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Autore: FreddiePie    20/03/2018    3 recensioni
Una delle tante lettere scritte da Hachi per Nana e, anche se collocata in un tempo indefinito, in due posti indefiniti, dovunque si trovino le due donne saranno sempre la Nana dell'altra.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sai Nana,

ho capito di essere una di quelle persone che quando commette un errore ci rimugina sopra senza sosta perché convinta di poterlo sistemare solo tornando indietro, non avanti. Perché è molto più facile aggiustare qualcosa che si conoscere bene piuttosto che controllare una situazione senza precedenti, no? E io, a differenza tua, di controllo ne ho ben poco; sono sempre stata incapace di gestire emozioni troppo forti e di trovare quel coraggio necessario per portarmi sulla strada che so essere quella giusta, ma che lì per lì non riesco a seguire perché in balia della paura. Non so decidermi, e anche quando lo faccio prendo sempre la scelta meno saggia. Sono troppo in balia di tutto - delle situazioni, delle persone, di me stessa.

Certe volte mi torni in mente; penso alle parole che potresti dirmi se fossi qui e, credici o meno, sono convinta di conoscerti abbastanza da azzeccarle spesso. Parole così concitate che hanno il potere di farmi riflettere parecchio. Lo hanno sempre fatto, e mi mancano quasi quanto te.
Mi avresti voluta più determinata e coraggiosa fin dall’inizio; avresti voluto che la tua piccola Hachi trovasse quello scopo che invece tu ritrovavi nella musica. Ma io ho un problema che anche capito non mi abbandonerà: non credo ci sia mai stato, né mai ci sarà, un sogno scolpito nei miei intenti. Inseguivo e cercavo disperatamente l’amore che vedevo realizzato nelle grandi e piccole storie di principi e principesse, ma non mi rendevo conto di quanto quel sogno fosse posticcio. La realtà è ben diversa, e tu lo sai. Più complicata di come appare. L’amore è una forma incerta nelle nostre vite e per quanto ci sforziamo di dargli una sostanza, un nome per riconoscerlo, quello si diverte a sorprenderci. Ma io ho imparato a sorprendermi con lui. Dico sul serio.
Volevo il mio principe così disperatamente che vivevo in funzione di un bel sogno. Quello che ho scoperto con il tempo, e che forse ho sempre saputo, è che il mio principe azzurro l’ho trovato quel giorno di bufera. Non indossa una veste azzurra né un mantello però, ma una stilosissima - e tostissima! - giacca di pelle. E non è arrivato sul dorso di un cavallo bianco, ma con l’ultimo treno della sera per Tokyo. Non ha mai composto haiku sui miei occhi o sulle mie labbra, ma una canzone senza parole sotto le stelle di una sera di luna.
Mi chiedo perché mi sia servito tutto questo tempo per capirlo.
Non sei il principe che mi aspettavo, ma non potrei desiderare di meglio, Nana.

Dovunque tu sia.. pensami almeno un po’. Vorrei poterti dire di non farlo, di non pensarmi e vivere tranquillamente la vita che hai scelto lontana da qui, da noi, dal passato, ma egoisticamente ne soffrirei troppo. Non abbandonare il passato, Nana. Perché io sono con lui, ed ho bisogno di sapere che riesco ancora a colorare i tuoi ricordi come fai tu con i miei. Mi basta questo.
Dunque pensami, Nana; non troppo, quel tanto per non dimenticarti di me, della tua amica che, per uno strano scherzo del caso, porta il tuo stesso nome.
Nana, non m'importa se leggerai o meno queste parole. Saperti da nessuna parte e allo stesso tempo dovunque accresce quel mistero che per me sei sempre stata. E mi fa riflettere più lucidamente.
So che queste parole, in un modo o nell'altro, con o senza lettera, riuscirai a sentirle. Lo hai sempre fatto e io ti prometto che anche nel silenzio la tua risposta mi arriverà.

Ps.
Tuttavia, sospetto che Yasu sappia dove ti nascondi. Quindi gli darò la lettera e, come sempre con me, la speranza è l’ultima a morire.
Stammi bene,
Nana.
* * * *

E intanto quelle parole, scritte in un posto indefinito a Tokyo, e lette in un posto altrettanto indefinito per chi le aveva scritte, con la loro potenza erano riuscite a riempire completamente la stanza di un motel a ore.
I pensieri di Hachiko urlavano nella testa Nana più di quanto potessero fare i suoi singhiozzi, o le parole della signorina al telegiornale, o i gemiti di chi aveva affittato la stanza accanto. La sua testa era sempre stata piena di lei e proprio lei, a discapito di tutto, era il suo vero, unico rimpianto.
Determinata come sempre, Hachi si era rivolta a lei come se le fosse accanto, come se davanti le dividesse solo un caffè e non chilometri. Quasi la faceva sorridere, benché ormai si sentisse più una persona morta che viva. I suoi sogni non valevano più, il suo futuro nemmeno, e proprio come faceva Hachi, che viveva nei ricordi, felici e non che fossero, anche Nana si riempiva la testa di loro. Solo di loro, ormai.
Il presente non le piaceva. E la rabbia che una volta aveva scaricato sugli altri, ormai la concentrava tutta su se stessa.
Avrebbe voluto rivederla un’ultima volta, ma non nel presente o nel futuro: nel passato. Voleva rivederla nell’appartamento 707, con una bandana tra i capelli, il contratto di affitto pronto per essere firmato e con quella sua faccia innocente e spaesata di chi sta facendo le cose senza rendersene pienamente conto. Era con quella Hachi che avrebbe voluto ricominciare, e da quella Nana Osaki sarebbe voluta ripartire. Anche a ripetere gli stessi errori, ma con l'ignoranza di chi non sa quello che l'attende.
   
 
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