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Autore: LuxITD    03/04/2018    2 recensioni
John e Sherlock si ritrovano invischiati in un caso assai impervio e tortuoso. Il capo di una rete terroristica deve essere catturato ma nulla è come sembra. Entrambi conoscono il peggior svantaggio a proprie spese e sono convinti di voler affrontarlo. In fondo, sono sempre loro tre contro il resto del mondo.
"Il mio vantaggio non è più essere dieci passi avanti rispetto agli altri ma essere a due passi dal tuo fianco"
[Johnlock] [Parentlock] [Post sixth season]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho deciso di condividere con voi la favola della buonanotte che Rosie vuole le racconti più spesso perché, alla fine dei conti, io e Sherlock avremmo comunque dovuto comunicare la notizia e, dato che in ben otto mesi non siamo riusciti a trovare il modo giusto di farlo, abbiamo deciso di usare il blog e le parole che fanno addormentare placidamente e magicamente nostra figlia.
Sherlock potrebbe sembrarvi fuori di testa ma, in realtà, l’uomo di cui mi sono innamorato è anche così come leggerete da qui a poco.

“Era un giorno tranquillo e il sole splendeva luminoso nel cielo londinese, stranamente terso e azzurro, la primavera era appena iniziata ma il freddo non voleva saperne di abbandonare noi poveri umani alla ricerca di un po’ di tepore. Sherlock era alle prese con un caso ostico e tortuoso che lo costringeva a rimanere in quella sua dannata posizione, steso sul divano, con le gambe troppo lunghe che non riuscivano ad essere contenute dalla dimensione di quel giaciglio fin troppo sfruttato, con i piedi nudi e bianchi e le due dita delle mani congiunte tra di loro che appoggiandosi sul mento formavano un quasi perfetto triangolo, per troppe ore, troppi giorni…in quel caso per ben più di una settimana.
Non potevo più sopportare quella situazione, il tavolo imbandito di qualsiasi cosa che, normalmente, non avrebbe dovuto avvicinarsi nemmeno ad una casa di persone civili, Sherlock non cambiava vestaglia, non si radeva, non si pettinava, non mangiava e non dormiva da dodici giorni, da ben duecentottantotto ore, non si poteva continuare con quello sciopero infinito di funzioni vitali, avrebbe perso il senno, l’avrei perso con lui.
Il caso volle che dopo qualche ora il caro genio della sregolatezza ricevesse una chiamata da uno degli appartenenti alla rete dei senzatetto e che dopo nemmeno quaranta minuti ci ritrovassimo fuori casa con un borsone a testa intenti a salutare una piccola principessa restia a salutare i suoi papà ma felice di trascorrere del tempo con la nonna per elezione.
Non sapevo cosa ci fosse in quei borsoni, non conoscevo la meta, mi ritrovai in una macchina nera, direzione aeroporto, con una benda sugli occhi e le mani legate, ero con Sherlock e avrei dovuto essere tranquillo ma, proprio per la presenza dello spilungone al mio fianco, sapevo di dover tenere la guardia alta, sarebbe potuto succedere un dramma, qualcuno avrebbe potuto prenderci di mira ed io mi sentivo indifeso senza la capacità di poter muovere le mani come più gradivo ma, facendo attenzione, notai di aver dei nodi molto lenti, in caso di necessità avrei potuto liberarmi velocemente e senza problemi, come al solito, Sherlock aveva visto al di là del proprio naso.
Dopo molte ore di viaggio scendemmo dall’aereo privato di Mycroft e, pur non avendo riavuto indietro il dono della vista, mi resi conto di essere in un luogo molto freddo, più freddo dell’Inghilterra. Non ebbi modo di capire altro, dovetti camminare per un bel po’ di tempo con un borbottante spilungone che trascinava i piedi ogni tre passi e che reclamava la mia attenzione con quel suo solito modo di pronunciare il mio nome. Ad un tratto Sherlock mi tolse la benda dagli occhi e non fui in grado di sopportare la luce, non subito almeno, ma, appena ne ebbi la capacità restai a bocca aperta, in poche parole si era ripresentata più o meno la stessa reazione che il genio era obbligato a sorbirsi ogni qual volta si cimentasse in una delle sue deduzioni.
Mi aveva portato in Norvegia, o meglio, in una baita innevata in Norvegia per il caso, mi disse che nei paraggi, in uno dei rifugi più a bassa quota, c’era un complice del suo primo sospettato e che con un po’ di fortuna sarebbe riuscito ad acciuffare il capo di una rete terroristica londinese.
Solo dopo più di dodici ore, venti tentativi di scucirgli più dettagli inerenti al caso, quattro profferte di cibo ed un infinito silenzio forzato, riuscii a risalire al VERO caso. Il complice era lo stesso Sherlock, il primo sospettato e, quindi, il capo ero io e la rete terroristica era il cuore di un principe di ghiaccio che aveva paura di far scoppiare un kamikaze chiedendomi quello che mi avrebbe chiesto di lì a poco.
Senza nemmeno rendermene conto mi ritrovai ad osservare pietrificato uno Sherlock in ginocchio, chiariamoci, bizzarramente in ginocchio per una persona che sta per chiedere la mano di qualcuno, non sarebbe stato il MIO genio altrimenti, non mi importava nemmeno di vederlo con entrambe le ginocchia appoggiate sul pavimento, non mi interessava fargli notare che avrebbe dovuto posizionarsi in modo diverso, non avevo a cuore null’altro se non la visione celestiale dell’uomo che amo in procinto di chiedermi di sposarlo con tra le mani una piccola scatolina di velluto grigio/blu, “del colore dei tuoi occhi”, mi disse.
Non sapeva tenessi nascosta nel mio armadietto in ambulatorio una scatolina contenente due anelli identici, non aveva idea la stessi conservando per tirarla fuori al momento opportuno, non poteva nemmeno credere a quanto fossi nervoso e indeciso per fargli LA proposta, a quanto credessi e creda ancora di non meritarmi un tale capolavoro di umanità, a quanto fosse immensamente ricco di sentimenti e di voglia di proteggere colui che avesse deciso di amarlo e di farsi amare dall’uomo più meravigliosamente complicato dell’Universo.
In pochi momenti mi sono ritrovato con le lacrime agli occhi e quello era sicuramente rientrato in una classifica speciale e privilegiata in cui esistevamo solo noi due e te, mia piccola dolce Rosie, non eravamo più in due contro il resto del mondo, eravamo diventati un trittico inscindibile, una sorta di unica entità incapace di dividersi.
Ho sempre saputo quanto Sherlock fosse umano, quanto fosse in grado di proteggermi e quanto riuscisse a farmi sentire completo e amato, nonostante tutto ciò che non va in me, tutto ciò che non andrà mai ma in quei minuti mi resi conto di quanto lui meritasse di più. Più amore, più protezione, più luce, più futuro, più vita.
«Ascolta, so di conoscere tante cose, so di sapere tante cose e so di non meritarti, so che forse non ci meriteremo mai, so però che non mi importa. So che voglio che tu sia dalla mia parte, vincente o perdente che sia. Mi hai insegnato e mi hai ricordato così tante cose ed io voglio insegnartene solo una: come dire si alla mia proposta. Ho avuto paura nella mia vita e no, non provare nemmeno ad ritorcermi contro quest’affermazione perché la ritratterei in qualsiasi momento, ma niente mi ha terrorizzato come morire e lasciare te a piangermi, sono stato pronto a morire, morire non era nulla in confronto al saperti in pericolo, in confronto al salvarti. Ora ti dico che voglio vivere anche solo per sentire quella fede pesare sul mio dito. E se questa sarà mia condanna ad essere un perdente, non importa. Il mio vantaggio non è più essere dieci passi avanti rispetto agli altri ma essere a due passi dal tuo fianco. John Watson, sposami.»
Quella di Sherlock era stata la più assurda e la più commovente proposta di matrimonio ma non avrei potuto desiderarne un’altra, non l’avrei nemmeno voluto. Ero felice, non riuscivo a smettere di ridere e stavo per sposarmi, cosa avrei dovuto volere di più dalla nostra vita dopo tutto ciò che avevamo passato?!
Ad un tratto un bagliore iridescente illuminò il cielo sopra di noi, Sherlock era ancora con le ginocchia affondate nella neve, io non ero ancora riuscito a dargli una risposta ma sembrava che la natura avesse deciso di rispondere per me con uno degli eventi più magici che, assurdamente, aveva deciso di presentarsi in un mese quasi insolito rendendo ancor più speciali degli attimi che già si erano eternizzati.
«Vedi Sherlock, non avresti nemmeno bisogno di una risposta perché la conosci già…l’hai sempre conosciuta ma ti dirò questo. Le particelle che danno vita a questo spettacolo di luci non saranno mai sufficientemente numerose per descrivere tutti i sentimenti che provo per te. Né saranno abbastanza le tonalità dell’arcobaleno perché, per me, i tuoi occhi contengono tutti i colori necessari per la mia esistenza. Quindi si.»
«John, veramente l’aurora polare, boreale o australe a seconda dell’emisfero in cui viene osservata, è un fenomeno luminoso generato dall’interazione tra particelle cariche, precisamente protoni ed elettroni che formano il vento Solare, e le molecole di gas che formano la nostra atmosfera terrestre che produce dell’energia sotto forma di luce visibile. Non sono propriamente le particelle a far scaturire quei flash luminosi. E poi c’è da considerare…»
Scossi la testa spazientito e follemente innamorato.
«Sherlock, non sei proprio un conoscitore della volta celeste, che ne diresti di lasciar perdere le spiegazioni per stasera?»
«Ma John, c’è da considerare la velocità oraria del Vento Solare, la potenza…»
«Shhh, prendi il telefono, chiamiamo Rosie su Facetime e facciamole vedere questo spettacolo»
«Si ma John…»
«DOPO.»
E fu così che i tuoi due papà decisero di sposarsi e di crescerti come avevano sempre fatto ma con una fascia d’oro bianco al proprio anulare sinistro e con il convenzionale quanto inutile riconoscimento all’unione delle loro vite.”


«Allora?»
«Papà ma tu ami così tanto il papi?»
John rimase senza parole, meno di Sherlock, sicuramente, ma sempre privo di capacità comunicative, non si era mai trovato nella situazione di dover ammettere i propri sentimenti per quell’uomo che gli aveva cambiato la vita, non in presenza di sua figlia, almeno. Poi decise di essere sincero e di abbandonare l’ultima sua maschera di pudore.
«Si, Rosie, più di così tanto» e allargò le braccia com’era solita fare sua figlia in quelle occasioni.
La bimba gli regalò un enorme sorriso ed annuì.
«Ora a dormire, signorina, fila sotto le coperte, vengo a raccontarti una storia»
«Di nuovo questa papà»
«Va bene, di nuovo questa»
«E farai la voce del papi»
«Rosie! A letto su.»
Voltando la testa John si rese conto che il suo uomo non aveva detto nemmeno mezza parola e normalmente non si sarebbe allarmato, era normale per Sherlock ammutolirsi ed evitare di fornire risposte adeguate ma, in quel caso, era fin troppo strano, anche per il genio.
«Sherlock…tutto okay?»
Nessuna risposta.
«Sherlock?»
Mutismo ostinato
«Quando avrai ritrovato il dono della...»
«Ti amo»
«Scusa?»
«Logicamente, per quanto la tua logica sia assolutamente inesistente, ti aspetteresti, cosa poi dovresti aspettarti da me di così prevedibile in un ambito così impervio per la mia persona mi è ancora oscuro, ti aspetteresti che io ti dica che l’ho sempre fatto che, nonostante io non l’abbia mai detto, per detto s’intende ciò che è stato deliberatamente fatto filtrare dall’emisfero sinistro del cervello al cavo orale, ma per detto io intendo dimostrato con i fatti, comunicato dagli occhi, da un’espressione, dalla più piccola ed infinitesimale particella del corpo di colui che voleva far cogliere all’altro un qualcosa di non detto. Non te lo dirò perché lo sai già, l’hai sempre saputo. Ti dirò solo che è così, che sarà sempre così, che nonostante ciò in cui più credo fermamente sia la scienza io ho deciso di credere di più in te, in noi, di lasciare che, tra tutti i miei difetti, tu sia quello chimico. Amare è uno svantaggio pericoloso ma non amare, non amare te, John Watson, sarebbe uno svantaggio ancor peggiore. Essere nella parte vincente insieme a te, contro il resto del mondo è ciò che ho sempre voluto ma essere nella parte perdente avrebbe senso solo se perdessimo insieme e, se succederà, ma ne dubito perché, ovviamente, non è ancora nato qualcuno in grado di annientarmi, sarà la non vittoria più chimicamente avvincente della storia»
«Io…anche io…cioè, sono d’accordo ma…»
«E, John, non ti sei basato sui fatti così come sono accaduti…non è proprio finita così quella serata, devo ricordarti le condizioni in cui versavano il letto e le lenzuola?»
«Non occorre che tu me lo ricordi e, caro il mio stritolatore di mani intrecciate, non hanno ancora consentito la diffusione di materiale a luci rosse in presenza di minori e Rosie, nonostante la sua arguzia e maturità, è ancora una bambina»
«Ora non vedo bambini»
«Infatti…quindi io vado a far addormentare Rosie e tu vai in camera a fare…tu sai cosa, non perdiamo tempo inutile»
«Si, capitano»
«Non chiamarmi così, non adesso. Vai, poi ne riparliamo»
«Attendo con impazienza»
«Sarà meglio.»









Angolo autrice:
>Opera realizzata per la Secret Easter Bunny Challenge 2018 del gruppo fb "ASPETTANDO SHERLOCK"<
Saaalve, per la prima volta mi sono cimentata in una Johnlock, a dirla tutta non ho mai scritto su Sherlock perchè ero terrorizzata dal poter rovinare un capolavoro simile dato che, quando ho a cuore uno show o un personaggio, tendo sempre a conoscerlo al massimo per poi dedicarmici anima e cuore.
Detto questo, spero di aver fatto almeno un lavoro decente e vorrei tanto avere dei pareri, positivi o negativi che siano, non importa, ditemi tutto quello che vi passa per la testa, sono qui in trepidante attesa.
Vi auguro una buona giornata.
-Irene  

 
  
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