Non voglio giustificare i miei impulsi creativi riconducendoli perennemente a chi ho nella testa in quel momento. Tutti abbiamo questa immensa risorsa di cui spesso ci nutriamo in maniera smisurata e scriteriata, talvolta fuori luogo. Sto parlando della parola, quella dannata parola frutto del pensiero che ogni giorno ci assale. Ad esempio io non riesco a controllarla ogni volta che mi torni in mente. Perciò scrivo, come se non ci fosse un domani, come se un giorno tu dovessi prendere in mano tutte quelle parole messe in fila una dopo l’altra per ricostruirci un senso, per ridare un significato, per metterle sotto una diversa luce cosicché io possa smettere di tormentarmi ogni volta che irrompi in quelle cianfrusaglie che possiedo nella mia testa.
Potrei consegnarti un premio per farmi tornare l’ispirazione tutte le notti che prendono la tua forma, piuttosto indefinita, ma credo possa accontentarmi per adesso perché la prossima volta avrà qualche dettaglio in più che possa caratterizzarti.
 
Tutto si riconduce a te, ogni posto, ogni sfumatura del cielo, ogni canzone, ogni parola. Nient’altro che possa distrarmi da questo immenso filo conduttore.
 
Non confondo mai il tuo viso
con quello informe dei passanti
così veloci
così scostanti
mentre corrono a perdersi nella loro meta
mischiandosi nel cumulo di grigio
sollevato dai turbamenti e dalle frustrazioni
ma io continuo a delineare
i contorni soffici
delle tue labbra
come se fossero spirali di fumo
dell’ultima sigaretta.
 
Non mi resta altro che il tuo silenzio
per dosare bene le mie parole
che sceglierò con cura
per il prossimo monologo che stilerò
durante il tempo indefinito
che da ora in poi
non farà altro che concedermi
lunghi sospiri
che armonizzano i vecchi ricordi.

Dedicato a chi, da troppo tempo, ha in testa la stessa persona a cui non ha potuto dare un volto.