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Autore: nikita82roma    20/03/2018    10 recensioni
Una libreria, un incontro casuale o forse no. Un gioco del destino o forse no.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Partner in Crime. Partner in Life'
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Le piacevano le librerie. Perdersi tra gli scaffali passare con le dita i dorsi dei libri, osservare le copertine lasciandosi trasportare da quelle più evocative, immaginando una storia dal titolo, ancor prima di leggere il piccolo riassunto che spesso, più che invogliarla, distruggeva le sue idee e le faceva posare quel volume che invece l’aveva attirata per una grafica che sembrava decisamente migliore della trama. Mai giudicare un libro dalla copertina in certi casi era molto più di in detto, era una verità assoluta, aveva avuto modo di sperimentarlo nel tempo, coinvolta in storie più o meno sbagliate con uomini che sembravano perfetti ed erano risultati solo una grande delusione. Sorrise poggiando l’ennesimo libro sulla pila di quelli precedenti, forse avrebbe dovuto trovare l’uomo sbagliato, il più sbagliato per lei e sarebbe stato quello perfetto. 

Era appena uscito il nuovo libro del suo scrittore preferito, e non poteva non notarlo: una intera vetrina era piena delle sue copie, di una sua sagoma ad altezza naturale con il sorriso ammiccante e di una gigantografia della copertina, non si poteva dire che non stavano facendo una promozione in grande stile, del resto era uno degli scrittori più popolari ed amati del paese, con quel suo fare da guascone che conquistava donne di tutte le età avvicinandole a quel genere non propriamente tipico di un pubblico femminile. Doveva ancora capire se lo leggevano per la storia o per lui. Se lo era chiesta anche quando tempo prima, in fila per farsi firmare una copia del suo libro, per vederlo da vicino, osservava le altre persone che con lei attendevano il proprio turno. Non era arrivata ad una vera conclusione, se non che tutte le donne presenti non gli staccavano gli occhi di dosso, lasciandosi andare a commenti poco casti e risatine imbarazzate. Odiava pensare che lui la potesse ritenere una come quelle.

Era andata in libreria proprio per quel nuovo libro, ma aveva deciso prima di prendere la sua copia come di consueto da anni ormai, di lasciarsi ispirare da qualcosa di diverso, per questo vagava tra gli alti scaffali alla ricerca di qualcosa che la catturasse, per concedersi ogni tanto una lettura senza assassini e serial killer.

Gli occhi verdi di un gatto nero in copertina l’attirarono prepotentemente. Prese in mano il volume per leggerne la trama ma non fece in tempo.

”Sei pronta a fare un viaggio visionario e a perderti in un sogno?“

Rimase immobile con la mano sul libro. Quella voce la rapì. Non era certa che parlasse a lei, ma volle sperare di sì.

“Dici a me?” Si voltò per vedere lo sconosciuto accorgendosi che sconosciuto non era, anche se era diverso, non aveva una smorfia beffarda ad increspargli le labbra, ma un sorriso appena accennato che sarebbe bastato ad ipnotizzarla se quegli occhi blu non fossero stati ancora più brillanti del solito.

“È bello quel libro. Due vite che scorrono parallele, non si incrociano ma si influenzano a loro modo. Penso che ad una come te piacerà.” La voce di lui era calda e profonda, accarezzava le parole che uscivano dalla sua bocca come se volessero portarla direttamente in quel mondo onirico che il libro prometteva.

“Cosa ne sai di una come me?”

“Non lo so. Immagino. È il mio lavoro. Però mi piacerebbe saperne di più.”

Era intraprendente e non la sorprese, se lo aspettava proprio così, anche se non pensava che leggesse quel tipo di libri. Eppure era uno scrittore, doveva immaginare che leggesse un po’ di tutto. Osservò anche l’altro volume che aveva in mano, lo prese sfilandoglielo via.

“Hai già letto qualcosa di questa autrice?”

“No.”

“Mmm allora aspetta...” si allontanò di qualche passo portando via con se quel libro che lei aveva scelto con cura, sparendo dietro uno scaffale e tornando poco dopo con un altro libro che lei non aveva proprio considerato. 

“Dovresti cominciare da questo, allora.”

“È più bello?” Chiese curiosa.

“È quello giusto per cominciare.” Rispose lui.

“Di cosa parla?” Gli domandò prendendolo senza posare nemmeno gli occhi sulla copertina, calamitata dallo sguardo dello scrittore.

“Di un incontro casuale e di come ti cambia la vita.”

“Sembra interessante”

“Lo è.”

“L’incontro casuale o il libro?”

“Entrambi.”

Era stata più audace di quanto potesse immaginare e lui le aveva risposto gentile e misterioso. Sapevano entrambi che parlavano di altro senza dirselo. Lei appoggiava lo sguardo alternandolo sugli occhi e sulle labbra di lui e finì per mordere il proprio senza pensarci. Lui le sorrise, con uno di quei sorrisi da retro copertina. Forse pensava che lei lo stesse provocando e inconsciamente era così.

Non riuscì a rispondergli più, si avvicinò alla cassa per pagare sentendosi seguita con lo sguardo, lo sentiva su di sè pesante e impertinente, ma quando si voltò lui era molto più vicino di quanto pensasse.

“Dimentichi questo” Le disse sicuro di sè porgendole l’ultima copia del suo libro.

“Come mai pensi che mi possa interessare il tuo libro?” Gli domandò non volendo dargliela vinta.

“Perché prima ti sei fermata, lo hai preso senza nemmeno leggere la trama e poi lo hai posato prima di andare tra gli scaffali. Conoscevi il libro e lo volevi, ma prima volevi vedere altro. Immagino ti fossi dimenticata.” Le spiegò con logica e naturalezza, come se stesse rimarcando l’ovvio. “Ma lascia che te lo regali io”.

Lo scrittore fece per pagare il suo stesso libro, ma lei lo fermò. Non voleva regali. Comprare quel libro era un suo rituale, da rispettare.

“Non c’è bisogno” Rispose fin troppo brusca togliendoglielo dalle mani e passandolo alla cassiera prima di pagare tutto con la carta di credito.

“Posso almeno firmarlo?” Le chiese divertito dopo aver fatto un autografo alla cassiera che assisteva alla scena incantata da lui, come ogni donna, pensò lei mordendosi ancora il labbro, facendolo sorridere mentre scriveva qualcosa nel frontespizio del libro senza che lei potesse vedere.

“Non leggerlo ora” Si raccomandò e lei annuì.

Uscirono insieme dalla libreria, mente lui dispensava sorrisi e saluti ad ogni essere di genere femminile che incrociava. Le si avvicinò di più sul marciapiede, fin quasi a prenderla sottobraccio.

“Un caffè?” Le chiese osando di più.

“Con te?”

“Potremmo anche andare in una caffettiera, tu ad un tavolo, io ad un altro a guardarci da lontano...”

“Oppure?”

“Oppure potremmo sederci vicini parlare del più e del meno, conoscerci meglio...”

“Fai così con tutte le donne che conosci?”

“Solo con quelle che mi interessano.”

“Lo devo prendere come un complimento?”

“Lo era”

 

Il tavolino della caffetteria era piccolo. Loro erano vicini, stretti nei loro capotti di inizio inverno nonostante il caldo dell’interno del locale e della situazione.

In realtà non parlarono molto, molto meno di quanto avrebbero voluto e avrebbero pensato di fare. Lei osservò i suoi gesti lenti e sicuri mentre mescolava il suo caffè scuro, non perdeva nemmeno uno dei suoi gesti, eleganti e sicuri, i sorrisi rassicuranti  che elargiva sembravano accuratamente studiati ed invece erano del tutto naturali.

Lui sorrise quando lei si sporcò il labbro superiore con la schiuma del suo caffellatte con una spruzzata di vaniglia e dovette reprimere la gran voglia che aveva di pulirla lui, nel modo più dolce che conosceva, ma non poteva prendersi una così grande libertà, avrebbe rischiato uno schiaffo o forse peggio, quella tipa sembrava una tosta. Si limitò a seguire le dira che afferrarono un fazzoletto con il quale si pulì la bocca, lasciando un impronta del suo rossetto chiaro.

Uscirono da lì e furono sorpresi da uno scroscio d’acqua, un temporale improvviso che li bagnò totalmente. Trovarono riparo sotto la tettoia di un ristorante. Lei aveva i capelli completamente bagnati ed il viso imperlato dalle gocce di pioggia. Non riuscì a resistere e con un dito le spostò una ciocca di capelli dalla fronte. Con la luce del neon dell’insegna luminosa gli occhi di lei gli sembrarono quasi dorati. Rimasero qualche istante in silenzio ad osservarsi fin quando il clacson di un taxi non li interruppe. 

“Vai tu, io aspetto il prossimo” Gli disse avvicinando le labbra al suo orecchio, solleticandole i sensi e sfiorandola quel tanto che bastava perché l’unica cosa che avrebbe voluto era andare in qualsiasi posto, purchè ci fosse lui.

Invece lei lo ringraziò e corse dentro la macchina. Non si salutarono nemmeno, se ne rese conto quando era troppo tardi. Il tempo di dare l’indirizzo di casa ed i vetri si erano già appannati, la figura di lui sotto la tettoia era sfocata e lei si chiese se infondo non fosse stato tutto solo un sogno.

 

Arrivò a casa si tolse i vestiti bagnati e andò in camera da letto, poggiando i libri appena presi sul comodino. Aprì il libro dello scrittore, lesse la dedica. Sentì un brivido correre lungo la schiena e ripensò ai suoi occhi, alla labbra, alla voce profonda, a quel dito che le aveva sfiorato il viso e alle labbra che avevano lambito la sua pelle. 

Avrebbe voluto di più. Lo avrebbe voluto di più. Lo avrebbe voluto lì. Si scoprì eccitata solo al pensiero e al ricordo del suo respiro caldo che la lambiva. Si immaginò quel respiro e quelle labbra altrove e senza nemmeno rendersene conto aveva sollevato la lunga maglietta che indossava per casa ben sopra il pube, scoprendolo, aveva spostato la sottile stoffa del perizoma e cercato l’entrata del piacere. Le dita si muovevano esperte con movimenti che solo all’inizio erano lenti per poi diventare sempre più impazienti immaginando lui. Volendo lui. Ed il piacere arrivò mentre la sua immagine era fissa nella sua mente e ne fu scossa, percorsa tra brividi intensi che la lasciarono senza fiato.

Aprì gli occhi quando i battiti cominciarono a rallentare e non era più una proiezione della sua mente, lui era lì, appoggiato sullo stipite della porta tra la camera da letto e lo studio, cappotto ancora in mano.

“Pensavo non saresti più venuto”

“Sei venuta tu, in compenso” Rise prendendola in giro.

“Non hai trovato un taxi?”

“Sì, subito dopo di te. È un po’ che sono arrivato al loft”

“Non ti ho sentito entrare”

“Lo so, eri piuttosto presa.” Sghignazzò.

“Non erano questi i patti, Castle!” Protestò Kate.

“Lo so. Ma era troppo bello vederti così, per me.”

“Presuntuoso”

“Consapevole. Hai detto il mio nome almeno due volte”

“Ti voglio.” Gli disse senza vergogna.

“Anche io.” Buttò il cappotto sulla sedia e si sbottonò la camicia avvicinandosi al letto dove lei ancora stringeva le lenzuola umide del suo piacere. Si stava per slacciare i pantaloni quando si fermò con la mano sulla fibbia.

“Non pensi che sia sconveniente, dopo il nostro primo incontro, concluderlo subito così...”

“Castle, non ho più voglia di giocare” gli disse decisa e bramosa di lui, allungando una mano sul comodino e indossando la fede lasciata lì qualche ora prima vicina a quella di lui.

“Peccato... io invece volevo proprio giocare ancora...” le disse provocante e voluttuoso tra il fruscio dei pantaloni che raggiungevano il pavimento.

Si piegò a baciarla e anche lui indossò di nuovo il simbolo di quell’amore a lungo rincorso.

Poi le mani si strinsero, la pelle si fuse, i corpi si unirono ed un altro gioco cominciò rinnovandosi a lungo per tutta la notte. 

A terra l’ultima copia della saga di Nikki Heat aperta sulla dedica di Castle a sua moglie scritta a mano poche ore prima: “Ti voglio come il primo giorno, ti amo ogni giorno di più”

   
 
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