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Autore: EuphemiaMorrigan    28/03/2018    3 recensioni
Fanfiction scritta in occasione del compleanno di Sakura.
One-Shot MadaSaku, accenni lievi SasuNaru.
-Dal testo:
Da quando stavano insieme, tutte le volte che si avvicinava quella data, sentiva un bruciore allo stomaco, le viscere venir strizzate come si fa con il mocio Vileda e la testa svuotata. Le iridi nere venivano stranamente calamitate verso qualsiasi parete bianca, per molte ore, quasi cercasse sul muro la soluzione ai propri dilemmi esistenziali.
La soluzione al suo unico dilemma. Cosa regalare a Sakura?
Genere: Commedia, Demenziale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Hashirama Senju, Madara Uchiha, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Anche quando sei vecchio, assicurati di organizzare feste spettacolari!

Angolo autrice: Buon compleanno mia adorata waifu!
Lo so, manco da un poco su EFP, ma in questo periodo non me la sento molto di scrivere e preferisco svagare la mente con altro, però Madara e Sakura sono i miei adorati bambini e una piccola OS per il compleanno della mia preferita avevo voglia di scriverla.
È una sciocchezza, spero davvero vi faccia ridere, io mi sono divertita tanto, nonostante ammetto è stato un poco difficile scrivere una comica con un umore non propriamente propenso alle risate ^^
Mi auguro di tornare presto anche con le altre storie.
In questa OS Madara ha superato la quarantina e Sakura ci si sta pericolosamente avvicinando.
Ringrazio: rekichan e hyoudox per essere stati così gentili da leggere la storia e ascoltare i miei dubbi e la mia preziosa Volpe per aver betato come sempre e fatto una strage di puntini di sospensione e due punti, per consolarmi del genocidio mi ha lasciato i punti e virgola ahahah

Esisteva un giorno durante l’anno, una singola triste giornata, in cui anche il serio, pragmatico e stoico Madara Uchiha si lasciava vincere da un primordiale e sconcertante panico.
In realtà il fatidico giorno era un’intera settimana: quella prima del compleanno di Sakura, la sua giovane fidanzata.
Da quando stavano insieme, tutte le volte che si avvicinava quella data, sentiva un bruciore allo stomaco, le viscere venir strizzate come si fa con il mocio Vileda e la testa svuotata. Le iridi nere venivano stranamente calamitate verso qualsiasi parete bianca, per molte ore, quasi cercasse sul muro la soluzione ai propri dilemmi esistenziali.
La soluzione al suo unico dilemma. Cosa regalare a Sakura?
La cena fuori, magari a lume di candela, era da escludere a priori. Lo aveva fatto l’anno prima ed era andata piuttosto male: in un impeto di romanticismo aveva prenotato in un caratteristico locale Italiano, dove i giovani camerieri, invece di scrivere composti i loro ordini, avevano cominciato ad atteggiarsi in maniera amichevole con entrambi e chiacchierare, senza alcun motivo, del più e del meno assieme a Sakura.
La parte peggiore era stata sopportare quel tipico accento alla Super Mario che Madara tanto detestava tutt’oggi e che all’epoca aveva rischiato di fargli esplodere la vena pulsante sulla tempia.
Da quella fatidica sera i maniaci dello spaghetto al dente, assieme alla loro fissazione di toccarlo ovunque quando gli parlavano divennero la seconda popolazione mondiale più odiata dal signore e padrone d’ogni procione.
Sempre dopo quei finocchi dei Francesi, maledetti mangia baguette a tradimento!
Passò le dita sul mento squadrato, massaggiandolo pensoso. Non era tempo di preoccuparsi di quegli Europei ignoranti e libertini, il vero problema rimaneva il regalo per Sakura e come muoversi il giorno del suo compleanno.
Aveva bisogno di un piano.
In più aveva da subito scartato l’idea di comprarle un gioiello, alla compagna non piacevano molto, grazie al cielo, per cui probabilmente gli unici ‘brillocchi’ che avrebbe mai indossato contenta sarebbero stati l’anello di fidanzamento e la fede nuziale. Peccato, secondo Madara fosse ancora presto per compiere un passo così importante.
Stavano insieme, e facevano del gran bel sesso acrobatico, da appena una quindicina di anni, in pratica una giovanissima coppia nel pieno della passione bruciante che li univa, seppur ad entrambi stessero iniziando a spuntare i primi capelli bianchi.
Magari per via dello stress.
Certo, Sakura pareva desiderare il matrimonio da un poco. L’uomo lo aveva intuito dalle riviste di abiti da sposa che, da qualche mese, tutte le mattine ritrovava sotto il proprio cuscino. E di sicuro non era stato lui a metterle lì.
Chiederle di sposarlo proprio il giorno del suo compleanno, però, era troppo un cliché!
Lui era Madara Uchiha, mica un qualunque protagonista di un anime shonen infarcito di fanservice finocchio, poteva fare di meglio.
Inoltre non avrebbe mai sopportato un’intera serata di messaggini e telefonate da parte di Sakura alle sue amiche e parenti, per raccontar loro di avercela finalmente fatta ad incastrare il lurido maiale. Nomignolo affettuoso usato in presenza di Mebuki.
Poteva già immaginare i commenti ironici di quella gallina di Yamanaka, oppure gli strepitii senza filo logico con cui lo avrebbe assordato quel finocchio Francese di Uzumaki, trasferitosi anni fa in Giappone per inquinare l’aria con le sue spore omosessuali e compromettere l’eterosessualità del cugino, povera bestia, già nato con una malformazione che lo faceva somigliare più ad una papera che ad un essere umano.
Magari poteva mandarle una semplice e-mail.
Esistevano ancora quelle tristi cartoline di auguri da spedire per posta elettronica, giusto? Avrebbe potuto scrivere un conciso: ‘Buon compleanno, vuoi diventare mia moglie prima che a te sopraggiunga la menopausa e a me diventino bianchi i peli pubici?’ e così inviarlo a lei senza sorbirsi il dopo, i sorrisi, i baci, gli squittii...
Sì, quella era una splendida idea! Per prevenire il suo diabete.
Sakura, però, era pur sempre una donna, e le donne si sa hanno necessità di un uomo che si prenda cura di loro. Che le sopporti, guidi la macchina e parcheggi, apra lo sportello e altre sciocchezze del genere.
D’improvviso Madara starnutì, rischiando di sbattere la fronte contro la scrivania e provando un leggero dolore al fianco destro, memore dei calci da cui era stato colpito l’ultima volta che se n’era uscito con un’idea tanto maschilista.
Sakura poteva prendere in giro i suoi amici con la storiella della donna emancipata, ma dietro ogni femmina si nascondeva una geisha pronta a soddisfare il proprio padrone. E due costole rotte non lo avrebbero messo a tacere!
Forse un pompino e del buon sesso, sì, quindi avrebbe tenuto quella teoria per lui, almeno per qualche altro anno.
Si portò le braccia dietro la nuca e cominciò a dondolare sulla sedia mentre osservava il soffitto chiaro dell’ufficio; lo ammetteva, gli andava bene ‘mettere la testa sulle spalle’ e sposarsi, in fondo ormai erano anni che aveva smesso di saltare di letto in letto, dormire al fianco di Sakura una vita intera era ciò a cui aspirava realmente e…
Sbatté la testa sulla scrivania di propria volontà, scacciando quel pensiero ad alto contenuto glicemico e ringhiò, arricciando le labbra, quando udì dei passi conosciuti avvicinarsi.
“Tutto bene, Madaruccio?”.
“Senju. – gorgogliò dal fondo della gola, ignorando lo stupido soprannome con cui lo aveva chiamato. A quale divinità aveva pestato i piedi per aver avuto la sfiga di lavorare insieme a lui? – No” Rispose, secco e brutale. Rimase con la fronte premuta sul legno freddo, aveva già mal di testa.
Sentiva il disagio provenire dal corpo del bietolone. Il respiro frammentato, sintomo che aveva iniziato ad oscillare; immaginava le mani enormi e sudate stringersi tra loro, nemmeno fosse stato trasformato nella protagonista sciacquetta di un Otome game.
“P-posso fare qualcosa per te?”.
Balbettava persino!
“Implodi”.
“Sto cercando di aiutarti, non trattarmi male!”.
Ovvio, aveva anche iniziato a gracchiare, di sicuro con due lacrimucce a far capolino al lato degli occhioni nocciola.
Maledette spore frocie rilasciate da Uzumaki, avevano colpito anche quel disgraziato del suo migliore amico; l’unica soluzione era abbatterlo. Per non farlo soffrire.
Rialzò il viso spiritato e si voltò, guardandolo in faccia, anche se avrebbe voluto farne a meno. Hashirama lo stava abbagliando con un sorriso splendente, da far invidia ai ricercatori Oral-B e, sedendosi su una sedia, s’era posato le mani sulle ginocchia: come un cucciolo di cane in attesa delle parole affettuose del padrone, o magari qualche carezza sul capo.
“Puoi dirmi tutto, Madaruccio. Sono qui per te”.
Le pupille nere vorticarono verso l’alto ma, magnanimo con se stesso, decise poi di dare un taglio a quella sceneggiata, soffiando “Fra qualche giorno. – non sapeva di preciso quando. – Sakura festeggia il compleanno. – non sapeva di preciso quanti ne avesse. – E dopo quindici anni di relazione, immagino...”.
“Sedici” Venne interrotto con dolcezza.
“Abbiamo comunque superato la decina, Senju! Dicevo: immagino anche lei voglia fare quella stronzata del matrimonio”.
Malaugurato fu il momento in cui pronunciò quella singola parola.
Hashirama si bloccò, fissandolo con intensità crescente; gli occhi s’erano sgranati, divenuti liquidi, e pareva o sull’orlo delle lacrime, o sul punto di svenire.
“Posso essere il tuo testimone?” Disse, infatti, pregandolo con lo sguardo.
“Al massimo damigella” Storse la bocca, schifato. L’immagine mentale di Hashirama vestito con un ripugnante abito da cerimonia verde smeraldo, era il colore preferito dell’idiota, avrebbe accompagnato i suoi incubi per parecchi anni, soprattutto dato che la checca era pure troppo muscoloso per fare il ruolo del trans, e le sue gambe terribilmente pelose.
Un Action man in abito da sera.
Il silenzio scese prepotente su di loro, interrotto solamente dal rumore di sottofondo delle ventole di due vecchi computer fissi, che usavano ancora in quel loculo chiamato ufficio del personale.
Di certo lavorare alle poste pagava bene, peccato Madara fosse così poco amichevole da essere stato spedito sul retro dal suo primo giorno. Diversi anni prima.
“E se le prestassi la mia carta di credito dicendole di comprarsi qualcosa di carino?” Rimuginò, non sapeva però se lo stava domandando al collega o a se stesso.
“Certo, così farai la figura del pappone con la sua prostituta preferita”.
Il Senju stava esagerando, come al solito.
“Tutte le donne del mondo vorrebbero in regalo la carta di credito del loro uomo e un budget illimitato”.
Nemmeno si fosse trasformato in una casalinga depressa, o peggio sua suocera, Hashirama aveva incrociato le braccia al torace, arcuato un sopracciglio scuro e cominciato a fissarlo con la stessa espressione delle donne nere nelle serie tv americane; Madara pregava non si mettesse anche a sventolargli un dito davanti alla faccia, o glielo avrebbe staccato a morsi.
“Spero tu stia scherzando! In ogni donna si nasconde una principessa, che ricerca affetto e considerazione, non dello squallido denaro! Conosci Sakura da sedici anni e davvero non sai come fare una semplice proposta di matrimonio? – sembrava assolutamente sconvolto. – Deve venire dal cuore, dall’anima. Quando ho chiesto alla mia Mito di sposarmi ho organizzato tutto nei minimi dettagli: abbiamo visto un bellissimo film insieme, cenato in un ristorante a lume di candela, poi quando siamo tornati a casa le ho regalato un mazzo di rose rosse. Tante quanti erano i suoi anni e...”.
“Non mi interessa il riassunto della tua misera vita, Hashirama. Stiamo per addormentarci tutti: Lettore, narratore cioè io, la beta, persino la scrittrice!”.
L’altro sbuffò, poi semplicemente disse “Portala a cena fuori”.
Madara lo osservò attentamente, puntellò il gomito sulla scrivania e poi posò la mano sotto la guancia, pensieroso.
“E sia”.
Vero, all’inizio aveva scartato la possibilità di una nuova cena, ma tutti erano in grado di portare la compagna al ristorante e chiedere ai proprietari di allestire il tavolo con qualche stronzata romantica.
Non poteva fallire proprio lui.
Ad un certo punto avrebbe tirato fuori lo stupido anello e finito la serata facendosi ringraziare come si deve una volta sotto le lenzuola.
Non c’era nulla di male nel cambiare idea, no?

Madara se ne stava seduto su uno scomodissimo sgabello, al piccolo tavolo del McDonald’s, provando a non mostrare a nessuno l’espressione spaesata e, allo stesso tempo, disgustata, nel frattempo che cercava di capire se l’insalata ordinata per disperazione fosse commestibile o no.
Votava per il no.
In tutta la vita, ed era in vita da un bel po’, non aveva mai varcato la soglia di quel luogo di perdizione, complice il suo essere vegetariano ed il fatto che nemmeno da morto avrebbe ordinato un ‘Veggy – schifo – burger’ per fingersi uno di quei ciccioni che faticavano persino a respirare, dato che l’olio di quel posto era loro finito anche nelle artiere.
Tutto, qualsiasi cosa, era fritta nell’olio al McDonald’s, forse persino l’insalata, o il tovagliolo di carta, talmente unto per essere venuto a contatto con la sola aria, che se lo avesse passato sul muro sarebbe riuscito a vedere dall’altra parte della strada, attraverso la parete trasformata in foglio di carta velina.
Che diavolo ci faceva lì? Come era stato convinto?
E soprattutto perché Uzumaki non riusciva a mangiare a bocca chiusa?
“Sei stato allevato dai gorilla?” Sputò fuori, mentre seguiva la triste sorte di un pezzo di carne, macinato dai suoi denti affilati.
Venne completamente ignorato, per l’ennesima volta in mezz’ora.
Naruto e Sasuke se ne stavano seduti vicini davanti a lui, limitandosi a mangiare con gusto il loro colesterolo fritto e, forse, minacciarlo con lo sguardo. Anche se non comprendeva bene la scelta di farlo in un fast food.
“Frequentare questo finocchio biondo ti ha reso ancor più strano, cugino”.
Il minore sorseggiò la propria Coca-Cola dalla cannuccia, poi disse “Vogliamo solo parlare, Madara. Non agitarti”.
“Giusto, aniki. – intervenne Naruto, pulendosi le labbra con il tovagliolo e sorridendo in direzione dell’uomo. – Un uccellino ci ha riferito che vorresti sposare Sakura-chan… Un uccellino che conosci bene, aniki”.
“Hashirama-sama è stato molto gentile ad informarci. – continuò Sasuke, sarcastico, dopodiché chiese. – Ce l’hai il nostro permesso?”.
Madara non era certo di quale reazione dovesse avere: ridere per il finto accento Siculo, ammazzarli per essersi invischiati nella sua vita privata, ignorarli e andarsene o continuare a godersi lo spettacolo?
Il suo sadismo optò per l’ultima opzione: “Dovrei chiedere il permesso a voi, per quale motivo?”.
“Amore, questo non ti rispetta, dattebayo!”.
“Chiamami boss, Naruto. – lo riprese, ma poggiò la mano sulla sua spalla e rispose calmo all’altro. – Abbiamo molto a cuore il futuro di Sakura e i suoi sentimenti, per questo prima di agire… Parliamone”.
Madara non credeva quei due potessero essere così idioti, invece avevano superato qualsiasi sua aspettativa; calmo, intrecciò le dita sotto al mento, informandosi “Se non volessi ascoltarvi? Mi metterete una testa di cavallo sul cuscino?”.
Naruto sì alzò in piedi, di scatto “Peggio! Un Big Mac! Con doppio hamburger!”.
Il maggiore si ritrovò a desiderare di spiaccicare quella poltiglia di insalata in faccia ad entrambi, esasperato dall’assurdità della situazione, invece si sistemò la giacca e tornò in piedi “Davvero spaventosi, complimenti”.
Voltò i tacchi, annoiato. Rimanere lì ad aspettare che lo spettacolo da grottesco diventasse divertente non era stata per nulla una buona idea; purtroppo però la voce gelida del parente lo fermò, notò in questa il lieve, e fastidiosamente falso, accento siculo tornare a dare un tono al suo starnazzare “Vedi di comportati a modo con Sakura”.
“Falle passare un bellissimo compleanno” Rincarò la dose Uzumaki.
“E compra un anello”.
“Di diamanti, dattebayo!”.
Madara infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, incurvando la schiena in avanti; stanco di ascoltare le loro follie si diresse verso l’uscita del fast food, senza nemmeno pagare il conto, ci avrebbe pensato quella papera isterica di Sasuke, in fondo era stato lui ad ‘invitarlo’ nel proprio covo.

La fatidica sera del ventotto Marzo, Madara Uchiha si sentiva perfettamente calmo e per nulla sudato, persino sotto le ascelle dove di solito ne soffriva di più; quella volta, forse a causa di tutti gli idioti che si erano immischiati nella sua vita privata, era stato invaso da uno strano senso di tranquillità e sicurezza. Avrebbe fatto trascorrere a Sakura il compleanno migliore del secolo.
Versò del vino bianco nel calice e lo sorseggiò lentamente, mentre lanciava uno sguardo carico di lusinghe alla compagna e alla scollatura dell’abitino scuro da lei indossato.
Da quel che vedeva non portava il reggiseno, e questo gli faceva molto piacere.
Sakura soffiò, intuendo i pensieri suini del fidanzato, incrociò le braccia al petto e ricambiò con un’occhiataccia “Quando mi hai detto di farmi bella per festeggiare al ristorante non pensavo a questo, Madara! – sussurrò, inacidita. – In più non sei nemmeno passato a prendermi”.
“Sono stato coinvolto nei preparativi” Spiegò, fin troppo serio.
Erano seduti ad un tavolo per due, all’angolo di un bel locale dove un gruppo dal vivo stava suonando della rumorosa musica latina; nulla di male ad un primo sguardo, peccato che, a qualche metro di distanza, l’intero clan Uchiha, e affini, era riunito ad una lunga tavolata per festeggiare il settantesimo compleanno di Tajima.
Per sfortuna nato lo stesso giorno di Sakura.
“Non credevo fossi così tirchio, ti sei limitato ad aggregarci alla tua famiglia!”.
“La nostra cena la pago io, che vuoi di più?”.
Lei stava per rispondergli a tono e, magari, calciarlo agli stinchi per vendetta, ma un improvviso vociare e il tintinnio dei bicchieri che si scontravano durante l’ennesimo brindisi, la fermò e irritò ancor di più.
“E TANTI AUGURI ANCHE A SAKURA-CHAN!”.
“AUGURI, AUGURI!”.
L’urlo di Naruto, seguito da un’ovazione da parte del resto degli Uchiha, ormai a fine serata ubriachi per il troppo liquore, la imbarazzarono talmente tanto da farla diventare paonazza in viso e posare entrambe le mani a nasconderlo; le orecchie stesse si coloravano di rosso e imprecò sottovoce contro Madara e la sua totale assenza di romanticismo.
L’uomo in un primo momento rise, in fondo vederla messa in difficoltà dalla sua famiglia, nelle rare occasioni in cui si lasciavano andare all’espansività, genuinamente lo divertiva e inteneriva; si lasciò sfuggire un sorriso affettuoso, certo che lei non lo vedesse, dopo le afferrò una mano con la propria, invitandola ad alzarsi.
“C-cosa…? – provò a parlare Sakura, strozzandosi con la sua stessa saliva quando la band iniziò a suonare un’allegra canzone caraibica. – N-non vorrai b-ba-ballare?”.
Voleva davvero farla morire di vergogna?!
Madara le lanciò uno sguardo basito “Neanche per sogno! Solo perché sono cresciuto in una famiglia di pazzi hai questa bassa opinione dei miei gusti musicali?”.
“Mi stai trascinando lontana dal nostro tavolo proprio ad inizio canzone, era ovvio pensassi ad un’eventualità del genere” Riacquistò vigore, dandogli un pugnetto sulla spalla come punizione per averla fatta spaventale.
“Ecco che i punti femminilità acquistati grazie al vestito crollano miseramente per colpa della tua natura da maschiaccio”.
“Chi sarebbe il maschiaccio?!”.
Così, mentre si avviavano all’uscita del locale con ancora le dita delle mani intrecciate fra loro, non si accorsero per nulla che tutta la sala poteva sentire le loro soavi urla. Almeno quelle di Sakura, visto che non riusciva proprio a trattenersi quando la faceva arrabbiare.
Una volta all’esterno Madara inspirò una boccata d’aria fresca, percependo la fidanzata mollare violentemente la presa e sbuffare come un toro alla corrida.
Inclinò il collo in sua direzione e sogghignò sarcastico “Qualche problema, amore?”.
“Giuro, ti spacco la faccia così la smetti di sorridere” Sibilò a denti stretti, assottigliando gli occhi smeraldo, sintomo che stava davvero per prenderlo a sberle.
L’uomo al contrario si dimostrò ancora più divertito, le circondò le spalle e la avvicinò al torace; parlava al suo orecchio, stuzzicava la pelle scoperta del collo con il fiato caldo, desideroso di farla sciogliere grazie a quei tocchi esperti “Vuoi litigare anche il giorno del tuo compleanno?”.
“Sei tu quello che si sta comportando da bastardo” Lo accusò, sollevando il mento e reggendo lo sguardo pece, liquido e bollente, che la stava fissando.
Malgrado fosse primavera inoltrata, il fresco venticello della sera fece tremare lievemente Sakura, che venne immediatamente chiusa fra le braccia confortevoli del fidanzato che poi, chinandosi un poco, premette la punta del naso contro quello arricciato d’indignazione.
“Mi pare d’intuire ti aspettassi qualcosa di più”.
“Direi! Dopo quindici anni che ti sopporto!”.
“Non erano sedici?”.
“Abbiamo comunque superato la decina!”.
Madara rise a quella risposta vagamente familiare, avevano entrambi poca memoria. Allietato dalla vicinanza sfregò le labbra sottili su quelle carnose e coperte da un velo di gloss rosato; avvertì sulla punta della lingua il lieve sapore chimico del trucco, ma non gli importò nel momento in cui lei comincio a ricambiare passionale il bacio.
Le dita affusolate e magre della donna si spinsero sotto la pesante giacca scura, massaggiando allusiva i pettorali definiti da sopra la camicia bianca e muovendosi esperte verso l’addome contratto. Dimenticò di essere ancora nel parcheggio del locale, seppur scarsamente illuminato, e permise ben volentieri a Madara di afferrarle le natiche e maneggiarle lussurioso, lasciandosi sfuggire uno squittio eccitato.
“Ci arresteranno… Maiale”.
Uchiha le leccò il mento, lo morse, la provocò con il piatto della lingua e in seguito affondò di nuovo i denti nel labbro inferiore, rassicurandola a suo modo “Magari potremmo farlo dalle sbarre, se ci mettono in celle vicine per la notte”.
Sakura ansimò una mezza risata “Le tue fantasie sessuali mi preoccupano”.
“Bugiarda. – la smentì, spingendo il rigonfiamento ben visibile nei pantaloni contro il bacino. – In realtà ti sto eccitando da morire”.
Lo aveva detto in maniera così tronfia che, anche fosse stato vero, e lo era, a lei venne spontaneo iniziare a prenderlo in giro, spietata. Premette il corpo lussurioso addosso a quello massiccio del fidanzato e insinuò sibillina la mano all’interno dei pantaloni slacciati, oltre i boxer, afferrando poi l’erezione bollente e pulsante.
“Sei tu quello ad avere un grosso problema qui”.
Grosso? Non credevo fossi così poco originale, cara” Tentò di darsi un tono, malgrado il lento massaggio ai genitali gli stesse facendo perdere lucidità.
La donna gli mordicchiò e succhiò la lingua quando provò a spingersi all’interno della bocca sorridente, divaricando le gambe nell’istante in cui le falangi risalirono l’interno coscia da sotto il vestito elegante.
“Avresti preferito dicessi che hai un problema nella media?” Rimbeccò, ondeggiando vogliosa.
Enorme suonava meglio”.
Sakura allungò il collo per baciare il pomo d’Adamo sporgente, sfregandosi con piacere sopra le dita che aveva cominciato a stuzzicarla dalle mutandine. La questione fossero ancora in un luogo pubblico era ormai stata dimenticata da entrambi.
Ci pensò il Karma a riequilibrare le leggi dell’Universo e salvarli da una denuncia per atti osceni in luogo pubblico, nell’istante in cui i loro corpi avvinghiati vennero illuminati dall’intensa luce dei fuochi d’artificio e il rumore dell’esplosione fece sobbalzare di sorpresa Sakura.
Le palpebre tremarono e gli occhi chiari, sgranati, seguirono la direzione di quelle enormi luci nel cielo; estasiata come una bambina si allontanò da Madara, alzando il naso verso l’alto.
“Che meraviglia”.
Lui sospirò, passandosi una mano sul retro del collo “Pensavo si fossero dimenticati”.
Sakura scrutò il suo profilo serio “Sei stato tu? Per me? – parve incredula. – Tu hai davvero fatto questo per festeggiare il mio compleanno? Anche la scusa di portarmi fuori?”.
Il sorriso emozionato che gli stava rivolgendo lo fece arrossire fino alla punta delle orecchie, tanto che, come non era mai accaduto prima, scostò lo sguardo, annuendo a disagio.
La donna lo abbracciò in vita, euforica, premendo un bacino sulla sua guancia “Oh, Madara, sei un tesoro! Ed io che ero certa ti fossi limitato a sfruttare la tua famiglia!”.
Tornò ad osservare ammirata il grande ananas che era appena esploso, seguito da due maracas gialle e rosse e un sombrero… Alla figura stilizzata di una danzatrice hawaiana e i borbottii sottovoce del compagno, la felicità di Sakura s’era già da un poco trasformata in rassegnazione.
“Tua madre fa sempre le cose troppo in grande per Tajima-san”.
L’uomo si grattò una guancia con le unghie “Devo scusarmi per averti ingannata?”.
“No. – permise a Madara di cullarla al petto, cosciente di quanto si stesse vergognando lui stesso. – Ti conosco bene, se avessi fatto qualcosa di così romantico e appariscente, passata la sorpresa iniziale, mi sarei presto chiesta se andava tutto bene, o peggio ancora se magari avevi scoperto ti rimanevano solo pochi mesi di vita e avevi deciso quindi di smetterla di fare il bastardo.
Ma sai una cosa? Per quanto tu mi faccia arrabbiare, meglio vivo e bastardo che lontano da me”.
Madara stirò leggermente le labbra, felice. Di nuovo circondò le piccole spalle, abbassandosi per baciarle una tempia e bearsi un attimo di quell’amore li legava, poi domandò “Li vuoi un brutto anello e una pessima proposta di matrimonio?”.
Per un attimo ci fu un silenzio surreale e avvertì Sakura tremare, quella volta non per il freddo. Ci fu un secondo in cui credette davvero di aver visto una lacrima solcarle la guancia morbida e rosata, ma fu un flebile istante, che per gli anni avvenire si sarebbe chiesto se realmente avvenuto o no.
Lei scoppiò a ridere, dandogli una leggera gomitata sulle costole e, puntando il dito al suo viso, sbuffò “Non è così che si fa una proposta di matrimonio! – alzò gli occhi al cielo, fingendosi esasperata. – Devo insegnarti tutto io!”.
La vide inginocchiarsi come nelle peggio parodie di qualche stupido cavaliere da film, portarsi una mano al petto e la destra stenderla verso di lui; mosse le dita, invitandolo ad infilarle quel fantomatico anello orribile.
Madara scrollò le spalle, assecondandola internamente divertito e, mentre la aiutava ad indossare il sottile anello di diamanti, la sentì recitare solenne “Vuoi tu Madara Uchiha, signore e padrone di tutti i procioni di Konoha, figlio di Tajima l’appassionato di balli caraibici, e Kayuga la demone coniglio, fratello di Izuna il sadico e parente di molti Uchiha accusati di essere terrore e piaga di questa città, prendere me come moglie e futura madre dei nostri figli?”.
“E va bene, dato che dopo quindici anni non posso richiedere una moglie più giovane...”.
“Sedici!”.
“Ci preoccuperemo della data precisa superati i trenta!”.
Sakura si rialzò, tuffandoglisi praticamente fra le braccia; nascose il viso minuto nell’incavo del suo collo e sfiorò la pelle di quel punto con un bacio.
“Possiamo continuare in macchina, che ne dici?”.
“Dico che è una splendida idea”.

   
 
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