*Note
dell’autrice che riappare dopo
tanto tempo*
Salve a
tutti! Vi
prego di perdonarmi per la mia assenza, ma è stato un
periodo un po’ critico
tra gli ultimi giorni di scuola, l’inizio
dell’estate, i preparativi per il
trasloco, qualche giorno passato al mare e, soprattutto, la mancanza
assoluta
d’ispirazione.
Questa
piccola Shot
era pronta da un po’, senza l’ultima pagina finale.
A costringermi di terminare
il lavoro, è stata la puntura velenosa di un pesce che mi ha
tenuto chiusa in
casa per tre giorni. E, data la noia, ho tentato di scrivere qualcosa.
Questa è una prova
stilistica. Quindi vi prego di farmi sapere
cosa ne pensate, anche perché è la
prima volta che scrivo con questo stile.
Bene,
l’ultimo
avvertimento, poi vi lascio alla lettura. Presto
sarà postato anche il nuovo capitolo di Ombra!
Tranquilli, quella storia
terminerà, piano, piano. Non ho intenzione di lasciarla
incompleta.
Direi
che è tutto.
Bacioni!
Mary-chan
Umani complicati
*Perché
non è facile,
per uno youkai, comprendere la mentalità umana*
Ascolta
con noncuranza i borbottii delle persone intorno a lei, infastidite per
il
ritardo dell’autobus. È concentrata nei suoi
pensieri: si sente leggermente
preoccupata, ma è comunque decisa a far ciò che
si è imposta. Sa che nessuna
scusa potrebbe farle cambiare idea: se ne pentirebbe amaramente, dopo.
Alza
gli occhi dall’asfalto, per notare il mezzo che parcheggia
lentamente nell’area
apposita. Supera una signora di mezza età ferma in mezzo al
marciapiede
affollato e sale nel trasporto arancione, prendendo posto su uno
scomodo sedile
di plastica.
Osserva
l’orario dall’orologio che ha al polso –
solitamente scorda di indossarlo. Questa
volta è un’eccezione. Ci
vorrà
circa mezz’ora per arrivare a destinazione. Estrae dalla
borsa – comprata a
prezzo scontato a un mercatino – il suo i-Pod. Infila le
cuffiette nelle
orecchie, accende il piccolo apparecchio, poi prende il libro che ha
comprato
prima di andare a prendere il bus. Osserva la copertina: la scritta
rossa ESBAT
fa capolino sul fondo di essa. In alto, invece, vi è il
disegno di una luna
piena sanguinante, a causa della spada che vi è infilzata.
Il libro l’aveva
attirata dalla vetrina e aveva deciso di comprarlo, senza farsi troppi
problemi. L’incuriosiva il fatto di come il demone
protagonista somigliasse
tanto al fratello di InuYasha. Decide di accantonare quel pensiero e
dedicarsi
alla lettura. Non è il momento di pensarci.
Dopo
trentacinque minuti l’autobus arriva alla sua fermata. Scende
velocemente, poi
si stiracchia la schiena intorpidita a causa della scomoda posizione.
Ripone il
libro e l’i-Pod nella borsa, prendendo a camminare per le vie
poco conosciute
di quel quartiere.
Nota,
osservandolo bene per la prima volta, quanto sia piacevole passeggiare
per
quelle strade poco affollate. Le piace la calma che trasmette quel
luogo di
periferia, così differente dalla città: piena di
smog e rumori assordanti. Le
piacerebbe vivere in un posto simile, ma tutta la sua vita è
nella metropoli in
cui vive da sempre e non se la sente di abbandonare tutto.
Canticchia
un motivetto di una canzone inglese di cui non ricorda il nome. Non le
importa.
Non perde neanche tempo nel cercare di ricordarselo.
Gira
a destra, imboccando una stradina più stretta.
Inizia
ad essere nervosa e si tortura le mani: le unghie, solitamente curate,
hanno
segni di essere state mangiate. Lega i capelli corvini ed ondulati in
una coda
alta. Comincia a sudare e questo non le sta bene. S’impone di
rimanere calma e
continua il suo tragitto, con il cuore palpitante. Ha paura e non lo
vuole
ammettere.
Dopo
poco arriva davanti ad un palazzo abbastanza alto e tinto di rosa
antico. Entra
nel portone e inizia a salire le scale. Sa dove deve andare.
Arriva
davanti ad una porta in legno. La sua
porta. Fa un respiro profondo e suona il campanello, per poi incrociare
le dita
dietro la schiena.
Forza
Kagome,
si dice. Non c’è niente
di cui aver paura.
Quando
lui apre la porta, però, tutti i suoi buoni propositi di
rimanere calma vanno a
farsi fottere.
Aprendo
la porta, una folata di puzzo di ningen
lo avvolge. Arriccia il naso, infastidito. Guarda la ragazza,
indifferente, poi
la fa entrare. Non saluta. Non gli interessa. Non sa neanche
perché lei si
trova lì e non è molto curioso di saperlo.
Spera
solo che la ningen sparisca presto con il suo odore disgustoso.
Kagome
lo osserva: indossa un pantalone nero elegante e una camicia bianca,
sbottonata
sui primi bottoni. Si sente inappropriata nel suo jeans leggermente
scolorito e
la sua maglietta color pastello.
Deve
essere appena
rientrato dal lavoro,
presuppone. Speriamo che non abbia avuto
una cattiva giornata, o è la volta che non torno a casa viva.
Si
accomoda sul divano in salotto. Sa che lui non le rivolgerà
la parola per
primo. Sa che lui non le chiederà di accomodarsi. Non le
importa: deve fargli
capire che non ha intenzione di andar via facilmente.
Lui
la guarda, per poi posizionarsi su una delle sedie che circondano il
grande
tavolo al centro del salotto.
La
ragazza osserva l’arredamento della casa. È
semplice. Piacevole. Le piace.
“Sesshomaru…”,
decide di intavolare immediatamente il discorso. Anche se
l’ambiente è gradevole,
la compagnia la induce a sbrigarsi e tornare al sicuro tra le pareti
della sua
casa. “… devo parlarti. Riguardo al
matrimonio”.
Lo
youkai – lunghi capelli argentati, affilati occhi color
ambra, orecchie
elfiche, spalle larghe, corpo muscoloso – continua a
fissarla.
Bene,
io continuo,
decide.
“So
che non lo accetti. So che sono solo una stupida ningen, per te. Una
delle
tante. Non m’importa. Anche per me tu sei solo un demone
altezzoso,” si ferma
per fare una pausa. Ha paura che lui l’attacchi per quello
che ha detto, però
continua, leggermente tremante. “ma sto per sposare tuo
fratello, che a te stia
bene o no.”, termina.
Sesshoumaru
si muove impercettibilmente. Non capisce quanto voglia rischiare quella
stupida
mocciosa per un matrimonio. Si rende conto che ha paura, ma non le fa
pena. La
lascerà parlare, poi la ucciderà. O
sognerà di ucciderla. Non può, ne
è al corrente. Suo padre e suo fratello
s’infurierebbero e lui non vuole avere noie. Non per una
sciocca ningen
paurosa. Affila comunque lo sguardo. La stupida deve capire di non
spingersi
troppo oltre.
“So
che non accetti umane nella tua famiglia, come non hai accettato la
madre di
InuYasha, ma… Sarà diverso. Se deciderai di non
volermi più vedere sarà fatto.
Non ti darò alcun fastidio, non pretenderò nulla
da te, anzi. Ti chiedo solo
una cosa: vieni al matrimonio”. Lo fissa negli occhi, decisa.
La paura è
svanita, ora deve pensare solo a convincerlo. Sa che non
sarà facile, perché
lui è il Principe dei Demoni, perché lui
è Sesshoumaru. Però ci prova, perché
non ha intenzione di arrendersi. “Anche se non lo ammette,
InuYasha ci tiene a
te. Gli farà piacere la tua presenza, la tua approvazione.
Non so cosa sia lui
per te, non so se lo consideri tuo fratello, o solo un infimo hanyou.
Ma so che
lui è la persona più importante per me
e desidero solo vederlo felice. E se la tua presenza lo
renderà felice, beh,
l’unica cosa che mi rimane è pregarti,
Sesshoumaru-san”. Conclude il discorso.
Respira, piano. Cerca di rilassarsi, in qualche modo, anche se si rende
conto
che è inutile anche provarci.
Il
Demone continua a guardarla senza fare alcun movimento. Il suo discorso
gli è
indifferente e continua a non capire perché quella stupida
ningen ci tenga
tanto ad una cosa del genere. Non ha intenzione di andare.
L’ha già deciso
qualche giorno fa e lui non cambia mai le sue decisioni. Solo, si
domanda…
riuscirà mai a capire la mentalità umana?
No, si risponde. Impossibile.
“Allora,
Sessh…?”. Si interrompe. Nella sua borsa, il
cellulare suona. Estrae l’oggetto
verdino, si scusa un secondo con lo youkai e si sposta, con il suo
permesso, in
un’altra stanza della casa.
Sesshoumaru,
nel frattempo, ascolta senza volerlo la conversazione, alquanto
ridicola.
“Pronto?”,
domanda Kagome alla voce all’altro capo del telefono.
Kagome!
Dove sei? Ti stiamo
aspettando per l’abito da sposa!, la risposta arriva immediata.
L’urlo la fa
vacillare un attimo, poi continua a parlare senza problemi.
“Oh,
me ne ero scordata! Sono ancora qui, ora…”
Allora?
Che ha detto?
Viene? Se non viene, io… La voce la interrompe bruscamente,
non lasciandole il tempo di
finire la frase.
“Vengo
subito, Rin. Okay? Ciao”. Chiude la conversazione e, un
po’ imbarazzata, torna
in salotto. Raccoglie velocemente la borsa dal divano, ripone il
telefonino e
fa un piccolo inchino di scuse al Demone, che nel frattempo si
è alzato dalla
sedia.
“Devo
andare”, dice, mentre spalanca la porta d’ingresso.
“Facci sapere se vieni. Ti
prego di farlo, Sesshoumaru-san. È una cosa molto
importante. Ora scusami, sono
in ritardo”.
Lo
youkai la vede scendere di corsa le scale, mentre borbotta cose come
“Oh, Kami-sama, è
tardissimo”. Chiude la
porta e, sospirando, si accascia sul divano. Cosa che avrebbe voluto
fare
svariati minuti fa, prima dell’ingresso di
quell’umana. Nessuno lo deve vedere
in queste condizioni. Nessuno.
Si
alza, dirigendosi verso una teca di cristallo, e ne estrae un bottiglia
di
whisky. Se ne versa un bicchiere, poi torna comodo sul divano, mentre
inizia a
berne qualche sorso.
Rin.
Gli
viene in mente quel nome. E quella voce. E quella sfrontatezza.
Simpatica, si ritrova a pensare. Anche se è una ningen.
Potrebbe
essere una sorella di Kagome, o forse un’amica. Si rende
conto che sicuramente
sarà presente al matrimonio.
Incuriosito.
Sì.
Pensa.
Quell’umana,
forse, non è tanto male. Forse può far parte
della famiglia.
Forse
può fare un favore a InuYasha e a suo padre.
Forse,
se somiglia alla ragazza con cui ha parlato poco prima, potrebbe fare
un salto
alla cerimonia per conoscere questa Rin.
E
forse, per questa volta, potrebbe cambiare idea, chissà.
Però
ora vuole rilassarsi. Basta.
Porta
alle labbra ghiacciate il bicchiere, anch’esso di cristallo.
Beve un altro
sorso, poi lo poggia sul tavolino lì accanto e chiude gli
occhi.
Questi
umani sono complicati, sì.
Deve solo rilassarsi.