Candlelight
Scritta da RaspberryTree
Traduzione realizzata da Space
Pirate Ryoko e Flavia Viglione
Fanfiction originale: https://archiveofourown.org/works/13858632
Sommario:
Per la Clexa Week 2018, Free
day.
Dopo che Lady Clarke ha rifiutato
pubblicamente le avances del re, lui decide di umiliarla facendola sposare con
la spietata comandante della sua armata. Clarke scopre che in Lexa c'è molto di più di ciò che il re sa.
Fonte: https://lecrumble.tumblr.com/post/171490693523/clexa-week-day-7-free-day-candlelight-after
Clarke
guarda attraverso la fessura nella finestra, fissando la neve che cade al di
fuori. Non smette da giorni. Si sente stanca e affamata, con una voglia matta
di qualsiasi cosa che non sia pane raffermo e carne secca. Sa che è più di
quello che hanno i poveri, molto di più di ciò che hanno le grandi famiglie del
regno di Wallace, ma resta cibo da prigione.
A prima
vista, sembrerebbe una stanza degli ospiti come le altre nel castello del re,
ma Clarke è stata rinchiusa lì dentro da giorni ormai, e sa bene cosa
significa. Questa è la sua punizione, la conseguenza di un feroce schiaffo
sulla guancia del Re Cage, il cui suono era riecheggiato in tutta la sala da
ballo. Davanti a centinaia di persone, Lady Clarke, unica erede del Clan Griffin, aveva umiliato il suo re.
Ovviamente
le guardie la presero prima che potesse anche solo pensare di scappare. Le
diffamazioni nei suoi confronti iniziarono a diffondersi nel regno molto
velocemente dopo quell’atto. Si diceva che lei avesse un coltello. Che
pianificasse di assassinarlo. Che avesse cercato di sedurlo ma lui l'avesse
rifiutata. Fu accusata di essere impazzita di gelosia nel vederlo danzare con
un’altra donna. Lei era una Griffin e la pazzia scorreva
nel loro sangue – dopotutto, era ciò che condusse i suoi genitori a una morte
prematura. Ancora oggi, i pettegolezzi imperversavano su di lei.
Clarke si
sente pesante e rotta dentro, il che era proprio il punto della questione. Il
re provava piacere nel tirare fuori il dolore altrui, e i suoi cortigiani
incoraggiavano sempre qualsiasi pensiero malvagio gli passasse per la testa.
Clarke se li immagina molto facilmente: signori compiaciuti che camminano nei
corridoi del castello nelle loro lucide armature e pesanti pellicce quando in
realtà non hanno combattuto una battaglia in vita loro. Ronzano intorno al re
come mosche sulla merda. Questo era un mondo che a Clarke non è mai piaciuto.
È stata una
sciocca a pensare di poter partecipare al ballo come atto di cortesia e poi
andarsene. Non ha mai sentito la mancanza del calore di casa come adesso. Si
chiede cosa ne sarà di essa e dell’ultimo pezzo di terra dei Griffin a cui si era aggrappata.
Diventerà
suo?
Clarke
afferra immediatamente lo stemma dei Griffin che
pende dalla sua collana, cercando di trarne forza. In qualche modo, il re aveva
accordato una sentenza ancora più sordida della fustigazione pubblica:
un'unione con il comandante degli eserciti. Proprio la donna che la gente
considerava più animale che umana – o meglio, un animale disciplinato e
addestrato a uccidere e morire per la corona. La donna che aveva dato alle
fiamme il castello della Regina del Ghiaccio ed era risorta dalle ceneri a soli
sedici anni. La donna che si diceva avesse un’anima così marcia che il suo
sangue fosse diventato del colore del carbone. Nessuno sa da dove viene – e
pertanto molti avevano ipotizzato che fosse stata chiamata dagli angoli più
oscuri del reame.
Questa era
la donna con cui fu stabilito che Clarke si sarebbe fidanzata mentre era
rinchiusa.
Clarke sa
che il comandante è giovane, almeno più giovane del re, ma anche che ha
combattuto mostri grandi il doppio di lei riemergendo senza un graffio. Se i
regni adiacenti si inginocchiano ai piedi di Cage, è perché il suo comandante
ha riunito i dodici clan più potenti sotto una bandiera: la sua. Le loro armate
unite sono uno spettacolo che nessun nemico vorrebbe vedere. Non è un segreto
che Cage non ha interesse in strategie, piani di battaglia, o mappe. Clarke
sospetta che lui non abbia mai lasciato il castello da quando era nato. Appare
sicuramente più pallido di un osso, con scuri cerchi sotto i suoi piccoli occhi
e una cicatrice sulla bocca, ricordo di una malattia infantile.
Il
comandante che lotta così fieramente in nome di uno spirito così vile e debole
- Clarke prova ribrezzo al pensiero di dover condividere il tavolo di una cena
con lei, figurarsi un letto. Non c’è dubbio che la sua punizione è una sentenza
di morte, con lo scopo di annientare il suo spirito.
*
È un giorno
brutalmente freddo quando le comunicano che è ora. Due donne fiancheggiate da
una guardia la scortano in sala per un bagno, dove la immergono in acqua fredda
e strofinano ogni centimetro della sua pelle. Sono silenziose, vigorose, e
Clarke le odia con ogni fibra del sue essere. Non va meglio quando le mostrano
il suo vestito: una cosa bianca, senza maniche, che deve aver collezionato
polvere per decenni.
Le lasciano
i capelli sciolti, tranne per due trecce ai lati, che raccolgono poi dietro e
legano insieme con un grezzo fermaglio. Clarke sussulta ma non osa chiedere se
sta sanguinando. Le sue labbra stanno già diventando blu per il freddo e tutto
ciò che desidera è che questa giornata giunga al termine. Che il re faccia ciò
che vuole, pensa, che tutto finisca.
“Cammina.”
Clarke è
trascinata giù per le scale, attraverso le viscere del castello che ha imparato
a disprezzare, e poi oltre la porta che conduce al giardino sepolto sotto uno
spesso strato di neve.
Non c’è
nessuno là.
Nessuno a
parte il re, fiancheggiato dalle sue guardie, un uomo con una tunica verde e il
comandante in persona.
Clarke è
riuscita a trattenere le lacrime fino a ora, ma adesso è diventato più
difficile. Aveva immaginato questo giorno in passato. Aveva pensato agli ospiti
che avrebbe invitato: i suoi cugini, i suoi amici. Aveva pensato al tempo: un
bellissimo cielo blu e il calore del sole. Aveva pensato al significato
dell’unione: cuore, corpo e spirito legati insieme a quelli del suo amante. Ma
oggi non ci sono ospiti, il vento gelido pizzica sulla sua pelle esposta, e
Clarke non vuole legare nulla di se stessa al comandante.
“È
arrivata!” Esclama il re ridendo.
Il
comandante si gira. Indossa il cappotto, l’armatura e lo spallaccio che ha
sempre. I suoi capelli sono intrecciati in maniera molto più complessa di
quelli di Clarke, e i suoi occhi sono immobili, mentre la osserva da lontano.
“Venite!”
Il re ordina, come se il suo gioco preferito fosse appena iniziato.
Clarke
arranca sulla neve, realizzando dopo pochi passi che le donne che
l’accompagnavano sono andate via e la guardia è ora appostata alla porta. Sente
il suo cuore sgretolarsi in pezzi man mano che si avvicina. Vicino al
comandante c’è un blocco di roccia bianco con un coltello appoggiato sopra,
usato in genere per il legame di sangue. Quasi spera che la uccidano con quel
coltello.
“Inginocchiati
di fronte al tuo re!” comanda l’uomo con la tunica.
Clarke si
morde il labbro inferiore fino a quasi sanguinare quando finalmente cade in
ginocchio sulla neve. Riesce a sentire gli occhi di tutti su di lei - il loro
sguardo imperioso mentre se ne stanno in piedi e al caldo nei loro stivali e
vestiti. Ovviamente l’uomo con la tunica non ordina al comandante di fare la
stessa cosa - lei non si inginocchia, nemmeno di fronte al re. È la prova del
potere che le porta il suo titolo.
Sembra che
il re provi piacere nel guardarla a lungo, perché anche il comandante inizia a
muoversi sul posto. Clarke fa di tutto per salvare la poca dignità che le è
rimasta stringendo i denti e provando a trattenerli dal battere.
Guardando
di sfuggita lateralmente, nota che il comandante si era tolto il suo soprabito
foderato di pelliccia. Il re sembra contrariato, divertito dalla vista di
Clarke tremante.
“Coprireste
un vestito così adorabile?” chiede al comandante.
Clarke
sente le mani del comandante sulle sue spalle mentre le sistema il soprabito
addosso. Le sue dita intorpidite afferrano la pelliccia istintivamente,
stringendola intorno a sé come una coperta. Considera brevemente di gettarla via,
ma i suoi arti sono troppo congelati.
“Non mi
sarà di alcuna utilità se è malata stasera,” risponde il comandante.
Il re
sogghigna. “Sì, certo.”
Clarke non
ha la forza di sussultare. Forse sarebbe stata il comandante ad ammalarsi
improvvisamente e a lasciarla in pace. Se lo sarebbe meritato.
“Lady
Clarke,” dice il re, “Dovresti considerarti fortunata. Avevo altri piani in
mente per te, ma il mio comandante sembra aver preso in simpatia la tua vena
selvaggia.”
Clarke
guarda in alto, i suoi occhi si spalancano per un momento. Non era stata
un’idea del re allora…? Il re si ferma davanti a
Clarke e le pone la mano guantata sul mento.
“E dopo una
decade di leale servizio,” bisbiglia con un sorriso crudele, “Non ho potuto
negarle il piacere di distruggerti.”
Finalmente
il re si gira verso l’uomo con la tunica. “Procedi, allora. È una bella
giornata per un matrimonio!”
L’officiante
china la testa e prende il coltello dal masso di marmo. Fa cenno a Clarke di
avvicinarsi.
“Mettiti
davanti alla tua prescelta.”
Clarke
vuole sputargli in faccia. Lei non aveva scelto proprio niente. Si alza e si
posiziona indifferente davanti al comandante, evitando il suo sguardo di
pietra.
“Mostrate i
vostri palmi.”
Il
comandante mostra il suo, ma Clarke si blocca. Sa cosa sta per succedere e cosa
avrebbe rappresentato – il suo destino sarebbe stato sigillato; intrecciato con
quello di una sconosciuta senza cuore.
“Fai quello
che ti dice,” l’aggredisce il re.
Clarke
quindi tende il suo palmo tremante, respingendo indietro le lacrime. L’uomo con
la tunica le afferra il polso e senza alcun avvertimento preme con forza la
punta affilata lungo il suo palmo. Clarke morde internamente le proprie guance
per soffocare le grida. Non darà loro la soddisfazione di sentirle. L’uomo fa poi
lo stesso sul palmo del comandante. Lei rimane impassibile, come se le avessero
solamente pizzicato la pelle.
Con
perversa curiosità, Clarke osa guardare il sangue che cola dal taglio del
comandante. È rosso come il suo.
L’uomo le
prende il polso e forza il suo palmo sopra quello del comandante. La sua mano è
stranamente calda – o forse tutto sembra più caldo ora che Clarke si sente come
un blocco di ghiaccio. Il sangue dei loro tagli si mescola e cola sul masso di
marmo.
“Il sangue
è un ricordo della vostra mortalità,” recita l’uomo con la tunica. “Giurate di
proteggervi a vicenda.”
“Lo giuro,”
concorda il comandante.
Il groppo
nella gola di Clarke cresce. “Lo giuro.”
L’uomo con
la tunica tira fuori un pendente dalla sua tasca, con uno stemma d’oro attaccato.
“Come
maggiore potere in questa unione, lo stemma del comandante prevale.” poi si
gira verso Clarke “Giura di rinunciare al Clan Griffin.”
Clarke
sente il suo cuore spaccarsi in due. Le sue fredde lacrime formicolano ai suoi
occhi “Lo giuro.”
Con mani
grezze, l’officiante le strappa la collana che porta da quando i suoi genitori
sono morti. La lascia cadere sulla pietra di marmo insanguinata e la
sostituisce al suo collo con quella con lo stemma del comandante. Il metallo
prezioso sembra più pesante di quello che è e Clarke immagina che non ci si
abituerà mai.
“Il destino
benedirà o maledirà la vostra unione. Giurate di rimanere al vostro fianco
durante le avversità e il tempo. Giurate lealtà e rispetto. “
“Lo giuro,”
intona il comandante.
“Lo giuro.”
“Adesso
baciate la sposa” il re ordina impazientemente.
Mentre
l’uomo con la tunica si fa da parte, il comandante prende Clarke dietro al
collo e le dà un freddo bacio. È freddo perché non c’è nulla in questo bacio a
parte un ordine; perché Clarke sa che non c’è un cuore sotto l’armatura del
comandante. La mano rigida premuta contro il suo collo ha ucciso così tanti e
amato così pochi che Clarke ha paura che un giorno possa giustiziare anche lei.
In un
impeto di rabbia tira via la sua testa.
Il sorriso
del re si inacidisce. Fa un passo verso Clarke e afferra l'impugnatura della
sua spada “Eccola di nuovo, questa piccola selvaggia-”
“Non mi
importa,” lo interrompe il comandante, voltandosi verso di lui “come vi ho già
detto: niente di selvaggio è indomabile.”
Il re fissa
Clarke con durezza, con il disprezzo negli occhi. Può vedere quanto vuole farle
del male – è la prima ad aver rifiutato qualcosa da lui – ma non è nulla in
confronto all’odio che lei prova per lui. Finalmente, allenta la presa sulla
sua spada.
“Avete
ragione” dice al comandante con un sorriso derisorio “Dopotutto voi lo sapete
meglio di me.”
Clarke
intravede la minima contrazione della mascella del comandante prima che faccia
un cenno con la testa. All’improvviso il re batte le sue mani guantate, facendo sobbalzare Clarke.
“È fatta
quindi!” Esclama “Il mio prestigioso comandante ha finalmente trovato per sé una
puttanella sua.”
Improvvisamente Clarke è grata per il freddo;
grata che le congeli le lacrime prima che si azzardino a cadere.
*
Mentre il re e il comandante si riuniscono, Clarke viene messa in una carrozza
e portata nell’accampamento della prima armata, oltre i confini del castello e
nella gelida foresta di pini. Quando scende, due ancelle la stanno già
aspettando. Un’occhiata al cappotto del comandante che le copre le spalle
impone loro di chinare la testa.
Clarke
aveva dimenticato che non è più una Griffin. La
colpisce il fatto che non sa più nemmeno cosa è. Non ha mai sentito nessuno
chiamare il comandante per nome e lo stemma non ha un’iniziale.
Le ancelle
la scortano oltre le tende e ai guerrieri seduti intorno ai falò. Alcuni la
guardano con curiosità; altri ridacchiano mentre sale la collina che porta alla
tenda del comandante. È più piccola di quanto Clarke si aspettasse, con
pellicce appese sopra alle stoffe per garantire maggiore calore. Due guardie,
armate di lancia, sono all’entrata e si scansano senza dire nulla.
L’interno
della tenda è l’essenza della praticità: un grande tavolo ricoperto di mappe,
una cassa chiusa, una tenda in un angolo che a malapena copre un letto con
delle pellicce, e un altro tavolo con vino, acqua e piatti di cibo. Delle
lanterne con candele sono appese alle travi, riscaldando la tenda e formando
ombre sulle pareti.
Un’ancella
prende il cappotto dalle spalle di Clarke e lo appoggia su una sedia mentre
l’altra le toglie il fermaglio dai capelli, facendo cadere libere le trecce. Si
fermano quando il comandante entra all’improvviso e incrocia le mani davanti a
sé. Le ancelle escono senza dire una parola, chiudendo la pesante falda
all’entrata della tenda.
Clarke
sente il suo cuore battere selvaggiamente, terrorizzata da ciò che sta per
accadere. Si sente esposta, nel suo vestito leggero; impreparata per l’incubo
che avverrà. Il comandante estrae la spada all’improvviso, facendo sobbalzare
Clarke.
Poi si
inchina.
Clarke
sente il respiro spezzarsi in gola.
“Non c’è
niente che io possa dire che valga come giustificazione” inizia il comandante,
deglutendo lentamente “Sei stata strappata via dalla tua casa, sei stata tenuta
prigioniera in una stanza per giorni, e obbligata a sposare una donna che hai
ogni diritto di definire mostro. Ma forse quello che condividerò con te
stanotte potrà darti speranza.”
C’è una
sorprendente vulnerabilità nei suoi occhi, ma Clarke continua a trattenere il
fiato scioccata.
“Ero una
bambina quando il Clan Wallace ha bruciato il mio villaggio e mi ha lasciata a
morire. Quando Re Dante è morto, mi sono allenata per entrare nella guardia di
suo figlio e scalare i ranghi, sapendo che sarebbe arrivato il giorno in cui
sarei riuscita a vendicare la mia famiglia. Ma un re che muore per mano di un
assassino diventa un martire.”
Le parole
che seguono sono intrise di veleno “Cage non morirà da uomo amato. Quando la
mia spada attraverserà il suo cuore nessuno lo rimpiangerà. Quando arrancherà
lo farà sapendo che la sua tomba sarà in fondo a una palude. Non sarà un
assassino a ucciderlo, ma il comandante delle sue armate, colei che avrà
dimostrato la sua lealtà al regno giorno dopo giorno, colei che ucciderà il suo
re solo perché lo avrà trovato in preda alla pazzia.”
Poi tira
fuori una collana nascosta sotto alla sua armatura. Alla fine della catena c’è
una fiala che contiene un liquido dorato con granelli di un rosso acceso.
Clarke ha sentito parlare di questo veleno, ma vederlo brillare davanti ai suoi
occhi è tutta un’altra cosa.
Alito di
fuoco: il veleno di un serpente così piccolo, ma così mortale che solo vederlo
terrorizza anche il più coraggioso tra i guerrieri. Si dice che una goccia
possa condurre alla pazzia un uomo – o almeno questa è la leggenda. Clarke non
osa immaginare come si possa tenere una cosa simile, tantomeno averla premuta
contro il proprio petto.
“La
decisione di spodestare il re dev’essere unanime tra
i suoi consiglieri, e solo l’alito di fuoco può ottenere tutto ciò.” Il
comandante mette via la fiala. “Non posso cancellare la crudeltà sulla quale è
basata questa unione, o le cose che io ho fatto per giocare il mio ruolo, ma
farò tutto ciò che è in mio potere per offrirti una buona vita – una in cui il
re non può costringerti a fare altro. Da oggi fino al giorno della mia morte,
sarò al tuo comando.”
Clarke
riesce solo a fissarla con stupore. Il comandante delle armate le ha appena
confessato il suo piano per assassinare il re, e adesso guarda Clarke con le
labbra serrate e un leggero tremolio alla mano che ancora tiene la spada.
Ci sono
così tante cose che Clarke sa di dover provare: rabbia, odio, disgusto. Sa che
sarebbe saggio sospettare che questo sia un piano contorto dello stesso re.
Forse le pareti della tenda cadranno e mostreranno che lui e la sua armata
stanno ascoltando, aspettando che lei accetti di far parte del piano.
Ma Clarke
sospetta che il comandante si sia inchinata per una valida ragione. Potrebbe
essere l’unico modo per provare l’onestà delle sue parole. Ma Clarke ha ancora
dei dubbi. Non è vissuta fino a ora per morire così.
“Sei stata
ai suoi comandi per una decade,” Clarke sente se stessa dire “Hai lottato per
lui. Ucciso per lui.”
“Sì,” risponde il comandante, come se si
aspettasse che Clarke l'accusasse proprio di questa cosa “Doveva essere fatto -
per poter riunire i Clan”.
Le
sopracciglia di Clarke si corrugano.
“Ogni
leader ha completa fiducia in me, e seguirebbe i miei ordini prima dei suoi”
aggiunge semplicemente il comandante. “Ma c’è voluto tempo. Incentivi.
Promesse.”
“A quale
scopo?”
“Quando il
re morirà,” mormora Lexa, “Questo regno e i suoi clan
avranno la pace. Volevo assicurarmi questo.”
“Tu… regnerai?”
“Non lo so,
forse lo farà il mio capitano. Lincoln. È cresciuto vicino alle praterie, come
te.”
Clarke
socchiude le labbra, senza parole. Si sente spaesata e sopraffatta. “I-Io non non so cosa-”
Il
comandante si gira dall’altra parte “Se ti ho gravata di questo segreto, mi
dispiace. Ho pensato di mettere fine a questa bugia per risparmiarti ulteriore
sofferenza.”
“Ma questa
non è una bugia.” dice Clarke osservando il taglio sulla sua mano. Forse è una
bugia per il re, ma i loro destini sono stati uniti.
“Dovremo… fingere, fuori da queste pareti,” ammette il
comandante “Ma una volta che il re non ci sarà più sarai libera di fare ciò che
desideri. Nessuno ti fermerà.”
Clarke
considera le sue parole attentamente. Potrebbe tornare nelle sue terre, nella
sua casa. Potrebbe ancora vivere la vita che avrebbe voluto. Ma Clarke non è
ancora pronta per prendere in considerazione la speranza.
“Quest'unione… è stata una tua idea fin dall'inizio,” ricorda
Clarke. “Perché prendersi questo disturbo per una sconosciuta?”
“Perché ti
ho vista al ballo. Sembravi odiare il fatto di essere lì tanto quanto me.
Perché ho visto il modo in cui ha affondato le unghie nei tuoi fianchi mentre
stavate danzando, e ho riconosciuto il fuoco nei tuoi occhi quando le guardie
ti hanno trascinata via. Perché ho sentito cosa aveva pianificato,” mormora il
comandante, “e non riuscivo a sopportarlo.”
Clarke non
vuole saperlo. Per il suo bene non vuole chiedere quale piano violento aveva in
mente il re.
“Qual è il
tuo nome?” le chiede invece.
Il
comandante la guarda con luminosa speranza negli occhi “Lexa.”
È semplice,
corto - piacevole.
“E... il
tuo clan?”
“Woods.”
Clarke
prova a registrare il suono sulla sua lingua. Lexa
del Clan Woods. È molto meglio di comandante. Si ferma quando nota Lexa tirare fuori un ciondolo dalla sua tasca. È lo stemma
dei Griffin, appena lucidato.
“L’officiante è un uomo molto distratto” dice Lexa con un sorriso accennato.
Clarke
quasi piange di sollievo vedendolo di nuovo. Quel ciondolo è una parte di lei,
e lasciarlo indietro sarebbe stato il definitivo passo per perdere se stessa.
“Ho chiesto
di portarti dei vestiti più pesanti in mattinata” spiega Lexa
”Il tuo stemma sarà ben nascosto.”
“Grazie.”
Clarke non
sa cosa l’aspetterà, ma può vedere che la donna che ha davanti è onesta. Così
Clarke fa l’unica cosa che le sembra giusta:
Le offre la
sua mano.