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Autore: CWABWY group    05/04/2018    1 recensioni
Per la Clexa Week 2018, Free day.
Dopo che Lady Clarke ha rifiutato pubblicamente le avances del re, lui decide di umiliarla facendola sposare con la spietata comandante della sua armata. Clarke scopre che in Lexa c'è molto di più di ciò che il re sa.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Cage Wallace, Clarke Griffin, Lexa
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Candlelight

Scritta da RaspberryTree

Traduzione realizzata da Space Pirate Ryoko e Flavia Viglione

Fanfiction originale: https://archiveofourown.org/works/13858632

Sommario:

Per la Clexa Week 2018, Free day.

Dopo che Lady Clarke ha rifiutato pubblicamente le avances del re, lui decide di umiliarla facendola sposare con la spietata comandante della sua armata. Clarke scopre che in Lexa c'è molto di più di ciò che il re sa.

Fonte: https://lecrumble.tumblr.com/post/171490693523/clexa-week-day-7-free-day-candlelight-after



Clarke guarda attraverso la fessura nella finestra, fissando la neve che cade al di fuori. Non smette da giorni. Si sente stanca e affamata, con una voglia matta di qualsiasi cosa che non sia pane raffermo e carne secca. Sa che è più di quello che hanno i poveri, molto di più di ciò che hanno le grandi famiglie del regno di Wallace, ma resta cibo da prigione.

A prima vista, sembrerebbe una stanza degli ospiti come le altre nel castello del re, ma Clarke è stata rinchiusa lì dentro da giorni ormai, e sa bene cosa significa. Questa è la sua punizione, la conseguenza di un feroce schiaffo sulla guancia del Re Cage, il cui suono era riecheggiato in tutta la sala da ballo. Davanti a centinaia di persone, Lady Clarke, unica erede del Clan Griffin, aveva umiliato il suo re.

Ovviamente le guardie la presero prima che potesse anche solo pensare di scappare. Le diffamazioni nei suoi confronti iniziarono a diffondersi nel regno molto velocemente dopo quell’atto. Si diceva che lei avesse un coltello. Che pianificasse di assassinarlo. Che avesse cercato di sedurlo ma lui l'avesse rifiutata. Fu accusata di essere impazzita di gelosia nel vederlo danzare con un’altra donna. Lei era una Griffin e la pazzia scorreva nel loro sangue – dopotutto, era ciò che condusse i suoi genitori a una morte prematura. Ancora oggi, i pettegolezzi imperversavano su di lei.

Clarke si sente pesante e rotta dentro, il che era proprio il punto della questione. Il re provava piacere nel tirare fuori il dolore altrui, e i suoi cortigiani incoraggiavano sempre qualsiasi pensiero malvagio gli passasse per la testa. Clarke se li immagina molto facilmente: signori compiaciuti che camminano nei corridoi del castello nelle loro lucide armature e pesanti pellicce quando in realtà non hanno combattuto una battaglia in vita loro. Ronzano intorno al re come mosche sulla merda. Questo era un mondo che a Clarke non è mai piaciuto.

È stata una sciocca a pensare di poter partecipare al ballo come atto di cortesia e poi andarsene. Non ha mai sentito la mancanza del calore di casa come adesso. Si chiede cosa ne sarà di essa e dell’ultimo pezzo di terra dei Griffin a cui si era aggrappata.

Diventerà suo?

Clarke afferra immediatamente lo stemma dei Griffin che pende dalla sua collana, cercando di trarne forza. In qualche modo, il re aveva accordato una sentenza ancora più sordida della fustigazione pubblica: un'unione con il comandante degli eserciti. Proprio la donna che la gente considerava più animale che umana – o meglio, un animale disciplinato e addestrato a uccidere e morire per la corona. La donna che aveva dato alle fiamme il castello della Regina del Ghiaccio ed era risorta dalle ceneri a soli sedici anni. La donna che si diceva avesse un’anima così marcia che il suo sangue fosse diventato del colore del carbone. Nessuno sa da dove viene – e pertanto molti avevano ipotizzato che fosse stata chiamata dagli angoli più oscuri del reame.

Questa era la donna con cui fu stabilito che Clarke si sarebbe fidanzata mentre era rinchiusa.

Clarke sa che il comandante è giovane, almeno più giovane del re, ma anche che ha combattuto mostri grandi il doppio di lei riemergendo senza un graffio. Se i regni adiacenti si inginocchiano ai piedi di Cage, è perché il suo comandante ha riunito i dodici clan più potenti sotto una bandiera: la sua. Le loro armate unite sono uno spettacolo che nessun nemico vorrebbe vedere. Non è un segreto che Cage non ha interesse in strategie, piani di battaglia, o mappe. Clarke sospetta che lui non abbia mai lasciato il castello da quando era nato. Appare sicuramente più pallido di un osso, con scuri cerchi sotto i suoi piccoli occhi e una cicatrice sulla bocca, ricordo di una malattia infantile.

Il comandante che lotta così fieramente in nome di uno spirito così vile e debole - Clarke prova ribrezzo al pensiero di dover condividere il tavolo di una cena con lei, figurarsi un letto. Non c’è dubbio che la sua punizione è una sentenza di morte, con lo scopo di annientare il suo spirito.

*

È un giorno brutalmente freddo quando le comunicano che è ora. Due donne fiancheggiate da una guardia la scortano in sala per un bagno, dove la immergono in acqua fredda e strofinano ogni centimetro della sua pelle. Sono silenziose, vigorose, e Clarke le odia con ogni fibra del sue essere. Non va meglio quando le mostrano il suo vestito: una cosa bianca, senza maniche, che deve aver collezionato polvere per decenni.

Le lasciano i capelli sciolti, tranne per due trecce ai lati, che raccolgono poi dietro e legano insieme con un grezzo fermaglio. Clarke sussulta ma non osa chiedere se sta sanguinando. Le sue labbra stanno già diventando blu per il freddo e tutto ciò che desidera è che questa giornata giunga al termine. Che il re faccia ciò che vuole, pensa, che tutto finisca.

“Cammina.”

Clarke è trascinata giù per le scale, attraverso le viscere del castello che ha imparato a disprezzare, e poi oltre la porta che conduce al giardino sepolto sotto uno spesso strato di neve.

Non c’è nessuno là.

Nessuno a parte il re, fiancheggiato dalle sue guardie, un uomo con una tunica verde e il comandante in persona.

Clarke è riuscita a trattenere le lacrime fino a ora, ma adesso è diventato più difficile. Aveva immaginato questo giorno in passato. Aveva pensato agli ospiti che avrebbe invitato: i suoi cugini, i suoi amici. Aveva pensato al tempo: un bellissimo cielo blu e il calore del sole. Aveva pensato al significato dell’unione: cuore, corpo e spirito legati insieme a quelli del suo amante. Ma oggi non ci sono ospiti, il vento gelido pizzica sulla sua pelle esposta, e Clarke non vuole legare nulla di se stessa al comandante.

“È arrivata!” Esclama il re ridendo.

Il comandante si gira. Indossa il cappotto, l’armatura e lo spallaccio che ha sempre. I suoi capelli sono intrecciati in maniera molto più complessa di quelli di Clarke, e i suoi occhi sono immobili, mentre la osserva da lontano.

“Venite!” Il re ordina, come se il suo gioco preferito fosse appena iniziato.

Clarke arranca sulla neve, realizzando dopo pochi passi che le donne che l’accompagnavano sono andate via e la guardia è ora appostata alla porta. Sente il suo cuore sgretolarsi in pezzi man mano che si avvicina. Vicino al comandante c’è un blocco di roccia bianco con un coltello appoggiato sopra, usato in genere per il legame di sangue. Quasi spera che la uccidano con quel coltello.

“Inginocchiati di fronte al tuo re!” comanda l’uomo con la tunica.

Clarke si morde il labbro inferiore fino a quasi sanguinare quando finalmente cade in ginocchio sulla neve. Riesce a sentire gli occhi di tutti su di lei - il loro sguardo imperioso mentre se ne stanno in piedi e al caldo nei loro stivali e vestiti. Ovviamente l’uomo con la tunica non ordina al comandante di fare la stessa cosa - lei non si inginocchia, nemmeno di fronte al re. È la prova del potere che le porta il suo titolo.

Sembra che il re provi piacere nel guardarla a lungo, perché anche il comandante inizia a muoversi sul posto. Clarke fa di tutto per salvare la poca dignità che le è rimasta stringendo i denti e provando a trattenerli dal battere.

Guardando di sfuggita lateralmente, nota che il comandante si era tolto il suo soprabito foderato di pelliccia. Il re sembra contrariato, divertito dalla vista di Clarke tremante.

“Coprireste un vestito così adorabile?” chiede al comandante.

Clarke sente le mani del comandante sulle sue spalle mentre le sistema il soprabito addosso. Le sue dita intorpidite afferrano la pelliccia istintivamente, stringendola intorno a sé come una coperta. Considera brevemente di gettarla via, ma i suoi arti sono troppo congelati.

“Non mi sarà di alcuna utilità se è malata stasera,” risponde il comandante.

Il re sogghigna. “Sì, certo.”

Clarke non ha la forza di sussultare. Forse sarebbe stata il comandante ad ammalarsi improvvisamente e a lasciarla in pace. Se lo sarebbe meritato.

“Lady Clarke,” dice il re, “Dovresti considerarti fortunata. Avevo altri piani in mente per te, ma il mio comandante sembra aver preso in simpatia la tua vena selvaggia.”

Clarke guarda in alto, i suoi occhi si spalancano per un momento. Non era stata un’idea del re allora…? Il re si ferma davanti a Clarke e le pone la mano guantata sul mento.

“E dopo una decade di leale servizio,” bisbiglia con un sorriso crudele, “Non ho potuto negarle il piacere di distruggerti.”

Finalmente il re si gira verso l’uomo con la tunica. “Procedi, allora. È una bella giornata per un matrimonio!”

L’officiante china la testa e prende il coltello dal masso di marmo. Fa cenno a Clarke di avvicinarsi.

“Mettiti davanti alla tua prescelta.”

Clarke vuole sputargli in faccia. Lei non aveva scelto proprio niente. Si alza e si posiziona indifferente davanti al comandante, evitando il suo sguardo di pietra.

“Mostrate i vostri palmi.”

Il comandante mostra il suo, ma Clarke si blocca. Sa cosa sta per succedere e cosa avrebbe rappresentato – il suo destino sarebbe stato sigillato; intrecciato con quello di una sconosciuta senza cuore.

“Fai quello che ti dice,” l’aggredisce il re.

Clarke quindi tende il suo palmo tremante, respingendo indietro le lacrime. L’uomo con la tunica le afferra il polso e senza alcun avvertimento preme con forza la punta affilata lungo il suo palmo. Clarke morde internamente le proprie guance per soffocare le grida. Non darà loro la soddisfazione di sentirle. L’uomo fa poi lo stesso sul palmo del comandante. Lei rimane impassibile, come se le avessero solamente pizzicato la pelle.

Con perversa curiosità, Clarke osa guardare il sangue che cola dal taglio del comandante. È rosso come il suo.

L’uomo le prende il polso e forza il suo palmo sopra quello del comandante. La sua mano è stranamente calda – o forse tutto sembra più caldo ora che Clarke si sente come un blocco di ghiaccio. Il sangue dei loro tagli si mescola e cola sul masso di marmo.

“Il sangue è un ricordo della vostra mortalità,” recita l’uomo con la tunica. “Giurate di proteggervi a vicenda.”

“Lo giuro,” concorda il comandante.

Il groppo nella gola di Clarke cresce. “Lo giuro.”

L’uomo con la tunica tira fuori un pendente dalla sua tasca, con uno stemma d’oro attaccato.

“Come maggiore potere in questa unione, lo stemma del comandante prevale.” poi si gira verso Clarke “Giura di rinunciare al Clan Griffin.”

Clarke sente il suo cuore spaccarsi in due. Le sue fredde lacrime formicolano ai suoi occhi “Lo giuro.”

Con mani grezze, l’officiante le strappa la collana che porta da quando i suoi genitori sono morti. La lascia cadere sulla pietra di marmo insanguinata e la sostituisce al suo collo con quella con lo stemma del comandante. Il metallo prezioso sembra più pesante di quello che è e Clarke immagina che non ci si abituerà mai.

“Il destino benedirà o maledirà la vostra unione. Giurate di rimanere al vostro fianco durante le avversità e il tempo. Giurate lealtà e rispetto. “

“Lo giuro,” intona il comandante.

“Lo giuro.”

“Adesso baciate la sposa” il re ordina impazientemente.

Mentre l’uomo con la tunica si fa da parte, il comandante prende Clarke dietro al collo e le dà un freddo bacio. È freddo perché non c’è nulla in questo bacio a parte un ordine; perché Clarke sa che non c’è un cuore sotto l’armatura del comandante. La mano rigida premuta contro il suo collo ha ucciso così tanti e amato così pochi che Clarke ha paura che un giorno possa giustiziare anche lei.

In un impeto di rabbia tira via la sua testa.

Il sorriso del re si inacidisce. Fa un passo verso Clarke e afferra l'impugnatura della sua spada “Eccola di nuovo, questa piccola selvaggia-”

“Non mi importa,” lo interrompe il comandante, voltandosi verso di lui “come vi ho già detto: niente di selvaggio è indomabile.”

Il re fissa Clarke con durezza, con il disprezzo negli occhi. Può vedere quanto vuole farle del male – è la prima ad aver rifiutato qualcosa da lui – ma non è nulla in confronto all’odio che lei prova per lui. Finalmente, allenta la presa sulla sua spada.

“Avete ragione” dice al comandante con un sorriso derisorio “Dopotutto voi lo sapete meglio di me.”

Clarke intravede la minima contrazione della mascella del comandante prima che faccia un cenno con la testa. All’improvviso il re batte le sue mani guantate, facendo sobbalzare Clarke.

“È fatta quindi!” Esclama “Il mio prestigioso comandante ha finalmente trovato per sé una puttanella sua.”

 Improvvisamente Clarke è grata per il freddo; grata che le congeli le lacrime prima che si azzardino a cadere.

*


Mentre il re e il comandante si riuniscono, Clarke viene messa in una carrozza e portata nell’accampamento della prima armata, oltre i confini del castello e nella gelida foresta di pini. Quando scende, due ancelle la stanno già aspettando. Un’occhiata al cappotto del comandante che le copre le spalle impone loro di chinare la testa.

Clarke aveva dimenticato che non è più una Griffin. La colpisce il fatto che non sa più nemmeno cosa è. Non ha mai sentito nessuno chiamare il comandante per nome e lo stemma non ha un’iniziale.

Le ancelle la scortano oltre le tende e ai guerrieri seduti intorno ai falò. Alcuni la guardano con curiosità; altri ridacchiano mentre sale la collina che porta alla tenda del comandante. È più piccola di quanto Clarke si aspettasse, con pellicce appese sopra alle stoffe per garantire maggiore calore. Due guardie, armate di lancia, sono all’entrata e si scansano senza dire nulla.

L’interno della tenda è l’essenza della praticità: un grande tavolo ricoperto di mappe, una cassa chiusa, una tenda in un angolo che a malapena copre un letto con delle pellicce, e un altro tavolo con vino, acqua e piatti di cibo. Delle lanterne con candele sono appese alle travi, riscaldando la tenda e formando ombre sulle pareti.

Un’ancella prende il cappotto dalle spalle di Clarke e lo appoggia su una sedia mentre l’altra le toglie il fermaglio dai capelli, facendo cadere libere le trecce. Si fermano quando il comandante entra all’improvviso e incrocia le mani davanti a sé. Le ancelle escono senza dire una parola, chiudendo la pesante falda all’entrata della tenda.

Clarke sente il suo cuore battere selvaggiamente, terrorizzata da ciò che sta per accadere. Si sente esposta, nel suo vestito leggero; impreparata per l’incubo che avverrà. Il comandante estrae la spada all’improvviso, facendo sobbalzare Clarke.

Poi si inchina.

Clarke sente il respiro spezzarsi in gola.

“Non c’è niente che io possa dire che valga come giustificazione” inizia il comandante, deglutendo lentamente “Sei stata strappata via dalla tua casa, sei stata tenuta prigioniera in una stanza per giorni, e obbligata a sposare una donna che hai ogni diritto di definire mostro. Ma forse quello che condividerò con te stanotte potrà darti speranza.”

C’è una sorprendente vulnerabilità nei suoi occhi, ma Clarke continua a trattenere il fiato scioccata.

“Ero una bambina quando il Clan Wallace ha bruciato il mio villaggio e mi ha lasciata a morire. Quando Re Dante è morto, mi sono allenata per entrare nella guardia di suo figlio e scalare i ranghi, sapendo che sarebbe arrivato il giorno in cui sarei riuscita a vendicare la mia famiglia. Ma un re che muore per mano di un assassino diventa un martire.”

Le parole che seguono sono intrise di veleno “Cage non morirà da uomo amato. Quando la mia spada attraverserà il suo cuore nessuno lo rimpiangerà. Quando arrancherà lo farà sapendo che la sua tomba sarà in fondo a una palude. Non sarà un assassino a ucciderlo, ma il comandante delle sue armate, colei che avrà dimostrato la sua lealtà al regno giorno dopo giorno, colei che ucciderà il suo re solo perché lo avrà trovato in preda alla pazzia.”

Poi tira fuori una collana nascosta sotto alla sua armatura. Alla fine della catena c’è una fiala che contiene un liquido dorato con granelli di un rosso acceso. Clarke ha sentito parlare di questo veleno, ma vederlo brillare davanti ai suoi occhi è tutta un’altra cosa.

Alito di fuoco: il veleno di un serpente così piccolo, ma così mortale che solo vederlo terrorizza anche il più coraggioso tra i guerrieri. Si dice che una goccia possa condurre alla pazzia un uomo – o almeno questa è la leggenda. Clarke non osa immaginare come si possa tenere una cosa simile, tantomeno averla premuta contro il proprio petto.

“La decisione di spodestare il re dev’essere unanime tra i suoi consiglieri, e solo l’alito di fuoco può ottenere tutto ciò.” Il comandante mette via la fiala. “Non posso cancellare la crudeltà sulla quale è basata questa unione, o le cose che io ho fatto per giocare il mio ruolo, ma farò tutto ciò che è in mio potere per offrirti una buona vita – una in cui il re non può costringerti a fare altro. Da oggi fino al giorno della mia morte, sarò al tuo comando.”

Clarke riesce solo a fissarla con stupore. Il comandante delle armate le ha appena confessato il suo piano per assassinare il re, e adesso guarda Clarke con le labbra serrate e un leggero tremolio alla mano che ancora tiene la spada.

Ci sono così tante cose che Clarke sa di dover provare: rabbia, odio, disgusto. Sa che sarebbe saggio sospettare che questo sia un piano contorto dello stesso re. Forse le pareti della tenda cadranno e mostreranno che lui e la sua armata stanno ascoltando, aspettando che lei accetti di far parte del piano.

Ma Clarke sospetta che il comandante si sia inchinata per una valida ragione. Potrebbe essere l’unico modo per provare l’onestà delle sue parole. Ma Clarke ha ancora dei dubbi. Non è vissuta fino a ora per morire così.

“Sei stata ai suoi comandi per una decade,” Clarke sente se stessa dire “Hai lottato per lui. Ucciso per lui.”

 “Sì,” risponde il comandante, come se si aspettasse che Clarke l'accusasse proprio di questa cosa “Doveva essere fatto - per poter riunire i Clan”.

Le sopracciglia di Clarke si corrugano.

“Ogni leader ha completa fiducia in me, e seguirebbe i miei ordini prima dei suoi” aggiunge semplicemente il comandante. “Ma c’è voluto tempo. Incentivi. Promesse.”

“A quale scopo?”

“Quando il re morirà,” mormora Lexa, “Questo regno e i suoi clan avranno la pace. Volevo assicurarmi questo.”

Tu… regnerai?”

“Non lo so, forse lo farà il mio capitano. Lincoln. È cresciuto vicino alle praterie, come te.”

Clarke socchiude le labbra, senza parole. Si sente spaesata e sopraffatta. “I-Io non non so cosa-”

Il comandante si gira dall’altra parte “Se ti ho gravata di questo segreto, mi dispiace. Ho pensato di mettere fine a questa bugia per risparmiarti ulteriore sofferenza.”

“Ma questa non è una bugia.” dice Clarke osservando il taglio sulla sua mano. Forse è una bugia per il re, ma i loro destini sono stati uniti.

Dovremo… fingere, fuori da queste pareti,” ammette il comandante “Ma una volta che il re non ci sarà più sarai libera di fare ciò che desideri. Nessuno ti fermerà.”

Clarke considera le sue parole attentamente. Potrebbe tornare nelle sue terre, nella sua casa. Potrebbe ancora vivere la vita che avrebbe voluto. Ma Clarke non è ancora pronta per prendere in considerazione la speranza.

“Quest'unione… è stata una tua idea fin dall'inizio,” ricorda Clarke. “Perché prendersi questo disturbo per una sconosciuta?”

“Perché ti ho vista al ballo. Sembravi odiare il fatto di essere lì tanto quanto me. Perché ho visto il modo in cui ha affondato le unghie nei tuoi fianchi mentre stavate danzando, e ho riconosciuto il fuoco nei tuoi occhi quando le guardie ti hanno trascinata via. Perché ho sentito cosa aveva pianificato,” mormora il comandante, “e non riuscivo a sopportarlo.”

Clarke non vuole saperlo. Per il suo bene non vuole chiedere quale piano violento aveva in mente il re.

“Qual è il tuo nome?” le chiede invece.

Il comandante la guarda con luminosa speranza negli occhi “Lexa.”

È semplice, corto - piacevole.

“E... il tuo clan?”

“Woods.”

Clarke prova a registrare il suono sulla sua lingua. Lexa del Clan Woods. È molto meglio di comandante. Si ferma quando nota Lexa tirare fuori un ciondolo dalla sua tasca. È lo stemma dei Griffin, appena lucidato.

 “L’officiante è un uomo molto distratto” dice Lexa con un sorriso accennato.

Clarke quasi piange di sollievo vedendolo di nuovo. Quel ciondolo è una parte di lei, e lasciarlo indietro sarebbe stato il definitivo passo per perdere se stessa.

“Ho chiesto di portarti dei vestiti più pesanti in mattinata” spiega Lexa ”Il tuo stemma sarà ben nascosto.”

“Grazie.”

Clarke non sa cosa l’aspetterà, ma può vedere che la donna che ha davanti è onesta. Così Clarke fa l’unica cosa che le sembra giusta:

Le offre la sua mano.

   
 
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