiva sua, totalmente. Inebriata da lui pensava che in fondo quei dubbi erano stupidi, mente le mani oleose passavano forti sulle scapole e poi stringevano le spalle andando a toccare proprio quei punti dove i dubbi si annidavano e provava a scioglierli come aveva sempre fatto, con la sua fisicità alla quale non sapeva resistere, creta sotto le sue mani. 

Quando per qualche istante si staccava per spargere altro olio sentiva già che le mancava il suo tocco e quelle gocce che scendevano tra i glutei le provocarono un brivido sapendo che erano solo il preludio delle sue mani che arrivarono proprio come lei si aspettava, eccitandola al punto di farle dimenticare tutte le domande e anche le risposte.

Era quello il problema, se così si poteva chiamare. Lui le faceva perdere ogni briciolo di razionalità ed era certa che lo sapesse, con quel sorriso beffardo che si disegnava sul suo volto conscio del piacere che sarebbe arrivato per entrambi, compiaciuto di vederla così presa da lui, arrendevole alle sue più intime attenzioni che la sfregavano lì dove già il suo piacere diventava umido. 

Lasciò che i sensi ebbero la meglio, che la voglia di lui prendesse il sopravvento su tutto il resto e poi si voltò cercando le sue labbra per un bacio lungo, intenso e bagnato mentre le mani di lui continuavano a peregrinare sul corpo di lei, saggiando i seni e sfiorando i capezzoli testimoni della voglia di lei.

Si sciolse al suo cospetto, si sentì indifesa e senza bisogno di difendersi da qualcosa di così travolgente e totale, qualcuno come lui, anzi lui e si sentiva stupida ad avere dubbi, paure, indecisioni. Lo aveva sempre aspettato uno così anche se non aveva mai voluto dirselo ed era proprio quello il suo problema. Era come lui la guardava, come la toccava, come la voleva esigente, come pronunciava il suo nome facendola sentire come la donna più desiderata del mondo, come se non ci fosse nulla in lei che lui non amasse.

Non resistette oltre e lo tirò a sé, impaziente di sentirlo scivolare nel suo profondo, impaziente di lui.

La fece sentire donna e amante, la riempì di sè e del suo essere uomo totalmente dedito a lei. Sarebbe bastato questo con chiunque, con lui no. La paura di perderlo, di qualcosa che potesse allontanarlo, di non essere abbastanza la trascinava in un’ansia morbosa appena il picco del piacere scemava e la ragione tornava prepotente scalzando il resto. 

Si addormentò a fatica contro il calore della sua pelle per poi svegliarsi all’improvviso e sentire il cuore che quasi le sfondava il petto. Lui nella dormiveglia se ne accorse e la strinse di più facendola aderire perfettamente alle curve del proprio corpo. La calmò solo fin quando nel sonno non sciolse l’abbraccio, voltandosi dall’altra parte.

Decise di alzarsi, sicura che non avrebbe più dormito quella notte e i dubbi e le paure erano tornati i suoi compagni odiati.

Nello studio ancora quei cavi spezzati di quell’inutile gesto simbolico. Perché non capiva che non aveva bisogno di questo? Che aveva bisogno di cose normali, di prospettive, di progetti, di futuro. 

Nella sua mente le parole di Meredith tornavano prepotenti e subdole insinuandosi nelle pieghe della sua fragilità.

Non poteva permettersi di essere solo un gioco e non aveva ancora capito cosa era per lui.

L’amava, certo, lo sapeva, lo sentiva. Ma poi? Bastava quello? Cosa era quell’amore, dove li avrebbe portati? Si diceva che non doveva avere dubbi su un uomo che aveva deciso di rimanere con lei correndo il rischio di saltare in aria su una bomba. Ma lo conosceva, sapeva delle sue follie. Non era la prima volta che faceva cose totalmente pazze con lei, per lei. Si sarebbe preso un proiettile per lei, sarebbe morto congelato, affogato, con una bomba sporca, sbranato da una tigre. Lui era perfetto in tutte le situazioni straordinarie, era incredibilmente incosciente e fortunato. Era un bambino che vedeva tutto come un gioco, come un maledetto gioco, ma lei non lo era, ecco il punto. Perché dei giochi ci si stanca, si cambiano, e lei come avrebbe fatto poi? Sarebbe riuscita a raccogliere i suoi pezzi ed uscirne fuori? Voleva qualcosa di più da lui, voleva la normalità, voleva sapere cosa erano e che riuscissero andare oltre la camera da letto. Voleva che lui volesse fare un percorso con lei, voleva camminare tenendogli la mano e non dover sempre correre verso qualcosa di eccezionale, voleva le piccole cose.

Non voleva un soufflé perfetto con il rischio che si sgonfiasse, voleva la sicurezza di una fetta di torta fatta in casa insieme a quella tazza di caffè che le portava tutti i giorni.

Ma lui non era uno normale, non era un uomo da normalità ed il problema era forse solo quello, che tutto era troppo lontano da quello che avrebbe voluto, da quello che potevano essere.

Lui dormiva, aveva già preso tutto il letto vuoto, ignaro dei dubbi e delle paure di lei che sulla soglia della porta lo guardava mordendosi il labbro.

Dove stavano andando? Lo avrebbe seguito ovunque se lui avesse voluto, ma temeva che non si volesse allontanare di un passo. Era tutto così difficile.

 

 

 

 

   
 
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