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Autore: MagikaMemy    01/07/2009    7 recensioni
“Rox…ti ringrazio per il pensiero…ma al momento non ho bisogno dell’ombrello.” Roxas, ancora in piedi accanto alla porta, sogghignò scaltramente. “Oh, io dico di sì.” -Lievi accenni al RiSo e all'AkuRoku
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Roxas, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Like the sun

“Piove.”

Roxas, tutto preso dalla sua partita a Tekken, nemmeno notò lo sguardo malinconico di suo fratello.

Per lui, Sora che guardava languidamente fuori dalla finestra, preso da chissà quali pensieri, era una cosa normale; non come per gli altri, che se lo avessero visto in questo momento avrebbero pensato che era praticamente impazzito.

Sora era così: semre pronto a ridere, a scherzare, a fare il deficiente in ogni momento della giornata.

Se qualcuno dei suoi amici lo avese accoltellato per sbaglio, lui si sarebbe guardato il petto grondante di sangue e, con le ultme forze rimastogli, gli avrebbe dato una pacca sulla spalla dicendo “Ehy, sono cose che capitano. Ti lascio la mia collezione di tankobon di Sayiuki, ok?” e sarebbe morto con un sorrriso sulle labbra.

Lui, invece, era diverso.

Era una di quelle tipiche persone che avevano bisogno solo di una PSP e la collezione di Death Note per essere felice.

Non aveva mai sentito il…bisogno ardente di amici di cui necessitava suo fratello.

Sora era un libro aperto, di quelli facili, per bambini, pieni di figure colorate e parole semplici.

Ma paragonare Roxas a un dizionario di greco sarebbe stato un complimento: la sua introversione verso qualsiasi essere umano lo rendeva meno simpatico di un tizio che si diverte a picchiare la gente con una mazza da baseball.

Forse Axel era stato l’unico e il primo a cercare di capirlo davvero, a volerlo capire davvero.

E forse…beh, forse era questo il motivo per cui gli piaceva tanto.

Ormai stavano insieme da parecchio –precisamente, tre anni, una settimana, otto ore e ventiquattro secondi…venticinque…ventisei…

Oh, beh, ad ogni modo, si frequentavano da abbastanza tempo per poter afferrmare di conoscersi come fossero stati gemelli.

Certo, Axel era completamente diverso da lui.

Prima di tutto aveva vent’anni, e il fatto che fosse tanto più grande di lui agitava non poco sua madre, che gli vietava categoricamente di portarlo a casa perché ‘era un tipo pericoloso’.

Secondo, adorava essere al centro dell’attenzione.

Sul serio, sarebbe stato capace di andare in un Gay Village, salire su un albero, coprirsi di lucine natalizie intermittenti, spogliarsi, gettare anche le mutande a terra e gridare con un megafono “Non siate invidiosi, non è colpa mia se sono bello come un dio!”

Roxas, perdendosi in quell’assurda fantasia, rabbrividì visibilmente, un po’ per gelosia, un po’ perché…era un’immagine troppo imbarazzante per pensare che un giorno sarebbe potuta diventare realtà.

Tese l’orecchio verso il frattello, abbandonato sul davanzale con l’I-pod nelle orecchie, ma non sentì alcun suono, ad eccezione della musica spaccatimpani sparata in quelle dannate cuffiette a tutto volume.

Alzò gli occhi al cielo.

…e va bene, era arirvato il momento di fare il bravo fratello e andare a parlargli.

Mise in pausa il gioco, afferrò dalla tasca il pacchetto di sigarette e si sedette accanto a Sora, le gambe a penzoloni sporte dal davanzale.

Fuori, le gocce di pioggia si frantumavano sull’asfalto, coprendo di uno strato più scuro strade, alberi e tetti.

Roxas osservò il viso di Sora preso dalla contemplazione della pioggia che si infragneva contro il vetro, e accesa una sigaretta gli porse il pacchetto.

Sora, tornando per un momento alla realtà, sbattè forte le palpebre; non era abituato a vedere Roxas fumare.

Cioè, sapeva che ormai lo faceva da qualche mese, ma aveva fumato davanti a lui in pochissime occasioni.

E pensare che era anche più piccolo.

Lui non era abituato a fumare, ma a forza di vedere Riku con la sigaretta tra le labbra qualche volta si era fatto un paio di tiri.

Ma mai una cicca intera.

Roxas restò lì impalato, fino a quando Sora non estrasse una sigaretta, tenendola impacciatamente tra le dita come se fosse stata una farfalla.

Il ragazzo sorrise e gli offrì l’accendino.

Non si stupì quando vide che Sora era riuscito ad accenderla da solo; immaginava che lo avesse fatto già due o tre volte, dato che era sempre con Riku.

…già. Riku.

Ora che ci pensava, non lo vedeva in giro per casa da parecchio.

“Ehy, So…che fine ha fatto Riku?”

La domanda gli era uscita senza cattiveria, per pura curiosità, ma la reazione di Sora gli fece immaginare che avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa.

Suo fratello ebbe un sobbalzo degno di una rana quando sentì quel nome, e Roxas avrebbe potuto giurare di vederlo tingersi di rosso in un solo secondo.

Sora resse il suo sguardo indagatore per non più di un istante, dopodichè fece un tiro, nervoso, e tornò a guardare fuori della finestra.

“Io non..non ne ho idea.”

Un altro tiro.

Roxas pensò che quella sigaretta sarebbe finita in dieci secondi, se avesse continuato con quel ritmo.

Gli tolse una cuffia con forza esagerata, costringendolo a voltarsi e a dargli tutta la sua attenzione.

C’era qualcosa che non quadrava.

Sora lo guardava mortificato, pregandolo con le iridi azzurre di non fargli più domande.

Ma la determinazione era uno dei pochi pregi di cui Roxas poteva vantarsi, e su questo non c’era il minimo dubbio.

“So, che è sucesso con lui? Avete litigato?”

Sora tacque per un istante, stringendo la sigaretta con le dita.

Poi sospirò, un sospiro lungo e pieno di tristezza.

“Sono un’idiota, Ro.”

Roxas stava per chiedergli di spiegarsi meglio, ma scoprì da solo che non ce n’era bisogno; Sora iniziò a parlare –con insolita calma, tra l’altro- e diede il via ad un lungo monologo che a Roxas sembrò durare ore.

Gli raccontò tutto quello che per mesi, Roxas avrebbe scoperto, gli aveva tenuto nascosto.

Venne a sapere che Riku gli si era dichiarato parecchio tempo prima, ed era praticamente scappato prima ancora che Sora potesse rendersi conto di quello che era successo.

Scoprì che suo fratello lo aveva evitato per giorni, e proprio quando aveva cominciato a riavvicinarsi era stato Riku ad allontanarsi da lui.

Poi quell’idiota e Kairi si erano baciati davanti a tutti, in classe, e Sora era stato costretto a sopportare le risatine di Selphie che continuava a punzecchiarlo con “Lo sapevi, Socchan? Lo sapevi che si sono messi insieme? Eh, Socchan?”

Sora continuava a parlare senza neanche riprendere fiato, e il fratello più di una volta temette di vederlo collassare lì davanti.

Dopo mezz’ora, finalmente, Sora si bloccò, più che altro perché ormai doveva esserglisi seccata la lingua.

Gettò un altro rapido sguardo alla finestra, che aveva totalmente ignorato lasciando spazio al suo discorso, poi scosse la testa e guardò Roxas negli occhi.

“Cosa devo fare, Rox? Tu come hai fatto a metterti con Axel?”

Roxas sorresse a lungo quegli occhi, così simili ai suoi, ma brillanti di una luce completamente diversa dalla sua.

Una luce che per lui non sarebbe mai stata così accesa e vibrante.

Una luce piena di cocciuta ingenuità.

La stessa ingenuità che, lo sapeva fin troppo bene, Sora non sarebbe mai riuscito a perdere, anche se avesse dovuto vivere chissà quali brutte esperienze.

Sarebbe sempre stato il Sora che non piange davanti agli amici solo per non spaventarli.

Il Sora che quando gira per strada e tu sei senza ombrello ti dà il suo, affermando che la pioggia gli piace.

Il Sora che, se è rimasta una sola gomma da masticare, la divide in due direttamente con i denti e te ne offre la metà.

“…Sora…”iniziò lui, senza neanche sapere bene come esprimere il concetto che gli frullava in testa “…non è così semplice. Ognuno ha un modo diverso per esprimere le proprie emozioni. Certo” ammise d’un tratto, e ricordando quel momento del suo passato –forse l’unico che anche in futuro avrebbe sempre conservato-gli venne da sorridere “nel mio caso è stato facile, perché Axel ha preso l’iniziativa per tutti e due. Sai com’è fatto.”

Sora si limitò ad annuire, osservando la sua sigaretta spenta che giaceva nel posacenere in porcellana.

“…Sora…tu hai pensato a quello che ti ha detto Riku?”

Il fratello inarcò un sopracciglio, visibilmente confuso, e Roxas si prese la premura di spiegarsi meglio, di modo che anche quel decerebrato capisse ciò che stava cercando di dirgli.

“Hai pensato a cosa provi per lui?” disse esplicitamente, mentre la pioggia aumentava e continuava a tamburellare sul vetro, imperterrita.

Il viso di Sora fu illuminato per un istante da un tuono, ma lui era così preso dal forumlare una risposta che sembrò a malapena accorgersene.

Poi sussurrò qualcosa, eRoxas dovette pregarlo per minuti interi affinchè alzasse la voce, di modo che potesse sentirlo.

“Lui…io…credo che mi piaccia, Ro. Voglio dire…non è che mi piace poco…mi sa che mi è sempre piaciuto. Un po’.”

Aveva il volto coperto dalle mani, ma il suo imbarazzo si poteva palpare nell’aria del salotto.

Roxas rimase in silenzio per un attimo, senza sapere cosa fare.

Poi, senza dire una parola né fare qualcosa che potesse risvegliare il fratello dallo stato di trance in cui era caduto, si alzò e si diresse con passo svelto verso il corridoio.

Ne tornò un attimo dopo, impugnando stretto un oggetto che lanciò a Sora, colpendolo in piena etsta.

“Ahio!”

Sora, le lacrimucce che inumidivano gli occhioni azzurro mare, si massaggiò il capo, tastandosi i capelli ingelatinati, e vide tra le sue mani ciò che lo aveva colpito.

“Rox…ti ringrazio per il pensiero…ma al momento non ho bisogno dell’ombrello.”

Roxas, ancora in piedi accanto alla porta, sogghignò scaltramente.

“Oh, io dico di sì.”

Sora sembrò studiarlo per un attimo, forse sperando di riuscire a leggerli nel cervello e capire cosaaveva in mente; ma a quanto pare non serì a molto.

Continuava a spostare il suo sguardo dal fratello all’ombrello, e viceversa, facendosi solo venire un gran mal di testa.

Roxas sospirò ancora, poi si disse che poteva dargli un ultimo suggerimento.

Sora, lo sapeva benissimo, sarebbe stato capace di restare lì per tutto il giorno.

“…Riku oggi è rimasto a casa dagli allenamenti per la pioggia.”

Fece una breve pausa, e Sora lo guardava tra lo spaventato e lo smarrito.

Ma una consapevolezza fino ad allora sconosiuta gli si fece largo nel petto, raggiungendo lentamente il cervello.

E allora capì.

Si tirò in piedi, afferrò l’ombrello e corse fuori della stanza, sorpassando il fratello.

Roxas lo sentì che cercava le scarpe davanti all’ingresso, e sorrise tra sé e sé.

Si buttò sul divano, preso dalla curiosità.

Chissà se Sora aveva capito davvero…

“Rox…io esco.”

Si era affacciato sul salotto, stirando il collo, e Roxas notò le scarpe da ginnastica ai piedi e la sciarpa ben annodata al collo, quella che gli aveva regalato Kairi per lo scorso Natale.

“D’accordo” disse solamente.

Sora abbassò lo sguardo per un attimo, e a Roxas per un istante sembrò che dovesse dirgli qualcosa.

Ma Sora non disse nulla; gli sorrise e, correndo, si chiuse la porta di casa alle spalle.

Roxas si affrettò ad andare alla finestra, sedendocisi sopra con una fretta insolita per uno che, come lui, era abituato a fare tutto con molta, moltissima calma.

Gaurdò giù in strada, cercando di vedere oltre le gocce fastidiose che infradiciavano il vetro.

La sagoma dell’ombrello verde di suo fratello spuntò dal portone, tremante come una foglia.

Ma Sora attraversò il vialetto senza fermarsi neanche una volta, e quando svoltò l’angolo Roxas non potè far a meno di mettersi a ridere.

Si accesse un’altra sigaretta, restando a fissare l’acquazzone che, ora, stava lentamente diminuendo di intensità.

Tra poco, pensò, il cielo sarebbe tornato azzurro.

Azzurro come i suoi occhi, e come quelli di Sora.

…già.

Sora.

Suo fratello.

Quel tipetto tutto merendine e cartoni animati che sembrava vivere in un mondo di sogni.

Un mondo dove tutti sono felici, dove non esistono guerre e violenze.

Dove l’amor eè l’unica cosa che onta davvero.

Roxas pensò che prima o poi avrebbe dovuto spiegargli un po’ di cose.

Avrebbe dovuto dirgli che la vita non va semrpe come vorremmo noi.

Che non tutti possono essere felici ventiquattro ore su ventiquattro; che proprio mentre lui mangia, seduto al tavolo della loro cucina, un bambino dall’altra parte del mondo sta morendo di fame.

Diede un altro tiro di sigaretta, e l’occhio gli cadde su una striscia azzurra di cielo lasciata libera dalle nuvole.

Stava tornando il sole, finalmente.

E lui non potè fare a meno di sentirsi un po’ come quella pioggia; intrappolato in un limbo perenne, che và e viene, senza mai torvare una postazione precisa.

Ma il sole…il sole era come Sora, come ciò che suo fratello rappresentava.

Era sempre lì, in alto; che fosse in bella vista o oscurato dalle nubi, lui era là, pronto ad illuminare per un attimo anche il più buio dei pomeriggi.

E Roxas pensò che, per parlare con Sora, c’era ancora tanto, tantissimo tempo.

La Tana dell’Autrice:

Solo io posso scrivere e pubblicare cinque pagine di one-shot all’una di notte XD

Ad ogni modo, eccovi qui una nuova storia, fresca fresca di giornata (o meglio, di nottata).

I protagonisti stavolta sono Sora e Roxas…quest’ultimo, in modo particolare, è stato difficile da gestire.

Voglio dire, volevo farlo come il maggiore, ma il pensiero che fosse lui a prendersi cura di Sora nonostante fosse più piccolo mi ha fatto abbandonare i miei ideali.

Per una volta, Axel non c’entra un cavolo XD o meglio, non direttamente.

Beh, fatemi spaere che ne pensate!

Grazie per aver letto, e a presto

*MagikaMemy*

p.s. PICCOLO AVVISO: non mi sono dimenticata di Summer Time, quindi state tranquilli e pazientate . Com’è che dicono le ditte di elettrodomestici? Aaaah, sì…’stiamo lavorando per voi’! XD Aspettate ancora un po’ please ^^

   
 
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