03/04/2018
3 recensioniChūntiān
Pechino, Marzo 2018
L'aria è rarefatta, o forse no – è solo la soffocante illusione di quel treno blindato.
Sembra una trappola, lo è, decisamente; attraversare il confine significa lasciare casa e – per quanto sia una nazione forte – Nord Corea è più avvezza alle strade ordinate di Pyongyang o al lago Paradiso, glorioso luogo di nascita del caro leader.
Il mondo esterno è solo un grosso inconveniente, un'incomprensione che la infastidisce, ma i tempi non sono dei migliori e non sono concessi stupidi capricci.
È la stessa Yeo-Jin a non accettare tentennamenti, è stata educata ad essere incorruttibile e crede in sé stessa abbastanza da non mostrarsi debole davanti allo straniero.
Un giorno sarà peggio – si ripete – perché le olimpiadi dalla sorella non erano nulla a confronto e neanche un viaggio verso la Cina dovrebbe farla preoccupare.
Un giorno sarà peggio, lo sa bene, poiché si ritroverà a dover accogliere un folle e il suo cane squilibrato, fingendo che vada tutto bene davanti agli stelle e strisce.
Lo farà perchè deve – se è il volere del brillante compagno; lo farà perché, nonostante tutto, non vuole una guerra, un'altra guerra, consapevole che vi sono troppe forze interessate alla vicenda.
Ma ora pensa al presente – un momento di trepidazione dopo anni, insieme a una punta di timore che si insinua quatto nel suo animo, destabilizzando, anche se di poco, il suo morale ferreo.
È un timore marcato made in china – di lusinghe, pericoli e aiuti.
Con Chun Yan è così da sempre, un rapporto altalenante - ricorda le giostre del Kaeson Youth Park – fatto di attacchi inaspettati, ma anche di indiscutibili soccorsi.
E Yeo-Jin conserva un ricordo di lei che risulta persino poetico se si pensa alla bellezza della primavera cinese.
È il profumo fruttato che è solita usare quando si incontrano – fiori di pesco, crede – accompagnato da quella sua espressione autorevole, ma cortese, che le ricorda gli anni della guerra patriottica di liberazione.
Anni di morte, tanta, ma anche di resistenza – perché Yeo-Jin non dimentica quanti compagni cinesi sono caduti al fianco dei suoi fratelli.
Eppure, quando la città di Pechino le riempe gli occhi, tutto sembra ricominciare da capo.
Cina è di fronte a lei, intrattenendo professionalmente i suoi colleghi, ma poco dopo si guardano per un semplice istante.
Ed è più bella, se pensa al capitalismo globale, perché Chun Yan non è solo una grande nazione lavoratrice, ma è anche una donna che non si fa abbindolare da tutti quei prodotti che coprirebbero la sua naturale bellezza.
Per l'occasione – la loro occasione – il suo viso è pulito, non un filo di trucco o di colore ad imporporarle artificialmente le guance; è elegante con un tailleur chiaro, ed il fiore tra i capelli è un evidente segno di trasgressione contro la formalità.
All'inizio Yeo-Jin rimane immobile, impettita persino, come in una parata militare, ma dura fino a quando l'altra non le afferra le mani, donandole un caldo sorriso che non ha nulla di falsa diplomazia.
La sincerità del suo sguardo la rende paranoica – non riesce più a fidarsi di nessuno -, ma apparentemente Chun Yan lo percepisce e la conosce abbastanza da non offendersi davanti alla sua prudenza.
«Huānyíng! Ti stavo aspettando da così tanto tempo.»
E lo dice come se fosse vero – magari non si tratta di una menzogna, o forse sì, ma Yeo-Jin per una volta vuole credere che qualcuno, fuori nel mondo, abbia sentito la sua mancanza.
«Sono solo venuta per vedere la fioritura.»
Una piccola bugia quanto è piccolo il suo sorriso, ma Cina ricambia con il modesto orgoglio che tanto la caratterizza.
Davanti ad esso Im Yeo-Jin non ha armi per difendersi; si arrende e - implicitamente – ammette di aver avuto sempre un debole per la graziosa Wang Chun Yan.
Sembra una trappola, lo è, decisamente; attraversare il confine significa lasciare casa e – per quanto sia una nazione forte – Nord Corea è più avvezza alle strade ordinate di Pyongyang o al lago Paradiso, glorioso luogo di nascita del caro leader.
Il mondo esterno è solo un grosso inconveniente, un'incomprensione che la infastidisce, ma i tempi non sono dei migliori e non sono concessi stupidi capricci.
È la stessa Yeo-Jin a non accettare tentennamenti, è stata educata ad essere incorruttibile e crede in sé stessa abbastanza da non mostrarsi debole davanti allo straniero.
Un giorno sarà peggio – si ripete – perché le olimpiadi dalla sorella non erano nulla a confronto e neanche un viaggio verso la Cina dovrebbe farla preoccupare.
Un giorno sarà peggio, lo sa bene, poiché si ritroverà a dover accogliere un folle e il suo cane squilibrato, fingendo che vada tutto bene davanti agli stelle e strisce.
Lo farà perchè deve – se è il volere del brillante compagno; lo farà perché, nonostante tutto, non vuole una guerra, un'altra guerra, consapevole che vi sono troppe forze interessate alla vicenda.
Ma ora pensa al presente – un momento di trepidazione dopo anni, insieme a una punta di timore che si insinua quatto nel suo animo, destabilizzando, anche se di poco, il suo morale ferreo.
È un timore marcato made in china – di lusinghe, pericoli e aiuti.
Con Chun Yan è così da sempre, un rapporto altalenante - ricorda le giostre del Kaeson Youth Park – fatto di attacchi inaspettati, ma anche di indiscutibili soccorsi.
E Yeo-Jin conserva un ricordo di lei che risulta persino poetico se si pensa alla bellezza della primavera cinese.
È il profumo fruttato che è solita usare quando si incontrano – fiori di pesco, crede – accompagnato da quella sua espressione autorevole, ma cortese, che le ricorda gli anni della guerra patriottica di liberazione.
Anni di morte, tanta, ma anche di resistenza – perché Yeo-Jin non dimentica quanti compagni cinesi sono caduti al fianco dei suoi fratelli.
Eppure, quando la città di Pechino le riempe gli occhi, tutto sembra ricominciare da capo.
Cina è di fronte a lei, intrattenendo professionalmente i suoi colleghi, ma poco dopo si guardano per un semplice istante.
Ed è più bella, se pensa al capitalismo globale, perché Chun Yan non è solo una grande nazione lavoratrice, ma è anche una donna che non si fa abbindolare da tutti quei prodotti che coprirebbero la sua naturale bellezza.
Per l'occasione – la loro occasione – il suo viso è pulito, non un filo di trucco o di colore ad imporporarle artificialmente le guance; è elegante con un tailleur chiaro, ed il fiore tra i capelli è un evidente segno di trasgressione contro la formalità.
All'inizio Yeo-Jin rimane immobile, impettita persino, come in una parata militare, ma dura fino a quando l'altra non le afferra le mani, donandole un caldo sorriso che non ha nulla di falsa diplomazia.
La sincerità del suo sguardo la rende paranoica – non riesce più a fidarsi di nessuno -, ma apparentemente Chun Yan lo percepisce e la conosce abbastanza da non offendersi davanti alla sua prudenza.
«Huānyíng! Ti stavo aspettando da così tanto tempo.»
E lo dice come se fosse vero – magari non si tratta di una menzogna, o forse sì, ma Yeo-Jin per una volta vuole credere che qualcuno, fuori nel mondo, abbia sentito la sua mancanza.
«Sono solo venuta per vedere la fioritura.»
Una piccola bugia quanto è piccolo il suo sorriso, ma Cina ricambia con il modesto orgoglio che tanto la caratterizza.
Davanti ad esso Im Yeo-Jin non ha armi per difendersi; si arrende e - implicitamente – ammette di aver avuto sempre un debole per la graziosa Wang Chun Yan.
Note dell'autrice:
●Caro Leader – una leggenda racconta che Kim Jong-il sia nato vicino al Lago Paradiso, al confine tra Cina e Nord Corea; caro leader è il soprannome di Kim Jong-il.
●Cane squilibrato - alla fine del 2017 Kim Jong-un ha definito Trump un “vecchio squilibrato”, un “cane che deve abbaiare più forte” - il presidente degli USA (perché ovviamente tutti e due sono molto maturi) ha risposto dandogli del “Rocket Man.”
●Brillante compagno – soprannome di Kim Jong-un.
●Kaeson Youth Park – è un luna park a Pyongyang.
●Guerra patriottica di liberazione – è il nome coreano per la guerra di Corea.
●Attacchi inaspettati – per farla breve, nel 1956 forze filo-cinesi (appoggiate dall'URSS) speravano di destabilizzare il potere di Kim Il-sung; considerate che era lo stesso periodo in cui Khrushchev iniziò la destalinizzazione e la campagna contro il culto della personalità, quindi volevano accusare Kim Il-sung di non rispettare l'ideologia leninista.
● Huānyíng – benvenuto/a in cinese
Tutto questo perché a marzo Kim Jong-un ha raggiunto la Cina in un treno blindato; è stato il suo primo viaggio a Pechino e anche il primo al di fuori della Corea.
I rapporti tra Cina e Nord Corea non sono così semplici come possono sembrare, anche se comunque hanno avuto una storia in comune e adesso il Nord Corea dipende molto dalle decisioni economiche cinesi.
Il nome di nyo!North Korea l'ho scelto io, ma il cognome Im l'ho preso in riferimento al nome ufficiale di Corea del sud.
Il titolo significa primavera in cinese – che fantasia!
Buh, credo di avere detto tutto, bye.
P.S. Ma Nord Corea sarebbe un OC? Un fan character? Boh. Dovrei mettere “Nuovo personaggio”?